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ARTE DEL FRANCOBOLLO
N° 45-MARZO 2015 L'ARTE DEL FRANCOBOLLO -- Un tempo la lettera e la posta erano componenti indispensabili della vita sociale, fino al Settecento tra i vip, poi gradualmente anche per gli altri, tanto che ogni personaggio e ogni evento della storia riserva sorprese "postali" se lo si esamina con atten-zione. Persino personaggi idealmente lontani dal nostro mondo come Madame de Pompadour possono riservare sorprese, che a modo loro ne giustificano persino la presenza su tanti francobolli. Non è per puro caso che la donna più ammirata dal re di Francia, oltre che sua amante, causò la rovina e l'esilio di un invulnerabile sovraintendente generale delle poste e ministro della guerra, reo di avere lo zampino dappertutto e sapere troppo. Antipatie viscerali, ripicche, odii e vendette caratterizzarono per più di tre lustri i rapporti tra il conte d'Argenson e la marchesa di Pompadour, per poi giungere a un finale drammatico e imprevisto, con transiti nel boudoir della favorita, e un attentato alla vita di Luigi XV. Il nostro racconto comincia alla fine del 1721 con la nascita di Giovanna Antonietta Poisson.
La prima volta che entrai in quell'edificio scolastico senza fronzoli era più di vent'anni fa. Stanza dopo stanza era come percorrere i cunicoli bui del Novecento. Ero il solo ad aggirarmi per quelle stanze malandate e non ancora esibite turisticamente al mondo. Ti seguivano implacabili gli sguardi delle centinaia di foto tessera appese al muro. Il sole sfolgorante di fuori era quasi notturno. Non saprei esprimere diversamente l'attrito tra quello che vedevo, la mia vita e tutto il resto. L'ex liceo era stata la sede dell'Ufficio di Sicurezza 21 [S-21] Tuol Sleng, dove morirono tra maltrattamenti e torture più di 10.000 persone tra il 1975 e il '79, durante il regime dei khmer rossi. Phnom Penh, Cambogia.
Carrellata espositiva sui reperti araldici presenti nel Lapidario del Museo Civico di Foggia
The debate on polychromies in antique architecture starts from the findings (Stuart and Revett, 1755; Reims, 1787) of color traces on Greek monuments (such as the Parthenon). But it is in particular in Pompeii (the Greek Temple) that the draughtsmen and architects during their training Tour (Hittorf, Angell, Von Klenze, Stüler, Semper) study to extract a theory of colors (colors, tones, matchings) for the neo-classical project design. This is still today an equally necessary knowledge for a proper conservation intervention.
Per leggere un libro come questo, o gli altri volumi di questa collana, fa' finta di essere in un bosco incantato, nel silenzio della natura dove solo chi ha l'orecchio esercitato sa sentire un battito d'ali, il verso della ghiandaia, il passo della volpe. Leggi con calma, rifletti, confronta con le tue conoscenze e con i tuoi libri di storia. Raffronta le vicende umane di questi "antichi" personaggi con quelle dei contemporanei, persino con le tue. Solo così apprezzerai a pieno le "storie" che ho raccolto e ne subirai le suggestioni.
La maggior parte degli autori concorda che sia stato figlio di Mnesarco, però è controversa l'origine di Mnesarco. Alcuni infatti lo ritengono di Samo, mentre Neante nel V libro dei Mythica lo dice Siro di Tiro della Siria. Quando una mancanza di grano incolse i Samii, Mnesarco, navigando con grano nel suo commercio verso l'isola, lo vendette alla città e ne ricevette diritti di cittadino. Giacché tra i suoi figli Pitagora era particolarmente disposto all'apprendimento di ogni scienza, Mnesarco lo condusse a Tiro e lì, trovandosi insieme con i Caldei, glieli fece frequentare con grande assiduità. Fatto ritorno di lì nella Ionia, Pitagora frequentò dapprima Ferecide di Siro e poi a Samo Ermodamante, discendente da Creofilo, che era ormai vecchio.
in Dizionario Biografico degli Italiani, 96, 2019
Per i cognomi preceduti dalle particelle prepositive semplici e articolate di, de', dei, degli, ecc., si distinguono i casi seguenti: a) i cognomi che solo l'uso locale ha reso composti con la particella prepositiva (es.: degli Abati, degli Albizzi, de' Medici, ecc.) sono registrati sotto il semplice cognome.
Il colera, vero flagello asiatico imperversante in particolare nelle terre soggette all'impero ottomano 77 , ha fatto la sua comparsa in Europa sin dal 1817 al seguito delle truppe russe, ma in Italia ha cominciato a farsi sentire tra il 1834 e il 1835. Esauritosi tale fenomeno epidemico nel 1837, in successione si è però ancora affacciato periodicamente facendo innumerevoli vittime. Picchi se ne sono verificati quindi nel 1854, 1866, 1884 e 1887 e in ultimo nel 1973. Il regno di Napoli e, di conseguenza, la Calabria, ne sono stati ugualmente interessati. A riguardo esiste tutta una letteratura e non mancano perfino studi di folklore 78 , ma per quanto attiene al territorio calabrese, almeno da quanto ci risulta, si rivelano appena quattro opere, una concomitante al contagio del 1867 79 e due a quelli del 1884 80 e 1910-11 81. Una quarta abbraccia tutto il panorama delle epidemie di 77 Interessanti e documentate notizie sul colera asiatico si rica-vano dagli studi di Massimiliano Pezzi. Tra tanti: Impero otto-mano e Mezzogiorno d'Italia tra Sette e Ottocento, Levante, Bari 2004; La posta del Levante-La corrispondenza diplomatica e com-merciale tra Napoli e Costantinopoli nel XVIII secolo, Edizioni Orizzonti Meridionali, Cosenza 2008. 78 GIUSEPPE PITRÈ, Il colera nelle credenze popolari d'Italia, "Archi-vio per lo studio delle tradizioni popolari", III-1884, pp. 589 ss. 79 ANTONIO CANDIDO, Relazione storico-clinico-statistica sul colera di Bagnara Calabra, Tip. Trani, Napoli 1868. 80 ROCCO DE ZERBI, Croce Bianca e Croce Rossa: colera del 1884, re-lazione letta all'Assemblea generale dei volontari, Stab. Tip. di
Un intervento sulla buca d'impostazione di Monteleone di Spoleto (PG) e sull'uso appropriato o meno che si fa intorno al termine di "POSTA". Trasposizione digitale e grafica di Valentina Marino.
in STORIA DI AREZZO: STATO DEGLI STUDI E PROSPETTIVE, Atti del Convegno, Arezzo, 21-23 febbraio 2006, a cura di LUCA BERTI - PIERLUIGI LICCIARDELLO, Edifir-Edizioni Firenze, 2010, pp. 37-48.
La conoscenza e' sinonimo di "bene" o di "male"? Da sempre, la condizione umana e' caratterizzata dalla diaspora con Dio a causa del frutto proibito morso da Adamo. La seduzione del diavolo, insinuata dalle grazie di Eva, altro non e' che la sete di conoscenza, il desiderio di percepire nuove sensazioni ed emozioni, raggiungere l'irraggiungibile: competere col Creatore impadronendosi delle leggi eterne che governano la natura e svelare i misteri del creato.
Material didático subsidiário para o curso de Língua Latina (FSB/ 2016)
IL PENTALOGO DI PITAGORA, 2019
L'autore in questo scritto indaga il destino umano attraverso i fatti della sua vita e della sua terra, la Calabria, e ha così scoperto l'etica universale, la sola capace di dare la felicità agli individui e il buon ordinamento agli Stati. Essa si basa sui cinque princìpi, spontaneamente praticati nella Prima Italia, formalizzati da Pitagora e diffusi da Cristo, a cui arrivarono attraverso i circoli pitagorici di Egitto e Israele. Egli sostiene che l'umanità dispone col Pentalogo di un mezzo straordinario di salvezza e che dalla Calabria, dove è nata l'Italia, nasce ora il Governo Mondiale delle Donne per fare della Terra la casa armoniosa di tutti i viventi.
Arte Lombarda, 156, 2009, 2, pp. 48-66“
Le fonti medievali, sempre molto parche nel fornire concreti elementi biografici a proposito di singoli artisti, mostrano invece una certa generosità e immaginazione nel rappresentarne lo status sociale, culturale o religioso, facendoli diventare di volta in volta -nei racconti agiografici, negli exempla, nelle cronache -angeli, maghi, viaggiatori oppure santi. Tuttavia, in molti casi di artisti anonimi, non documentati da testimonianze scritte, sono stati gli stessi storici dell'arte a inventare una loro complessa personalità. Il cosiddetto 'Maestro di Pedret' -nome con cui si conosce un pittore e/o la sua bottega attivi in Catalogna tra la fine dell'XI secolo e gli inizi del XII -ne è un buon esempio. La sua biografia artistica viene creata tra il 1930 e il 1941 dallo studioso americano Chandler R. Post 1 e sviluppata nel 1950 dallo storico dell'arte catalano Josep Gudiol i Ricart 2 , il quale nel 1944 aveva già battezzato un altro artista fino ad allora ignoto del romanico catalano, il Maestro di Cabestany 3 , che ben presto avrebbe raggiunto la celebrità.
Giuseppe Guzzetta, con contributi di G. Di Stefano, M.A. Vicari Sottosanti, V. Lo Monaco, IL “TESORO DEI SEI IMPERATORI” DALLA BAIA DI CAMARINA 4472 ANTONINIANI DA GALLIENO A PROBO, 2014
2019
ringraziamo, in particolare Paride Berardi il quale, per primo, definì già nel 1980 l'importanza delle maioliche quattrocentesche di Pesaro). Questo libro, dunque, può sembrare superfluo, in realtà, mossi soltanto da grande amore per la nostra città e per la sua storia, in particolare per quella degli Sforza, pensiamo di avere fatto cosa utile e gradita per il lettore che troverà così un testo agevole, scevro da disquisizioni tecniche, con un ricco apparato iconografico e una nutrita bibliografia. È noto da secoli che gli Arabi appresero dai Bizantini, e forse anche direttamente dai Cinesi (o attraverso i Persiani), la tecnica della ceramica invetriata o maiolica, cosiddetta dall'isola di Maiorca, anticamente Maiòrica o Maiòlica, dai cui porti le navi trasportavano in tutto il Mediterraneo la preziosa mercanzia, prodotta principalmente nelle città arabe dell'Andalusia: Valencia, Granada (vasi Alhambra), Murcia, Almeria e Malaga, che diffusero poi in tutto il mondo arabo. Le terrecotte, prima di una seconda cottura, venivano verniciate con un impasto liquido di polvere silicea finissima e di ossido di stagno (terrecotte smaltate) che conferiva alla superficie un bel colore bianco, sul quale erano dipinti motivi ornamentali con colori resistenti al fuoco a base dei già noti ossidi metallici di manganese, rame, ferro, cobalto, antimonio. La cottura nel forno conferiva al prodotto un rivestimento vitreo smagliante, nel quale erano incorporati i colori che, alla magia del fuoco, assumevano nuove e accese tonalità. Dai centri più antichi dell'Iran e della Siria (Damasco) la produzione di ceramica araba, dal tipico "lustro" color oro cangiante in giallo e in verde ottenuto con tecniche a lungo segrete, si diffuse ad Alessandria d'Egitto e al Cairo, dove fiorì sotto le dinastie dei Tulunidi (868-905) e dei Fatimidi (969-1171). Caratterizzate dal divieto di rappresentare figure umane o animali, per non cadere nel rischio dell'idolatria, le ceramiche arabe erano per lo più decorate con "arabeschi", cioè con girali e tralci di foglie e fiori oppure con figure geometriche o con penne di pavone sovrapposte. In alcuni casi il decoro era graffito, cioè inciso sulla stesura del colore in modo di fare emergere l'argilla sottostante. L'incisione veniva poi riempita di colore e il vaso era verniciato al piombo e cotto. In altri casi era usata la tecnica del graffito sotto vernice, cioè le incisioni decorative venivano fatte sul vaso già cotto una prima volta, seguiva un'invetriatura con vernice piombifera trasparente o eventualmente colorata in turchese, blu, bruno, giallo o verde, poi una seconda cottura (bis-cotto) che produceva una vernice vetrosa sopra ai graffiti. Con la conquista araba della Spagna le ceramiche invetriate si diffusero a Granada e Valencia, poi, nel sec. XV, nelle province cristiane confinanti dell'Aragona e della Catalogna (Barcellona). Le maioliche ispano-moresche invetriate e con i riflessi metallici degli ossidi, resi luminescenti e rigenerati dal fuoco, conquistarono il gusto raffinato degli Italiani del primo Rinascimento, dapprima nelle Repubbliche marinare di Venezia, Genova e Pisa poi nel resto della penisola. In particolare dalla Spagna moresca l'arte della maiolica passò, a partire dal '400, in Toscana (Siena, Pisa), in Umbria (Orvieto), in Romagna (Faenza, Forlì, Ravenna, Rimini) e nelle Marche (Pesaro), diffondendosi in seguito nei vari centri della penisola e assumendo caratteristiche diverse secondo i luoghi. La città di Pesaro, quindi, nella seconda metà del Quattrocento, durante il felice governo degli Sforza, fu coinvolta dal "miracolo" della maiolica e divenne ben presto uno dei centri di produzione più prestigiosi. Decisivo fu il ruolo di patrocinio operato dai Signori del luogo (Alessandro, Costanzo e Giovanni Sforza), per questo ne parliamo in questo volume della collana "Storie degli Sforza pesaresi", inserendo la maiolica nel più ampio quadro del mecenatismo sforzesco e nella loro opera illuminata di promozione dell'economia di una cittadina di 10.000 abitanti come la Pesaro di allora.
LA COSA OVVERO COLPO DI STATO IN IPANEMA
A Rio de Janeiro, i lussuosi edifici prospicienti la spiaggia di Ipanema sono d'improvviso invasi da masse crescenti di materia fecale che rientrano nei luoghi di origine invece di disperdersi nell'Atlantico. Gli agiati abitanti di uno degli edifici, costretti a restare rinchiusi nelle loro sfarzose dimore, danno sfogo alle loro frustrazioni lottando tra di loro e, soprattutto, accanendosi nei confronti del garagista e del portiere del palazzo relegati nei piani bassi dove la putrida fanghiglia comincia a crescere rendendoli inagibili. Lula, il portiere, viene infine accusato dai condomini di aver ucciso il garagista con un colpo di revolver e sottoposto a un processo improvvisato in uno degli attici.Nel frattempo all'esterno si agitano uomini di potere in vista delle imminenti elezioni presidenziali: venti di colpo di Stato. Una metafora impietosa e grottesca di un mondo borghese che si sta decomponendo mentre qualcuno congiura per porre fine alla democrazia.
2020
The article made a re-edition, with some important bibliographic and formal variations, of the letters of Antonio Della Porta to Giovanni Pascoli already published in my book "Il liuto ed il silenzio" (pending publication).
Il valore dei gesti e degli oggetti, 2023
Coins from necropolises along Via Postumia, SouthWest of Verona At the end of the 1990s, the need to modernise Verona's road system in a short space of time, ahead of the soccer World Cup, proved to be an opportunity to excavate a large necropolis that, over the years, has been analysed in its various aspects. The coin finds from the graves, a catalogue of which has already been published in the series Rinvenimenti Monetali di Età Romana nel Veneto, number 452 in total. With the completion of the study of the burials, and the definition of the phases of the burial area, we can now begin a study of these findings by examining all the evidence useful for defining the role played by coins within the funerary ceremony. In particular, the chronology of the coins is considered in relation to the chronology of the contexts of the tombs from which they come. In order to present such a large amount of information clearly, summary tables were used, with alternating descriptions and commentaries.
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