Academia.edu no longer supports Internet Explorer.
To browse Academia.edu and the wider internet faster and more securely, please take a few seconds to upgrade your browser.
…
42 pages
1 file
La questione siciliana vista dal nord Il brigantaggio Seconda parte Ricordiamoci di Plinio il Giovane, là dove dice che se noi non possiamo fare cose degne d'essere scritte. dobbiamo almeno scrivere cose degne d'essere lette. Michele Amari Il brigantaggio [email protected] Pagina 2 Testimonianza e critica storica Cari amici, come vedete sono un appassionato di storia. -Il passato per me è attualità e cronaca. Non importa se i fatti che vado narrando sono accaduti ieri o cento o mille anni fa, io descrivo battaglie a cui non ho assistito, personaggi vissuti e scomparsi in epoche remote, gente che non ho mai visto.-Per fare ciò ho bisogno delle testimonianze di chi è vissuto a quei tempi e che videro compiersi i fatti che adesso io vado narrando.-Se questi fatti non ci fossero stati tramandati, noi saremmo completamente all'oscuro, ciechi ed ignoranti senza rimedio.-Però i fatti raccontati, vanno esaminati, spogliati dagli interessi di parte, confrontati con testimonianze; insomma il mio compito è simile a quello del giudice istruttore incaricato di una inchiesta. Come lui io raccolgo testimonianze con l'aiuto delle
in NuovAlba. Rivista di cultura e società, an. XVI, n. 1, maggio 2016, pp. 20-22.
anno XVI -numero 1 transizione. E questo fu molto grave. Ma probabilmente non fu così. Forse Romano credeva ancora che il Regno borbonico potesse salvarsi e si prodigò in quel poco tempo che ebbe a disposizione per lavorare in questo senso. Le sue iniziative di governo farebbero pensare a questo. Lo lascia intendere lo studio di Giancarlo Vallone "Dalla setta al governo. Liborio Romano" (Jovene, 2005). Certo, non fu uno strenuo difensore del suo Re e del imo Regno. Ma questo lo si sapeva.Non sarebbe stato un settario prima e un massone poi; non sarebbe stato condannato. Una posizione, la sua, oggettivamente ambigua. Da liberale non poteva che diffidare della monarchia borbonica, che si era dimostrata incerta sul cammino costituzionale da intraprendere: concedeva e abrogava con. disinvoltura. Era stato il primo Stato italiano pre-unitario a concedere la Costituzione, per poi ritirarla. In siffatte circostanze era molto difficile, stando a Napoli, avere una posizione rigida e coerente. I comportamenti di Liborio Romano risentono e anzi rappresentano simile ambiguità. A tutto questo va aggiunta la componente umana, non nel senso affettivoemozionale ma politico-economico. Quanto alla camorra, Romano capì di non poterne fare a meno se voleva che l'adesione al processo unitario avvenisse nell ' ordine, come poi avvenne. Napoli, in quel mentre, era davvero una polveriera. Altrettanto convinto della transizione dimostrò di esserlo quando scrisse una lunga lettera a ·Cavour ad unificazione nazionale avvenuta per chiedere specificità di provvedimenti per il Mezzogiorno per risolvere tutti quei problemi che avrebbero costituito in seguito la questione meridionale. Neppure a Torino, sede del Parlamento, fu capito e finì per essere isolato. Settentrionalista in tempi borbonici, ora si metteva a fare il meridionalista in tempi sabaudi? Ben presto Romano si trovò a doversi difendere da accuse vere e da calunnie. I suoi scritti in sua difesa lo testimoniano. Parlare di trasformismo per Liborio Romano è una forzatura. La parola trasformismo ha un'accezione letterale, una scientifica e una politica; la prima è generica, per indicare un continuo trasformarsi ; la seconda è specifica ed equivale ad evoluzionismo; la terza indica un fenomeno preciso, quello che secondo la pubblicistica politica parte nel 1876 col governo di Agostino Depretis. Questi costruiva volta per volta le maggioranze parlamentari per l'approvazione delle sue leggi e dei suoi provvedimenti. A quel tempo non c'erano i partiti organizzati che ci sarebbero stati dalla fine dell'800 in poi, ma partiti o aree di opinione, che con facilità si potevano cambiare, passando da una all'altra, a seconda delle esigenze. Quella del trasformismo fu una pratica parlamentare, che probabilmente, vista la fortuna e il diffondersi, intercettava anche una vocazione tipicamente italiana. Non per niente il trasformismo o nomadismo, come di recente è stato ribattezzato il fenomeno, è tornato prepotente e invasivo nei giorni nostri, dopo la fine dell ' ordine partitocratico degli inizi degli anni Novanta del secolo scorso.
2020
Repubbliche assediate. La costituzione francese del 1848 sotto le mura di Roma nel 1849 Alessandro Capone RICERCHE «V'ha bensì un'Italia e una stirpe italiana congiunta di sangue»: razza e genealogia nazionale nel Risorgimento italiano Edoardo M. Barsotti Roma, 8 febbraio 1849: diventare repubblicani all'improvviso Serena Presti Danisi I tribunali militari straordinari nella guerra del brigantaggio (1863-1865) Mariamichela Landi CANTIERI DEL LUNGO OTTOCENTO
Marcella Marmo Il grande brigantaggio nel cinema Dalla prima alla seconda repubblica • • • • • • (Questo articolo fa parte del Dossier L'Italia in posa. Il 150° e i problemi dell'Unità nazionale tra storiografia e rappresentazione sociale) Indice Il ritorno dei briganti Il brigantaggio di Pasquale Squitieri (1999) Il brigantaggio di Pietro Germi (1952) Reference List Il ritorno dei briganti Il bianco e nero Il brigante di Tacca del Lupo di Pietro Germi, nel cast Amedeo Nazzari, racconta nel 1952 a mo' di western la storia della dura guerra al brigantaggio, da un racconto omonimo di Riccardo Bacchelli dell'anteguerra, dove è probabile il deposito di racconti locali (area garganica), in linea con la vulgata sull'unificazione nazionale e le sue forti difficoltà nel Sud. A sua volta Li chiamarono…briganti!, di Pasquale Squitieri, 1999, è pensato anche come omaggio al western all'italiana di Sergio Leone; ma è costruito sull'autentica passione neoborbonica per la storia del maggior brigante meridionale, il lucano Carmine Crocco, seguita con una certa precisione documentaria e insieme come soggettivissima controstoria dei vinti; attori di grido quali Enrico Loverso, Lina Sastri, Giorgio Albertazzi e Claudia Cardinale. In una rassegna di cinema e storia sui film risorgimentali 1905-2011[1] ci siamo occupati con particolare interesse di questi due importanti film sul brigantaggio ottocentesco, che accompagnano i discorsi storiografici e di opinione emersi nel centocinquantenario con un'attualità ancora pochi anni fa non prevedibile. Come spettacoli che arrivano da contesti e percorsi diversi a un versante oggi particolarmente controverso dell'unificazione italiana, richiamano bene la metafora del tapis roulant che riporta pezzi di memoria storico sociale già dati per usciti dal repertorio di quanto si è selezionato, con la quale Mario Isnenghi ha introdotto i tanti luoghi della memoria, da non abbandonare all'uso pubblico della storia invalso nel cospicuo revisionismo [Isnenghi 1996].
Al mare, ai monti. Il piacere di viaggiare dal Grand Tour al turismo di massa. 1767-1945, a cura di R. Chiarini, E. Pala, catalogo della mostra (Brescia, Palazzo Martinengo, 28 settembre al 17 novembre 2024), pp. 76-99, 2024
Storia dell'esercito modenese in esilio in Veneto assieme al Duca Francesco V
Il libro di Carmine Pinto, La guerra per il Mezzogiorno. Italiani, borbonici, briganti 1860-1870, pubblicato nel 2019 dalla casa editrice Laterza, è un'opera importante, frutto di una ricerca lunga, durata dieci anni, condotta con impegno e rigore scientifico. Si tratta di un volume corposo, di quasi cinquecento pagine, diviso in nove capitoli, ai quali si aggiungono una Introduzione e un Epilogo. Ben sessanta pagine sono di note mentre soltanto l'Indice dei nomi ne conta altre venti. Inoltre è corredato di otto cartine che permettono di avere un'idea più precisa delle zone in cui si svolgono le vicende esaminate. Nonostante la mole, però, il libro si legge facilmente grazie anche alla scrittura piana e scorrevole dell'autore che l'ha fatto apprezzare anche da un pubblico di non specialisti, tanto da diventare un best seller nel campo della saggistica. Esso è la ricostruzione accurata, dettagliata, minuziosa delle vicende storiche del decennio 1860-1870 relative al Mezzogiorno d'Italia, basata su una imponente documentazione archivistica, oltre che sulla conoscenza della sterminata bibliografia sull'argomento, che giunge a una proposta interpretativa nuova e originale per diversi aspetti. Ovviamente non è possibile ripercorrere in tutti i suoi momenti il volume, che è ricchissimo di episodi, di fatti, di nomi, di dati, tutti puntualmente verificati sulle fonti. Mi limiterò perciò a toccare, assai sinteticamente, alcuni punti che mi hanno particolarmente colpito e che sono legati più da vicino ai miei interessi di studioso della letteratura, e della letteratura meridionale in particolare, e di alcuni personaggi coinvolti a vario titolo in queste vicende. Il periodo preso in esame va dunque dal 1860, immediatamente dopo la spedizione dei Mille e prima dell'Unità, fino al 1870, anche se ci sono riferimenti a periodi precedenti. E perché proprio questo decennio? Perché quello è il periodo in cui nel Mezzogiorno-spiega Pinto proprio all'inizio-si combatté «la prima guerra italiana», rimasta misconosciuta, almeno a livello di un pubblico ampio, e quasi rimossa nella memoria collettiva. Al centro dell'attenzione c'è insomma il complesso processo di formazione dello Stato nazionale italiano che soprattutto nel Sud (ma forse-è bene dire-esclusivamente nel Sud) trovò forti ostacoli a causa della resistenza opposta all'unificazione dalla monarchia borbonica. Questa vicenda, di solito, sui manuali di storia viene liquidato in una paginetta, eppure essa, come ha fatto notare Pinto, durò molto di più della spedizione dei Mille e della terza guerra d'indipendenza e provocò molte più vittime, che vanno nell'ordine di diverse decine di migliaia nei due campi. È in questo contesto, in questo scenario, che non è solo locale, ma nazionale e, per certi aspetti, europeo, che Pinto inserisce quel fenomeno così caratterizzante della storia del Sud che è il brigantaggio e, in particolare, il brigantaggio post unitario, che gli storici chiamano il "grande brigantaggio", e che è poi al centro della sua ricerca. E già questa è una prima rilevante novità, perché finora questo
Uno studio sulle cause che possono influire sulla scelta di gente comune tra bene e male estremo come torture, omicidi di massa e genocidi. La forma è discorsiva e divulgativa. Gli approfondimenti hanno un fine esplicativo/educativo.
Il cacciatore di briganti - La vendetta delle Spadea, 2023
Il "Cacciatore di Briganti" è il primo di una piccola serie di romanzi (la maggior parte ancora inedita) che prende spunto dalla collana "Cronache d'Isernia" pubblicata nel 2019 dove, in più di mille pagine divise in due volumi, vengono riportati gli avvenimenti tratti da articoli di giornali locali pubblicati all'a fine del XIX secolo. Proprio questi accadimenti forniscono il tessuto storico dove s'imbastiscono avvincenti e intricate trame a sfondo poliziesco. I romanzi si basano quindi su fatti realmente accaduti di cui si è persa ormai la memoria. Dalla realtà dei fatti alla finzione narrativa, per rivivere, in parte, le delicate atmosfere di tempi ormai passati. Le vicende del romanzo "Il cacciatore di briganti - La vendetta delle Spadea" sono ambientate nel Novembre del 1891, un periodo di fermento culturale dovuto al cambiamento che l’utilizzo delle nuove tecnologie apportò alla società civile. In Italia spiravano venti di rivalsa sociale, ma la borghesia umbertina sembrava non accorgersi delle novità ispiratrici del “Pensiero Novo” ed emarginava qualsiasi mutamento potesse scalfire il benessere sociale acquisito nel tempo. In una piccola città come Isernia nel Molise, i venti delle novità spiravano lentamente e tutto era ammantato dall’ambiente contadino che rendeva le cose semplici e genuine e il tempo fermo in una stasi infinita. In quest’atmosfera antica si svolgono le vicende accadute in città intorno a piazza Ciro Marilli. Un medico condotto si ritrova a seguire, suo malgrado, le indagini dell’omicidio di un amico che si scoprirà essere custode di un terribile segreto. Coinvolto dalla famiglia della vittima, il medico intercede presso un Capitano dei Carabinieri a riposo per convincerlo a seguire le indagini che sembravano dirigersi verso una facile soluzione che in molti in città reputavano scontata. Il Capitano Viti affiancherà così gli ufficiali della sua ex Arma, senza invaderne il campo investigativo, e la sua esperienza nella lotta al brigantaggio sulle alture dell’Appennino risulterà fondamentale nel riconoscere l’assassino e schivarne le insidie. Oltre agli avvenimenti susseguitisi in città, nei romanzi della serie "Il cacciatore di briganti" sono riportate vicende che caratterizzarono l'epopea del brigantaggio post unitario dove il non più giovane Massimiliano Viti, Capitano dei R. Carabinieri a riposo, si troverà a contrastare un nuovo fenomeno celatosi sotto il manto di lealismo verso la casa di Borbone, con giovani adepti guidati dai vecchi nemici riuniti sotto l'egida dell'antica setta dei Calderari, rigenerata allo scopo di perseguire un obiettivo utopico, far risorgere dalle ceneri il "Regno delle Due Sicilie" come novella fenice, per mezzo di una "Nuova Restaurazione" alle porte del XX secolo.
in Alceo Salentino. Periodico di cultura enoica e territorio. Rivista di cultura e società, Luglio 2016, Anno XIV, n. 1, pp. 40-41.
Loading Preview
Sorry, preview is currently unavailable. You can download the paper by clicking the button above.
Risorgimento e Mezzogiorno. Rassegna di studi storici, 2014
Cura ut valeas. Nel corpo e nello spirito, a cura di V. Caminneci, 2018
Il cibo del brigante. Una lettura metaforica del …, 2007
Il Welfare Collaborativo. Ricerche e pratiche di aiuto condiviso, 2017
Peloro - Rivista del dottorato in scienze storiche, archeologiche e filologiche dell'Università di Messina, 2016
Derecho de arbitraje, estudios en homenaje a la Facultad de derecho PUCP en su centenario, 2019
Indagine sulle periferie, LIMES n. 4, 2016, 2016