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Presentazione grafica realizzata per supporto alla lezione intitolata "Introduzione alla vita e al pensiero di Antonio Gramsci", tenuta in occasione della co-gestione al liceo scientifico Leonardo da Vinci (Milano, a.s. 2017-2018) e all'autogestione del liceo scientifico Cremona (Milano, a.s. 2018-2019)
In questa tesi si presenta l’indagine svolta sulla concettualizzazione gramsciana dell’«egemonia» e sulle interpretazioni più recenti e rappresentative delle diverse correnti di studi. Nella prima parte della tesi si prendono in esame gli scritti di Gramsci: con l’analisi delle Tesi di Lione e del saggio sulla Questione meridionale si ricostruisce la funzione teorica e politica dell’«egemonia» nell’elaborazione tattica del Partito Comunista d’Italia, impegnato a creare un sistema di alleanze tra operai e contadini e a raggiungere gli obiettivi della liberazione dal fascismo e della rivoluzione, sull’onda del bolscevismo (CAP. I). Seguendo questa prospettiva, di modernizzazione economico-sociale e giuridico-politica delle nazioni, si ricostruisce la trama concettuale dei Quaderni del carcere in cui l’«egemonia» è rappresentata come un fatto filosofico che riguarda la coscienza e la conoscenza collettiva della storia dei conflitti (CAP. II). Con particolare attenzione verso le note sull’emancipazione delle classi subalterne, si rileva che la funzione teorica e politica dell’«egemonia» si situa nella sfera della scienza della politica: con l’analisi del giacobinismo francese e del risorgimento italiano (Q. 19), Gramsci compone il quadro analitico e comparativo utile ad una lettura innovativa delle diverse fasi dello sviluppo politico del capitalismo tra il XVIII e il XX secolo. La razionalizzazione delle attività produttive, emblematicamente espressa nel fordismo e nell’americanismo (Q. 22), è rappresentata come la tendenza storica immanente entro cui il «gorilla ammaestrato» (l’operaio) può elevarsi se matura la consapevolezza di dover produrre un’«egemonia» alternativa, ai gruppi sociali e politici dominanti, e una frattura nei continui ricorsi storici dell’autoritarismo (CAP. III). In questo contesto, si ricostruiscono i parametri con cui giudicare l’alternativa civile, tra una pratica politica democratica e una burocratica, e la dicotomia tra la soggettivazione e la subordinazione. Ripercorrendo la concettualizzazione dell’«egemonia» si ottiene una teoria della «bipolarità» del potere politico quale risultato di processi storici molecolari in cui trionfa sempre il partito più organizzato e capace di guidare la costruzione di un «apparato egemonico». Su questa base, si ricostruisce il ruolo decisivo degli «intellettuali organici» nella composizione e nella connessione degli strumenti e degli istituti fondamentali su cui si fonda l’unità civile e politica di qualsiasi vita statale. La produzione del potere è il tema che riconduce, infine, al periodo precedente il carcere: la funzione soggettiva e determinante attribuita al partito politico risulta il completamento della concettualizzazione, in continuità con il progetto di Lione (CAP. IV). Nella seconda parte della tesi, invece, si prendono in esame le posizioni di Louis Althusser e di Christine Buci-Glucksmann rappresentative del dibattito sul pensiero politico di Gramsci all’interno dei partiti comunisti europei negli anni Settanta. Usando gli scritti postumi di Althusser si nota una convergenza sostanziale con la teoria del partito di Gramsci. Fa eccezione, tuttavia, il tema della guerra di posizione che viene rielaborata da Buci-Glucksmann per dimostrare la necessità della costruzione del consenso all’interno della società civile oltre che nelle classi di riferimento. Althusser incontra Gramsci sul terreno della scienza politica di Machiavelli, mentre Buci-Glucksmann avvia una riflessione sul significato filosofico-civile dell’«egemonia» (CAP. V). Le concettualizzazioni successive focalizzano l’attenzione sulla crisi della politica all’interno del conflitto di civiltà e riscoprono la funzione teorica e politica dell’«egemonia» nel rappresentare una nuova logica politica. Si ricostruiscono, in questa cornice, le posizioni Ernesto Laclau, Edward Said, Ranaijt Guha, Partha Chattereje e Robert W. Cox. Con le prime due, espressive dei Cultural Studies, si ricostruisce l’approccio di movimento e di contrappunto che si intende dare alla produzione culturale contemporanea nel tentativo di superare le frontiere simboliche e repressive poste dal rafforzamento dei nazionalismi e degli essenzialismi identitari. Con le altre due, espressive dei Subaltern Studies, si ricostruisce la prospettiva che si intende dare alle classi subalterne ridotte, nella maggior parte del mondo, in uno stato di frammentarietà politica e di indigenza. Con la posizione di Cox, espressiva degli studi gramsciani nelle Relazioni Internazionali si dà conto della prospettiva intergovernativa ed interstatale con cui uscire dall’attuale fase post-egemonica e trovare le soluzioni adeguate alle sfide del XXI secolo (CAP.VI). Il filo conduttore tra la prima e la seconda parte della tesi, dunque, è rappresentato dall’indagine il più possibile esaustiva sul significato originario e sull’attualità dell’«egemonia».
RIVISTA LA SOCIETÀ DEGLI INDIVIDUI. No 67 - 2020/1, 2020
The elite theory, developed by Pareto, Mosca and Michels, is an anti-democratic theory because it denies the founding principle of democracy, that is, the political competence of citizens. The theory, however, admits several readings, including a democratic reading, which influenced the Italian liberal and anti-fascist authors such as Gobetti, Dorso, Burzio, Einaudi, Croce, Salvemini. Bobbio interprets this democratic aspect of elitism not as the denial of the existence of democratic regimes, but as a realistic view of «democracy as it is», and not an idealist vision of «how it should be». Bobbio is thus included among the authors inspired by the doctrine of democratic elitism, such as Hans Kelsen and Joseph Schumpeter. From this perspective, Bobbio analyses the influence that elitism has had on the Italian and international socialist and communist Left, in particular on the thought of Antonio Gramsci. This paper discusses a possible ‘elitist’ reading of Gramscian political thought, which shows the criticisms and differences that separate it from the elitists, but at the same time the elements of a Gramsci elitist theory present in some key concepts of his political conception.
2018
La stesura di questo articolo prende le mosse dal tentativo di dare una risposta ad una domanda non troppo semplice: è possibile dare un"interpretazione biopolitica di alcune note dei Quaderni del carcere di Gramsci? Più in particolare: è possibile stabilire un confronto significativo tra le note che compongono il Quaderno 22 intitolato Americanismo e fordismo e la riflessione sulla biopolitica avanzata da Foucault a partire dal corso "Bisogna difendere la società" (1976) e culminata nel ce-lebre Nascita della biopolitica (1979)? Dare una risposta esaustiva a questo interrogativo non è semplice, ma è mia intenzione, in queste poche pagine, stabilire un collegamento significativo che cerchi di far dialogare questi due autori così distanti fra loro a livello temporale ma non così tanto a livello di teorizzazione filosofica. Il punto di partenza è costituito dal quaderno sull"americanismo e dai corsi foucaultiani dedicati al governo ed al discorso del potere. Le note americane costituiscono una sorta di isola nel deserto all"interno del più vasto contesto dei Quaderni. Questo ovviamente non vuol dire che sono una de-viazione rispetto a quanto scritto e detto in quelli precedenti; anzi la loro attinenza è testimoniata dal fatto che molte di queste note le ritroviamo in prima stesura già all"interno dei primi quaderni dedi-cati da Gramsci a questioni filosofiche legate al materialismo storico (Quaderni 1, 4, 6, 8, 10). La novità, e se vogliamo la particolarità, di queste riflessioni è rappresentata dal fatto che, nel suo studio sulle forme di potere egemonico espresse dalla società capitalistico-borghese, Gramsci si fa sempre più consapevole di una nuova forma di egemonia che si sta sviluppando al di là dell"Atlantico e che presenta caratteri sostanzialmente nuovi rispetto alle tradizionali forme di ege-monia che vengono esercitate sul Continente. Al centro di questa nuova forma di potere troviamo una disciplina del corpo e della vita dell"essere umano mai vista prima. La razionalizzazione pro-duttiva caratteristica dall"organizzazione scientifica del lavoro, promossa da Taylor e messa in pra-tica da Ford con la catena di montaggio, impone la creazione un nuovo tipo di operaio, di uomo, ca-pace di adattarsi rapidamente ai meccanismi della produzione in serie, dove ognuno occupa un po-ste preciso nel processo lavorativo. Dato che questo nuovo sistema richiede un forte dispendio di energie e il massimo grado di efficienza e concentrazione, ecco emergere forme di controllo eserci-tato dai capitalisti in prima persona per governare certi aspetti della vita degli operai-eccessiva sessualità, alcolismo ed altri comportamenti devianti-che possono indebolire l"efficienza fisica. Questo "particolare" aspetto della riflessione gramsciana può essere accostato, con la giusta dose di cautele, all"indagine archeologica compiuta da Foucault sull"evoluzione delle forme di governo dei viventi emerse a partire dal XVII secolo e che hanno accompagnato tutto lo sviluppo della mo-derna società capitalistico-industriale. Le differenze tra l"analisi gramsciana e quella foucaultiana, che ci impongono appunto di procedere con cautela, sono determinate da una diversità di linguaggio e di procedimento più che da diversità concettuali e di contenuto. Possiamo dire che Gramsci, anti-cipando Foucault, ha cercato di abbozzare un indagine a livello "micro" e "particolare" di una nuo-va forma di potere esercitata sugli individui per mano dell"industria. Foucault, invece, ha cercato di ripercorrere a livello "macro" lo sviluppo storico, in particolare il discorso, che ha portato a questa governamentalità dell"individuo prima e delle masse poi. Foucault non parla né di fabbrica né di produzione in senso proprio ma si sofferma sulle spinte operate dalla nuova classe dominante, la borghesia, per imporre il suo controllo sulla popolazione come depositaria di una gran quantità di forza lavoro che dev"essere controllata e salvaguardata ai fini della produzione e del guadagno.
articolo-recensione del libro di G. Fabre, Lo Scambio. Come Gramsci non fu liberato. Uscita in Cm 2015, n. 6
Critica Marxista, 2017
Come Gramsci lesse, da Torino, la Rivoluzione russa, come ne fu cambiato, come cambiò da quel momento in poi la sua vita, il suo marxismo. Come nei Quaderni del carcere, a partire da Lenin, cercò di "tradurre" la rivoluzione che vi era stata nel '17 nel "linguaggio" proprio dell'Occidente avanzato, rivoluzionando il concetto stesso di rivoluzione.
2015
Il volume di Giuseppe Cospito è un introduzione a Gramsci come filosofo, che tiene conto della grande fortuna internazionale che il pensiero gramsciano sta incontrando in questi anni. Attraverso un'ampia disamina dei concetti fondamentali dei "Quaderni del carcere", visti nella loro evoluzione anche in relazione alla vicenda storica degli anni Trenta, vengono indagate categorie quali: filosofia della prassi, struttura-sovrastruttura, egemonia, società civile, intellettuali, società regolata, americanismo e fordismo, soggetto-oggetto, nazionale-popolare. Il volume si conclude con una sintetica ricostruzione delle principali vicende interpretative del pensiero di Gramsci, con particolare attenzione agli anni più recenti, dalla nuova filologia gramsciana all'Edizione nazionale degli scritti, e una sintesi delle polemiche su conversioni, abiure, quaderni mancanti.
Antonio Gramsci un breve profilo del cofondatore del Partito Comunista Italiano entrato per caso nel mio album di famiglia Riflessioni sul pensiero di Gramsci con introduzione e note di Enzo Pirone " Cultura non è possedere un magazzino ben fornito di notizie, ma è la capacità che la nostra mente ha di comprendere la vita, il posto che vi teniamo, i nostri rapporti con gli altri uomini. Ha cultura chi ha coscienza di sé e del tutto, chi sente la relazione con tutti gli altri esseri , Cosicché essere colto, essere filosofo lo può chiunque "
L'idea portante, che sorregge e sostanzia l'intero corpus dei quaderni, è quella della necessaria fondazione di una letteratura e cultura nazionale-popolare (o popolare-nazionale), che si mostri aperta alle istanze e bisogni del popolo-nazione e insieme capace di rompere le catene dell'aristocraticismo intellettuale del tempo. NAZIONALE-POPOLARE è una tra le categorie gramsciane più note e anticamente frequentate, più studiate e ridefinite, e insieme più grossolanamente storpiate. • Si tratta di un concetto che si è costruito, complessificandosi, nel lungo iter dei Quaderni, vedendo il suo sviluppo embrionale nel primo dei Quaderni che si apre nel nome di quel 'popolo-nazione' del tutto strumentalizzato e degradato dagli uomini del Risorgimento, per questo spregiativamente definiti 'demagoghi' (Q.1). Di esso parlerà ancora nel Quad.3, in cui asserirà che il 'popolo-nazione' è l'elemento permanente mancato alla storia dell'Italia unita e invece protagonista della storia francese, permettendo a quest'ultima di superare le variazioni politiche e di sviluppare forme di «nazionalismo politico e culturale ». Si chiarisce così il ruolo primario assunto dal popolo-nazione all'interno della battaglia culturale dei Quaderni, perché esso è sia soggetto consapevole delle trasformazioni in atto, sia destinatario della pedagogia permanente, che è l'egemonia gramsciana. NAZIONALE-POPOLARE nasce dunque come diretta espansione aggettivale dell'espressione popolo-nazione , poi se ne diparte ,subendo uno slittamento in termini di chiarezza concettuale, senza che questo occulti il rapporto (Sanguineti infatti afferma che "soltanto intesi nella loro sostanza di antitesi strategiche nella battaglia contro la perversione storica dei concetti di 'nazione' e di 'popolo', il 'nazionale' e il 'popolare' di Gramsci manifestano il loro nocciolo di verità durevole e la loro legittimità teorica e pratica"). 2 PREMESSE • 1)Questo concetto richiede, oltre a uno sforzo di interpretazione, uno sforzo di disincrostazione, perché esso, conoscendo un successo volgarizzato vastissimo (a partire dagli anni 70), è stato ormai ridotto, distorto e banalizzato nella forma più nota di "nazional-popolare". Si tratta di storpiature prodotte tanto nell'ambito accademico (citando tra i tanti, Asor Rosa e Sapegno, che hanno contribuito a costruire l'immagine del Gramsci maestro di critica letteraria negli anni del neorealismo, circoscrivendo così la nozione al solo campo letterario, mentre ha una portata certamente più ampia) , quanto in ambito televisivo (basti citare la risposta data in un'intervista da Enrico Manca, l'allora direttore della Rai (negli anni 80), che per commentare il vergognoso sbeffeggiamento rivolto da Beppe Grillo a Bettino Craxi per il suo viaggio in Cina, disse "basta alla tv nazionalpopolare", banalizzando il termine in senso demagogico. Persino nel 1966 Pippo Baudo definì il Festival di Sanremo come' uno spettacolo nazionalpopolare nel senso gramsciano del termine". 2)Giungendo adesso alla definizione originaria, lo studioso sardo sottolinea che in Italia i termini 'nazionale' e 'popolare' non coincidono come invece avviene negli altri Paesi (in Francia infatti i due concetti di sovranità nazionale e sovranità popolare hanno valore uguale o l'hanno avuto (Q.3). Questo avviene perché "in Italia gli intellettuali sono lontani dal popolo, cioè dalla nazione e sono invece legati a una tradizione di casta , che non è mai stata rotta da un forte movimento politico popolare o nazionale dal basso"(Q.21). Popolare-nazionale è quindi il carattere mancato e mancante alla cultura e alla letteratura italiane a causa del distacco tra gli intellettuali tradizionali e le masse popolari, che ha contraddistinto la storia dell'Italia. Proprio questa estraneità degli intellettuali italiani alla realtà del popolo, alle loro istanze e bisogni, li ha resi incapaci di produrre una letteratura 'nazionale', rappresentativa e identificativa di tutti gli strati della popolazione e che permettesse la maturazione tanto dello spirito nazionale, quanto dell'appartenenza di classe.
Práxis e Hegemonia Popular, 2020
A relação de Gramsci com Nietzsche se articula em dois momentos, aos quais são dedicadas as duas partes em que o ensaio é dividido. Na primeira parte, reconstroem-se as referências e as imagens nieztscheanas presentes em uma série de artigos do biênio 1916-1918. Na segunda parte, enfrenta-se o problema da presença de Nietzsche nos Cadernos do cárcere. Tanto nos anos juvenis como naqueles do cárcere, Gramsci parece estar atento a alguns conceitos-chaves do pensamento do filósofo alemão, começando pelo de superhomem, mas sobretudo parece combater a interpretação nieztschiana, cada vez mais difundida na cultura italiana e européia, com uma chave nacionalista, imperialista e racista.
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Critica Marxista , 2022
CRITICA MARXISTA, 2020
Descrizione della menzogna, 2018
Giornale Critico della Filosofia Italiana , 2023
Marx 101 nr.6 (ottobre), 1991
Estratto da: Proculus, A. 96(2021), n.s., fasc. n. 1, 2021