Laddove, in un suo conosciutissimo testo 1 , Elemire Zolla cita alcune celebrate architetture rinascimentali situate ai confini occidentali del Lazio, definendole veri e propri "santuari neoplatonici", non ci si meraviglierebbe di vedervi ricordata anche la Scarzuola, cittadella magica dei tempi nostri, ideata dall'architetto Tomaso Buzzi ben quattro secoli dopo l'artificio di Bomarzo e realizzata in Umbria, non distante da Montegiove . Dimenticata in rovina per anni, quindi riscoperta, restaurata e finalmente compiuta da Marco Solari erede di Buzzi, questa fantastica concezione oggi interamente aperta al pubblico, nasce dal connubio di due organismi distinti: un antichissimo romitorio francescano, la Scarzuola, risalente al 1200, e la "Buzziana" o "Buzzinda", cittadella "teatrale alla quale Buzzi lavorò dal 1956 fino al 1978, tre anni prima della sua morte. L'opera di restauro del complesso, comprendente la chiesa, il convento e le architetture di Tomaso Buzzi, è iniziata attorno al 1980 ma il tutto è stato vincolato dal Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, con legge del 1 /6/1939 n. 1O89, soltanto nel 1991 in seguito alla proposta avanzata in sede ministeriale dall'Assessorato alla Cultura della Regione Umbria e sull'onda dei primi reportage pubblicati nel 1983 da Bruno Toscano su L'Espresso e da Lucia Bisi su Eupalino e nel 1987 da Adriano Alpago Novello su Casa Vogue . La progressione dei lavori di recupero è risultata, nei suoi trent'anni, alquanto complessa, tenendo conto che per il vecchio si e dovuto porre mano ad effimere opere in forma di scenografie teatrali, fatte di tufo, tavelline e strutture in ferro, tutte collocate all'aperto e assai degradate, mentre per il nuovo, in mancanza di veri e propri progetti esecutivi, sono stati utilizzati gli approssimativi schizzi eseguiti da Buzzi, tutti da scegliere e interpretare. Nel restauro si è dovuto operare accortamente, soprattutto attorno alle problematiche relative al deflusso delle acque piovane e di quelle sorgive, copiosamente presenti, provvedendo a rendere impermeabili le varie vasche del giardino e rivestendo con tavelle e coppi i tetti e le pareti delle opere, tutte in tufo, onde preservare il poco consistente materiale dai fenomeni atmosferici, soprattutto dal dilavamento delle acque piovane. Il materiale impiegato, proveniente da una cava di Farnese nel viterbese e fornito nei tradizionali blocchi rettangolari, è stato lavorato sul posto, a mano, con accette e scalpelli, riutilizzando anche i vecchi conci che si potevano recuperare e attenendosi il più fedelmente possibile ai disegni originali, destreggiandosi tra le molteplici versioni lasciate dall'autore. Il numero degli artigiani impiegati, dagli iniziali sei, reclutati da Tomaso Buzzi nel 1958, si è poi ridotto agli attuali tre, tra i quali il capomastro Alessandro Neri di Fabro e il fabbro Valentino Galli -l'unico che ha seguito l'opera fin dall'inizio-che ancora oggi con il figlio Maurizio restaura e costruisce infissi, telai e basi per le scenografie. Oggi, a opere compiute, si può tentare una descrizione del tutto, ma è certamente difficile iniziare a parlare della Scarzuola, senza che magicamente si alzi alle nostre spalle l'ombra di Tomaso Buzzi. Architetto, designer e artista, Tomaso Buzzi nasce a Sondrio 1900 da una famiglia della buona borghesia locale. Ottenuta la maturità classica, si iscrive al Corso di Architettura presso il Regio Istituto Tecnico Superiore di Milano, ove si laurea nel 1923. Da subito egli ha relazioni molto strette con il gruppo del Novecento Milanese (Muzio, Cabiati, De Finetti) e inizia ben presto con Giò Ponti una collaborazione lunga e fruttuosa, che si estende dall'architettura, all'urbanistica, al design, alla collaborazione, con articoli ed interventi, alle pagine di Domus, prestigiosa rivista fondata nel 1928 dallo stesso Ponti. Una memoria oggi inesplicabilmente cancellata, vede Buzzi tra i protagonisti degli avvenimenti artistici più importanti di quegli anni; fondamentale è la sua figura di membro fondatore del Club degli urbanisti e di partecipe al celebre concorso per la sistemazione urbanistica di Milano con il progetto Forma urbis Mediolani. Egli ha inoltre ruoli organizzativi di spicco in manifestazioni nazionali ed internazionali nel campo delle arti applicate (Triennale di Milano, padiglioni dell'Enapi, Mostra Internazionale di Amsterdam, Mostra Nazionale dello Sport). Appare tra i fondatori della società di oggettistica Labirinto e ricopre la carica di direttore artistico per la Venini di Venezia, collaborando attivamente con Paolo Venini, Pietro Chiesa, Giulio Rosso 1 E.Zolla, Aure. I luoghi e i riti, Venezia 1995 Civile, rimasto inedito, in cui raccolse i suoi progetti, tutti irrealizzati. 9 Claude-Nicholas Ledoux (Darmans 1736 -Parigi 1806), architetto e incisore, nel 1773 venne nominato Architetto del Re e membro dell'Accademia. Dopo aver progettato numerose residenze, si dedicò alla realizzazione di complessi edifici pubblici, tra cui le celebri Saline di Arc-et-Senans (1775), i cui spunti fantastici rivelano un'influenza del Piranesi. 10 Etienne-Louis Boullèe ( Parigi 1728 -1799), architetto illuminista, lavorò molto sotto Luigi XIV e Luigi XV in edifici residenziali dei quali oggi non rimane traccia. Lasciò sulla carta grandiosi progetti che evidenziano la sua teoria circa le corrispondenze che legano forme architettoniche e sentimenti. Il suo trattato, Architecture, essai sur l 'art, è stato pubblicato soltanto nel 1953. 11 Sanderson Miller (Radway Grance 1717 -1780. Tipica figura di architetto dilettante, contribuì alla diffusione dello stile neogotico in Inghilterra.