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Infrangere le norme. Vita, scienza e tecnica nel pensiero di Georges Canguilhem, di F. Lupi e S. Pilotto (a cura di), Mimesis, aprile 2019
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Come è stato giustamente osservato, uno dei tratti distintivi dell’epistemologia storica è il fatto di essere una riflessione storica e, allo stesso tempo, critica, sulle scienze . Ciò che non è stato abbastanza sottolineato è invece come la dimensione critica consista anche, e forse soprattutto, in una critica dei modi di fare la storia della scienza. In questo senso, l’epistemologia storica non si proporrebbe solamente come una discussione circa la fondatezza delle pretese scientifiche, ma anche come un’epistemologia della storia. A ben vedere, questa prospettiva costituisce un tratto d’unione dei lavori, pur diversi per natura e obiettivi, di Gaston Bachelard, Georges Canguilhem e Michel Foucault. Bachelard ha promosso una “filosofia scientifica” in aperta opposizione ad una storiografia cartesiana e continuista, che fa fluire cioè la conoscenza scientifica dall’esperienza quotidiana e una teoria scientifica passata in una successiva. Bersaglio storiografico di Foucault è invece l’umanismo, matrice di “storie filosofiche”, scritte cioè dal punto di vista del soggetto trascendentale della storia , rispetto al quale le metafore della vita e l’evoluzionismo teleologico della storia delle idee sono soltanto l’epifenomeno . Ciò che ha contribuito a dare a Canguilhem il suo ruolo specifico all’interno dell’epistemologia storica francese è lo spessore teorico delle sue riflessioni sulla storiografia della scienza. Rispetto a ciò, è possibile affermare che il tipo di tendenza storiografica maggiormente avversata da Canguilhem sia quella di una storiografia “scientifica”, in cui la storia della scienza nel suo costituirsi come disciplina ambisce allo statuto di scientificità di quelle stesse scienze di cui si dà il compito di scrivere la storia. Il concetto di “ideologia storiografica” ci sembra in questo senso poter contribuire all’elucidazione di quest’aspetto della filosofia di Canguilhem.
2019
Unlike the object of other epistemologies, the object of historical epistemology is historical and regional, as it focuses on individual sciences, indeed particular domains within a science, in their historical development. But how does the historical epistemologist construct her historical and regional object? Which type of history can answer epistemological questions? I analyse the object of Georges Canguilhem’s epistemology in the context of historical epistemology, by comparing it in particular with Leon Brunschvicg’s and Gaston Bachelard’s. I argue that the ‘impure’ objects of the life sciences and medicine guided Canguilhem towards a view of the epistemologist’s object which similarly cannot be rectified in the way that Bachelard had proposed.
Iride, Journal of Philosophy and Public Debate, 2021
Review of Pierpaolo Cesaroni, La vita dei concetti. Hegel, Bachelard, Canguilhem, Macerata, Quodlibet, 2020, pp. 293, in Iride 2, 2021, pp. 500-502
Il filosofo e medico maestro di Foucault, più di mezzo secolo fa, metteva in luce come la pretesa para-scientifica di "quantificare" la differenza tra normalità e patologia non sia che un ingenuo, e allo stesso tempo arrogante, errore di prospettiva.
Con Il normale e il patologico (1966) Georges Canguilhem introduce nel dominio della riflessione filosofica una delle diadi concettuali meta-scientifiche più pregnanti e pervasive della storia del pensiero occidentale. La sua disamina storico-critica mette in luce i limiti di ogni concezione quantitativa della norma che miri a fare dell’anormale il risultato della deviazione da una media statistica. A tale concezione Canguilhem oppone il riconoscimento dell’intrinseca normatività della vita come fondamentale attività d’instaurazione e conflitto di valori. Parallelamente alla sua riflessione sulla categoria di “normale” e ai suoi lavori di epistemologia delle scienze della vita, Canguilhem ha prodotto una riflessione storiografica tra le più acute del XX secolo, incentrata sull’idea di una storia normativa delle scienze. Scopo del presente articolo è tematizzare l’unione tra questi due aspetti della filosofia di Canguilhem e stabilire così una connessione esplicita tra “la logica del vivente” e la “logica della conoscenza”, tra la normatività della vita e quella dei concetti scientifici. E’ quest’unione, infatti, a dare luogo a quella caratteristica sintesi di filosofia e storia della scienza in cui consiste l’epistemologia storica canguilhemiana. With The normal and the pathological (1966) Georges Canguilhem introduces within the domain of philosophy one of the richest and pervasive conceptual meta-scientific dyads of the history of Western thought. His historical and critical analysis sheds light upon the limits of any quantitative conception of norms aiming to define the abnormal as the result of the deviation from a statistical mean. He opposes to this conception the acknowledgement of the intrinsic normativity of life as an essential activity of establishment and conflict of values. Beside his reflection on the category of “normal” and his epistemological works on the life sciences, Canguilhem has produced one of the sharpest historiographical reflections of the twentieth century, centered on the idea of a normative history of science. Aim of the present paper is to address the union between these two aspects of Canguilhem’s philosophy, thus establishing an explicit connection between the “logic of the living” and the “logic of knowledge”, that is, between the normativity of life and the normativity of scientific concepts. This union instantiates that distinguishing synthesis of philosophy and history of science in which the historical epistemology of Canguilhem consists.
a cura di Giuseppe Battelli e Daniele Menozzi Estratto vieHa GIUSEPPE BATTELLI Il "mestiere" dello studioso di storia 2. Ivi, p. 163. 3. M. Bloch, Apologie pour l'histoire oa Métier d'historien, Paris 1949. «Da qui la sua [di CantimoriJ preferenza a definirsi studioso di storia e non "stori co'· ... }) (G. Mieeoli, La ricerca storica come ((storia positivQ), in «Studi storici», 34 [1993J, pp. 757-768, p. 760). 4. Sarà lo stesso Miecoli a richiamarla, indicandone una puntuale colloca zione: «Più da lontano, dalla mia fOlmazione e dalla mia militanza cattolica della prima metà degli anni '50 ... » (Per continuare la discussione ... , in «Rivista di sto ria e letteratura religiosa», 32 [1996J, pp. 416-433, p. 429). Sul peso di questa giovanile dimensione di fede nell'orientare le indagini storiografiche di Miccoli tra gli anni Cinquanta e l'inizio anni Sessanta ha insistito, con acume, O. Capitani, Dove \"O la storiografìa medioevale italiana?, in «Studi medievali», III s., 8 (1967). pp. 617-662, p. 644 nota 44. 5. Precisa::ioni dopo Trieste: la nostra funzione di universitari cattolici, in «Ricerca», 10 dicembre 1955, pp. 1-2; In margine al decennale della Resislen::a, ivi. p. 3; Le '"ie degli intellelluali di oggi, ivi, IO febbraio 1956, p. 3; /v/omenti del Il "mestiere" dello studioso di storia poco più che ventenne per i problemi del proprio tempo e per il compito/impegno che doveva svolgere a riguardo un intellettuale. Non conosco materiali, a tutt'oggi editi, che permettano un'analisi approfondita della questione; gli scarni elementi disponibili con sentono tuttavia di intravvedere in quel percorso giovanile un in treccio di problemi, sollecitazioni, letture, di varia appartenenza culturale e ideologica: Maritain,6 Congar e Chenu,7 i preti operai,8 il proprio "mito politico" Dossetti,9 Gramsci. dibattito politico e culturale intorno all'Università italiana, ivi, p. 4. Gli articoli vennero scritti mcntre ricopriva a Roma il ruolo di incaricato per la cultura della Fuci nazionale (intervento di Miccoli in: Il ruolo della Faci e del movimento cat tolico nella vita del paese, ivi, n.s., 13 [1997J, nr. 10-12, pp. 32-34, spec. p. 32). Il citato numcro di «Ricerca» del IO febbraio 1956 venne mandato al macero prima della distribuzione perché nell'editoriale Miccoli stigmatizzava i recenti ripetuti episodi nei quali la forza pubblica era intervenuta in Italia meridionale contro i dimostranti (la sua testimonianza in Il ruolo della FlIci, p. 34). 6. «Qui si aprirebbe la questione delle ascendenze, delle radici di questi at teggiamenti. Certamente ascendenze francesi: Maritain -facevamo in realtà un po' di minestrone -, il gruppo di Esprit» (ivi, p. 33). 7. «Fu Frugoni a portarmi a Pisa e a falmi leggere, nei pl'imi mesi del 1955, Jalons pour une théologie du laicat del padre Congar, e ad indirizzanni alla lettu ra di alcuni scritti medievistici del padre CheDU» (Gli «Incontri nel Medio Evo» di Arsenio Frugoni, in «Studi medievali», III s., 24 [1983J, pp. 469-486, p. 470; an che in Per continuare la discussione ... , p. 429). I rinvii bibliografici presenti nelle pubblicazioni di Miccoli dclla seconda metà anni Cinquanta consentono di ipotiz zare come tra quegli scritti medievistici di Chenu letti per indicazione di Frugoni ci fosse soprathltto Moines, clercs, laicat au carrefollr de la vie évangéliqlle (Xl!' siècle), in «Revue d'histoire ecclésiastique», 49 (1955), pp. 59-89; giudicato in seguito «suggestiva e fondamentale sintesi» (Orientamenti bibliografici, in E. Per roy, Il J'v/edioevo. Espansione dell 'Oriente e nascita della civiltà occidentale, Fi renze [1958J, pp. 551-572, p. 564) e «fondamentale saggio» (Chiesa gregoriana. Ricerche sulla Riforma del secolo Xl, Firenze 1966, p. 288 nota 164). Sui Ja!ons di Congar egli tornerà più volte in La questione della laicità nel processo storico contemporaneo, in Fra mito della cristianità e secolari:::zazione. Studi sul rap porto chiesa-società nell 'età contemporanea, Casale Monferrato 1985, pp. 474 498), affelmando tra l'altro: «Le pagine del padre Congar su questi problemi re stano, mi sembra, fondamentali» (ivi, p. 495). Interessanti peraltro i rilievi mossi dallo stesso Miccoli alla scuola teologica francese del secondo dopoguerra in Bi lancio di lIn pontificato, in «Mondo nuovo», 21 luglio 1963, pp. 17-18. 8. La prima pubblicazione di Miccoli fu se non erro una recensione ai volu mi di G. Cesbrol1, Les saints vont en enfer, Paris 1952, e 1. Anglade, Le chien du Seigneur. Roman, Paris 1952 (G. Niccoli [sicJ, L'esperimento de! prete operaio,
Storicamente, 2007
Un modo possibile di esplorare approcci di analisi del potere alternativi al modello centrato sullo Stato e sulle categorie che con esso hanno preso forma (sovranità, diritti, ecc., ecc.), è quello di riscoprire, attraverso la lettura diretta di testi, linee di riflessione teorico-politica che sono rimaste in ombra per via del loro carattere eccentrico. È con questa intenzione che pubblichiamo qui il breve testo Sociologia. Le cause del suicidio,recensione scritta da Georges Canguilhem all'opera del sociologo Maurice Halbwachs Le cause del suicidio (Paris, Alcan, 1930), pubblicata nel novembre 1931 sulla rivista di Alain i «Libres Propos» e mai più ripubblicata in seguito. Chiamare in causa un autore come Canguilhem nel momento in cui si cerca di esplorare nuovi approcci al fenomeno del potere emersi nella teoria politica del XX secolo può apparire strano a chi conosca, anche solo per sentito dire, questa figura intellettuale. Georges Canguilhem (1904-1995) sarà noto a partire dal secondo dopoguerra come epistemologo della biologia e della medicina. Il suo saggio del '43 su Il normale e il patologico, riflessione sulle dinamiche vitali (salute, malattia, guarigione, ecc., ecc.) e sul paradigma che la nostra medicina moderna ha costruito per conoscerle e per intervenire su di esse (la "normalità" intesa come valore medio quantificabile statisticamente) è ancor oggi il testo più conosciuto[1]. Rimanendo fedele al campo di ricerca esplorato nel saggio del '43 (che è la Storicamente, 3 (2007)
Il senso della tecnica. Saggi su Bachelard, 2017
Prefazione a Emiliano Sfara (2016) UNA FILOSOFIA DELLA PRASSI ORGANISMI, ARTE E VISIONE IN GEORGES CANGUILHEM
Noema, n° 2, 2011
Non c’è che la scienza per dirci ciò che è – e per questo motivo la filosofia deve passare attraverso il discorso scientifico: non può farne a meno. «Non c’è ontologia, non c’è teologia, non c’è categoria oggettiva preesistente alla scienza...» [Foucault, 2001, 483]. Non che la verità della scienza sia la fedele riproduzione di qualcosa «iscritto da sempre nelle cose o nell’intelletto» [Canguilhem, 2000, 21], di alcunché di dato da qualche parte in attesa soltanto di essere scoperto o rivelato, come si potrebbe credere sulla scorta di una epistemologia ingenuamente realista. La verità ce la dice la scienza, è il suo «detto», significa che essa si costituisce come un processo discorsivo sottoposto a un’interminabile rettificazione critica, alla continua messa alla prova dialettica dei propri enunciati: significa che oggettività scientifica e storicità del discorso scientifico fanno tutt’uno, che la scienza costituisce il suo oggetto attraverso metodi e apparati teorico-sperimentali approntati con la precipua preoccupazione di cogliersi in errore. La scienza è un discorso regolato dalla norma del dire-il-vero e, perciò, essa è strutturalmente storica, in divenire, mai compiuta: l’errore è il suo orizzonte intrascendibile, la sua prima condizione di possibilità.
2018
The canguilhemian epistemological investigation and its focus upon the life plan of every living being, including the definition of monstrosity. The life of every single living being is configured as an activity of polarization in continuous metamorphosis and always ready to lay down norms; this means that the difference between the normal and the pathological state is the difference between the vital needs of the subject and the norms, and therefore not the absence or the presence of such norms.
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Scienza Politica Per Una Storia Delle Dottrine, 2013
Edizioni dell'Orso, 2020
A sè e agli altri. Storia della manicomializzazione, dell'autismo e delle altre disabilità relazionali nelle cartelle cliniche di San Servolo", 2013
S&F_scienzaefilosofia.it, 2009
Quaderni materialisti, 2014
E-Review. Rivista degli Istituti Storici dell'Emilia-Romagna in Rete
Trópos. Rivista di ermeneutica e critica filosofica – vol. 16 (2024), n. 1, 2024
Scienza e Filosofia, n. 23, 2020
L’impersonale. Si pensa, si sente, si crea / The impersonal. It is thought, it is felt, it is created, 2016
Campanini (a cura di), Studies on Ibn Khaldun, Polimetrica Milano, pp. 181-199, 2005
2014