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Il contributo che i musei possono dare per mantenere le persone con demenza il più possibile integrate nella trama di relazioni sociali e culturali è prezioso e attribuisce ai musei stessi un importante ruolo nella comunità. Da esperienze attivate presso alcune strutture museali si è riscontrato come l’arte sia in grado di incidere sulla memoria a lungo termine e possa riuscire ad estrapolare quello che le persone con Alzheimer hanno dentro, ma non riescono ad esprimere. Già da alcuni anni a livello internazionale sono stati avviati progetti dedicati a persone con differenti disabilità, al fine di rendere i luoghi della cultura accessibili e aperti a diversi pubblici: anche le iniziative rivolte a persone con demenza e a coloro che se ne prendono cura si sono moltiplicate. Dal report dei progetti pubblicati emerge che i benefici dei percorsi in museo pos- sono estendersi anche ben oltre la visita stessa, migliorando l’umore e l’autostima e riducendo lo stato d’ansia. Sia per il caregiver che per l’anziano, le esperienze in museo, in forma di percorsi strutturati e di laboratori, rappresentano un’occa- sione per socializzare e un momento di tregua nella “sfida” rappresentata dalla malattia. Le attività creative offrono infatti importanti stimoli, facilitando lo scambio di idee, aiutando a connettere il proprio vissuto con ciò che viene proposto, stimolando il recupero di memorie ed esperienze personali. Le persone fragili si sentono così protagoniste, interagiscono e si mettono in relazione con i propri “compagni di esperienza”, raccontando di sé, emozionandosi ed emozionando. Andare al museo, ad un concerto, alle mostre o partecipare a laboratori creativi, sono attività che fanno stare bene. Ma non è solo l’opera d’arte, il reperto o “la cosa bella” a far stare bene. E’ anche il fatto che altre persone intorno a noi provi- no le stesse emozioni e le stesse sensazioni. Nelle pagine a seguire troverete brevemente descritti i progetti di istituzioni, asso- ciazioni e professionisti che credono profondamente nel ruolo sociale del museo e che ogni giorno si impegnano affinché la cultura non sia solo per pochi ma diventi davvero accessibile a tutti.
Tre musei dell'apicoltura, i primi e tuttora i più importanti del Nord Italia.
Lingua italiana - Treccani, 2024
Cosa c’entra Dante Alighieri, il padre della nostra lingua vissuto tra 1265 e 1321, con la persecuzione e lo sterminio dei 6 milioni di ebrei perpetrato da nazisti e fascisti nel XX secolo? C’entra, a sua insaputa. Perché il regime mussoliniano ha abusato di alcuni incolpevoli versi tratti dalla Divina Commedia. Come? Pubblicandoli stabilmente sulla copertina della rivista «La difesa della razza». Lo scopo? sostenere razzismo e antisemitismo, giustificare le leggi razziali promulgate nel 1938 e arrivare alle loro terrificanti e fatali conseguenze. Prima di svelare, con l’aiuto di Francesco Lucrezi (Università di Salerno), quale sia la storia di quei bistrattati versi non si può che anticipare una certezza: Dante redivivo avrebbe un gran da fare. Soprattutto dopo aver appreso che una legge italiana – la n. 211 del 20 luglio 2000 – stabilisce di ricordare «la Shoah, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte» ogni 27 gennaio (data in cui nel 1945 i soldati sovietici abbatterono i cancelli del lager ad Auschwitz, nelle vicinanze di Oświęcim, in Polonia).
ATTI DEL XXII COLLOQUIO DELL'ASSOCIAZIONE ITALIANA PER LO STUDIO E LA CONSERVAZIONE DEL MOSAICO con il patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, 2017
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Il 10 agosto 1793, venne inaugurato a Parigi il museo del Louvre. Era un giorno importante per la Francia, il primo anniversario della caduta della monarchia. Non si trattava dell'apertura al pubblico delle collezioni reali, ma dell'esposizione del patrimonio nazionale, ottenuto dalla statalizzazione dei beni della corona e dalla confisca dei beni ecclesiastici e degli aristocratici fuoriusciti. Fu un'operazione rivoluzionaria, che simboleggiò la restituzione al popolo francese delle opere d'arte appartenute alle classi dominanti. Lo stato si assumeva la responsabilità della loro tutela, custodia e manutenzione, per fare del museo una grande scuola di formazione, non solo per gli eletti e per gli specialisti, ma per tutto il popolo. Da quell'evento rivoluzionario, sono trascorsi oltre due secoli e da parecchio tempo ci Il Louvre divenne il modello del museo moderno, diverso da tutti gli altri. si chiede quale debba essere il ruolo dei musei nella società contemporanea. Preziosi depositi di opere d'arte e di testimonianze del passato, isolati dal territorio e dalla società che ci vive? Oppure motori socio-culturali ed educativi che si rapportano con la città e formano un sistema attivo di informazione e di educazione permanente? Ritengo che la seconda sia la risposta giusta. E' necessario rivoluzionare il ruolo dei musei. Il territorio con le sue eccellenze culturali deve essere inteso come un grande museo diffuso che si confronta con i cittadini e la loro città.. Non si tratta di riorganizzarne la burocrazia, la managerialità o la vendita commerciale del marchio, almeno non solo, ma soprattutto di collegare i musei e le realtà storico-culturali cittadine in un sistema organico con il territorio e le proprie valenze sociali, culturali, produttive e didattiche. Nelle ipotesi che presento di seguito, ho proposto un itinerario museale che si interseca con quello storico archeologico e quello di colle San Pietro. I tre diversi percorsi costituiscono una rete reale di eccellenze culturali che, collegate con le realtà sociale, culturale, produttiva e didattica della città, dovrebbero porre le condizioni per l'inizio di un processo di recupero e valorizzazione delle eccellenze artistiche, storiche e scientifiche presenti sul nostro territorio. Processo che dovrà essere continuamente e attivamente partecipato dalle diverse realtà.. Non si può ragionare di Castel San Pietro senza rapportarlo con il suo colle, con il rione di San Giovanni in Valle e con le numerose testimonianze storico culturali presenti. Così come l'ipotesi di un grande centro culturale alla caserma Dalla Bona (ospedale militare), che possa ospitare opere d'arte, ma anche scuole di scenografia, di pittura e scultura, di costumi, di trucco, di recitazione teatrale e di altre attività collegate all'arte figurativa, al teatro e alla lirica; non sarebbe concepibile se non si tenesse conto delle vocazioni economiche (turismo, spettacoli teatrali e lirici, fruizione del patrimonio storico-culturale), maturate negli anni dalla nostra città.
Un ricamo in oro del primo Settecento e il suo restauro Nel 1987 ad arricchire le Civiche Collezioni Tessili giunse un dono prezioso: la signora Giuliana Parodi di Genova destinò al Comune due splendidi teli in seta verde ricamati in oro e argento, acquistati dalla sua famiglia e provenienti dalla Collezione Florio di Palermo.
Le pagine di questo lavoro hanno poche pretese. Esse vogliono essere un reportage sintetico sul problema dei rifiuti e della tutela ambientale nel Molise. Si riportano dati e fatti pubblici, quindi, nulla di nuovo ma un solo scopo: informare. Molti degli atti sono il frutto di articoli di stampa e di un lavoro di gruppo sia della Commissione Regionale Anticorruzione, sia del Comitato di Difesa della Salute Pubblica, sia dell'Associazione Mamme per la Salute di Venafro. Il libro si rivolge principalmente ai cittadini e si articola in tre parti. La prima, affronta ed approfondisce il quadro generale dei rifiuti pericolosi in Italia e in Molise. La seconda fa una analisi dettagliata di tutte le operazioni di polizia e della magistratura sul fenomeno. La terza riporta oggettivamente chi all'epoca delle dichiarazioni di Schiavone ricopriva incarichi istituzionali e politici in Italia ed in Molise. La parte conclusiva fa il punto della situazione e fissa alcuni principi fondamentali per uscire da questo "inferno". Per rispondere meglio alle esigenze del lettore, il lavoro è fondato su un principio nel quale crediamo fermamente: "massimo di informazioni possibili con minimo dispendio verbale". Ai lettori il compito di giudicare fin dove saranno attuate le nostre aspettative. Portocannone, 6 gennaio 2014 Vincenzo Musacchio INDICE INTRODUZIONE LE INDAGINI SUI RIFIUTI TOSSICI IN MOLISE NOMI FATTI E RESPONSABILITA' POLITICHE CONCLUSIONI E PROPOSTE INTRODUZIONE Il nostro Paese, ancora oggi può essere annoverato tra le grandi potenze industrializzate, ed in quanto tale, produce giocoforza ingenti quantità di rifiuti pericolosi. Per questo motivo, è allo stesso tempo vittima e artefice dei traffici di rifiuti tossici, realizzati attraverso la terra e il mare. L'industria italiana in genere, risparmia enormi quantità di denaro disfacendosi di rifiuti altamente nocivi smaltendoli in maniera illegale. Su questi crimini, ovviamente, lucra la criminalità organizzata. Tenuto conto che si tratta di traffici illegali, è impossibile avere una quantificazione esatta del giro d'affari. È tuttavia possibile avere un'idea dai dati che riguardano la quantità di rifiuti speciali (categoria di cui fanno parte anche quelli tossici e pericolosi) prodotti in Italia. I dati del 2010 indicano oltre 138 milioni di tonnellate di rifiuti speciali prodotti, di cui oltre 7 milioni di rifiuti pericolosi. Poco più di 100 milioni di tonnellate sono quelli smaltiti legalmente. Mancano quindi all'appello ogni anno circa 38 milioni di tonnellate di rifiuti speciali. È altamente probabile, quindi, che una parte consistente di questi rifiuti (quelli pericolosi) finisca sottoterra o negli abissi marini (Fonte: Rapporto Ecomafie di Legambiente). I riscontri oggettivi sui dati appena forniti al lettore, sono suffragati da documenti ufficiali delle varie Commissioni parlamentari e delle diverse Procure e Tribunali italiani che hanno indagato su questi fatti criminosi. Nella relazione finale della Commissione Parlamentare sui Rifiuti (2001), ad esempio, emerse uno scenario a dir poco apocalittico. Oltre alla distruzione del territorio, anche la costa italiana è fortemente pregiudicata. I mari italiani sono attraversati da navi, spesso vere e proprie carrette del mare, che trasportano di tutto, assoggettate a controlli spesso casuali e inconsistenti. L'affondamento a largo delle coste italiane di almeno 39 navi (le cosiddette "navi a perdere") è ormai una certezza. Si tratta di fatti attendibili suffragati sia da indagini giudiziarie che da accertamenti effettuati dai Lloyds di Londra (cfr. Atti Commissione Parlamentare sui rifiuti, Roma 2001). E' di questi giorni la notizia che le armi chimiche di Assad (Siria) saranno stoccate e distrutte nel nostro Mediterraneo. I nomi delle navi dei veleni che quasi certamente giacciono ancora nei fondali dei mari italiani sono tanti, e si possono trovare nei documenti ufficiali delle inchieste svolte da numerose Procure della Repubblica. Un elenco esemplificativo emerge da una recente interrogazione parlamentare (On. Realacci, 13 ottobre 2009 -Camera dei Deputati): Motonave Nicola I, partita nel luglio 1985 dal porto di La Spezia e mai arrivata a destinazione; nave Mikigan, partita da Livorno e affondata davanti alla Calabria nel 1986
Il Campo del Tesoro. Santuario e convento di Dongo. 400 anni di presenza francescana, 2014
2ª parte) DATI STORICI È di recente restauro un organo positivo custodito presso i Musei Civici di Como di cui già diede notizia nel 1998 M. Longatti nel suo volume sugli organi dell'Alto Lario. 1 Lo strumento proviene dal convento di S. Maria del Fiume di Dongo, sebbene non siano stati finora ritrovati documenti utili a tracciarne una storia.
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GENII LOCORUM. LE BIBLIOTECHE DEI/NEI MUSEI., 2024
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Ann.Bot. (Roma), Studi sul territorio, 1986