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Terrore digitale: horror contemporaneo e tecnologie del visivo

In un recente contributo sul tema del found footage horror, Hantke (2016) ha individuato in Ringu (1998) un luogo teorico fondamentale per l’elaborazione del rapporto fra tecnologie visuali e cinema horror contemporaneo. Riprendendo temi già elaborati da Videodrome (1983), il film è in effetti uno dei testi più lucidi da cui muovere per diagnosticare la fortuna che il tema della tecnofobia ha ancora oggi nel genere. A partire da questa prospettiva, l’intervento intende presentare alcune linee guida per un’ipotesi di lettura dell’horror mainstream degli ultimi vent’anni. Si cercherà di dimostrare come il genere abbia continuamente elaborato (secondo varie traiettorie) un identico plesso tematico, legato alle modalità attraverso cui le tecnologie visuali contemporanee (dalla sicurezza alle forme di comunicazione social) hanno modificato il nostro sguardo e la nostra visione del mondo. Se ad esempio i found footage horror paiono elaborare il fallimento della promessa di una forensic visuality continuamente frustrata, il caso dello screencasting horror (filone ancora in divenire ma di assoluto interesse) è ancora più esplicito nel farci assumere lo sguardo di una macchina, che produce immagini e morte disancorandosi ormai completamente dall’elemento umano.