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In un recente contributo sul tema del found footage horror, Hantke (2016) ha individuato in Ringu (1998) un luogo teorico fondamentale per l’elaborazione del rapporto fra tecnologie visuali e cinema horror contemporaneo. Riprendendo temi già elaborati da Videodrome (1983), il film è in effetti uno dei testi più lucidi da cui muovere per diagnosticare la fortuna che il tema della tecnofobia ha ancora oggi nel genere. A partire da questa prospettiva, l’intervento intende presentare alcune linee guida per un’ipotesi di lettura dell’horror mainstream degli ultimi vent’anni. Si cercherà di dimostrare come il genere abbia continuamente elaborato (secondo varie traiettorie) un identico plesso tematico, legato alle modalità attraverso cui le tecnologie visuali contemporanee (dalla sicurezza alle forme di comunicazione social) hanno modificato il nostro sguardo e la nostra visione del mondo. Se ad esempio i found footage horror paiono elaborare il fallimento della promessa di una forensic visuality continuamente frustrata, il caso dello screencasting horror (filone ancora in divenire ma di assoluto interesse) è ancora più esplicito nel farci assumere lo sguardo di una macchina, che produce immagini e morte disancorandosi ormai completamente dall’elemento umano.
2013
A dieci anni dall’inizio della guerra in Iraq, ripensando allo sterminato repertorio iconografico che essa ha prodotto, si può affermare che le immagini non ufficiali, anzi censurate e non autorizzate nate all’interno della prigione di Abu Ghraib potranno restare come vere icone dell’operazione Iraqi Freedom. Dopo la loro diffusione pubblica nel maggio del 2004, infatti, quelle fotografie si sono subito rivelate visualmente fertili, capaci di prestarsi ad alimentare il ricorso, dimostrandosi riproponibili in un insieme eterogeneo di pratiche sociali di appropriazione e re-framing creativo. Il mio lavoro, dunque, verte, da un lato, proprio sul processo di riappropriazione del senso di quelle immagini e sul loro incessante riutilizzo, dall’altro, sul loro stesso modo inedito di produzione, circolazione e diffusione capillare, usando tali fotografie come occasione per indagare il modo in cui la cultura visuale influenza l’agenda dei media, la politica e l’opinione pubblica. (...)
2017
The social, political, cultural and technological changes that shock the world in the 19th century; also renew the traditional forms of representation of the old regimes and power. This is the melting pot in which science fiction was born, increasing – and being increased by in turn – the fears the bourgeois society feels because of the technological progress. A brand new kind of ‘science fiction object’ brings a mysterious and destabilizing shadow among the bourgeois society in spite of its positivist optimism. The anxiety turns into nightmare: the dictatorship of these objects can subject and contaminate mankind, annihilating its humanity. By the analysis of books and movies, the article explores the deep bond between bourgeoisie and science fiction, focusing on the objects they both are related to and the restlessness they seem to be made of.
Quaderni di Teoria sociale n. 1,, 2019
in "piano b. ARTI E CULTURE VISIVE", 2018
Il contributo analizza da un punto di vista mediologico l'applicazione del digitale alla spettacolarizzazione delle forme artistiche. Non vengono prese in considerazione le pratiche ormai "classiche" di digital art, bensì - ad esempio - le diverse proposte di experience (Caravaggio, Monet, Van Gogh, Klimt, ecc); o i software che modificano l'impronta stilistica delle immagini; o ancora le animazioni interattive dei capolavori del passato; e simili. Partendo dal concetto di loisir di Morin, il contributo traccia una linea di analisi che attraversa le formulazioni sul kitsch per considerare le varie teorie sulla spettacolarizzazione: macdonaldizzazione (Ritzer), estetizzazione (Maffesoli), disneyzzazione (Bryman), vetrinizzazione (Codeluppi), artistizzazione (Perniola), integrandole nella riflessione sullo statuto attuale dell'immagine digitale e della cultura visuale (Montani), dalla postproduction (Bourriaud) alla deep remixability (Manovich). Il contributo propone una tipologia ragionata di un'ampia casistica di forme digitali di spettacolarizzazione dell'arte, intrecciandola con l'analisi del discorso mediatico e promozionale che accompagna questi fenomeni, individuando le categorie di estetica ingenua di cui tale discorso si nutre, nonché la persistenza di stereotipi interpretativi basati sulla sostanziale mancanza di approfondimento riguardo alla cultura digitale: caratteristiche che permettono di convergere verso una definizione di tecno-kitsch.
L'incessante rapidità di sviluppo delle tecnologie ha aperto la strada a un grande settore della criminalità mai esistito negli anni precedenti, il cyber-criminale. Questa conseguenza rappresenta una delle più evidenti lacune nel processo di ideazione e creazione della tecnologia, laddove - come si riportava nel precedente articolo "I dilemmi dell’innovazione responsabile" - i progettisti hanno completamente disatteso la fase di misura dell’impatto diretto delle innovazioni, senza cercare di valutare i loro potenziali riflessi indiretti. Nel creare la tecnologia, si è creato il crimine informatico.
La nozione narratologica di camera eye è stata molto praticata e discussa negli anni passati, ma attualmente pare essere uscita dal novero delle questioni teoricamente pertinenti, anche solo a scorrere gli indici di alcuni noti repertori di sintesi 1. Una delle ragioni di questa emarginazione è certo legata all'ambiguità del riferimento concettuale messo in gioco. Nella teoria del racconto è infatti possibile utilizzare camera eye in due grandi accezioni. La prima, oggi quasi dimenticata, descrive l'emersione nel romanzo moderno di una particolare efficacia visiva, in senso lato paragonabile a quella che il cinema ha diffuso soprattutto a partire dagli anni Dieci del Novecento. Secondo lo studioso che maggiormente ha approfondito la materia, Alan Spiegel (1976), la concretized form che un certo tipo di narrativa esemplifica è stata acquisita prima dal mondo 'scritturale' e poi da quello filmico. Per la precisione, è nell'ambito della tradizione flaubertiana che c...
Culture della persona: itinerari di ricerca tra semiotica, filosofia e scienze umane, 2021
Culture della persona: itinerari di ricerca tra semiotica, filosofia e scienze umane VII Quella della nozione di «persona» è una lunga storia, frutto di una serie di stratificazioni di senso e di slittamenti concettuali, talvolta a prima vista impercettibili, che hanno contribuito a ricollocarne il significato in relazione ad altre importanti nozioni, come quelle di relazione, soggetto o identità. Segno evidente di questa storia di sedimentazioni semantiche è la gran varietà di discorsi e di ambiti in cui la nozione di persona gioca un ruolo importante, all'interno della società contemporanea. Dall'etica al diritto, dalla filosofia alla teologia, dall'antropologia alla letteratura, all'arte, alla politica, non vi è ambito della vita umana in cui sembriamo disposti a rinunciare a questo concetto. Tuttavia, la diffusione del termine non può, in questo caso, essere intesa come segno di un accordo circa il suo significato, anzi: attorno al concetto di "persona" si consumano oggi (per esempio in ambito etico e, specialmente, bioetico) alcuni tra i conflitti intellettuali e culturali più importanti del nostro tempo e, forse, anche alcuni tra i più complessi da decifrare. Infatti, la definizione di che cosa significhi "persona", la questione di quale sia il valore da attribuire alla persona, nonché quella di chi debba essere considerato persona, sono domande Persona: significati e culture Gabriele Vissio Gabriele Vissio VIII che innervano non solo il dibattito intellettuale, ma anche i discorsi che animano la sfera pubblica. 1. Le citazioni dal testo kantiano rimandano, nell'ultimo riferimento in parentesi, alla traduzione di Pietro Chiodi indicata in bibliografia. 2. Per un'introduzione alla questione si veda Mori (2008). 3. Per un'introduzione ai principali temi e problemi dell'etica ambientale, con speciale riferimento alle questioni connesse all'antropocentrismo, particolarmente rilevanti nei dibattiti sul significato di "persona", si veda Donatelli (2012). Persona: significati e culture IX tremmo dire, quello che qualifica un dato individuo o una certa entità come "persona" è sempre un giudizio di valore, che opera al contempo una valutazione e una valorizzazione del proprio oggetto. 2. Un termine difficile In real tà, proprio la rilevanza del termine in ambito pubblico è indice della complessità semantica e dell'ambiguità teorica che lo connotano. Se, com'è noto, è alla Stoà greca che è lecito attribuire la paternità del riconoscimento del significato di persona come "personalità individuale", che si sviluppa nell'ambito di una comune "natura umana" universale (Pohlenz 2005, p. 409) 4 , il termine vede una complessiva ridefinizione del proprio significato, prima nell'ambito del diritto romano, e successivamente in ambito cristiano, dove svolge un ruolo decisivo nella teologia trinitaria (Lingua 2021). In questo ambito, il termine "persona" viene utilizzato, in primo luogo, non tanto per la definizione del soggetto umano, ma come strumento concettuale indispensabile al discorso teologico e, quindi, in riferimento, innanzitutto, alla real tà divina. Dunque, ben prima degli attuali tentativi di estendere la nozione di persona ad alcune real tà extraumane (come gli animali, le intelligenze artificiali o persino la natura 5), il cristianesimo ha inteso il termine "persona" come riferito in primo luogo a Dio e, di conseguenza, a un'entità non-umana. In età moderna, poi, il termine ha continuato a veder stratificarsi i suoi significati. È con John Locke e la sua discussione del concetto di identità, per esempio, che emerge la questione filosofica dell'identità personale, ma solo con l'età contemporanea la nozione assume un ruolo cardine nella costruzione di alcuni importanti sistemi filosofici. Così, per esempio, Charles Renouvier ritrova nella personalità 4. Cfr. anche Volli infra. 5. In particolare, sono interessanti (o perlomeno significativi da un punto di vista storico e culturale), i sempre più numerosi tentativi di riconoscimento della personalità giuridica della natura (o di alcune sue componenti). Un caso particolarmente significativo è dato, per esempio, dal Te Awa Tapua Act del 2017 in Nuova Zelanda, che dichiara, all'art. 14, il Te Awa Tupua (nome giuridico con cui la norma indica il fiume Whanganui e «ogni sua componente fisica e metafisica») come «legal person», con i relativi «diritti, poteri, doveri e responsabilità di una persona giuridica». Cfr, Te Awa Tapua Act (Whanganui River Claims Settlement), art. 14 (1).
Ogni cultura possiede un bagaglio condiviso di rappresentazioni sociali , ovvero «un complesso di idee, di immagini, di informazioni, di atteggiamenti e di valori tenuto insieme da un sistema cognitivo avente una propria logica e un proprio linguaggio» (Grande, 2005, p. 67). Le rappresentazioni sociali sono funzionali alla vita di una società poiché forniscono una base conoscitiva che orienta la nostra lettura del mondo e organizza la memoria collettiva. L’affermarsi di una rappresentazione è il risultato di un lento processo di costruzione, circolazione e sedimentazione di narrazioni e immagini all’interno di una data cultura. Si pone allora il problema di come questo processo di appropriazione di immagini e concetti culturalmente condivisi sia influenzato dall’avvento delle nuove tecnologie e in modo particolare da Internet. ....
Veleni e magiche posizioni. Grandi storie di cure e delitti, 2019
2018
presente fulmineo e un passato senza fine: la vita online Da quando ho cominciato a occuparmene, esattamente dal 2014, la Digital Deathvale a dire, l'insieme di studi interdisciplinari che spiegano i diversi modi in cui la cultura digitale sta modificando il rapporto umano con la morte, il lutto, la memoria e l'immortalità-è diventato un tema centrale e ineludibile sia per gli studiosi delle nuove tecnologie digitali sia per coloro che, a vario titolo, sono impegnati nei molteplici campi della tanatologia (Death Studies, Death Education, ecc.) 2 .
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in Diritto dell'informazione e dell'informatica, 2014, 891
Clionet. Per un senso del tempo e dei luoghi, 2023
I castelli di Yale, 2024
Dipartimento di Architettura (D'ARCH) - Università degli Studi di Palermo, 2020
Carmillaonline.com, 2023
«Zapruder», n. 45, 2018
Quaderni di Teoria Sociale, 2018
Lo Specchio Scuro - rivista di cinema online, 2018
Nuovo Giornale Nazionale , 2024
Narrability Journal, 2017