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1987
Si celebra in queste settimane a Bologna il processo per la strage alla stazione di sette anni fa. Nella requisitoria dei giudici si possono leggere i nomi degli esecutori e sono indicati con chiarezza i mandanti e la logica politica della strategia che ha lasciato una scia di sangue e di terrore sugli ultimi vent'anni di vita italiana. Avremo, questa volta, una sentenza in grado di accordare la verità e la giustizia? Non si può dimenticare che chi ha lavorato contro questa possibilità è sempre al suo posto. Il filo nero che, oltre le stragi, lega quarant'anni di minacce autoritarie non è mai stato reciso.
La specificità del potere capitalistico non deriva da una semplice accumulazione di potere d'acquisto, ma dalla capacità di riconfigurare i rapporti di potere e i processi di soggettivazione» Maurizio Lazzarato 1
CUltUrA / Animali i n molte località italiane ed europee esistono storie che riferiscono di Serpenti Giganti, i quali sarebbero stati avvistati in passato e sono tuttora, a volte, oggetto di narrazioni che sconfinano con facilità nel fantastico; si tratta di un mito radicato soprattutto nelle persone anziane, che sono gli ultimi detentori di conoscenze che in un passato, anche abbastanza recente, erano dominio comune e che ora paiono relegate alla tradizione e alla leggenda. Da un punto di vista biologico, rispetto ad altri Continenti, le tradizioni relative ad Ofidi giganteschi paiono in Europa meno suffragate dalla presenza di Serpenti di grandi dimensioni: esaminando gli Ofidi del Vecchio Mondo siamo molto lontani, infatti, dalle dimensioni massime rag-giungibili dagli Anaconda, dai Boa e dai Pitoni; niente apparirebbe più fuori dal comune, quindi, di una tradizione instauratasi in un Continente che di Serpenti Giganti non dovrebbe avere neanche traccia. Eppure, l'organismo in argomento interessa l'Europa di pressoché tutte le epoche, spaziando dalla mitologia greca e latina alla narrativa, alle tradizioni, finanche ai resoconti delle ultime persone che affermano di avere visto con i propri occhi questi Serpenti di grandi dimensioni e magari di averne sentito il sibilo. Per fare una breve carrellata, cito fra i racconti legati alla tradizione mitologica l'episodio di Laocoonte, che secondo la mitologia greca fu divorato insieme ai suoi figli da due giganteschi 40 -Il Forestale n. 89
VOBISCUM) DI PIER DAMIANI 0. Il mito della cella: in che senso l'espressione.
Left, 2023
Commento e analisi critica del disegno di legge costituzionale sul "premierato" (A. S. n. 935), alla luce dei paradigmi del costituzionalismo e di una democrazia pluralista e conflittuale.
Affido questi miei pensieri vergati con mano disperata a queste carte. So che ormai è inevitabile soccombere e che non mi resta che sperare solo nell'umana pietà e compassione che si riserva a coloro che ormai sono prossimi alla pazzia. Chi troverà questo resoconto potrà scegliere se appellarmi come pazzo e demente, ormai privo del prezioso dono dell'intelletto che ci distingue dai bruti oppure visionare con i suoi propri occhi se quanto narrerò non sia la più orrida storia. Ma lasciate che cominci dall'inizio. Qualche mese fa, a seguito della morte di un mio parente, entrai in possesso di un'ingente somma di denaro, lasciatami come eredità. Chi è avvezzo ai piaceri del mondo saprà quanto eventi del genere peggiorino un'indole già compromessa di suo nella tendenza alla cupidigia e quanto molto frequentemente, maneggiando una grossa somma di denaro guadagnata senza sforzo alcuno, ci si ritrovi rovinati e impoveriti nel giro di qualche settimana, vittime della febbre degli acquisti compulsivi. E io non feci eccezione. Non erano neanche passate 24 ore da quando avevo parlato col notaio, che già avevo scialacquato i primi soldi nell'acquisto di una redingote alla moda, di un blu scuro, con gilet della medesima tinta, cravatta colorata, pantaloni a tubo e cappello a cilindro. Tutte cose superflue delle quali avrei potuto fare a meno, ma che servirono a fare colpo, attirando lo sguardo di vezzose signorine di strada (e non dei quartieri bassi) che subito mi adescarono, ondeggiando nella tournure in modo eccessivamente vistoso, per attirare il mio occhio su quelle parti muliebri che solo per decenza non nomino. Ero ricco, e tutto questo senza aver mosso un dito né faticato; ero ben vestito ed ero stato subito soddisfatto da meretrici di classe (e non quelle cenciose che si accompagnano a scapestrati e vagabondi!). Un 1
L'abitato protostorico di Poggiomarino . Località Longola Campagne di scavo 2000-2004 , 2012
La ceramica di bucchero nero nel contesto dei livelli arcaici di Longola ha fatto, in questa fase preliminare della classificazione e dello studio , da fossile guida per la cronologia della fasi di abbandono dell'insediamento, in attesa che siano analizzate nel dettaglio la ceramica grossolana e le ceramiche d'impasto e figulina, sia di produzione locale che d'importazione. Il bucchero è presente, anche se in scarsa quantità, nei livelli cosiddetti di obliterazione al-luvionale (fase A2 di Longola) e più raramente su alcuni piani di frequentazione o relazionabili ad una "bonifica intensiva"(fase A3). Si tratta di un centinaio di frammenti di media e piccola dimen-sione, non raramente con presenza di attacchi freschi ed in massima parte privi di tracce di forte dilavamento. Sono associati a kotylai d'impasto con decorazione a rotella, ad olle con prese a lin-guette e ad oinochoai d'impasto, ecc., repertorio ceramico che caratterizza le sepolture della fase orientalizzante recente delle vicine necropoli della Valle del Sarno. Delle tre categorie corrispondenti all'evolu-zione della tecnica (bucchero "sottile", bucchero di "transizione", bucchero "pesante") ed a diverse fasi cronologiche, il villaggio di Longola restitui-sce materiale riferibile alla produzione più antica-quella del bucchero "sottile"-e, in percentuale maggiore, reperti in cosiddetto bucchero di "transi-zione". Solo pochissimi frammenti possono essere collegati alla produzione di bucchero "pesante", pertinenti comunque ad una fase non inoltrata. Si tratta di una produzione di ottima qualità, ac-curatamente rifinita. Raro, anche se presente, è il bucchero grigio. Le forme rappresentate sono quelle legate es-senzialmente al consumo del vino (kantharoi, kylikes, kotylai, coppette ad orlo rientrante, at-tingitoi, anforette e oinochoai). L'osservazione di alcuni frammenti di Longola indica, senza ombra di dubbio, che il vaso è stato trattato con pennellatura e non per immersione con un particolare prodotto liquido in modo da dare un aspetto argentato 1 alla superficie che la conservazione in ambiente privo di aria ha ben protetto. Significativa in questo senso è la differen-za di lucentezza tra la superficie di alcuni kantha-roi e la parete nascosta al di sotto delle anse che non ha ricevuto tale trattamento. Il catalogo dei reperti evidenzia un numero limitato di forme: Il bucchero "sottile" è documentato da vari frammenti dal colore omogeneo nero (Munsell 2.5/N) riferibili ad un'anforetta a corpo ovoide con striature verticali (tipo amphora 1b della clas-sificazione proposta da Rasmussen 2 ; 1b Livadie 3) (Fig. 246.1), ad alcuni esemplari di attingitoi 4 (tipo jug 1b Rasmussen; 9a Livadie) (Fig. 246.7) e di kylikes di difficile classificazione 5 (si potrebbe trattare del tipo cup 1b o 1c o ancora del tipo cup 3b Rasmussen) (Fig. 246.9, 13). Sono pure presenti piccole coppe con vasca a calotta emisferica e pro-filo continuo con orlo rientrante, decorate sulla vasca da sottili linee incise parallele (Fig. 246.6). Non è possibile attribuirle con certezza al tipo di coppette su piede a tromba (5a Livadie 6), anche se questa assegnazione è molto verosimile. Un piccolo kantharos (cat. n. 10/2A; Fig. 246.2) potrebbe ancora rientrare, per le sue pareti fini, nella classe del bucchero sottile, come pure l'unico esemplare di kantharos/calice di bucchero decorato con ven-taglietti semichiusi impressi con la rotella 7 (cat. n. 2/3B-Fig. 246.12). È ipotizzabile per questa produzione una provenienza dall'Etruria meridionale. Altri frammenti sono relativi a vasellame di bucchero dalle pareti con spessore leggermente maggiore. Si tratta di bucchero di "transizione" di ottima qualità che è spesso difficilmente distin-guibile dal bucchero "sottile". La rottura regolare IV.1.2. IL BUCCHERO NERO C. Albore Livadie 1 Non si tratta delle occasionali chiazze di "argentatura" che non sono altro che anomalie non pregiate, dovute alla condensazione locale di idrocarburi volatili sulla superficie dei vasi. 2 Cfr. RASMUSSEN 1979, p. 70 e Tav. 2.8, p. 164. Diffusa am-piamente in Etruria meridionale (Veio, in misura minore a Caere, San Giovenale e Tarquinia; nel Lazio, Lavinium, Ardea, Anzio, Satricum e Castel di Decima), è databile tra l'ultimo quarto del VII sec. a.C. e l'inizio del VI sec. a.C. L'esemplare di Longola amplia la diffusione del tipo, finora attestato in Cam-pania solo a Pontecagnano ed a Capua. 3 Vedi ALBORE LIVADIE 1979, Tav. 1.18. Vicino al sottogruppo A1 di MINOJA 2000, p. 31, Tavv. I.1 e XIII.1. 4 Privi però della tipica decorazione costituita da linee parallele incise sul collo che caratterizza gli esemplari del VII a.C. La forma piuttosto larga del collo, indice di arcaicità, con-sente però una datazione tra l'ultimo quarto del VII sec. e il prima quarto del VI sec. a.C. 5 Modellata sulla forma delle coppe ioniche di tipo B2, la kylix biansata è presente in Etruria meridionale tra l'ultimo quarto del VII sec. e il primo quarto del VI sec. a.C. (RASMUSSEN 1979, pp. 119-120, Tav. 38-39, nn. 219-229), con attardamenti nel territorio vulcente. 6 In Campania, il tipo 5a (ALBORE LIVADIE 1979) è relativa-mente diffuso tra la fine del VII-inizio del VI sec. a.C. 7 Il motivo del ventaglietto eseguito con fila di punti sulla vasca conosce un'ampia diffusione tra l'ultimo terzo del VII e il primo quarto del VI sec. a.C., in Etruria come in Campania.
Terre di Confine Magazine, 2010
Il mito arturiano Secondo una tradizione affermatasi nel corso degli anni, le leggende del ciclo arturiano affonderebbero[1] le loro radici nel periodo in cui le legioni romane, vista la crisi attraversata dal Tardo Impero, abbandonano la Britannia lasciandola così in balia delle incursioni di tribù bellicose provenienti dalle coste danesi. In effetti, il nome del principale personaggio della saga, Artù, riecheggia Arctorius, un cognomen romano attestato in alcune iscrizioni, [2] anche in Britannia e nel più celebre luogo collegato al ciclo arturiano stesso, Glastonbury. La prima testimonianza scritta che lega tra loro questi luoghi e questi avvenimenti è decisamente più tarda, risalente al IX secolo: si tratta dell'opera intitolata Historia Britonum, attribuita, con notevoli incertezze, a un monaco gallese di nome Nennio. Di poco più tardi, del 950 d.C., sono gli anonimi Annales Cambriae,che, oltre al personaggio di Artù, presentano anche Mordred (chiamato Medraut), già visto come uccisore del re nella battaglia di Camlann. [3] Il periodo di fioritura del ciclo arturiano, però, si colloca nei secoli successivi, a partire dal XII, quando non solo nell'Inghilterra normanna, ma anche e soprattutto in Francia, nascono diverse opere in cui trovano un posto di rilievo sia re Artù sia i suoi cavalieri. In quest'epoca, infatti, il ciclo arturiano assume due fisionomie completamente diverse, mantenendosi sulla trattazione storica in ambito anglofono, e divenendo invece materia per cicli cavallereschi in territorio francese. Il più importante prodotto della narrativa di terra inglese, e sicura fonte di ispirazione per molti autori successivi, è l'Historia Regum Britanniae di Goffredo di Monmouth, composta in latino come la maggior parte delle opere erudite del tempo: in questa storia del mondo britannico sono presenti i maggiori personaggi del ciclo arturiano e, in nuce, sono tratteggiati i caratteri essenziali dello sviluppo delle vicende legate ad Artù e soprattutto a Merlino, protagonista principale della narrazione "arturiana" di Goffredo.[4] Il professor Ferruccio Bertini, docente di Letteratura Latina presso l'Università di Genova, sottolinea le differenze nel personaggio di Merlino esistenti tra l'Historia Regum Britanniae e l'altra opera legata al ciclo arturiano attribuita allo stesso Goffredo, la Vita Merlini, al punto da sospettare che si tratti di due figure distinte, entrambe con lontane reminiscenze storiche ma appartenenti a due età differenti. È comunque importante ricordare che, sebbene Goffredo sostenga di aver composto la Historia Regum Britanniae in base al ritrovamento di un manoscritto originale celtico, ora perduto, la sua opera appartiene a un'età in cui diventano più frequenti gli scambi culturali con il resto dell'Europa, e con l'Italia in particolare: la Britannia, dunque, si ritrova nobilitata dall'aver dato i natali a un sovrano di levatura paragonabile ai grandi eroi del passato.
Il gatto nero, 1843
Vittima e testimone, tentatore e giudice: è il gatto che si aggira in questo racconto dove la paura e la follia si insinuano nella vita quotidiana in un crescendo felpato e inquietante. Uno straordinario racconto horror in bilico tra istinto e ragione che è allo stesso tempo l’omaggio di un grande scrittore al gatto.
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Il cane e Mitologia, 2020
Metabasis. Filosofia e Comunicazione, 2017
Le mythe repensé dans l’œuvre de Giacomo Leopardi, a cura di Perle Abbrugiati, 2016
https://www.diamtrader.net/2022/03/cosa-sono-i-diamanti-neri.html, 2022
Il Principe nero. Don Giovanni, un sogno femminile, 2019
http://www.endasravenna.it/wp/pagine-di-cinema/il-farwest-la-dove-scende-il-mito/, 2025
Lo strano caso dei pantaloni di Dassoukine, di Fouad Laroui, trad. di Cristina Vezzaro, 2021
Dissipatio (rivista digitale), 2025