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2017, Bullettino dell'Istituto di Diritto Romano 'Vittorio Scialoja'
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The paper criticizes some recent interpretations of the Roman legal concept of res communes omnium, often assimilated to modern notion of “common pool resources”. Through the analysis of the legal discipline of the most relevant res communes omnium, the sea and the seaside, I conclude that the rules of this Roman category of things are not anyhow comparable to those of “common goods”. In fact, while these are characterized by the only possibility to extract values of use from the good, without any chance of appropriation, the public character of the use of the beach and the sea in thinking of the Roman jurists allows the appropriation of portions.
Il riferimento ai "beni comuni" ricorre, ormai, nei contesti più disparati: di essi si discute in sede di teoria giuridica, ma se ne occupano anche, ed ancor prima, la filosofia della politica e la scienza economica, alla loro insegna si sono svolti, in Italia, vittoriosi referendum abrogativi, ma essi si ritrovano pure evocati nei programmi e negli slogans di movimenti e forze politiche, tanto d'oltre oceano che europei e dello stesso nostro paese ( 1 ).
I beni comuni hanno il fascino potente del nuovo, della corsa verso l’oltre, ma cosa sono? Il saggio, cogliendo la sfida del “comune”, ne ricerca una definizione, individuandone il fil rouge nella funzione (la salvaguardia e la fruizione comune del bene), per poi rilevare le ambiguità e le domande sollevate dal “di chi sono” e dal “come funzionano” i beni comuni, ovvero dalla loro titolarità diffusa e gestione partecipata. Si approda così all’immaginario che i beni comuni veicolano, al loro potenziale trasformativo e dirompente nei confronti della proprietà, della sovranità e del pubblico. I beni comuni scardinano il paradigma proprietario e la logica del profitto, sfidano la sovranità e lo Stato, ma perché “oltre il pubblico”? Una domanda scomoda, ma ineludibile, se si muove dal “pubblico” del costituzionalismo. È una questione che si lega al rapporto fra beni comuni e Costituzione: un’amicizia che traspare accostando la prospettiva dei beni comuni a principi e norme costituzionali. Il saggio si chiude, infine, con una suggestione sul paesaggio come bene comune tutelato dalla Costituzione e una riflessione sulla tensione rivoluzionaria dei beni comuni, visti non come mantra magico per evocare il mondo nuovo, ma come un oltre che, nel proiettarsi verso un futuro altro da immaginare e da costruire, poggia sulle spalle delle lotte del Novecento. The commons have the charm of the new, but what are they? The essay, accepting the challenge of the “common”, looks for a definition, identifying the common thread in the function (the preservation and enjoyment of the common good), and then detects the ambiguities and questions raised by “whose they are” and “how they work” by their widespread ownership and participatory management. This leads to the transformative potential and disruptive nature of the commons against property, sovereignty and the public. The commons unhinge the paradigm of property and the logic of profit. They challenge sovereignty and the State, but because they also appear to be “beyond the public”? An awkward question, but unavoidable if it is raised by the “public” of constitutionalism. It's a question linked to the relationship between the Constitution and the commons: a kinship that is revealed through the association between the perspective of the commons and constitutional rules and principles, viewing the commons as a constitutional expression. The essay closes with a suggestion for the landscape of common and constitutional good, and a reflection on the revolutionary tension of the commons, seen not as a magical mantra to summon the new world, but rather as a projection for an alternative future that leans on the shoulders of the achievements of the twentieth century.
«Un deputato della nobiltà ribattè: "Appunto perché non si considerava un furto, l'asportazione di legno avveniva così di frequente". In base a questo lo stesso legislatore dovrebbe concludere per analogia che gli schiaffi sono frequenti per il fatto che non sono giudicati assassinî. Si decreti dunque che lo schiaffo è un assassinio» K. Marx, Dibattiti sulla legge contro i furti di legna SOMMARIO: 1. Dai "beni comune" al "comune".-2. Segue.-3. Il referendum del 2011.-4. Le occupazioni.-5. I regolamenti comunali-6. Conclusioni. 1. Contro ogni previsione, il tema dei beni comuni è riuscito, in un lasso di tempo relativamente breve, ad imporsi all'atten-zione di una pluralità di specialismi e ad accumulare una biblio-grafia davvero imponente 1. E non solo. Infatti, negli ultimi anni, si sono moltiplicati i casi di Comuni, anche di dimensioni me-dio-grandi, che hanno adottato regolamenti intesi a disciplinare l'uso dei beni comuni o che hanno ritenuto di accordare, a col-lettività più o meno estese, di cittadini, l'uso di luoghi, spazi ed edifici di proprietà pubblica. Un successo, dunque, anche se l'os-servatore simpatetico non può non avvertire una certa insoddi-41 1 Mi limito ad alcuni richiami essenziali. In primo luogo, l'incunabolo dei la-vori della Commissione "Rodotà", ovvero Invertire la rotta. Idee per una riforma della proprietà pubblica, a cura di U. Mattei, E. Reviglio, S. Rodotà, Bologna, 2007. Poi U. Mattei, Beni comuni. Un manifesto, Roma-Bari, 2011 (che, come si desume già dal titolo, si candida ad essere il documento programmatico del movimento be-nicomunista, anche se, per la verità, si può essere un benicomunista senza per que-sto condividere tutti gli assunti del discorso di Mattei) a cui va aggiunto il più recente U. Mattei, Il benicomunismo e i suoi nemici, Torino, 2015. Vanno poi citati alcuni contributi decisamente simpatetici ma di impianto più analitico che poli-tico-programmatico: in particolare Oltre il pubblico e il privato. Per un diritto dei beni comuni, a cura di M.R. Marella, Verona, 2012; A. Lucarelli, La democrazia dei beni comuni, Roma-Bari, 2013; e, fresco di stampa, Beni comuni 2.0. Contro-ege-monia e nuove istituzioni, a cura di A. Quarta e M. Spanò, Milano, Udine, 2016. Un'ampia rassegna dei temi sviluppati dal dibattito sui beni comuni in I beni co-muni, a cura di U. Breccia, G. Comandé, E. Navarretta, R. Romboli, Pisa, 2015. Molto critici, ed anzi scopertamente polemici, E. Vitale, Contro i beni comuni, Roma-Bari, 2013 (da una posizione di sinistra "riformista") nonché I beni comuni oltre i luoghi comuni, a cura di E. Somaini; Torino, 2015 (espressione di un indi-rizzo politico-culturale decisamente main stream); mentre un orientamento ispi-rato ad un cauto possibilismo caratterizza l'interessante raccolta di saggi Beni co-muni e cooperazione, a cura di L. Sacconi e S. Ottieri, Bologna, 2015.
Nel giro di dieci anni l'espressione beni comuni, anche nella sua versione al singolare, si è propagata in ogni ambito discorsivo. Dalla nascita dell'Università omonima ai movimenti contro la privatizzazione dell'acqua, dalla difesa dell'istruzione nella scuola e all'università alla libertà digitale, dalla rivendicazione dell'accesso all'informazione alle campagne sul senso e valore del lavoro, dalle dichiarazioni della CEI fino alla singolare difesa dei beni culturali da parte dell'esclusiva rivista FMR 1 . Un'espressione dunque che sembra godere di una caratteristica rarissima di questi tempi: un'evidenza che riscuote l'accordo delle parti più diverse.
in G. Perlingieri e A. Fachechi (a cura di), L’operatività dei principi di ragionevolezza e proporzionalità in dottrina e giurisprudenza, Napoli, 2017, p. 473-492., 2017
Sommario: 1. Lo strano caso del diritto di proprietà. – 2. Razionalità discreta vs. razionalità dialettico-conformativa nel trattamento sintomatico dei nuovi modelli. – 3. Ricominciamo da tre casi. – 4. Beni comuni e gioco del- l’imitazione tra diritto di proprietà e sharing economy.
2020
Recensione a Carlo Lottieri, Beni comuni, diritti individuali e ordine evolutivo, IBL Libri, Milano 2020.
Il contributo "Beni comuni, usi collettivi e comune: oltre la logica proprietaria" è pubblicato in "La rivolta della cooperazione. Sperimentazioni sociali e autonomia possibile", a cura di Andrea Fumagalli, Giovanni Giovannelli e Cristina Morini, Mimesis edizioni (2018). Sintesi del volume: Di quale bagaglio di antidoti analitici è necessario dotarsi per rendere materiale una rivolta della cooperazione capace di introdurre innovative forme del vivere in comune e di distribuzione della ricchezza sociale prodotta, contro la rapina del capitalismo biopolitico? Gli autori e le autrici i cui interventi si trovano raccolti in questo volume interrogano le esperienze di welfare dal basso che operano sui territori, rispondendo a istanze di solidarietà e mutualismo. Sintesi del contributo: Schematicamente viene raccontato in che modo a Napoli una serie di categorie quali Beni comuni, Usi collettivi e Comune si sono implicate reciprocamente. Se il Comune come modo di produzione racconta un altro modo di stare insieme, un altro modo di produrre relazioni sociali è anche vero che una diversa forma di relazione basata sulla cooperazione e la convivialità produce molto spesso un tipo nuovo di bene: i Beni comuni, per l’appunto. Questi a loro volta implicano, però, una diversa forma di relazione tra beni e soggetti. Ma è proprio qui che, dal punto di vista del diritto, sta il passaggio più insidioso: perché nei nostri ordinamenti l’unica forma di relazione possibile tra soggetti e beni pare essere lo schema proprietario esclusivo. Da qui la necessità, attraverso la nozione di Usi, di scardinare la nozione stessa di proprietà esclusiva dei beni.
Il nuovo movimento globale è stato caratterizzato da una forma particolare di azione, l'occupazione, che ha caratteristiche precise. E' un atto di disobbedienza nei confronti della linea di confine che distingue legale e illegale, legittimo e illegittimo. E' un no alla distribuzione e alla gestione di risorse, di diritti, così come previsti dall'ordine esistente. Occupare, come azione puntuale, equivale a dire "adesso basta".
labsus.org, 2019
Accesso civico generalizzato e cura dei beni comuni secondo il Consiglio di Stato https://www.labsus.org/author/marina-caporale/ 2019/04
Rassegna Di Diritto Civile, 2014
L'accettazione di un articolo implica l'impegno da parte degli autori a non pubblicarlo, o a non pubblicare parti di esso, in altra rivista senza il consenso scritto dell'Editore secondo le modalità concordate con l'Editore stesso. Le medesime regole valgono anche per i Quaderni della Rassegna di Diritto Civile, sí che lo stesso Comitato sarà investito della valutazione dei lavori inviati alla Direzione dei Quaderni.
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"Paesaggi Collettivi. Usi civici e beni comuni come risorsa", a cura di Fausto Carmelo Nigrelli, 2023
Benessere e felicità: uscire dalla crisi globale, 2013
Abitare insieme / Living Together. Dimensione condivisa del progetto futuro, CLEAN, Napoli 2015, 2015
Rassegna di diritto civile, 2011
Mondoperaio 6/2012 ISSN 0392-1115, pp. 23-27, 2012