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mio primo contributo sul tema
2010
«I nostri sentimenti cadono su di noi come la pioggia o il sole, senza che la nostra volontà sia padrona del loro apparire o scomparire». Scrive così Georg Simmel, nel 1908, dando formalmente il via alla futura sociologia delle emozioni: materia di studio ben radicata nelle università statunitensi fin dagli anni Settanta, continua a incontrare difficoltà di ricezione nel panorama accademico italiano ed europeo. Attraverso distinzioni semantiche e ricognizione delle ambivalenti modalità di manifestazione emozionale nella vita quotidiana contemporanea, l’autore intende guidare alla scoperta degli studi (sociologici, ma non solo) sugli "stati del sentire". Provando, nello stesso tempo, a formulare domande e ipotesi di ricerca per comprendere perché, oggi, sembra essere così difficile manifestare quello che ognuno di noi sente dentro. Il libro si rivolge a studenti che seguono indirizzi di studio di stampo sociologico, antropologico e anche filosofico; ad addetti ai lavori che si occupano di sociologia della vita quotidiana e sociologia della conoscenza e della cultura; a operatori dei servizi sociali; nonché a chiunque avverta il bisogno di informarsi sulle modalità e gli effetti della manifestazione degli stati emozional-sentimentali.
LimesLettere, 2020
Saggio/Recensione su "Estetica ecologica. Percepire saggio, vivere corrispondente"
La storia degli aristocratici Tartufi e della cultura a loro collegata ha interessato e continua a interessare i più disparati ambiti disciplinari: dalla scienza alla storia sociale e della mentalità, dalla gastronomia all’iconografia, dalla sessualità fino all’economiae al marketing. Non a caso si tratta di uno degli alimenti più costosi al mondo e che, a partire dall’Ottocento, ha suscitato gli entusiasmi più sfrenati, come dimostrano le definizioni tributate ai tartufi - bianchi o neri che siano - da illustri personaggi avvalendosi di evocative similitudini: «il Mozart dei funghi»; «il diamante della cucina», «l'oro nero del Mediterraneo», «l'Araba fenice della gastronomia internazionale», «il più seduttivo profumo del mondo». E però, cosa sarebbe il Tartufo senza il 'fascinosum', ovvero senza quell’alone di mistero che circonda questo sempre più super celebrato e agognato gioiello della gastronomia? Fin dal loro esordio nelle fonti scritte, infatti, i funghi sotterranei hanno suscitato domande, giudizi, appetiti ed emozioni a cui botanici, medici e gastronomi nel corso dei secoli hanno cercato di dare risposta.
Pasolini si abbevera lungo le prodaie dei campi nell’avita terra furlana prima, e lungo le strade insozzate dalla lordura cittadina di Roma poi, all’estenuante ricerca della Cosa materna, – oggetto inaccessibile allo sguardo – che, di notte, transustanzia in corpi vacui e inconsistenti: i “ragazzi-cosa”. Altresì, dal lato artistico, il poeta esprime in maniera disperata un’ossessione creativa, che è in realtà un altro sintomo della “fissazione alla madre” . Riferendosi all’infanzia dell’autore, Enzo Siciliano scrive: «l’unica scappatoia nevrotica appariva naturalmente “il desiderio di morire”. La soluzione espressiva doveva venir dopo» . Nelle pagine che seguono, dunque, si affronterà un quesito che interessa non soltanto il Pasolini reale, ma anche, e di riflesso, un Pasolini per così dire tipizzato – in quanto inscritto in un personaggio letterario –; il quale sembrerebbe elevare a un grado di “conflitto bipolare” le contraddizioni che attraversano tutta la vita del poeta. Si tratta di quella parte di Pier Paolo Pasolini ravvisabile con ogni probabilità in Manuele , protagonista del romanzo Aracoeli , immaginato da Elsa Morante come il solitario artefice di un viaggio attraverso la lingua e il tempo – elementi che nella poesia di Pasolini sono gli attributi di un’iconografia materna in continuo mutamento –, ma soprattutto attraverso la psicosi, nel solco di un doloroso ricongiungimento con le radici perdute della madre. Al netto di tale fissazione, è lecito credere che il rapporto con l’oggetto primario possa influenzare il rapporto con la Storia, che, nel caso di Manuele, è praticamente nullo? E in caso di risposta affermativa, può dirsi, quello di Pasolini, vero interesse politico, se motivato dalla fissazione nevrotica di un trauma personale? Certo è che il discorso presenta molti nodi: se la creazione di un “oggetto-idolo” giustifica il trasbordo semantico dalla madre al “regno delle madri” – un antimondo dominato, come si vedrà, da un ethos squisitamente familista e amorale –, ciò tuttavia non segna, se non in parte, o addirittura in apparenza, il motivo della “schiavitù” di Pasolini rispetto a un «senso/ alto, irrimediabile, di un impegno immenso» , che il poeta subisce sia nei confronti della madre reale, sia dinanzi alla propria missione intellettuale e politica – quest’ultima forse non imputabile al solo fardello dell’essere un eterno «bambino/badante» –; bisogna invece tenere in considerazione anche l’importanza dello scontro col padre, in particolare la sparizione del suo doppio simbolico dal mondo interno dell’autore, che in ciò si avvicinerebbe ulteriormente alla figura di Manuele. Infatti, come scrive Walter Siti in Elsa Morante nell’opera di Pier Paolo Pasolini, e a proposito di Aracoeli: Alcune “scoperte” psicologiche che il protagonista fa su sé stesso, sono dati psicologici che appartengono a Pasolini: come quando interpreta il proprio odio come invidia mascherata, o quando si rende conto di aver sempre amato, più in fondo ancora che sua madre, suo padre (un padre che somiglia al padre empirico di Pasolini, come Aracoeli, madre-ragazza-capinera assomiglia a Susanna) . Un simile fenomeno si riscontra anche in Aracoeli, romanzo interamente orbitante attorno al mausoleo materno, e che pure termina nel segno del padre. Si darà spazio perciò al ruolo di quest’ultimo e alla sua violenza/assenza nella vita di Pasolini, capace di bloccare i primi tentativi di un Io in fieri di desiderare in modo autonomo. La scena primaria assimilata come uno stupro, e il senso di colpa legato al fatto di legittimare col proprio esistere quella prepotenza sessuale – del padre sulla madre – fissano «a nucleo a bulbo la nevrosi creativa del poeta» . Bisognerà a questo proposito stringere il nodo come un intrico, tenendo a mente tutti i passaggi; infine tornare indietro: scioglierlo. Credo sia questa la via maestra da seguire per avvalorare l’intuizione di Siti, in modo da colmare la distanza fra il "creare" di Pasolini e l’«andare» di Manuele. Proprio nell’atto del creare, e dunque del tradurre in opera una parte del proprio mondo interno, sembra risiedere infatti l’evidenza irrecusabile dell’impegno pasoliniano, che, tuttavia, altro non è che un’alternativa catartica al disimpegnato peregrinare di Manuele. La questione privata dei due è in sostanza la medesima, seppure con alcune differenze, e lo sono anche le «scoperte psicologiche» ad essa associate. Diversa invece è la via di ricerca della presenza materna, che in Manuele è fisico-corporea, e in Pasolini evocazione della madre prima – nel segno della regressione che attualizza l’oggetto perduto –, impegno civile poi: la “missione” dunque, che estende l’amore per Susanna a tutto il «regno delle madri». La disgregazione dell’Italia contadina equivale allora a un delitto, e richiama nuovamente alle responsabilità di una nuova nascita, questa volta ineluttabile, nel mondo delle frustrazioni.
Omaggio a Catullo si intitola, con ovvietà apparente, la sezione de Il gatto lupesco incastonata fra gli irti esperimenti delle Fanerografie e le movenze più distese e consuete del Corollario 1 . Che di Catullo si tratti, titolo a parte, non si potrebbe dubitare: dal canzoniere del latino Sanguineti trasceglie, non a caso, carmi notorî e talora scolasticissimi 2 ; si va così dal passer lodato (1 = Catull. 2 + 2b) e poi compianto (2 = Catull. 3) al tourbillon dei basia mille (3 = Catull. 5), sino al suo logico complemento di basiationes innumerabili (5 = Catull. 7); accanto ad essi i versi meno teneri, ma non meno noti, del saporoso terzo grado a Flavio (4 = Catull. 6), dello scoptico pedicabo et irrumabo (6 = Catull. 16), infine dell'invito a Ipsitilla (7 = Catull. 32) 3 . Quanto all'«omaggio», vedremo presto di che omaggio si tratti. Le sette imitazioni recano la data del «febbraio 1986» 4 . Ad esse andreb-1
Recensione a Maria Antonietta Terzoli, Commento al Pasticciaccio brutto de via Merulana, Roma, Carocci, 2015, in "Campi Immaginabili" - Rivista semestrale di cultura, 56-57 (2017), pp. 506-508)
Collana di Semiotica" accoglie e presenta saggi e materiali didattici o di ricerca che si situano nel campo di riflessione delle discipline della significazione e della comunicazione. Vuole essere uno spazio aperto sia a contributi di carattere teorico-metodologico, sia a esercizi di analisi critica sulle forme semiotiche di testi, pratiche e discorsi.
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14) « Russo lettore di Foscolo tra Salvatorelli e Gramsci », dans La vie intellectuelle entre fascisme et République (1940-1948), A. Bechelloni, Ch. Del Vento et X. Tabet (dir.), Lyon, ENS Éditions (Laboratoire Italien, 12), 2012, p. 233-246., 2012
Scrittori che traducono scrittori. Traduzioni "d'autore" da classici latini e greci nella letteratura italiana del Novecento, 2, 2018
I castelli di Yale, 2021
Paideia 74.1, 2019, pp. 47-58
Il kitsch, percorso critico sul cattivo gusto, 2018
Aesthetica Preprint, 2013
“Vallotti as the Ideal German Good Temperament” in Harpsichord & fortepiano, Volume 15, no. 1, pp. 9-14. UK 2010, 2010
Peitho Examina Antiqua, 2019
L'altro gusto. Per un'estetica dell'esperienza gustativa, 2021