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Book of Watchers. Ancient apocryphal book
Su questa base il corpus apocalittico, composto da testi che ad eccezione di Daniele non sono inclusi nel canone biblico, può essere considerato il seguente:
Usi, costumi e vicende politiche ed economiche di Agerola nella prima metà dell'Ottocento. Alla fine del Settecento, e, nella prima meta dell'Ottocento, ai tempi in cui visse il generale Paolo Avitabile, l'ambiente sociale di Agerola era profondamente diverso, e bisogna naturalmente inserirsi in quelle condizioni ambientali, per comprendere la formazione del carattere, le capacità e la fortuna eccezionale di questo grande figlio di Agerola che, in una determinata epoca, ha destato un interesse a carattere europeo. Nel 1790, Agerola contava 2689 abitanti, e, quindi aveva le proporzioni di un grosso borgo di montagna, ma nel 1860 contava già 4022 abitanti e ciò dimostra, che, in quel periodo, si ebbe un notevole incremento demografico, che da quel tempo è in continuo miglioramento nonostante il forte deflusso emigratorio. Nell'ultimo censimento del 1962, la popolazione di Agerola risultava di 6873 abitanti. Il paese aveva allora le stesse bellezze naturali, forse più suggestive perché più selvagge. I boschi avevano una maggiore estensione e nascondevano quasi buona parte delle case all'interno del paese. Le abitazioni erano più rade e avevano tutte, tetti spioventi di legno, e il loro colore grigio-cupo si confondeva con la vegetazione circostante. Una sola strada rotabile, della larghezza di pochi metri, con il fondo di terreno battuto, congiungeva le varie frazioni, e aveva alcuni caratteristici ponticelli, come quello che tuttora si vede, a ostinato ricordo, nella frazione di Bomerano. La strada costituiva una meraviglia per gli altri paesi della costiera che avevano solo ripidi "petigni" e scoscese "scalinatelle". Diverse mulattiere collegavano altre zone del paese. Durante le piogge si trasformavano in vorticosi corsi d'acqua che ne danneggiavano continuamente il fondo viabile durante la notte, per sicurezza personale, potevano essere percorse soltanto a lume di lanterna. Altre mulattiere, di percorso scabroso, collegavano il paese con i monti sovrastanti, ricchi di pascoli e di legname che alimentavano in buona parte l'economia del paese. In quelle strade, in ogni stagione, s'incontravano uomini robusti e taciturni, e donne rigorose che trasportavano a spalla legna da costruzione o foraggi per gli animali. I boschi risuonavano del muggito degli armenti o del belato delle greggi, e qualche volta, di notte, dell'ululato dei lupi. Nei campi, gli uomini e le donne lavoravano con piena eguaglianza dei compiti, mentre ai figli più piccoli erano riservati i lavori più leggeri. Il paese era completamente isolato dal resto del mondo, per raggiungere Castellammare, bisognava attraversare il valico di S. Angelo, per la mulattiera delle Palombelle, cosi denominate, perché la zona era adibita alla caccia dei colombi al passo, che si catturavano con reti dette "parate". Per raggiungere Amalfi, bisognava scendere quasi tremila scalini che costringevano i viandanti a continui giochi di equilibrio per quei sentieri scoscesi. Buona parte degli abitanti viveva e moriva nei limiti territoriali del paese, ignorando tutto del mondo che, per essi, terminava dietro il profilo degli orizzonti, che 6 dei poveri, alle quali non sempre si degnavano di rispondere, e spesso commettevano prepotenze, subite com rassegnazione dalle vittime che avevano bisogno dei signori per sopravvivere. Molto diffusa era la pastorizia e l'allevamento del bestiame, i pastori conducevano al pascolo le greggi dei ricchi, e, come Diogene, dormivano in una botte, trascorrendo la loro esistenza quasi sempre in montagna, lontano dal consorzio umano. I sacerdoti erano numerosi, spesso erano più pratici di caccia e di agricoltura che di teologia o di sacri testi; recitavano la messa cantata e gli uffici funebri, con voce tonante, ma erano i consiglieri e i protettori dei contadini, e, sostituivano i giudici nelle controversie eliminando le liti con decisioni pacifiche. Essi facevano leva sul profondo sentimento religioso del popolo nel quale, le pratiche di superstizione e di magia coincidevano, senza contrasto, con le pratiche di pieta e con i sacramenti. Il suono delle campane regolava gli avvenimenti lieti o tristi del paese, la domenica i contadini, vestiti a festa, prima di ascoltare la messa, si riunivano in gruppo sulla piazzetta del sagrato a discutere dei loro piccoli affari, mentre le donne più frettolose si avviavano in chiesa. Gli abitanti di Agerola, dotati di una grande forza fisica, spesso si servivano delle mani più che della logica, per affermare le loro ragioni. Per natura erano onesti e leali, tenaci nell'affetto e ancora più nell'odio. Per il loro carattere violento e aggressivo, non godevano buona fama negli ambienti delle altre città della costiera. Erano legati profondamente alle tradizioni, nonché a pochi ma chiari principi morali, che dovevano essere difesi, anche a costo della vita. Avevano un concetto elementare della giustizia, e, quando essa era violata, la facevano rispettare con i loro mezzi personali senza disturbare avvocati e giudici, nei quali non avevano, per diffidenza atavica, alcuna fiducia. Il padre aveva un'autorita illimitata sulla moglie e su tutti i membri della famiglia e imponeva l'obbedienza ai suoi voleri, qualche volta, con argomenti semplici, ma più spesso, con le percosse. Con tali sistemi la moglie e i figli dovevano ubbidire ai cenni più che ai comandi del capo assoluto della famiglia, nella quale vigeva una disciplina ispirata agli usi e ai metodi militari. L'amministrazione comunale, presieduta da un Sindaco, era composta da un Consiglio di Decurioni scelti fra i notabili e i professionisti del paese. I Decurioni amministravano onestamente la miseria pubblica, alla fine di ogni gestione finanziaria, inviavano un accurato resoconto delle spese sostenute all'Intendente di Salerno, dalla quale provincia dipendevano amministrativamente. Curavano l'istituzione di qualche scuoletta pubblica affidata generalmente a qualche prete disimpegnato del luogo, s'interessavano del funzionamento delle guardie civiche e campestri e pagavano un medico chirurgo, che, nei casi gravi di malattia, interveniva con le risorse della scienza, quando erano esaurite quelle della stregoneria, generalmente preferite dagli ammalati. Il compito più delicato dei pubblici amministratori era quello di assegnare, per appalto, la riscossione delle 7 varie gabelle sui generi alimentari; in casi eccezionali, facevano riparare il fondo viabile di qualche mulattiera scoscesa della zona. Qualche volta commossi "per le infelici condizioni dei regnicoli", affidati alle loro cure amministrative, perché danneggiati dalla "gragnuola", prima della vendemmia, chiedevano alle superiori autorità, l'alleggerimento sui dazi del vino di pessima qualita, prodotta su quei monti "esposti ai venti tempestosi" ma che era egualmente bevuto nelle bettole del paese, dove gli avventori giocavano, bevevano e smoccolavano contro il vino, il governo e la mala sorte. Gli onesti decurioni, con un titolo pomposo, ma con scarsi mezzi finanziari, non potevano superare quasi mai i modesti limiti di un'ordinaria amministrazione. Le condizioni generali economiche di Agerola, specialmente nell'ultimo secolo della dominazione borbonica, erano piùttosto buone; anzi al confronto degli altri paesi della costiera, costretti a vivere con le misere risorse di un'agricoltura impoverita e con gli scarsi proventi della pesca e di qualche altra attività artigianale, l'economia di Agerola poteva considerasi addirittura florida. Oltre alle risorse dell'agricoltura, della pastorizia, dell'allevamento del bestiame, del legno da costruzione, il reddito economico più importante era costituito dalla produzione e dalla lavorazione della seta. Quest'arte, introdotta nel regno di Napoli, nel 1456, dal re Alfonso I d'Aragona, trovò nei secoli successivi, ad Agerola, le condizioni ambientali di un favorevole sviluppo. Lo storico di Amalfi, Matteo Camera riproduce un documento del secolo XVII, nel quale e detto "L'arte principale di questa terra e l'arte dei filatori di seta e tiene in lavoro quaranta filatori da lavorare e torcere in essi da ventimila libbra di seta l'anno; le donne guadagnano in detto lavoro, ogni anno, ducati tremila, gli uomini lavoranti ducati mille e trecento; li mercanti che la fanno lavorare, guadagnano per ciascuna libbra almeno tre carlini ". Agli inizi del 1800, la piantagione del gelso si era ancora più diffusa, la produzione di seta greggia era aumentata, i filatori si moltiplicavano in ogni parte del paese, i filatori e le filatrici erano saliti a oltre duecento, e i redditi di quest'arte erano considerevolmente aumentati, influenzando beneficamente tutta l'economia paesana. La famiglia Lauritano arricchitasi con la produzione e il commercio della seta, costruì nella localita Tuoro, della frazione San Lazzaro, la più grande e bella casa di Agerola, e ancora oggi, essa, mezza diroccata e mezza rifatta, nelle sue vaste proporzioni edilizie, costituisce il simbolo di un benessere ricavato da un'industria, scomparsa per sempre e senza traccia dal paese. I ricchi commercianti di seta costituivano la borghesia economica del luogo, essi risiedevano per lo più a Napoli, seguivano con passione i rivolgimenti del regno, ed essendo più evoluti culturalmente, cercavano di introdurre novità di vita e di pensiero anche ad Agerola, aiutati da qualche nobile più intelligente e da alcuni sacerdoti più sensibili allo spirito di nuovi tempi. Per opera di alcuni patrioti locali, nel 1799, Agerola fù il primo paese del regno, ad aderire alla Repubblica Partenopea. Fù costituita la Municipalità di cui fù eletto 8 presidente Tommaso Acampora i cui i membri più influenti furono Gaetano Di Martino e il sacerdote Don Melchiorre Acampora. I patrioti repubblicani fecero piantare nella frazione di Campora l'albero della liberta, disarmarono i realisti borbonici, e costituirono nel paese la nuova Municipalità a tipo repubblicano, eliminando i decurioni borbonici. Cosi anche Agerola visse la breve ed...
L'intero lavoro di traduzione, commento dell'opera e progettazione del sito è stato svolto dalla classe IV D (anno scolastico 2004/2005) del Liceo Scientifico "Torelli" di Fano, sotto la supervisione del prof. Stefano Lancioni. La classe ha lavorato divisa in gruppi: GRUPPO I (Liber Prodigiorum, 1-16: 190-156 a.C.) Giulio Brunetti, Lara Oliva, Timoteo Vitali GRUPPO II (Liber Prodigiorum, 17-28: 154-129 a.C.) Luca Abboni, Simone Sanchioni, Maria Laura Verardo GRUPPO III (Liber Prodigiorum, 29-43: 126-104 a.C.) Carlo Panaroni, Francesco Porfiri, Sophia Tomassini GRUPPO IV (Liber Prodigiorum, 44-53: 102-92 a.C.) Andrea Arceci, Luca Fornaroli, Elena Pangrazi GRUPPO V (Liber Prodigiorum, 54-63: 91-53 a.C.) Gianluca Bacchiocchi, Francesco Paolinelli, Sabrina Vesprini GRUPPO VI (Liber Prodigiorum, 64-72: 54-11 a.C.) Sara Carloni, Filippo Testaguzza, Giulia Valentini PROGETTAZIONE E REALIZZAZIONE SITO Emanuele Renzi, Andrea Sorcinelli ---Testo riorganizzato e strutturato in formato PDF da "Jumpjack" nel 2012. Nessuna modifica apportata alla traduzione.
Libro dell'Inquietudine, 2012
A cura di Paolo Collo Prefazione di Corrado Bologna «Il testo critico che Jerónimo Pizarro ha ricostruito per l'Edizione nazionale portoghese delle opere di Pessoa restituisce per la prima volta il corpus piú completo del «non libro», disponendo in ordine cronologico le oltre 400 brevi prose che lo compongono. È l'occasione per leggere finalmente il Libro dell'inquietudine piú probabile nella sua elaborazione d'autore.»
Codici per cantare: I Libroni del Duomo nella Milano sforzesca, a cura di Daniele V. Filippi e Agnese Pavanello, LIM, 2019, pp. 291-389
1991
McDonald, cognata del celebre pittore preraffaellita Burne-Jones. L'ambiente esotico, artistico e variopinto in cui visse fino ai sei anni influì profondamente sulla produzione artistica di Rudyard: i suoi primi amici furono i colleghi del padre, gli inservienti indù, le cameriere cattoliche, persone che convivevano armonicamente nonostante la differenza di lingua, razza e religione. Rudyard imparò a parlare il dialetto locale mentre imparava l'inglese, e si abituò a vivere in un mondo libero e composito. Questo periodo felice si concluse però nel dicembre del 1871: secondo la consuetudine delle famigli e inglesi che abitavano in India, fu mandato a frequentare le scuole in Inghilterra, con la sorella minore, ed affidato ai coniugi Holloway di Southsea. Kipling ricorda questi anni come i più infelici della sua vita, anni di frustrazioni e di sofferenze, che gli indebolirono la vista e gli minarono il fisico, e che terminarono nel 1877, quando fu trasferito a Devon per continuare gli studi. Le condizioni economiche della famiglia non gli permisero però di frequentare l'università, e nel settembre del 1882 tornò in India. Poco prima del suo diciassettesimo compleanno iniziò a lavorare come giornalista presso la "Civil and Military Gazette" di Lahore, nel Punjab, e poi per il "Pioneer"-il più importante quotidiano dell'India-di Allahabad, nelle province del nord-ovest. Le poesie e i racconti che scrisse nei sette anni che seguirono posero le basi della sua fama: pubblicate presso le edizioni della Indian Railway Library, le sue opere furono distribuite in tutte le stazioni ferroviarie dell'India, e diffuse anche in Inghilterra ed in America. Nel 1889 lasciò l'India, con l'incarico di scrivere una serie di articoli di viaggio per il "Pioneer", e con un grande desiderio di tornare in Europa. Passando per Rangoon, Singapore, Hong Kong e il Giappone, raggiunse San Francisco, attraversò gli Stati Uniti, arrivò a Liverpool in ottobre e fece il suo ingresso nel mondo letterario londinese. Nel 1890 la sua attività di collaboratore a giornali e riviste diventò frenetica, mentre la sua fama si consolidava, grazie anche alla pubblicazione di "The light that failed", accolta trionfalmente dal pubblico; le cattive condizioni di salute-conseguenza dei sette anni trascorsi in India-lo obbligarono però a interrompere la sua attività: intraprese quindi un lungo viaggio che lo portò in Italia, Sud Africa, Australia, Nuova Zelanda e, per l'ultima volta, in India. Tornò in Inghilterra alla notizia della morte di Walcott Balestier, l'amico americano di cui sposò la sorella Caroline nel gennaio del 1892; la coppia si stabilì nel Vermont, dove visse fino al 1896. Fu un periodo ricco di creatività, in cui Kipling sentiva rifluire le energie che lo avevano abbandonato; i "Libri della Jungla" (1894 e 1895) testimoniano la fertile ispirazione di quegli anni. Dopo la nascita di due figlie, Josephine ed Elsie, e in seguito a controversie con il cognato Beatty Balestier, la famiglia si trasferì in Inghilterra, a Rottingdean; nel 1897 nacque John, il terzogenito, e venne pubblicato "Capitani coraggiosi".
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Fernando Pessoa, Il libro dell'inquietudine. A cura di Valeria Tocco. Milano: Mondadori, 2011. Classici Moderni. 453 p. ISBN: 978-88-04-61189-9.
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