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Il 25 agosto 1270 Luigi IX, il re di Francia partito per la sua seconda crociata muore di dissenteria o tifo forse. Attorno al suo corpo, divenuto subito reliquia, si scatena una lotta tra il figlio del re, Filippo III, e il fratello del re, Carlo I d'Angiò. Raggiunto un accordo, le ossa, simbolo di potenza, in base a una dialettica del duro e del molle, andranno in Francia, a Saint-Denis, le viscere in Sicilia, a Monreale. E il cuore? Geoffroy de Beaulieu, confessore del re, afferma che cuore, intestino e carni, furono donati da Filippo allo zio Carlo d'Angiò. È l'unica testimonianza di un cronista secondo cui il cuore sarebbe a Monreale, per il resto ci troviamo di fronte ad affermazioni contradditorie. Attorno al cuore di San Luigi permane il mistero.
C. E. Gadda, Opere, ed. diretta da D. Isella: Saggi giornali favole e altri scritti, Milano, Garzanti, 1992
Esame della vicenda testuale di una delle meno note opere di Gadda. L'analisi delle varianti, con l'ausilio delle corrispondenze (spesso inedite) e dei documenti superstiti, mette in luce l'itinerario che portò l'opera, discussa già alla prima comparsa, dalla princeps (1964) a una seconda edizione, nel giro di pochi mesi.
Le vie francigene di Sicilia non erano strade percorse a fini religiosi. Questo articolo fa luce nel gran polveroso che è stato alzato negli ultimi anni.
Nazione e nazionalismi. Teorie, interpretazioni, sfide attuali, 2018
Two volumes dedicated to
ACME, 2017
In nessun caso si corre il rischio di sopravvalutare l'importanza del celebre saggio su L'uomo del Guicciardini che nell'ottobre del 1869 Francesco De Sanctis pubblicò nella «Nuova Antologia». 1 E ciò vale tanto per il posto cruciale che esso occupa nella parabola intellettuale di un critico che, giunto ormai alla piena maturità e al definitivo possesso dei suoi talenti interpretativi, grazie al contatto con l'opera dello storico fiorentino stava pervenendo a una decisiva chiarificazione delle proprie prospettive storiografiche; quanto per la storia dell'interpretazione dell'autore che prese a oggetto, nei cui confronti ha esercitato un influsso, schiettamente negativo per quanto praeter intentionem, di singolare tenacia e tale da arrivare fino al nostro presente. Quando si voglia ascoltare un'eco piuttosto recente e a suo modo autorevole del giudizio desanctisiano, si veda come Antonio Tabucchi, concludendo su un quotidiano nazionale un intervento a proposito di polemiche politiche del giorno, se ne usciva nella seguente considerazione: «Che mistero questo nostro Paese, che da millenni produce santi, navigatori e poeti ed è guidato per lo più da furbastri, da avide signorie e da rozzi capitani di ventura. Ma forse la domanda dovrebbe essere rispedita fermoposta alla buonanima del Guicciardini, quel noioso pensatore» («la Repubblica», 2 ottobre 2001). Nelle espressioni di Tabucchi c'è tanto l'avversione nei confronti dello scrittore, quanto la taccia di corresponsabilità nei mali politici e nell'insufficienza etica della nazione italiana. E naturalmente né l'una né l'altra, almeno in quei termini, erano in De Sanctis, la cui impostazione tuttavia, volgarizzata ed estratta dal giro di pensieri e di preoccupazioni che era il suo, è una delle più vitali radici del pregiudizio antiguicciardiniano. 2 Non è ora nelle intenzioni affrontare questo secondo aspetto della questione, per il quale basterà osservare che il saggio desanctisiano ha determinato per Francesco Guicciardini una varia e tenace "sfortuna" critica che, a parte qualche voce piuttosto isolata ed eccezionale, e proprio per questo incapace di creare un'autentica tradizione di studi, si è protratta in pratica fino a ieri, fino cioè alla nuova stagione di studi guicciardiniani avviata grossomodo dalle celebrazioni (1983) per il quinto centenario della nascita dello storico fiorentino. 3 Tali voci, peraltro, rimanevano spesso, anch'esse, in qualche modo subordinate all'impostazione desanctisiana, che era polemicamente 1 UG, pp. 93-117. 2 Quanto al "noioso", com'è noto, nella Storia della letteratura italiana De Sanctis dava del «noioso» o «noiosissimo» a Bembo, a Guidiccioni, a Bernardo Tasso, a Trissino, ma non certo a Guicciardini, che per lui rimane indiscutibilmente un «sommo», e anzi l'autore di un'opera, la Storia d'Italia, che «se guardiamo alla potenza intellettuale, è il lavoro più importante che sia uscito da mente italiana» (SLI, p. 615): giudizio quanto mai impegnativo e certo a suo modo singolare, sul quale avremo occasione di tornare. 3 Alcuni cenni alla storia della critica guicciardiniana, con il posto che spetta a De Sanctis, sono in cutInellI-rendIna 2009, pp. 296-299, con l'indicazione della principale letteratura pregressa. Per la questione del mancato avvio di una "tradizione" di studi guicciardiniani, varie osservazioni in SaSSo 1984, pp. 47-50.
dalle terze bozze. contiene piccoli errori. Meglio procurarsi il cartaceo :-)
La presenza di temi tipici del pensiero filosofico-politico di Montesquieu nel giacobinismo radicale di Louis de Saint-Just
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Elites fondiarie e ceti mercantili , 2018
Cives et rugae all'ombra del monastero benedettino di San Salvatore a Patti: dalla fon-dazione della urbs al risveglio della universitas hominum civitatis, in «Galleria», Anno II - N° 2 (Gennaio-Giugno 2021), pp. 126-151 [ISSN 2724-2544], 2021
published in "Civiltà della Tavola" rivista dell'Accademia Italiana della Cucina, 2014
Dizionario biografico degli italiani, 86, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2016, pp. 251-253
Dizionario biografico degli italiani, 86, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2016, pp. 203-209
11. Il Volto Santo nell’iconografia dell’Oriente cristiano, in Icone. Mistero del Volto di Cristo, Biblos Edizioni Cittadella (PD) 2007, pp. 49-188
“Quare lacrymae”. Il catafalco per Luigi XVI nella chiesa di S. Luigi dei Francesi, 2023