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Sono prese in esame le presenze dei pittori operanti nel contesto sacro Vignonese, tra cui spiccano Carlo Preda e Paolo Cazzaniga, Grande assente Filippo Abbiati, già artefice di un importante dipinto oggetto di furto. Il contributo è compreso nel volume - Il complesso monumentale di San Martino di Vignone, a cura di Maria Cerutti ed Elena Poletti Ecclesia, Gravellona Toce 2015.
dopo il recente restauro 5 , è realizzato in rosso su fondo bianco , secondo i modi di una pittura piuttosto usuale in area padana, perché, come ha scritto Autenrieth, «tanto semplice quanto efficace, possibile ovunque» 6 . Nel caso in esame, linee rosse profilano le strutture architettoniche 7 e tondi a doppio giro con fiori esapetali, leggibili anche nel presbiterio 8 , decorano sia i pilastri sia le pareti perimetrali, replicando un motivo di antichissima origine che, in ambito cristiano, è stato usato come 'emblema' di significato cristologico e, in quanto tale, come signum salutis 9 . Tale decorazione fu con buona probabilità compiuta in tempi ravvicinati rispetto alla chiusura del cantiere della chiesa, avviato a partire dal 1065 e plausibilmente concluso entro la fine del secolo 10 ; un ante quem inequivocabile è costituito dai riquadri figurati dipinti sui pilastri che si sovrappongono alla decorazione 'in rosso' ) 11 e che sono databili alla seconda metà del XII secolo per le palesi affinità con le pitture staccate dall'abside sud della chiesa, datate 1157 12 . Nella cripta i lacunosi dipinti dell'abside nord, dove è raffigurato Cristo cui l'arcangelo Gabriele reca due anime 13 , e quelli che ne inquadravano organicamente l'ingresso principale, presentando l'agnello con i simboli della passione, la Deesis, gli arcangeli e santi 14 , testimoniano invece la prevista compresenza dell'apparato aniconico con figurazioni sacre dipinte nelle parti liturgicamente importanti dell'edificio sacro 15 .
E' presa in esame la pittura di quadratura, agli esordi del genere tra Lombardia e Piemonte, con un particolare riguardo alla figura di Isidoro Bianchi da Campione, presente in questo ambito nel castello di Rivoli, nel castello del Valentino a Torino e nel Castello dei San Martino a Parella, in questo caso con la bottega e nel ruolo di pittore figurista. Ilsaggio è ospitato negli Atti del convegno - Scambi artistici tra Torino e Milano 1580-1714 - a cura di Alessandro Morandotti e Gelsomina Spione, Milano 2016
in M. Giannandrea, M. Annibali, L. Bartoni, Il convento di Santa Sabina all'Aventino e il suo patrimonio storico-artistico e architettonico, Ed. Campisano, 2017, pp. 179-180 ADDENDA: la serie di tavolette di cui il San Pietro martire è parte è identificabile con quelle viste in casa Bottigella a Pavia da Cavalcaselle (1871), probabilmente in origine inserite nella cornice della pala di Vincenzo Foppa e forse assegnabili a Giovanni Siro Cattaneo che collaborò all'esecuzione e doratura dell'opera (G. Agosti in Vincenzo Foppa 2003, p. 65, nota 47)
Renate Thomas (Ed.), Local Styles or Common Pattern Books in Roman Wall Painting and Mosaics, Panel 3.22, Archaeology and Economy in the Ancient World 22 (Heidelberg, Propylaeum ) 15–28. DOI: https://doi.org/10.11588/propylaeum.777, 2021
2021
The Oratory of the Gonfalone, the "Sistine Chapel of the Counter-Reformation" as the great Hungarian historian Frederick Antal defined it, contains the most outstanding cycle of stories of the Passion that was painted in Rome in the second half of the sixteenth century. Executed between 1569 and 1577, the decoration involved several of the most important artists who were active in the Papal city during those years, from Bertoja to Livio Agresti, Marco Pino, Raffaellino da Reggio, Federico Zuccari, Matteo da Lecce and Cesare Nebbia. In this essay, in the frame of a general survey of the state of knowledge on the frescoes, the author focuses on their exact chronology, patronage, formal influences as well as some iconographic issues, and devotes himself especially to one of the few main episodes – three out of twelve – still without an attribution. It is the Crucifixion, here attributed to the Flemish painter Pieter de Witte, known in Italy as Pietro Candido, whose early activity is thoroughly re-examined with particular regard to his presence in Rome, with the help of an unrecognized, monogrammed painting in Palazzo Caetani. After some observations on the role that Cesare Nebbia, and Girolamo Muziano behind him, played in the last phase of the decoration in connexion to the contemporary Christological altarpieces for Orvieto Cathedral, the second part is dedicated to the little-known Marcantonio del Forno, a Roman painter of Burgundian origin, who was responsible of the episode representing the Capture of Christ. Some new attributions and documents on del Forno are presented here, in order to shed light on his life and make a first catalogue of his works, that will hopefully serve as a basis for future investigation.
Benaco '85. La cultura figurativa rupestre dalla protostoria ai nostri giorni. , 1986
l'Arte per l'Arte. Patrimonio d'Abruzzo restituito dalla Fondazione Venanzo Crocetti, 2017
Questo è un libro che viene da lontano e ha radici nel terremoto che ha devastato L’Aquila il 6 aprile del 2009. All’indomani del sisma, l’onorevole Antonio Tancredi, allora presidente della Fondazione Venanzio Crocetti di Roma, ideò una complessa operazione per recuperare fondi da destinare al restauro di opere d’arte danneggiate da quel sisma. L’Arte per l’Arte, così fu denominata l’azione, per il tramite della Fondazione Crocetti e con la collaborazione della Banca di Teramo di Credito Cooperativo, coinvolse artisti, galleristi e collezionisti che, inuna vera e propria gara di solidarietà, risposero all’appello della Fondazione donando centottantasei opere da mettere in asta. La vendita di opere d’arte contemporanea bastò per restaurarne novantotto di arte antica. Il primo appuntamento, organizzato da Christie’s Italia, che per l’occasione rinunciò ai diritti di commissione, ebbe luogo a Roma il 25 giugno 2009 nei saloni di Palazzo Massimo Lancellotti. La seconda asta fu battuta a Castelbasso nella sede della Fondazione Malvina Menegaz, il 23 agosto 2009; il terzo appuntamento ebbe luogo il 21 novembre dello stesso anno nella sala polifunzionale della Banca di Teramo. Il ricavato fu destinato al recupero delle novantotto opere analizzate in questo volume, selezionate dalle tre principali istituzioni coinvolte nella gestione, tutela e valorizzazione del patrimonio artistico aquilano: il Dipartimento di Protezione Civile; la Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici d’Abruzzo e la Curia Arcivescovile dell’Aquila. La ricerca presentata in questo libro chiude il cerchio di tale iniziativa e conferma quanto un’operazione di restauro mirato possa far progredire gli studi relativi ad un territorio. Sculture lignee e quadri, che si snodano per quasi settecento anni di storia dell’arte, sono il frutto di una scelta opzionata sulle condizioni di conservazione e sulla necessità d’intervento, eppure hanno trovato una logica interna che le ha messe in relazione tra di loro. Il corpus, diviso per gruppo tematico, piuttosto che per provenienza, ha connesso opere ad artisti, mettendole a confronto con altri manufatti che hanno contribuito ad arricchire il territorio abruzzese. Si passa dalla scultura lignea policromata del XIV-XVI secolo, frutto della contaminazione tra scultori autoctoni e forestieri, ai dipinti suddivisi in sei temi principali: pale d’altare, maestri stranieri e, entrando più nel dettaglio, la produzione della bottega napoletana dei Sarnelli, due dipinti di Vincenzo Conti, sei quadri di Teofilo Patini e, infine, l’intera serie dei ritratti di Vescovi dell’Aquila che riveste un valore storico di sicuro interesse.
Lo studio, prendendo le mosse dalla bibliografia esistente, pone l’accento sulle opere realizzate da alcuni membri della dinastia Buzzi di Viggiù in area piacentina. Nella prima parte del contributo vengono considerati gli altari maggiori compiuti per le Carmelitane Scalze e le Benedettine di Piacenza rispettivamente nel 1740 e nel 1762, corredati da sculture di Elia Vincenzo Buzzi. In particolare si pubblicano le immagini di due statue marmoree pressoché sconosciute, indiscutibilmente riferibili al celebre scultore lombardo sulla scorta delle palesi affinità stilistiche con la produzione nota. Successivamente si approfondisce la conoscenza di opere già indagate dagli studi, lasciate a Borgonovo Val Tidone, Castel San Giovanni e Cortemaggiore da Onorato Buzzi, un altro esponente della prolifica stirpe di marmorini attivo a più riprese per chiese del territorio piacentino.
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Porretta Terme, Gruppo di Studi Alta Valle del Reno APS, 2020. Estratto da “Nuèter”, XLVI, 2020, n. 91, pp. 161-208 (ISBN 979-12-80073-01-3), 2020
Studi di Memofonte, 2018
Antike Malerei zwischen Lokalstil und Zeitstil, 2014
Deliciae Fictiles V. Networks and Workshops, 2019
"Viglevanum. Miscellanea di studi storici e artistici", a. XXI, 2011, pp. 52-65, 2011
"Viglevanum. Miscellanea di studi storici e artistici", a. XVII, 2007, pp. 40-47, 2007
Monte Mesma. Storia, ambiente, arte, spiritualità di una terra alta del Cusio, 2011
F. Giacobello (ed.), Savoir-faire antichi e moderni, Pittori e officine ceramiche nell'Apulia di V e IV secolo a.C., Atti della Giornata di studi (Vicenza, Gallerie d'Italia - Palazzo Leoni Montanari, 28 marzo 2015), Milano 2018, 88-113
ARTE MEDIEVALE, 2023
Postumia, 2023
Giotto e il suo messaggio. Aggiornamenti, interconnessioni, conservazione, salvaguardia, Convegno, Padova 2014
Viridarium novum, 2020
La scultura del Cinquecento, 1987
Settecento-Millecento. Storia, Archeologia e Arte nei 'secoli bui' del Mediterraneo, 2013