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SPECISMO E PENSIERO DI SORVOLO

Abstract

Il veganesimo, come liberazione animale e affrancamento e rimozione dell'animale non umano dalla posizione in cui l'antropocentrismo l'ha costretto, è lotta contro il concetto di sovranità in quanto sicurezza e normalità. E' un vero e proprio attacco alla situazione interpersonale sicura, al gruppo di parenti, amici, colleghi, vicini e conoscenti che colludono inerendosi a vicenda nel mantenimento dello status quo sterile e nevrastenico della loro quotidianità tranquilla, serena, abitudinaria, naturale e normale e di quelle architetture ideologiche quali la famiglia, metamorfosi transferali dei nostri primi oggetti gratificanti, che lo sostengono. Vero e proprio attacco in primo luogo in quanto corporeità: già con la sua semplice presenza fisica come acting-out del sapere abituale come essere-nel-mondo del corpo culturale che funge da complesso innato, da rimosso, il vegano-antispecista sospende l'oggetto culturale quale presupposto per la percezione dell'altro (non sono io a toccare, scrive Merleau-Ponty, ma il mio corpo, quell'altro soggetto che sta sotto di me); di conseguenza egli sconnette il campo intersoggettivo in quanto mette tra parentesi l'altro come luogo di una certa veduta del mondo che si serve dei suoi oggetti familiari. Il corpo vegano è crisi percettiva. Come "oggetto terapeutico", provocazione, "oggetto imbarazzante", il corpo vegano toglie "catene e lenzuola" al sapere abituale come arto fantasma e corpo culturale e apre un discorso, una nuova "storia terapeutica", un "terzo pianeta", innesca, per citare Guntrip, dei "potenziali non evocati", scioglie i nodi e riempie i vuoti e i silenzi di una situazione interpersonale che la cultura vuole mantenere istituzionalmente sicura: esaspera i rapporti spaziali, innesca una nuova spazialità in cui è la sua denuncia antispecista ad abitare le cose, il suo messaggio di condanna a investire il suo gruppo sociale, le sue strutture e le sue sue architetture. 1 Una presenza scomoda che è, anzi deve essere, vissuta dalla cultura come una vera e propria imputazione, per cui il corpo vegano si fa giudicante: nessun verdetto, però, nessuna massima morale o percorso messianico; nessuna metafisica individualista e personalista. Il corpo vegano giudicante come semplice Anticipated Moral Reproach deve costringere alle corde la cultura e la sua ideologia della sicurezza come queste hanno sempre fatto col "diverso" mediante l'ostracismo sociale; deve movimentare ed emancipare il pensiero di chi gli sta di fronte rendendolo libero e spontaneo, orientandolo ad essere espressione di se stesso piuttosto che semplice e automatica impressione e incarnazione della cultura. Il corpo vegano è la satyagraha, la rivolta non-violen-