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LA FORZA DELL'ESEMPIO -SILVANO BORRUSODa ragazzo ebbi il privilegio (lo capii solo decenni dopo) di conoscere Don Cola Tampuso, un attempato contadino di Grotte (AG) che chissà come era andato a finire in quel di Cefalù (PA), dove coltivava un piccolo podere in regime di mezzadria insieme all'anziana moglie. Nonostante che il 50% dei frutti del suo lavoro andassero a finire nelle tasche di uno che "amava mietere dove non aveva seminato", Don Cola poteva sbarcare il lunario, dato che il podere distava da Cefalù non più di due chilometri. Ne fosse stato distante dieci o più, gli intermediari gli avrebbero portato via quasi tutto il resto, lasciandogli solo il giusto per sopravvivere. Il lettore avrà riconosciuto la "legge di ferro" di David Ricardo (1772-1823). Cerchiamo ora di capire cosa succede quando "la superficie territoriale di un dato paese diventa proprietà privata". Chiunque sia in grado di recintare un pezzo di terreno e chiamarlo suo, rivendica sovranità su di esso, ma solo se è in grado di difenderlo con la forza. In regime di recintazione, quindi, sorgono due sovranità: quella del governo, che la sbandiera con vessilli, uniformi, inno nazionale, tassazione e orpelli vari, e quella dei terratenenti, che si guardano bene dallo sbandierare alcunchè, però la esercitano di fatto, come la esercitava il padrone del podere di Don Cola. Il quale, come tutti gli emarginati, faceva il proletario, o se si vuole il nullatenente. Campava, circostanze permettendo. Ora è chiaro che una stessa superficie terriera non può avere due sovrani: il più forte caccerà via il più debole. Questi i termini (fondiari; quelli monetari verranno appresso) della Questione Sociale, della quale si può leggere in Tito Livio per poi vederla fare da sfondo a qualsiasi libro di storia di qualsiasi luogo e periodo. Quanto meno l'autore ne percepisce l'importanza come causa determinante di guerre, trattati, matrimoni dinastici, colonialismo, elezioni papali, rivoluzioni, esecuzioni capitali e chi più ne ha più ne metta, tanto più costui rivelerà al lettore attento, e solo a lui, i drammi per non dire le tragedie della sperequazione fondiaria. Quattro ne sono le conseguenze. La recintazione conduce, prima o poi, al latifondo. Ciò si deve alla natura umana, che ha decretato la diversità individuale insieme all'uguaglianza personale. I gestori meno abili di una proprietà non ci metteranno molto a venderla, facendola così fondere con quella di chi ci sa fare e che offre loro una certa somma. Questa è una ragione per cui nessuna "riforma" agraria basata sulla recintazione abbia mai avuto successo. Il latifondo deprime i salari tanto di chi vi lavora dentro quanto fuori, dato che spinge il margine di coltivazione sempre più lontano dai centri di consumo. Derrate pagate € 0.06/kg alla produzione si rivendono a € 1,20/kg al mercato. Ecco una seconda ragione del fallimento delle cosiddette "riforme" agrarie. La distanza delle proprietà "riformate" dai centri di consumo le rendono antieconomiche. Per massimizzare la rendita, il "sovrano" latifondista deve poter contare su un pool di disoccupati, così da poter mantenere i salari bassi, e su tariffe doganali che lo proteggono dalla competizione, così da poter mantenere i prezzi di vendita alti. In genere ottiene i due scopi quando o lui o i suoi colleghi S i l v a n o B o r r u s o Una seconda frode, ancora più grossa, è il debito pubblico: la Banca Centrale crea denaro dal nulla e lo "presta" allo Stato, pretendendo il pagamento di interesse (non di capitale, che estinguerebbe il debito) tassando chi lavora. Che nessuno si chieda: "ma perché deve far ciò la Banca Centrale? Non può farlo lo Stato, con moneta libera da debito?"[28] si deve agli imbrogli di Adam Smith e discepoli, che sono riusciti ad offuscare la vista di sette generazioni di imbrogliati. Pochi sanno, e molti benpensanti si scandalizzeranno a leggere, che l'istituzione chiamata Banca Centrale è il punto programmatico n.5 del Manifesto Comunista del 1848. "Il capoccia delle teste confuse", come lo chiamava Henry George, propone, nel suo Manifesto, La concentrazione della ricchezza nelle mani dello Stato per mezzo di una banca nazionale con monopolio esclusivo. Da allora, l'istituzione si è andata spargendo per il mondo a macchia d'olio.[29] Le banche centrali emettono moneta secondo i dettami della Banca Mondiale. La sua politica odierna è di permettere al cosiddetto "Gruppo dei 12" di avere una relativa abbondanza di contante, e al resto del mondo (eccetto quei paesi che osano sfidare codeste politiche) di arrangiarsi come può prendendo denaro "a prestito" dai mal chiamati "donatori". Ciò significa che le banche centrali dei paesi poveri emettono il contante giusto per bilanciare le quantità di dollari "presi a prestito". Il fondamento logico di una tale politica non è mai stato spiegato. I suoi effetti li spiega Hernando De Soto in The Mystery of Capital: il patrimonio nelle mani dei poveri di tutto il mondo ammonta, secondo i suoi calcoli, a 9,3 mila miliardi di dollari. Ma codesto capitale è come un motore ingrippato per mancanza di lubrificante. Questa mancanza di contante mantiene i paesi poveri in uno stato di deflazione permanente, con tutti i problemi sociali che ne seguono.[30] Le banche commerciali riempiono il vuoto, ma non emettendo contante; esse emettono credito, come già spiegato, e lo emettono solo agli "accreditati", cioè a pochi eletti (leggi: già ricchi). Che naturalmente si arricchiscono ancor più, e non proprio per "interventi governativi". Oltre al credito, le banche creano confusione, grazie alla quale prosperano. È nel loro interesse rifilare due storielle con le quali ingannano il pubblico da 400 anni:[31] Che prestano il denaro depositatovi dai risparmiatori; E che il contante cartaceo è "sostenuto" dai lingotti d'oro che fanno bella mostra di sé nei loro sotterranei.[32] Nessuna delle due proposizioni è vera, ma ambedue sono efficacissime a far continuare la confusione denaro = credito/moneta nelle menti dei più. La differenza tra credito e moneta è qualitativa, non quantitativa; ma la mente "moderna", abituata a stimare quantità e a disprezzare qualità, trova difficile percepirne la differenza. Un paradosso che ne segue è che i cosiddetti "cattivi" prestiti possono esser cattivi per le banche, ma non per l'economia, nella quale rimane il credito emesso senza danni per nessuno; e un altro è che i furti di contante dagli stabilimenti bancari, a mano armata o no, per quanto dannosi per chi può rimetterci la pelle, iniettano contante nell'economia, allontanandone la deflazione.