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Analisi della poesia composta dal poeta Charles Baudelaire e appartenente alla raccolta "Les Fleurs du Mal" (1857).
«Studi italiani», XXXI (2019), 2, pp. 161-71
Nonostante la generale assenza dai panorami della letteratura novecentesca, l'interesse per Corrado Costa si è decisamente ravvivato negli ultimi anni, anche grazie ai lavori di Eugenio Gazzola che ne ha curato un'ampia antologia delle opere2. Corrado Costa (1929-1991), di professione avvocato-difese, tra gli altri, Pier Vittorio Tondelli, poi assolto, al processo per oscenità contro Altri libertini-fu poeta, scrittore, performer, artista. Lo sdoppiamento tra il professionista e il poeta è icasticamente riassunto in un suo profilo autobiografico abbastanza noto, le cui poche righe che riporto danno la misura del suo piglio ironico e paradossale, oltre a introdurci al fondamentale motivo del doppio: «Corrado Costa sono due fratelli. Portano entrambi lo stesso nome. Hanno la stessa data di nascita […]. Il poeta scarica sul professionista umiliazioni, schemi, fatture e debiti in nero. Il professionista lavora e il poeta nullafacente vive felice, entusiasta e irriconoscente»3. Dal momento che ha proposto con continuità varie forme di riuso (parodia, citazione, controcanto ironico, travestimento), mi è parso opportuno affrontarlo ricorrendo alla categoria di "letteratura al secondo grado"-calzante sottotitolo dei Palinsesti di Genette. Si può fare subito l'esempio di un caso notevole di vero e proprio sdoppiamento testuale, su cui mi soffermo per poco, poiché esula dal nucleo principale del mio discorso. Si tratta di 1 Questo intervento, benché nell'affrontare un episodio della fortuna di Baudelaire sfiori appena il problema della traduzione, si inquadra nella mia collaborazione al progetto Tralyt-Translation and lyrical tradition between Italy and France (19th-21st century) [SIR 2014 RBSI14URLE], diretto da Tobia Zanon presso l'Università di Padova. 2 C. Costa, The complete films. Poesia Prosa Performance, a cura di E. Gazzola, con un'antologia multimediale a cura di D.
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et la Mer» è il titolo della favola che s'inserisce nella prima raccolta delle Fables choisies mises en vers di Jean de La Fontaine ossia quella del 1668. L'analisi ivi presentata verte sulle tematiche, la struttura e le fonti dell'apologo.
Non è vastissimo il lessico poetico di B., ma, come dice Calasso, "La sua parola è carica, qualsiasi cosa dica. C'è un ingorgo di linfa, un addensamento di energia, una pressione dall'ignoto che la sostengono -e alla fine la abbattono". Si tratta quindi di un lessico "poetico" per eccellenza, fatto di poche parole pesanti, ma spesso vaghe. Le occorrenze dei singoli termini infatti superano spesso i confini del campo semantico loro assegnato. In certi casi, piuttosto che addentrarsi nella scelta di nuovi vocaboli, il poeta costringe quelli da lui prediletti a "significare oltre"; per questo una torcia, una fiaccola, una fiamma possono essere "vaste", perché l'aggettivo vaste ha un suo utilizzo ottimale nel verso di B.. In altri casi l'aggettivo lourd (pesante) viene usato anche per indicare la durevolezza di un ricordo (Et mes chers souvenirs sont plus lourds que des rocs! Cfr. Il Cigno). Certe occorrenze per esempio del termine monotone sono un po' stupefacenti per estensività, in quanto si applicano a inverno, sole, neve, paesaggio, suono, universo. In altre parole ciò significa che il poeta possiede una sorta di scrigno "limitato" di vocaboli molto pregiati e accuratamente coltivati, che stanno insieme, si cercano, si rispondono, si ritrovano, alla fine. Ciò fa pensare ad un sistema soggiacente, quasi una rete lessicale che sottende la lingua poetica o forse una rete che imprigiona il cervello in una visione strutturata del mondo, da cui né il mondo né il poeta che lo descrive possono sfuggire. Si può scartare l'ipotesi che tale rete di vocaboli sia stata scelta con spirito parnassiano, in quanto quei termini non rispondono all'esigenza della buona fattura del verso, essendo il verso di B. piuttosto scabro e puntuto sia sul piano semantico che su quello musicale. In effetti i parnassiani non amarono I Fiori del Male alla loro prima uscita. Non resta quindi che abbracciare l'altra ipotesi, e cioè che il lessico di B. risponda a un dettato ideologico, ad una visione del mondo molto ragionata e forse più ragionata che sentita. In effetti se una critica sorge spontanea di fronte a certe sue contorsioni linguistiche, si tratta di una critica alla freddezza poetica o alla eccessiva cerebralità del verso. In ogni parola, in ogni vocabolo del suo lessico noi percepiamo una classica tragicità. Questo è il primo dato che impreziosisce il suo linguaggio: le parole ricorrono sempre di nuovo eguali, pescate nello scrigno della sua Poetica. Tutto il suo inferno vetero-romantico, di cui lo accusavano i detrattori, in realtà poggia su di un uso classico della parola. E come nei classici latini il vespertillus è stridens e il senex è loquax e l'anus è tremula e via dicendo, così in Baudelaire gli aggettivi noir, atroce, affreux, furieux, come gli aggettivi clair, limpide, pur, vaste, profond e via dicendo si sposano sempre a termini classicamente ricorrenti e sembrano come la vite che si sposa sempre all'acero campestre, il popolare chioppo. Esiste un uso classico quindi sia dell'aggettivazione che della sintassi -i tanti ablativi assoluti espressi col participio presente!-ed esiste un uso classico della prosodia, su cui l'autore stesso insisteva negli abbozzi per una sua prefazione a I Fiori del Male. Il sistema su cui si struttura il lessico è costituito da una specie di schema a croce con due poli verticali, uno in alto e uno in basso, e due poli orizzontali, uno a sinistra e uno a destra. I vocaboli vi stanno collocati in una sorta di equilibrio forzoso, per cui se in alto ci sta la luce e il cielo, in basso ci sta la terra e le tenebre, se a sinistra si colloca lo spazio e la vastità a destra troviamo i termini che rievocano l'angustia e la meschinità, anche in absentia. Sistema dialettico, quindi, che suppone sempre una sorta di equilibrio. Il poeta parlava della capacità del verso di andare in verticale, salendo e precipitando, vertiginosamente, ma anche della capacità di trovare corrispondenze orizzontali, vicine e lontanissime, direttamente incontrate o inseguite a zig-zag. giudizio cade sempre come una mannaia, ma è bifronte, ci riporta ad una essenza arcaica delle cose, ad una loro vita caotica, dove il tutto racchiude il tutto, in uno stato di minore entropia. Ed ecco che scatta l'ossimoro, spesso come chiusa della "meditazione" poetica: o lottatori eterni, o fratelli implacabili! (L'uomo e il mare) perfino quel gelo, che ti rende più amabile (Ti adoro) O fangosa grandezza! O sublime ignominio! (Metteresti l'universo…) è Lei! è nera e tuttavia splendente (Un fantasma) veleno caro, preparato dagli angeli! liquore che mi corrode, vita e morte del mio cuore. (Il flacone) più acuto del ghiaccio e del ferro il piacere? (Cielo arruffato) dentro l'ossimoro si realizza l'unione dei contrari, che tiene unito il mondo.
Il Baudelaire dei modernisti. Fortuna di Le Voyage, 2025
Il Baudelaire dei modernisti. Fortuna di Le Voyage, in Modernismo. Memoria, mito, narrazione. Atti delle Rencontres de L’Archet, Morgex, 12-17 settembre 2022, «Centro di Studi storico-letterari Natalino Sapegno – onlus», 2025, pp. 23-30
in G. Rossi, G. Sofo, Sulla traduzione. Itinerari fra lingue, letterature e culture, pp. 71-86
L'opera più moderna [...] che conosciamo»: 1 così definiva Les Fleurs du mal uno dei suoi più importanti traduttori italiani, Giorgio Caproni, il quale per decenni, in fasi successive, lavorò alla traduzione del grande libro di Baudelaire, che si pone alle radici stesse della modernità -come ha dimostrato in modo definitivo Walter Benjamin -e che per questa stessa ragione non poteva non sollecitare i moderni traduttori di tutte le lingue. 2 Anche restando entro i confini del panorama italiano sarebbe pertanto difficile offrire un quadro delle traduzioni baudelairiane che non risulti parziale e provvisorio; né questo è l'intento del presente lavoro, con il quale vorrei invece mostrare, per via comparativa, in che modo le 1 G. Caproni, Introduzione, in Ch. Baudelaire, I Fiori del male, Roma, Curcio, 1962, p. 14.
Vincenzo Parisi, 2020
Analisi delle Chansons Banalités di Francis Poulenc
Il Pensiero Storico. Rivista internazionale di storia delle idee, 2021
È evidente che un figlio importante della metropoli moderna, che ha nella Londra e nella Parigi dell'Ottocento le sue prime incarnazioni storiche, è il proletariato. Si pensi solo alle pagine, analitiche e appassionate, che Friedrich Engels dedica alla condizione delle classi lavoratrici nell'Inghilterra vittoriana e che costituiscono una sorta di premessa morale a quel "socialismo scientifico" che egli, di lì a breve, contribuirà a edificare collaborando con l'amico Karl Marx. La metropoli partorisce anche altre figure sociali, culturali e professionali, il cui padre spesso cambia. Uno di questi è il flâneur e Baudelaire è la sua perfetta incarnazione.
Duchampiani accoglie testi, di vario ambito disciplinare e diversa collocazione storica, di cui sia stata individuata una citazione, diretta o indiretta, nell'opera di Marcel Duchamp, o comunque abbiano con tale opera una connessione significativa; accoglie inoltre opere a carattere monografico, basate su ricerche originali, che comportino un avanzamento nell'ambito dell'esegesi duchampiana.
Atti del convegno "Viaggi, itinerari, flussi umani" (Ed. Nuova cultura), 2014
i veri viaggiatori partono per partire: cuori leggeri, come palloni in alto vanno, il loro corso mai vorrebbero smarrire, dicono sempre «andiamo!», ed il perché non sanno. I loro desideri hanno forma di nuvole. Come il coscritto sogna il cannone, essi anelano a voluttà immense, sconosciute e mutevoli, dal nome che a nessuno davvero si disvela 1 .
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Quaderns D Italia, 2012
Enthymema, 2015
Studi di scultura, 2019
Robin edizioni, 2017
Studi Francesi, 2021
Analisi del testo Ritratto della Malinconia di Romano Guardini, 2019
Allegoria, 2023