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The paper analyses the question of the birth of political philosophy starting from the platonic condemnation of mythical and poetical knowledge and the resulting statement affirming that political life can be reordered only by means of logos. With this founding act, political philosophy is staged for the first time with its methods , languages and instruments, but it can't be considered without the previous sacrificial act excluding a language based on " irrational " thought. The platonic condemnation sanctions not only the separation between philosophy and poetry, but also one of the strongest and long-lasting axis of western political philosophy: the idea that politics can be reordered only by rational means.
A trent'anni di distanza dall'edizione eraclitea di Giorgio Colli, la questione del significato di questi frammenti resta aperta. 1 E, con essa, la questione decisiva di sapere se i presocratici siano dei naturalisti -come li descrive, per primo, Aristotele 2 -ovvero dei mistici, come ha sostenuto con forza Giorgio Colli e come la ricerca tende, oggigiorno, sempre più ad ammettere.
2021
Le vicende storiche dei restauri del Cenacolo nella prima metà del Novecento dimostrano che il restauro, momento fondamentale per trasmettere al futuro le opere d’arte, imprime sull’opera l’ “ombra storica” del suo tempo, lascia cioè un segno che contiene ed esprime la cultura e i valori di chi il restauro ha guidato e realizzato. Un’avvincente storia in cui i restauri si colgono come parte della vita del dipinto, della sua ricezione, del riconoscimento del suo valore storico, artistico, culturale, sociale, in un intreccio serrato tra la vita dell’opera, le vite di personaggi più o meno noti – Roberto Longhi, Cesare Brandi, Fernanda Wittgens, Luigi Cavenaghi, Mauro Pellicioli – e la storia delle istituzioni: le soprintendenze lombarde, il Ministero e l’Istituto Centrale del Restauro. Ogni epoca ha trovato nel dipinto vinciano risposte ai propri interrogativi. La storia del Cenacolo nella prima metà del Novecento ci aiuta a comprendere le complessità del nostro sguardo.
Il cosiddetto "sacro macello" di Valtellina, così come raccontato da Cesare Cantù e da Enrico Besta
Annuario filosofico, 2016
The metaphor of sacrifice is involved in different contexts of human life; specifically, the knowledge and the communication of truth are often supposed to imply sacrifices. This paper aims to show the role of sacrificial semantic for the conceptualization of truth in Giordano Bruno’s philosophy. In fact, Bruno allows us to appreciate the continuity between the logical structure of the religious institution of sacrifice and the philosophical use of sacrificial metaphors. More specifically, Bruno shows that our understanding of philosophical truth can be deepened if the kind of sacrifice involved with the search of truth is disclosed by starting from a ritual and religious point of view. By interpreting passages of Bruno’s works it becomes clear that the concept of sacrifice, on the one hand, serves for the critique of specific conceptions of truth, and, on the other hand, for the self-legitimization of the philosopher. Firstly, we read the Actaion’s mythos in terms of a Foucaultian aleturgy; then we reconstruct the connections between the sacrificial metaphor and other metaphors which are used to present the philosophical knowledge. Finally, we discuss the meaning of the sacrificial metaphor for a possible moral evaluation of dangerous researches of truth and come to suggest that Bruno develops a kind of narrative justification of the sacrifice for the sake of truth which appeals to a specific fundamental experience. Keywords: Sacrifice, Truth, Knowledge, Alethurgy, Narrative Ethic
2000
Nella ricca e variegata vita associativa della Firenze medievale, la potente corporazione dei beccai era stata una delle più importanti e influenti. Compresa fra le 12 arti minori, era ascesa assieme alle altre al governo della repubblica; nel ‘300 aveva fatto costruire i locali della «Beccheria» in Mercato Vecchio, al centro della città; all’inizio del ‘400 aveva innalzato un sontuoso palazzo nei pressi di Orsanmichele, monumento simbolo delle arti fiorentine, che conservava nelle sue nicchie una preziosa statua di S. Pietro, commissionata dagli stessi beccai al giovane Brunelleschi. La caduta della repubblica e l’avvento del Principato dei Medici nella prima metà del ‘500 infersero un colpo mortale al modello corporativo medievale già in precedenza peraltro svuotato di molti dei suoi contenuti politici ed economico-sociali. Non diversamente da altri mestieri, anche l’arte dei beccai iniziò un processo di profonda trasformazione, soprattutto per quel che concerne il suo ruolo nella vita pubblica; scomparve come ente autonomo già nel 1534 e nel suo caso cominciò a mutare il nome stesso del mestiere, che sempre più spesso fu quello di “macellaro” e non più di “beccaro”. La Corporazione sopravvisse stentatamente all’interno di un più vasto aggregato di mestieri che, dal 1586, assunse il nome di Por S. Piero e Fabbricanti, che univa esercenti in ambito alimentare con muratori e scalpellini. Non c’è dubbio che queste trasformazioni comportarono una progressiva perdita di identità che si cercò di colmare e di compensare in altre direzioni. I macellai fiorentini riuscirono a mantenere strutture associative proprie fondando nel 1577 una confraternita laico-religiosa denominata di S. Antonio Abate; da allora in poi «l’Università dei macellari», come loro stessi si denominavano, trovò un’identità comune nelle strutture filantropiche e assistenziali della Compagnia. Ma essa rappresentò anche, al di là del carattere devozionale, la vera rappresentante degli interessi comuni dei macellai, stipulando contratti di interesse collettivo, curando i rapporti con il governo, imponendo agli associati precise regole di vita e di comportamento. Sopravvisse fino all’abolizione operata da Pietro Leopoldo di Asburgo Lorena. La presenza dei macellai nel tessuto cittadino è stata ricostruita analizzando la localizzazione delle botteghe che ci restituisce un quadro di sostanziale stabilità, se si eccettua l’allontanamento dal Ponte Vecchio alla fine del ‘500. Situate nelle piazze principali oppure in corrispondenza dei ponti sull’Arno, la maggiore concentrazione si riscontrava nell’area del Mercato Vecchio, centro nevralgico della distribuzione alimentare in città. Un luogo affascinante, irrimediabilmente scomparso nella seconda metà dell’800. Per quanto riguarda i macellai, il loro numero diminuì fra il ‘400 e il ‘700; la cosa interessante è però la tenuta di lungo periodo che sembra caratterizzare complessivamente questo ceto produttivo e le vicende di alcune famiglie che, addirittura, manterranno un’identità di mestiere fino a tempi assai recenti. Ma chi era il macellaio? Sul piano professionale era una figura multiforme, di volta in volta allevatore, esperto nel maneggio degli strumenti per la sezione degli animali, bottegaio e commerciante. Era però un personaggio che suscitava sentimenti contrapposti nella società: da un lato pregiudizi duri a morire, dall’altro grande facilità di farsi degli amici nell’ambito dei rapporti con la clientela, spesso proveniente dai ceti medio-alti. Era poi al centro di una folla di artigiani e bottegai che dipendevano dal suo lavoro, ad esempio i pizzicagnoli, i cuoiai, i fabbricanti di candele di sego, oppure i fabbricanti di corde di liuto che lavoravano con le interiora e con i tendini. Non mancano, in questa sezione, alcuni tentativi di ricostruire concretamente l’attività di alcuni macellai, prendendo in esame la documentazione di bottega da essi prodotta. L’ultima parte del lavoro prende in esame i rapporti della categoria con il governo. La sorveglianza nei loro confronti fu sempre assai sentita, sia per motivi annonari, sia per le conseguenze di carattere igienico legate alle varie fasi del lavoro. Con il ridursi dello spazio di autonomia che aveva contraddistinto la vita della corporazione, l’avvento del Principato mediceo significò un controllo sempre più serrato. Il sistema annonario – che mirava ad assicurare i rifornimenti alimentari della capitale e dunque uno stretto controllo del mercato – sottopose l’attività dei macellai a un complesso regime di vincoli che influiva non solo sull’allevamento, ma anche sulla commercializzazione e persino sullo smaltimento dei prodotti. Magistrature come la Grascia e gli Ufficiali di Sanità interagirono sempre più spesso con la categoria, in un quadro di rapporti che non di rado si aprì ad aperti conflitti.
2018
This essay, titled «Pitié pour la viande!» Cult and care of the slaughtered body, analyses the peculiar relation between human flesh-conceived both as organic (Körper) and lived body (Leib)-and animal meat. The key notion to understand this connection lies in the idea of the 'spread body' (corps épandu) by E. Falque. Nowadays, the autopoietic attempt to build a perfect body goes through technological enhancement and the substitution of the organic part with mechanical components and it leads to the hypothesis of uploading identity online. The cult of the perfect body, however, does not eradicate suffering. Physical pain testifies to our defeat against the strength of the organic, as the dying man in palliative care ward demonstrates. In the spread body, the flesh appears as meat: is the body that of a butchered animal such as the putrefied corps of the Crucified Lamb (Isaiah, Tertullian, Grünewald). The spread body represents an ethical challenge and transforms the meat in flesh in the palliative ethics of the care for the other man (Levinas). Falque's spread body highlights the point of conjunction between animal, man and God defining the borders of humanity.
na gradita coincidenza di calendario ha fatto sì che il nostro Convegno cadesse nel centenario della morte di Edmondo De Amicis . A dire il vero, si ha l'impressione che tale ricorrenza sia stata celebrata senza particolare enfasi tra gli studiosi e che, anzi, essa abbia rischiato di passare quasi o del tutto inosservata. Nel bene e nel male il nome di De Amicis appare ancora inevitabilmente legato al destino del suo capolavoro, quel Cuore. Libro per ragazzi (1886) che, innumerevoli volte ristampato e tradotto in svariate lingue, conobbe tra Ottocento e Novecento uno strepitoso successo sia in Italia sia all'estero, facendo del suo autore uno degli scrittori italiani più famosi e venduti dell'epoca.1 Ciò, tuttavia, non ha impedito che, a partire dal secondo dopoguerra, la critica letteraria guardasse con una certa aria di sufficienza e di sospetto allo scrittore 'piemontese', relegandolo tra i principali esponenti di un Ottocento 'minore', provinciale e bozzettistico, tipico di un'Italietta sabauda e da cartolina tutta buone maniere, rimasta in bilico tra le pur legittime aspirazioni di un giovane Regno da poco assurto al consesso delle nazioni europee ed atavici problemi sociali, economici e culturali che il processo di unificazione, lungi dall'aver risolto, aveva in molti casi aggravato. L'atteggiamento frettolosamente liquidatorio spesso adottato nei confronti di De Amicis appare oltremodo superficiale, se non colpevolmente prevenuto, e non approfondisce la vasta e variegata produzione dello scrittore che precedette e seguì il Libro per ragazzi, a partire dai giovanili Bozzetti di vita militare (1867), il cui successo spinse il loro autore ad abbandonare la carriera militare per de-
Studi irlandesi. A Journal of Irish Studies
Nota della traduttrice A Note by the Translator Donatella Abbate Badin desidera ringraziare Sara O'Malley, il Kinsella Estate e Carcanet Press (Manchester) per aver concesso il permesso di pubblicare il testo originale inglese e la traduzione italiana del pometto; Melita Cataldi, Fiorenzo Fantaccini e Valerio Fissore per l'incoraggiamento e i preziosi consigli. Donatella Abbate Badin wishes to thank Sara O'Malley, the Kinsella Estate and Carcanet Press (Manchester) for granting permission to publish the original text and the Italian translation of the poem; Melita Cataldi, Fiorenzo Fantaccini and Valerio Fissore for their support and their precious advice.
Arthur Drews fu studioso tedesco, esponente della scuola mitologica, che nega l'esistenza storica di Gesù, per cui il Gesù come ci è stato tramandato dai Vangeli e dalle Chiese Cristiane è un Mito. Ma lasciamo a lui la parola, presentando la traduzione (di G. M. Marischi), dal Capitolo 4°: THE SUFFERINGS OF THE MESSIAH pp 64-87 Il Mito del Messia Sofferente Lungi dal misconoscere l'importanza dei Miti nella Storia dell'Umanità, si è voluto riportare alla verità, o per lo meno alla verisimiglianza, storica il personaggio del Cristo, in quanto mai esistito. Dal tempo in cui scriveva Drews è passato circa un secolo, e molta strada ha fatto la concezione "mitologica", e l'analisi storica delle prime fasi del Cristianesimo, dal 2°, 3° secolo a.C. al 3° secolo d.C. E ciò anche in funzione della scoperta dei manoscrtitti del Mar Morto e dei Rotoli di Kumran, oltre che per tutta una nuova fase di esplorazioni archeologiche nei territori dell'antica Palestina, teatro degli episodi narrati nella Bibbia, che ci possono far dire oggi: la Bibbia non aveva ragione. Nelle più diverse religioni dell'area mediorientale, troviamo diffusa la credenza in un essere divino, Salvatore e Redentore, legata alla concezione di un Dio sofferente e morente. Questa idea di un Messia che soffre e muore non era affatto sconosciuta agli ebrei.
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[RECENSIONE] M. VISCOMI (2018), Il sacro in Martin Heidegger. I “venturi” e “l’ultimo Dio”, Germanica Orthotes Editrice, Napoli 2018, (Critical Hermenutics), 2019
Theologus Dantes Tematiche teologiche nelle opere e nei primi commenti, a cura di L. Lombardo, D. Parisi, Anna Pegoretti, Venezia, 2018
Storicamente, 2022
Youcanprint, 2015
Studi e Materiali di Storia delle Religioni, 2021
Atti del Seminario Interdisciplinare su Religione e potere, miti e folclore, sostrati e sincretismi Fra antico e moderno, dal Mediterraneo al Nuovo Mondo
Forum. Supplementa to Acta Philosophica (http://forum-phil.pusc.it/volume/4-2018), 2018
Carne e macellai tra Italia e Spagna nel Medioevo, a cura di B. Del Bo e I. Santos Salazar, 2020
Il bambino nelle fonti cristiane, XLV Incontro di Studiosi dell’Antichità Cristiana (Roma, 11-13 maggio 2017),, 2019
Filosofia Italiana, 2020