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La figura di Giuda è diventata col tempo sinonimo o simbolo di tante cose, tutte negative, che alludono agli albori dell'Umanità fino ai tempi ultimi. Se dopo venti secoli se ne parla ancora in modi tanto contrastanti lo si deve anche alla povertà di notizie che si trovano nei Vangeli. Oggi con la pubblicazione degli scritti valtortiani veniamo a conoscere tantissimi particolari inediti, ma il " mistero Giuda " può dirsi risolto?
Sono tre i motivi per i quali il Vangelo di Giuda è oggi famoso:
E. Iula, "Il punto zero della riconciliazione: Gesù e Giuda", in R. Ragonese, Fraternità ferita e riconciliazione, Ancora, Milano, 2017, pp. 66-83.
Riconciliarsi con qualcuno non è facile, soprattutto quando si ha a che fare con desideri che spingono in senso inverso. Un modo per capire più a fondo la dinamica liberante della riconciliazione è osservare da vicino la vicenda di Gesù al momento della sua passione. Proporremo una riflessione a partire dal brano del tradimento di Giuda, così come questo viene presentato dall’evangelista Giovanni (Gv 13,21-30).
Cento anni di studi sull’ «amoroso messer Giusto», 2019
Nella bibliografia che segue abbiamo inteso dare un ordine a quanto è stato scritto nell’arco dell’ultimo secolo sul poeta quattrocentesco Giusto de' Conti da Valmontone e sul suo canzoniere, la Bella Mano. Proprio nell'anno 2018 è ricorso infatti il centenario dell'ultima edizione dell’opera di questo poeta, pubblicata nel 1918 a cura di Leonardo Vitetti, unica edizione moderna che si possa dire quantomeno "completa". In attesa dell'edizione critica, che è attualmente in via di allestimento a cura di Italo Pantani per la Commissione per i testi di lingua di Bologna, vogliamo offrire una visione panoramica della letteratura secondaria.
et Ioanni Carolo Montesi magistris carissimis sacrum 0. Premessa Le pagine che seguono riportano sostanzialmente quanto presentato in occasione della lezione tenuta per la cattedra di Storia delle Religioni, Prof. Maria Vittoria Cerutti, del Dipartimento di Scienze religiose dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, il 6 maggio 2008. Rngraziamo toto corde la Prof. Cerutti per averci offerto una così bella possibilità. Lo scopo di tale lezione è stato soprattutto quello di fornire alcuni tra i passi più significativi in lingua originale con traduzione "interlineare" del Vangelo di Giuda (da qui innanzi [tranne in rari casi] indicato con l'acronimo VdG) analizzati in chiave storico-religiosa. Si è preferito fare riferimento al testo divulgato in rete dalla National Geographic Society ( © 2006) poiché su tale testo si sono basati gli editori per la prima traduzione del VdG, la quale rimane al momento la più facilmente reperibile; sono stati omessi i segni testuali. Il lavoro di traduzione è stato svolto durante il corso di lingua copta tenuto dal Prof. Philippe Luisier presso il Pontificio Istituto Biblico ed il Pontificio Isitituto Orientale negli anni accademici 2006-2007 e 2007-2008, anche a Lui va il nostro sentito ringraziamento. Rispetto al testo già pubblicato nella rivista on line www.choasekosmos.it, qui si è preferito riportare un maggior numero di passi in copto; cogliamo l'occasione per ringraziare anche il direttore, Prof. Riccardo Chiaradonna, per aver permesso la ripubblicazione dell'articolo. Infine, last but not least, un sincero ringraziamento va anche al prof. André Leonardo Chevitarese per avere voluto ripubblicare queste osservazioni storico-religiose. 1. Lo stupore, il dolore e la gioia di Rodolphe Kasser Lanciai un grido quando, quella sera del 24 luglio 2001, vidi per la prima volta l'"oggetto" che i miei imbarazzatissimi visitatori avevano portato perché lo esaminassi. Si trattava di un documento culturale fino a quel momento del tutto sconosciuto, contenente un testo di tale potenza, eppure redatto su un materiale tanto fragile, così debole a vedersi, così prossimo alla fine ultima. Quel codice su papiro, scritto in copto più di 1600 anni fa, era stato danneggiato 2 da infinite disavventure che, per la gran parte, avrebbero potuto essergli evitate. Era la desolata vittima della cupidigia e dell'ambizione. Il mio grido era stato provocato dalla vista impressionante d'un oggetto tanto prezioso e così malamente bistrattato, infinitamente fragile, che cadeva a pezzi al minimo tocco; quella sera, il "libro antico" al quale in seguito sarebbe stato dato il nome di "Codice Tchacos" era una piccola cosa pietosamente impachettata al fondo di una scatola di cartone.
L' esortazione apostolica Evangelii gaudium (in seguito EG), del 24 novembre 2013, vuole essere un documento programmatico del pontificato di papa Bergoglio. Questa è l'intenzione espressa del documento, che fin dalle prime righe proclama il contenuto centrale che ispira l'azione di papa Francesco. Già l'incipit infatti racchiude in nuce tutto il messaggio che questo papa vuole comunicare alla Chiesa cattolica 1 : «La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall'isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia. In questa esortazione desidero indirizzarmi ai fedeli cristiani, per invitarli a una nuova tappa evangelizzatrice marcata da questa gioia e indicare vie per il cammino della Chiesa nei prossimi anni» (1) 2. Mi pare che siano almeno tre le affermazioni implicite ed esplicite al tempo stesso di questo scritto: il carattere programmatico, il primato del Vangelo, l'indicazione di un metodo. a) Il carattere programmatico è esplicitamente enunciato: «indicare vie per il cammino della Chiesa nei prossimi anni». Si può porre la domanda sull'effettiva consistenza di questa pretesa. La domanda non verte sulla possibilità che il programma resti lo stesso per tutta la durata del pontificato. Prudentemente il papa indica solo i «prossimi anni». Ci si può chiedere invece se si tratti di una pretesa astratta o di una pretesa che si invera nella prassi effettiva di questo papato. Un documento papale, come questa esortazione apostolica, spesso è redatto, in piccola o in gran parte, da alcuni esperti ai quali il papa comunica le sue intenzioni e sul cui testo egli si propone di intervenire per verificare se esso corrisponda a quanto desidera. Effettivamente il carattere prolisso e a volte ripetitivo del documento lascia trasparire la presenza di più mani. Il dubbio quindi è legittimo ed è tale che l'interprete è costretto a valutare il peso effettivo delle singole affermazioni nel contesto più ampio del pontificato. Nel caso specifico abbiamo tuttavia un termine di raffronto decisivo, quello della predicazione quotidiana di questo papa. Si tratta di una predicazione che, per lo stile, la continuità dei motivi e degli accenti, è quanto mai rivelativa della prassi effettiva e delle scelte di governo dell'attuale vescovo di Roma. E sebbene non esistano ancora studi sull'omiletica di papa Francesco, senza paura di essere smentiti, possiamo costatare come il 'programma' enunciato nell'esortazione riappaia costantemente nelle omelie. 117 1 La destinazione dell'esortazione è chiaramente affermata dal papa al n. 200: esortazione «rivolta ai membri della Chiesa Cattolica». 2 Nel corso di tutta la trattazione, i numeri arabi tra parentesi si riferiscono ai corrispondenti numeri dell'esortazione, secondo la versione italiana contenuta nel sito della Santa Sede: www.vatican.va.
2025
Introduzione opinione largamente condivisa che alla base dei diversi "giudaismi" 1 attestati in epoca ellenistica e romana vi fu la religione praticata nella provincia di Giuda nel periodo compreso fra la dominazione achemenide (539-333 a.C.) e la prima fase del periodo ellenistico (333-200 a.C.). Questa religione 2 avrebbe presentato diversi elementi che ritroveremo in seguito, sia pure in parti diverse 3 : a) il tempio di Gerusalemme; b) "la Bibbia riscritta"; c) la tradizione biblica o extrabiblica; d) l'apocalittica. Ciascuno di essi rivendicava, spesso in modo polemico, la propria superiorità sugli altri. Il tempio di Gerusalemme esaltava, per esempio, la presenza di Dio, amplificando il ruolo dei sacerdoti, il peso dei sacrifici, l'importanza dello spazio simbolico e di quello architettonico. La Scrittura richiamava invece l'opera dei "letterati" e delle élites che misero mano alle tradizioni più o meno antiche di Israele per giungere alla stesura della Torah. La tradizione biblica ed extrabiblica reclamava, a sua volta, la possibilità di cercare nuove risposte ai problemi dell'esistenza umana. L'apocalittica, infine, coniugando sapienza e profezia, attendeva l'intervento di YHWH nella storia. Ciascuno di questi elementi meriterebbe evidentemente di essere analizzato in maniera autonoma, ma vista la centralità del tempio di Gerusalemme e delle sue vicende storiche, religiose ed economiche in epoca persiana ed ellenistica ho deciso di farne il centro di questa esposizione e di soffermarmi sugli altri elementi quando entreranno in relazione con il tempio. The paper which was read past January 24 the 2025 in the final session of the the SEMINARIO DI AGGIORNAMENTO PER STUDIOSI E DOCENTI DI S. SCRITTURA held at the Pontifical Biblical Institute [Rome 20-26 gennaio 2025] aims at describing the religion of Judah from the point of view of the Temple of Jerusalem from the Exilic through the Persian to the Hellenistic Ages. The paper deals with the main issues that’s to say the situation of the temple of Jerusalem, the priesthood, the rites and the sacrifices, the possible Zoroastrian influence, the relationship with Samaria and offers a UpToDate bibliography. I hope to rework this talk and the other as well in order to produce a text on various aspects of the history of Judah in the Exilic and Persian Ages. I would tank the PIB for the warm hospitality and kindness. See also the youtube channel of PIB Prof. Bianchi - La religione di Giuda in epoca persiana ed ellenistica
LA PAZIENZA DELLA FEDE Giobbe come figura di fede esemplare Imitiamo […] coloro i quali con pelle di capre e di pecore s'aggirarono annunciando la venuta di Cristo: diciamo i profeti Elia e Eliseo, Ezechiele e oltre questi quanti ebbero testimonianza (da Dio). L'ebbe splendidamente Abramo e fu soprannominato amico di Dio: e pure fissandosi alla gloria di Dio, in umiltà, così parlò: "Io sono terra e cenere" (Gen 18,27). E anche di Giobbe è stato scritto: "Giobbe era giusto e irreprensibile, veritiero, religioso, immune da ogni male" (Gb 1,1). Tuttavia egli s'accusa da se stesso così: "Nessuno va esente da bruttura, anche se la sua vita fosse d'un solo giorno" (Gb 14,4-5) 1 .
Biblica et Patristica Thoruniensia, 2016
The research on the Book of Joshua usually has not centred about the figure of main character, usually because he is predominantly styled as Moses redux, but also because the narrator never relates the substance of thoughts or reports an interior monologue by him. Recently some suggests that Joshua is styled in his Book as second servant of Yhwh (in the light of the title ascribed to him in Josh. 24:29), a prophet (according the presentation in Ch. 1), or-if one accepts the hypothesis of Deuteronomistic History-a sort of prototypical Josiah. The contribution shows that, in light of the general outlook of the Book, the main character doesn't become clear in relation to his predecessor, neither in light of the historical implementations in the ensuing narrative, notably Josiah. Joshua typify a model of leader who will not find real followers, tacitly preparing the reader of the subsequent history for the unlucky end of the monarchic experience. The postexilic community, which waits for the realization of the divine promises of renewal, will not be ruled by a king, but will have as permanent point of reference-for the guides and for the members-the Book, and anyone will be called to take on the task of the leader, should-like Joshua-hear, meditate and act in accordance of the Torah. Steszczenie. Badania nad Księgą Jozuego nie skupiają się na postaci głównego bohatera, zwykle dlatego że jest ona przede wszystkim stylizowana na Mojżesza redux, ale także dlatego że nigdy narrator nie relacjonuje istoty jego myśli czy nie podaje jego wewnętrznego monologu. Ostatnio niektórzy sugerują, że Jozue jest stylizowany w księdze na drugiego sługę Yhwh (w świetle tytułu przypisanego mu w Joz 24,29), na proroka (zgodnie z prezentacją w rozdz. 1) czy-jeśli akceptuje się hipotezę historii dueteronomistycznej-na rodzaj prototypowego Jozjasza. Artykuł pokazuje, że-w świetle ogólnej perspektywy Księgi-główny bohater nie staje się wyrazisty w relacji do swojego poprzednika, ani-w świetle historycznych wdrożeń w późniejszej narracji-w relacji do Jozjasza.
Terza confutazione della religione dei testimoni di Geova: chi è Gesù Cristo Tutta la religione dei testimoni di Geova degrada Gesù Cristo a semplice "dio minore". Quindi i testimoni di Geova adorerebbero due dei: Geova e il "dio minore", che per loro è Gesù Cristo. Partiamo ad analizzare questi passaggi del Vangelo di Giovanni, (1, 1-3): In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. "E il Verbo era Dio" la cui pronuncia in greco è: "kai Theos en ho Logos" Percui il Verbo è il Creatore del mondo, l'unico vero Dio (Giovanni 1,1). I testimoni di Geova invece, stravolgendo il passo in questione, hanno tradotto "E il Verbo era un dio", come se il Verbo (Gesù Cristo) fosse un "dio minore". Innanzitutto procediamo per logica: come potrebbe essere un "dio minore" se esisteva "dal principio" e coesisteva con Dio fin "dal principio"? (infatti è scritto "In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio"). Giovanni avrebbe potuto scrivere in altro modo se avesse voluto comunicarci che Gesù Cristo è un "dio minore", e soprattutto non l'avrebbe messo nel suo Prologo. Vediamo un punto dei Salmi (33, 6): "I cieli furon fatti dalla parola dell'Eterno" Percui nei Salmi si afferma che l'Eterno (Dio) ha creato i cieli. Ma nel Vangelo di Giovanni (1, 3) si afferma: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. Sono in contraddizione il passaggio dei Salmi con il passaggio del Vangelo di Giovanni (1,3)?
Nella Lettera apostolica Porta Fidei il Santo Padre, Benedetto XVI, afferma che la fede «introduce alla vita di comunione con Dio» (n. 1). In questo contributo è mio intento elaborare quest'idea alla luce di due testi giovannei, uno del vangelo e l'altro della prima lettera, rispettivamente Gv 3,4-8 e 1Gv 5, 9-12. Nel Quarto Vangelo la fede occupa un posto tale che è stato definito il "vangelo della fede" 1 . In 20,31 si legge che è stato scritto «affinché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome». Il verbo pisteÚw, con differenti sintagmi, vi ricorre più che in qualsiasi altro libro del NT. Per Giovanni "credere" equivale ad accogliere la testimonianza che Gesù fa di se stesso, condizione necessaria perché si stabilisca quella comunione di vita che è la salvezza.
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Edizioni San Paolo 2022; ISBN 9788892228337, 2022
A. Romaldo (cur.) A Maurizio Bettini. Pagine stravaganti per un filologo stravagante, 2017
“Gesù e i bravi ragazzi. Il mashal evangelico di Lc 9,59-60 (// Mt 8,21-22) e la pompa funeraria dell’aristocrazia romana”, in L’armonia della scrittura. Saggi in onore di padre Bernardo Boschi o.p., (a cura di W. Binni), Bologna, ESD, 2007, 36-74.
Federico Premi, 2005
Materia Giudaica, 2022
Bollettino del Museo Civico di Padova, XCV, 2006, pp. 45-65
"Una gigantesca follia. Sguardi sul Don Giovanni" a cura di Maria Antonella Galanti, Sandra Lischi, Cristiana Torti (ETS), 2016
"Giovanni Santi", cat. mostra a cura di M.R. Valazzi (Urbino, Palazzo Ducale, 30 novembre 2018 – 17 marzo 2019), 2018
Comune di Canal San Bovo, 2023
Le vestigia dei gesuati