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La battaglia perduta per uno stato indipendente nel Nord Italia
Storia economica, 2016
Le guerre del Novecento e l’uso pubblico della storia (atti del Convegno, Firenze 2-3 novembre 2000), in “Passato e Presente”, 2001, n. 54, pp. 73-83.
Note su Milano e le città lombarde nelle guerre di Luigi XII (1499-1515 Vorrei esaminare l'influsso delle guerre di Luigi XII su alcuni aspetti della vita politica delle città lombarde, 1 con riferimento alla Lombardia milanese (comprendente anche una parte degli attuali Piemonte ed Emilia, conquistata nelle guerre del 1499-1500 e perduta e ripresa in quelle del 1512-1515), e alla Lombardia veneziana, vero e proprio fronte di guerra tra 1509 e 1515 2 Preliminarmente vorrei sottolineare il carattere eterogeneo delle "città lombarde", il cui comune denominatore consiste principalmente, secondo la definizione canonica, nell'esser sede di vescovato. La Lombardia è terra di terre separate, alcune delle quali, come Crema o Vigevano, così fiorenti che è arduo distinguerle dalle città; per converso in queste 13 città canoniche (nel milanese Milano, Como, Cremona, Lodi, Parma, Piacenza, Pavia, Novara, Alessandria e Tortona, nonché Bobbio, benché infeudata ai dal Verme, e Bergamo e Brescia nella Lombardia veneziana) entrano centri di ben diversa natura per dimensioni demografiche (dai 100.000 abitanti di Milano ai 50.000 di Brescia e forse di Cremona, alle numerose città medie tra i 10 e i 20.000 abitanti, alle piccole che non raggiungono i 10.000) e del territorio (cioè del contado teorico o di fatto), per tasso di urbanizzazione, per peso di attività specificamente urbane, per inserimento nelle reti di commercio internazionale, per spessore di storia, tradizioni e identità urbane, per gerarchie sociali degli abitanti e per l'eventuale rilievo di legami clientelari extracittadini, con famiglie signorili locali. Diverso era infine, nella Lombardia milanese, il grado di presenza del principe e d'integrazione nello stato, anche se da tutte uscivano officiali, cancellieri o cortigiani di diverso peso e fortune. 3
Archivio storico lombardo, 2020
Scrivere della Milano di questo inizio millennio non è semplice dovendosi confrontare con processi non ancora compiuti. Non lo è per molte ragioni. Ma credo sia giusto provarci. Sollecita in tal senso l'attualità e il clima di pesante incertezza che si respira in questi mesi in cui siamo chiamati a confrontarci con il Covid-19 e a chiederci quale Milano ritroveremo quando questo incubo sarà finito. Per la verità, l'idea di una serie di materiali su Milano e le sue trasformazioni recenti era nata prima del Covid-19. La pandemia ha però reso più urgente avviare una riflessione su cosa sia diventata Milano nel passaggio da città industriale ad altro. Su questo probabilmente tutti convengono. Tuttavia, ci si potrebbe chiedere (e una parte della redazione se lo è infatti domandato) se l'"Archivio Storico Lombardo" sia una sede opportuna per ospitare scandagli di tale natura, per loro natura provvisori. Una rivista per la quale archivio non è semplicemente una parola della testata ma un chiaro riferimento metodologico, come può affrontare tematiche per le quali gli archivi non esistono e quando esistono non sono accessibili? La domanda ha una sua pregnanza, ma abbiamo deciso di correre il rischio sapendo che si può fare storia anche senza archivi, come ci insegnano i maestri. Ma del resto, a questo problema altri se ne sommano. Negli ultimi trent'anni Milano ha cambiato pelle. Inevitabilmente sono cambiate anche le narrazioni e il modo stesso di raccontare la città. Al proposito va rilevato come, anche sotto questo profilo, Milano sia una città particolare. Alla relativa assenza di dibattito pubblico sulla direzione di una "conversione al terziario" agita e non teorizzata, per riprendere una espressione di Giuseppe Berta, come invece altrove è avvenuto, ha fatto da contrappunto un racconto corale, visivo e testuale, che altre città non hanno avuto in egual misura. Forse si avvertiva l'esigenza di riannodare i fili di una narrazione che con troppa fretta si era voluta lasciare alle spalle il recente passato industriale. O forse è semplicemente un segno della forza e della reputazione della città. Non mi sembra un caso che gli ultimi sindaci hanno tutti voluto raccontare la "loro" Milano in un libro. Sindaci, ed anche questo è un segno del cambiamento, che non erano espressione della classe politica, duramente colpita nel 1992 dal ciclone Tangentopoli. Politico in senso proprio non era Marco Formentini, sindaco espresso dalla Lega, che vantava un passato di funzionario in Europa di area socialista; ma a maggior ragione non lo erano Gabriele Albertini, presentazione
1989
Fonti e strumenti » Collana diretta da Lilli Dalle Nogare 13. Bibliografia dei giornali lombardi della Resistenza 25 luglio 1943 -25 aprile 1945 a cura dell'Istituto lombardo per la storia del movimento di liberazione in Italia Editrice Bibliografica Bibliografia dei giornali lombardi della Resistenza. 25 luglio 1943Resistenza. 25 luglio -25 aprile 1945. A cura dell'Istituto lombardo per la storia del movimento di liberazione in Italia. Milano, Editrice Bibliografica, 1989. XIV, 191 p. 24 cm (Fonti e strumenti, 13) In testa al front.: Regione Lombardia. Settore cultura e informazione. Servizio biblioteche e beni librari e documentari.
Le Guerre d'Italia di messer Loyso Gonzaga, 2021
Il marchese di Castel Goffredo e le sue gloriose imprese politiche e militari nell'Italia del Rinascimento.
La Liguria occidentale al tempo di Napoleone, in Bagliori d'Europa. Sanremo e Napoleone nel bicentenario dell'annessione all 'Impero (1805'Impero ( -2005 a cura di L. FUCINI, Ventimiglia, Philobiblon Edizioni, 2005, pp. 20-36 Tra i primi paesi in Europa che ebbero notizie numerose e dettagliate della Rivoluzione Francese ci fu la Repubblica di Genova. A favorire la diffusione delle informazioni contribuivano la vicinanza geografica e il continuo andirivieni delle persone, specie nelle zone del Ponente: naviganti che facevano il cabotaggio tra Liguria e Provenza; contadini, artigiani e mercanti che per lavoro si spostavano continuamente da un lato all'altro di una frontiera chea quei tempiera molto meno rigida di quanto sarebbe stata nell'Ottocento e nel Novecento.
Lo storico dei Longobardi Gian Piero Bognetti (1902-1963) ha sostenuto in un saggio di molti anni fa (Santa Maria "foris portas" di Castelseprio e la storia religiosa dei Longobardi, 1948) che la ventennale resistenza bizantina sul Lario, terminata nel 588 con l'espugnazione dell'Isola Comacina da parte di Autari, sia stata possibile grazie all'esistenza di un vero e proprio limes a protezione del Lario. Questa ipotesi, pur subendo nel corso del tempo svariate correzioni da parte di alcuni storici, è rimasta sostanzialmente indiscussa. Questo scritto intende mostrare come il limes bizantino a difesa del Lario sia, con ogni probabilità, una leggenda.
Oggetto, motivazioni della ricerca e contesto storiografico di riferimento "Scrivere storia è un atto di amicizia tra gli uomini; scrivere una biografia ne è forse l'esempio maggiore" 1 . L'incipit del recente libro di Piero Graglia dedicato alla vita di Altiero Spinelli ben si adatta anche al mio lavoro, che consiste in una biografia del dirigente azionista e poi socialista Riccardo Lombardi. Figura tra le più influenti del socialismo del dopoguerraanche se spesso più sul piano culturale che su quello dell'agone politico -Lombardi (Regalbuto 1901 -Roma 1984) è stato spesso descritto come un "irregolare" della sinistra italiana o come la sua "coscienza critica" 2 . Nato in Sicilia da padre di origini toscane e madre siciliana, ingegnere di professione, Lombardi inizia la sua militanza giovanissimo nelle file della sinistra cattolica, prima nel Partito popolare e poi, dal 1921, nel piccolo Partito cristiano del lavoro. Antifascista della prima ora, collabora con la rete clandestina comunista, senza però mai iscriversi ufficialmente al partito, si avvicina successivamente a Giustizia e Libertà. Attivo nella Resistenza, diventa prefetto di Milano dopo il 25 aprile e nel dicembre 1946 entra nel primo governo De Gasperi come ministro dei Trasporti. Tra i fondatori del Partito d'Azione, vi tiene una linea considerata "centrista" (rispetto all'ala liberale di Parri e La Malfa e a quella socialista di Lussu) e ne diventa segretario nella sua ultima fase, dal congresso del febbraio 1946 sino allo scioglimento nell'ottobre 1947. Anziché disperdersi, come molti ex-azionisti, in formazioni minori, aderisce al Partito socialista di cui diventa, specialmente 1 Piero S. Graglia, Altiero Spinelli, Bologna, Il Mulino, 2008, p. 9. 2 Si veda ad es. il giudizio che ne dà Sircana: "per le sue posizioni spesso fuori dagli schemi e comunque mai condizionate dalle convenienze e dalle compatibilità del momento politico, il L. venne rappresentato come un «socialista inquieto» e «coscienza critica della sinistra»". Cfr. Giuseppe Sircana, Lombardi Riccardo, in AA. VV., Dizionario biografico degli italiani, vol. 65°, Roma, Istituto dell'Enciclopedia italiana, 1995, pp. 485 -487. dopo la svolta "autonomista" del 1956, uno dei leader principali. Considerato spesso all'inizio degli anni sessanta un "destro" per la sua linea favorevole al centro-sinistra e per il suo autonomismo rispetto al Partito comunista (ma duramente attaccato anche dalla destra economica per la nazionalizzazione dell'energia elettrica e la riforma urbanistica da lui sostenute), verrà poi etichettato come "sinistro" quando, come animatore della corrente della "sinistra socialista", oppone alla linea del compromesso storico seguita dal PCI di Berlinguer quella di un'alternativa di sinistra nel segno di un socialismo "autogestionario" in risposta alla crisi del capitalismo degli anni settanta.
The Italian translation of Stefanie Linden’s volume The Called It Shell Shock (Guida Editore, Napoli), marks an important stage in the evolution of studies. The comparative approach to the British and German contexts, and the use of a large and unpublished archival corpus, allow us to define new interpretations and suggest little-frequented research paths. Nonetheless, the volume presents a series of problematic issues that are common to the more well-known Anglo-Saxon historiography on the subject. Finally, the contribution ends with a rapid comparison with the Italian case, by discussing the less convincing authorial choices on a methodological and epistemological level, and debating the distinctive characteristics of the national psychiatric situations investigated.
Emigranti a passo romano. Operai dell’Alto Veneto e Friuli nella Germania hitleriana, Verona, cierre edizioni, 2002
Scalabrinian missionaries for Italian workers in Nazist Germany
Otto Novecento Rivista Quadrimestrale Di Critica Letteraria, 2010
Analisi del sonetto dedicato a Mantova dal giovane Mario Luzi
Annali della Fondazione Verga, 2017
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, Federico De Roberto stava attraversando una fase di astenia creativa, dalla quale uscì proprio grazie al conflitto bellico. Tra il 1919 e il 1923 egli pubblicò nove racconti di diversa qualità artistica, con alcuni vertici di assoluta maestria (La paura, in primis, o Il rifugio). Come era sua consuetudine, l’autore attinse il più possibile alla realtà attraverso una meticolosa opera di documentazione. Scorrendo l’intero epistolario dello scrittore, l’articolo fornisce una disamina dettagliata dei suoi corrispondenti che parteciparono al conflitto e che gli fornirono testimonianza di esso, attraverso le lettere spedite dal fronte. Il presente lavoro arricchisce, dunque, la ricostruzione delle fonti utilizzate da De Roberto per comporre il proprio immaginario bellico. Tra il materiale inedito è presente una lettera, del 1915, inviata dallo scrittore a un amico in zona di guerra: essa pare essere l’unica missiva derobertiana diretta al fronte superstite ma sconosciuta alla critica. At the outbreak of the First World War, Federico De Roberto was going through a period of creative asthenia but the conflict gave him the opportunity to change his state. From the 1919 to the 1923 he published nine stories of different artistic quality with few apexes of absolute mastery (La paura, in primis, or Il rifugio). As usual for him, the author drew on true experiences thanks to a meticulous documentation. Examining De Roberto’s whole epistolary, this article offers a detailed analysis of his correspondents who took part in the war, sending him their testimonies by letters from the front. Therefore, the work increases the reconstruction of the sources used by De Roberto to build his war imagery. Among his correspondence was founded only one letter sent by De Roberto to a friend in a war zone on the 1915, published few years later, and then forgotten by the criticism.
Progetto Riviste online (a cura di F. Testaferri, Italia)
Gioacchino Murat, un sovrano napoleonico alla periferia dell'Impero, a cura di R. De Lorenzo, Società Napoletana di Storia Patria, Napoli 2018, pp. 183-200, 2018
Job, XXXIX, tratto da Murat, texte de G. Montorgueil, aquarelles de Job, librairie Hachette, paris 1903. Finito di stampare nel mese di dicembre 2018 presso le officine Grafiche Francesco Giannini e Figli S.p.a. il convegno Gioacchino Murat, un sovrano napoleonico alla periferia dell'Impero (Pizzo, 12-13 ottobre 2015), organizzato per iniziativa dell'assessorato alla cultura del comune di pizzo e dell'associazione culturale Gioacchino Murat onlus, ha goduto del patrocinio di comitato nazionale per le celebrazioni del bicentenario decennio francese consolato di Francia regione calabria comune di napoli -assessorato alla cultura e al turismo istituto italiano di Studi Filosofici -napoli Società napoletana di Storia patria deputazione di Storia patria per la calabria Università di napoli Federico ii -dipartimento di Studi umanistici Università della calabria -dipartimento di Studi umanistici tropea Festival leggere & Scrivere indice Giuseppe pagnotta, La Città di Pizzo e Gioacchino Murat 7 renata de lorenzo, Introduzione 11 John a. davis, From La Bastide to Pizzo. The tortuous political itineraries of Gioacchino Murat, King of Naples 1808-1815 25 Maurice aymard, Murat, entre histoire et légendes 33 luigi M. lombardi Satriani, Murat nell'immaginario popolare 41 Vito teti, Francesi e calabresi. Realtà, immagini e paradossi nelle memorie orali del periodo napoleonico 55 Valeria Ferrari, Il Decennio francese in Calabria nella storiografia dell'ultimo cinquantennio 85 annunziata berrino, Il contributo dei napoleonidi alla maturazione del turismo nella regione napoletana 95 raffaele Giannantonio, Urbanistica murattiana nel Regno di Napoli: la fondazione di Ateleta 109 rosa Maria delli Quadri, A "casa del re". Gioacchino e Carolina nelle stanze del palazzo 121 Giulio brevetti, Tirez au coeur! Gioacchino Murat in due secoli di fortuna iconografica 137 Francesco barra, Tra insorgenza e brigantaggio: il caso calabrese 171 antonio buttiglione, Contro il "sistema napoleonico" alla periferia dell'impero: i carbonari calabresi e l'insurrezione del 1813 183 Francesco campennì, Lo spazio dei mercanti. Il porto di Pizzo nel Tirreno in guerra (1792-1815) 201 rosario Giovanni brandolino -rosina Gianna Maione, Luoghi e contese per una geografia dei conflitti rosario Giovanni brandolino, La campagna francese nelle terre di Calabria. Rilievo e rappresentazione dei siti di interesse storico del decennio francese, tra terre di interferenza e territori d'invasione 233 rosina Gianna Maione, Dalla battaglia di Maida al Decennio francese: metodologie di resoconto 242 indice dei nomi 257
Venezia contro Napoleone, 1796-97 morte di una repubblica, 2019
Il biennio 1796-97 ricostruito come mai è stato tentato finora: al di fuori di qualunque visione di parte, come e perché la repubblica Serenissima è finita nell’occhio del ciclone dei grandi conflitti euro-mondiali. Verità certe e lezioni utili oggi per noi, che occupiamo la medesima posizione geografica e siamo eredi della sua vicenda millenaria. Perché la geopolitica non è uno strano gioco di società bensì la strumento necessario per analizzare i fatti e compiere scelte consapevoli partendo dalla realtà geografica e storica. Esistono delle costanti di lungo periodo, infatti, indispensabili da conoscere per poter agire. Le stesse dominate dai grandi statisti veneziani dal Duecento al Quattrocento per costruire un impero e delle quali i discendenti nel Settecento, invece, sono rimasti vittime. The period 1796-97 reconstructed as never before has been attempted: outside of any partisan vision, how and why the Serenissima republic ended up in the eye of the storm of the great Euro-world conflicts. Certain truths and useful lessons for us today, which occupy the same geographical position and are heirs to his thousand-year history. Because geopolitics is not a strange game of society but the necessary tool to analyze the facts and make informed choices starting from the geographical and historical reality. There are long-term constants, in fact, indispensable to know in order to act. The same dominated by the great Venetian statesmen from the thirteenth to the fifteenth century to build an empire and of which the descendants in the eighteenth century, however, remained victims.
Leopardi. L'alba del nichilismo, 2016
Questo volume mostra quanto il pensiero di Leopardi sia ancora vivo e in grado di gettare luce sui destini dell’Occidente. «Da dove proviene il più inquietante dei nostri ospiti?», chiedeva Nietzsche. Il poeta-pensatore di Recanati è stato il primo a suggerire delle risposte che aprono squarci illuminanti e premonitori sui grandi rivolgimenti della modernità e su un mondo che appare sempre più deserti cato dalla ragione tecnica e calcolan- te. Leopardi si rivela non solo il più radicale precursore della nostra epoca, ma anche il primo inavvertito genealogista del «nichilismo europeo». I pre- ludi di tale complesso fenomeno, che rimandano in parte alla sapienza ne- gativa degli antichi, vengono rintracciati in una strati cata crisi del senso e dei fondamenti che nisce col sovvertire il primato ontologico dell’essenza. Da questa serrata ricostruzione della modernità spinta no alle soglie del- la contemporaneità emerge l’immagine di un Leopardi spaesato (e ribelle) meta sico all’alba di un mondo «fatto a rovescio». Ma la scoperta leopar- diana dell’assurdo, lungi dal cedere l’ultima parola alla disperazione, lascia una nestra aperta sul «paese delle chimere». Tutto il dramma di un’anima e di un’epoca si gioca così fra gli abissi opposti del nulla (poetico) e del niente (razionale). Accanto a un suggestivo scavo sulle gure orientali del nihil positivum, questo rimane l’esito forse più sorprendente di un’indagine poderosa che riesce peraltro a misurarsi con le massime interpretazioni del nichilismo leopardiano (da Nietzsche a Severino).
2008
Come la provincia di Pesaro e Urbino visse l'adesione alla prima guerra mondiale
Quaderni savonesi, 2011
La guerra fu per i Normanni il principale strumento di espansione e questo modificò l’assetto politico dell’intero Mediterraneo. Una duplice vocazione, di terra e di mare, per uomini che vivevano del mestiere delle armi: tattiche di guerriglia, battaglie campali, assedi, conquiste, saccheggi, distruzioni, blocchi navali. Le strategie di guerra e gli strumenti tecnico-pratici per il raggiungimento degli obiettivi di conquista sono i temi di questo libro che racconta la lunga avventura dei Normanni nelle regioni meridionali d’Italia. Un corredo di illustrazioni presenta in modo realistico i piani delle battaglie più importanti dell’XI e XII secolo: la loro disposizione iniziale, le forze in campo, gli armamenti, le strategie, le perdite. Momenti di terrore e di eroismo, con i Normanni protagonisti nel Mezzogiorno sui campi di battaglia di terra e di mare.
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