2018, Mauro Folci Vacanze. Il generico, l’incompetente, l’inutile tra il 1996 e il 2017
In Abecedario Gilles Deleuze racconta di quando, nel 1936 -lui ragazzo undicenne-, il governo di Blum impose le ferie pagate a tutti i lavoratori dipendenti, e di come la borghesia di destra e antisemita della Francia di allora fosse scandalizzata, oltre che seriamente preoccupata, di quella particolare misura sociale. Racconta di quando sulla spiaggia di Deauville, località dove la famiglia si trasferiva per le vacanze estive, giunse a disturbare la quiete dei pochi, la folla dei proletari. L'odio di classe dei padroni e dei borghesi che questa legge sulle ferie retribuite liberò, fu di tale intensità che costrinse molti di loro a rinunciare al mare di Deauville. Deleuze ricorda, con un sorriso di soddisfazione, come la conquista delle ferie pagate sia stata una delle vittorie più importanti della storia del movimento proletario e per inverso come questa abbia letteralmente traumatizzato i padroni por molti anni a venire. Più di quanto avvenne negli anni 70. Le ferie è un periodo di tempo che è di vacanza dal tempo del lavoro, e dunque capite bene perché i padroni fossero così preoccupati: è tempo liberato per la cura del sé e questo rappresenta, da sempre, un serio pericolo per la macchina che trasforma il tempo in capitale. È una minaccia in quanto libera cariche desideranti che sono potenziali forme diverse di vita: una " vita altra " che fa dell'essere vacante il principio di un'azione destituente nei confronti dei poteri costituiti.