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Copertina di Isia Osuchowska. Il disegno centrale rappresenta Buddha Shakyamuni nella posizione di meditazione che, con la mano destra, chiama la terra a testimoniargli la raggiunta "illuminazione". É una schematizzazione iconografica e iconometrica adottata in India e trasferita in Tibet. Ogni linea e ogni proporzione hanno precisi significati simbolici. L'asse mediano, dal basso in alto, che passando per l'ombelico raggiunge il sommo del capo, rappresenta il centro del Cosmo. Il praticante deve sentirlo come il proprio asse, da terra a cielo, mentre gli ruota intorno l'intero universo.
Giuseppe De Lorenzo fu geologo, traduttore di testi buddhisti e di Schopenhauer, grande lettore di Shakespeare e senatore del Regno. Una figura poliedrica che è stata discussa e anche oggetto di critiche, ma che di fatto resta di grande interesse sia per la storia della cultura napoletana agli inizi del Novecento sia per la storia del buddhismo in Italia. Non a caso, quando nel 1981 l’editore Laterza ha ripubblicato, in stampa anastatica, il suo India e buddhismo antico, la cui prima edizione risale al 1904, un sanscritista del valore di Raniero Gnoli ha scritto: «Molto, indubbiamente, è stato fatto dagli inizi del secolo fino ad oggi nel campo della buddhologia, ma la presentazione e l’analisi del Buddhismo del De Lorenzo resta a tutt’oggi sostanzialmente esatta».
Marco Merlini, Un monastero benedettino sul Monte Athos X-XIII secolo, Tipografia Editrice S. Scolastica, Subiaco, 2017
Nell'intreccio delle disparate lingue e culture in circolazione nell'universo bizantino, anche altri monasteri del Monte Athos erano impegnati nella reciproca conoscenza fra Oriente e Occidente al di là delle dispute dottrinarie e di politica ecclesiastica. Il cenobio di Iviron era molto rinomato per erudizione. Le opere a noi pervenute dei monaci latini athoniti, come la suddetta Narratio, mostrano paragonabile levatura intellettuale e dignità morale. D'altra parte, in quanto cenobio benedettino, Amalfion fu certamente un centro propulsivo di cultura e religiosità come del resto molti altri dello stesso ordine monastico. Questo tratto comune potrebbe in parte spiegare la perdurante e intensa amicizia fra i due monasteri, il georgiano e il latino, non-ché alcuni parallelismi nelle loro storie. Secondo le fonti, le traduzioni dal greco al georgiano attribuite a Eutimio, igùmeno di Iviron, sono ben centosettanta. Si tratta di testi chiave della filosofia, teologia e letteratura greca resi nella lingua del suo paese d'origine per ar-ricchirne la cultura e la spiritualità. Come abbiamo già osservato, la spinta a tradurre in georgiano i Dialogi de vita et miraculis patrum Italicorum di San Gregorio Magno fu forse dovuta ai vicini latini. Giorgio l'Aghiorita lo testimonia nella Vita di Eutimio e al tempo stesso ne spiega le ragioni. «La regola e gli insegnamenti di San Benedetto, la cui vita e miracoli sono descritti nel Libro dei Dialoghi» argomenta, siano il punto di riferimento della tanto apprezzata vita ascetica dei «confratelli romani».
2020
Dispensa sul Buddha, nell'ambito del progetto di didattica della filosofia <em>Officina delle filosofie</em>.
2022
Dante e l'Islam, l'Induismo e il Buddha: legami ipotetici e tracce nella Divina Commedia - "Riscontri-Rivista di cultura e attualità", anno XLIV n. 2 / maggio-agosto 2022 (Avellino, ed. Il Terebinto)
Sri Aurobindo
Arjuna, l'uomo rappresentativo della sua epoca, è vinto dallo scoraggiamento e dal dolore nel momento più critico della sua esistenza, sul campo di battaglia di Kurukshetra, e in questa occasione egli solleva il problema intero della vita e dell'azione umana; l'esposizione della Gità parte da questo primo quesito di Arjuna e vi ritorna dopo aver abbracciato tutto il problema. CANTO II La risposta del Maestro procede secondo due vie diverse: [a] LA FEDE DEL GUERRIERO ARIANO.
Gli studiosi dell'induismo partono dalle invasione degli Arii che sovrapposero i loro dei a quelli locali, con identificazioni, mutazioni, amplificazioni del pantheon. Prima c'erano divinità e forme cultuali che sono testimoniate da vari siti archeologici. La prima fase è datata nell'arco di tempo tra il 1500-800 a.C. E' la religione vedica, originata dagli Arii che invasero l'India intorno al XIII secolo e composero in quel tempo (sec. XIII) i libri sacri Veda (conoscere, sapere). La seconda fase è segnata dal Brahmanismo (1000-800 a.C.) stabilito dagli Arii conquistatori. I brahmani o bhramini erano una casta potente, al vertice della società. I brahmani venivano ritenuti delle divinità. Il fulcro del Brahmanesimo fu il sacrificio, e tutta di ritualità. E' l'epoca delle Upanișad (IX-VII sec. a.C.). Il Brahmanesimo entrò nel VI secolo in difficolltà per un eccessivo ritualismo, svolto meccanicamente. Ciò generò una forte reazione che portò i saggi a cercare nelle foreste la liberazione (moksha) dal ciclo delle reicarnazioni puntando sull'ascetica e sulla ricerca dell'unione con il Brahman, l'Assoluto, l'Uno, il fondo primordiale della realtà. Questi asceti delle foreste rimasero nella dottrina Vedica, ma crearono un fatto rivoluzionario affermando che l'appartenenza ad una casta non era il segno di un determinato stato nel ciclo delle reincarnazioni, per cui essere un brahmino era, di per sé, trovarsi in prossimità della liberazione dal ciclo delle reincarnazioni, ma tutti potevano raggiungere la liberazione come fatto prossimo, giungendo al nirvana. Affermato questo, gli asceti delle foreste non si posero in una lotta di classe contro i brahmini, con i quali condividevano il pensiero che il Brhaman l'uomo lo trova in sé, dell'anima (ātman), la quale è consustanziale al Brahman, ma ne è separata dal corpo, che appare come un carcere. E' il momento della formazione del buddhismo col suo rifiuto dei sacrifici cruenti propri del Brahmanesimo , col suo rifiuto delle ritualità formalistiche, e la formulazione di una nuova via per la liberazione. Il Brahman lo si trova in sé liberandosi dalla pressione della carne e dal desiderio dell'esistere. Trovare il Brahman significa trovare sé, in quanto lo spirito è Brahman. Ne nacque la trasmissione orale di insegnamenti ascetici di liberazione, e lo sviluppo delle Upanisad (in sanscrito: "stare seduti devotamente vicino"), cioè vicino ad un maestro di spirito. Le Upanisad sono commentari ai testi Veda, e la loro produzione cominciò secoli prima del buddhismo. La terza fase della formazione dell'induismo è segnata dall'accoglienza della religiosità indigena (400 a.C-1750 d.C). Gli elementi arii cominciarono a fondersi con gli elementi delle divinità locali. Da questa fusione si generano le divinità di Brahma, Vishnu (Visnu), Shiva (Siva), che sostituirono quelle vediche di Agni (dio del fuoco), Vayu (il respiro divino che fa vivere il mondo) e Surya (il dio Sole). Un aspetto forte di questa fase è la bhakti (partecipazione), cioè la partecipazione, il coinvolgimento di tutto l'essere, verso il divino, in stato di affezione amorosa. La bhakti era già presente in inni Vedici, ma venne esplicitata e sviluppata nella Bhagavad-Gita. Esistono ora sei scuole di pensiero (darshana; punto di vista), che si presentano come interpreti del materiale del periodo Vedico. Ogni darshana è ritenuta ortodossa e sostanzialmente converge con le altre, pur presentando diverse accentuazioni interpretative del materiale vedico. La società indù riposa su quattro caste (jati) o varna (=colori), dopo che Gandhi ha soppresso la categoria dei fuori-casta (paria). La legge del karma plasma la struttura della società induista, attraverso il sistema delle caste. Tale sistema è stato ufficialmente abolito nel 1955, ma rimane un fatto esercitato nella pratica. L'appartenere ad una casta o meno è il frutto di una vita antecedente. Le caste (varna) sono rigidamente definite, non essendo possibile il passaggio dall'una all'altra. L'assoluta preminenza è data alla casta dei sacerdoti (brahmani), poi dei guerrieri (ksatriya), poi dei lavoratori qualificati (vaisya). Sotto queste tre caste sta la casta inferiore dei lavoratori servili (sudra), infine, a quella disprezzata come impura degli intoccabili, dei fuoricasta (candala), nati dall'unione illecita tra una donna di casta brahmanica e un uomo di casta servile. Riguardo al cammino di liberazione dal karma, il bramano deve percorrere con scrupolo le quattro tappe della vita (ashrama). Nella prima tappa, durante la formazione giovanile, deve essere assolutamente casto. Poi, sposatosi, deve ottemperare ai suoi doveri di padre di famiglia fino alla vecchiaia. Poi, si ritirerà nella foresta alla ricerca della liberazione dal karma. Quindi, dovrà raggiungere l'ultima tappa che è quella di conseguire una condizione simile a quella dei sannyasin, gli asceti radicali. Buddha apparteneva alla casta dei guerrieri e la sua reazione ai brahmani lo pose tra gli eretici, sebbene non toccasse il pantheon vedico. Poi, in seguito, il Buddha venne integrato nel brahmanesimo, che lo considerò uno degli avatara del dio Vishnu. Ogni casta ha tutta una serie di sottocaste, così che complessivamente in India si hanno alcune migliaia di caste.
11. Il Volto Santo nell’iconografia dell’Oriente cristiano, in Icone. Mistero del Volto di Cristo, Biblos Edizioni Cittadella (PD) 2007, pp. 49-188
La Panarie. Rivista di cultura friulana, n°185, giugno 2015, pag. 35-49 (Bozza di stampa)
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XVI Congresso Nazionale IGIIC – Lo Stato dell’Arte – Castello del Buonconsiglio, Trento, 25-27 ottobre 2018, 2018
Cahiers d’études italiennes, 2009