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Parlare della profezia e Savonarola o, meglio e più giustamente, di Savonarola "profeta", come lui stesso si sentiva e definiva, implica di necessità dover tenere conto del fatto che la questione non consiste nel parlare di un maestro in teologia che discute delle caratteristiche teorico dottrinali del sapere profetico, ma significa, piuttosto, parlare di qualcosa di più e, nello stesso tempo, di meno; ed è un punto che non va dimenticato, se si vuole comprendere sino in fondo l'avventura umana, spirituale e filosofica del frate ferrarese 1 . Qualcosa di più, perché in lui la teoria si completa e realizza nella pratica e nella vita quotidiana, in un rapporto continuo con il presente, con il processo storico in cui si trova ad operare e nel quale agisce ed è agito, e quindi ci troviamo di fronte ad azioni politiche economiche e religiose, non ad "argumentationes" e "responsiones".
Se poi l'anima si muoverà verso l'alto, sarà fuoco, se verso il basso terra, poiché i movimenti di tali corpi sono appunto questi.[…] Ma se è così, corrisponderà al vero affermare, reciprocamente, che con quel movimento con cui si muove il corpo, si muove pure l'anima. Aristotele, L'anima, A 3, 406 a 29-406 b 1
Dante e l'origine dell'anima umana 1. L'anima, per l'Alighieri, è forma del corpo, come si legge in vari luoghi: p. es. Conv. III VI 12 («la sua forma») oppure Inf. XXVII 73 (Mentre ch'io forma fui d'ossa e di polpe) o Purg. XVIII 49-50 (Ogne forma sustanzïal, che setta | è da matera ed è con lei unita). L'unità dell'anima si deve al fatto che in essa «la divina virtude tre nature congiunse», quella delle piante, degli animali e dell'essere razionale (Conv. III VIII 1). L'uomo non può esser costituito nella sua specie o perfezione ultima, dall'essere semplicemente o misto, o animato, o sensitivo, perfezioni che ha comuni con le altre specie di enti, ma dalla perfezione importata nell'anima dell'intelletto possibile, ultimo grado della sua potenza. «Dico ergo quod nulla vis a pluribus spetie diversis participata ultimum est de potentia alicuius illorum; quia, cum illud quod est ultimum tale sit constitutivum spetiei, sequeretur quod una essentia pluribus spetiebus esset specificata: quod est inpossibile. Non est ergo vis ultima in homine ipsum esse simpliciter sumptum, quia etiam sic sumptum ab elementis participatur; nec esse complexionatum, quia hoc reperitur in mineralibus; nec esse animatum, quia sic etiam in plantis; nec esse apprehensivum, quia sic etiam participatur a brutis; sed esse apprehensivum per intellectum possibilem: quod quidem esse nulli ab homine alii competit vel supra vel infra. Nam, etsi alie sunt essentie intellectum participantes, non tamen intellectus earum est possibilis ut hominis, quia essentie tales speties quedam sunt intellectuales et non aliud, et earum esse nichil est aliud quam intelligere quod est quod sunt; quod est sine interpolatione, aliter sempiterne non essent. Patet igitur quod ultimum de potentia ipsius humanitatis est potentia sive virtus intellectiva» (Mon. I III 5-8).
Cinque letture antropologiche del culto e delle immagini di Santa Marina nel Basso Salento, Estratti da "Annu novu Salve vecchiu", 11-15-16-17-18, 2000-2014
Anima dell'Acqua, 2009
Stefano Salzani, L'acqua nelle sacre scritture abramitiche Giovanni Ibba, "La parola del Creatore aleggia sopra le acque" Gianfranco Ravasi, "Sor' acqua... utile et umile et pretiosa et casta"
Status Quaestionis, 2017
The article is intended to show the gap between two characters’ interior life in Mastro-don Gesualdo. Giovanni Verga and Guido Mazzoni agree that Gesualdo’s subjectivity is never rendered in the novel while Isabella’s “soul” is revealed through a monologue/soliloquy. Their theses are disproved on the basis of textual evidence: on one hand, the father is represented thinking, on the other hand, his daughter hardly ever speaks with herself. Subjectivity is not conveyed by a specific technique but by a particular style that is related to a certain sensibility and corresponds to a social class.
«I confini dell’anima, andando, non li troverai, neanche se percorrerai tutta la strada; così profondo è il logos che le appartiene» (frammento 45). Eraclito non afferma che l’anima sia sconfinata, al contrario l’anima ha dei confini, ma solo un sapere superiore può afferrare il senso compiuto della vita. Il senso della vita è pieno al suo termine e tuttavia colui che arriva a questo confine non è in grado di afferrarlo per il semplice fatto di essere arrivato in fondo alla strada. Proprio come non è a sua disposizione l’inizio della vita o della strada in cui è introdotto non certo per sua iniziativa. Il senso della vita, o i confini dell’anima, si potranno conoscere unicamente da uno stato e da una prospettiva che trascendono la vita umana particolare.
Chi è la Signora delle Rocce? Così viene chiamato nel 1052 il nume tutelare di un remoto villaggio dell'alta Provenza, la cui dimora sorge tra i bastioni a picco sul minuscolo centro abitato. Cinque fonti di acqua pura sgorgano da sempre nella stretta valle del ranvin d'Anguire e si gettano in uno dei torrenti che danno vita al meraviglioso spettacolo naturale delle Gorges Du Verdon, non prima però di aver alimentato le fontane e i lavatoi del paese, zampillando qui e là tra le case accarezzate dal sole.
Antichistica, 2019
Con il patrocinio di Comune di Oderzo Con il contributo di Comitato scientifico Marianna Bressan Annamaria Larese L'anima delle cose rappresenta il completamento del progetto culturale dedicato alla valorizzazione delle collezioni permanenti di Oderzo Cultura, dopo la mostra inaugurale dedicata al nostro Alberto Martini e alla successiva consacrata al maestro Tullio Vietri. È un racconto fatto di oggetti di vita che, come il titolo poeticamente suggerisce, hanno assunto l'anima delle persone che proprio in vita li hanno posseduti, usati, amati. Corredi provenienti da contesti funerari, capaci oggi di regalarci segni e immagini del vivere quotidiano dell'antica società opitergina, del suo tessuto sociale ed economico. Un viaggio nel tempo, per vedere alcuni degli oggetti abituali delle giornate dei nostri avi: basterà chiudere gli occhi per immaginare un bambino giocare con il proprio piccolo cavallo in terracotta, una donna ammirarsi in uno specchio di bronzo, un saggio scrivere su pergamena. Ed è proprio all'intera società che questa mostra si rivolge, con una voluta attenzione ai giovanissimi, che rappresentano il nostro futuro e a cui è fondamentale trasmettere la conoscenza delle nostre origini, come caposaldo per immaginare, progettare e migliorare l'avvenire. Il progetto L'anima delle cose, prospettato dall'attuale Consiglio di Gestione, nasce nel 2018 dalla collaborazione tra Oderzo Cultura, la Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per l'area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso e il Polo Museale del Veneto, con la costituzione di un Comitato scientifico, composto dalla conservatrice del Museo Archeologico di Oderzo e dai funzionari della Soprintendenza che negli anni hanno coordinato e sovrinteso alle diverse campagne di scavo. Il contributo di questi attori, a cui va il vivo ringraziamento di Oderzo Cultura, ha permesso di individuare, tra le centinaia di tombe portate alla luce dagli scavi, un nucleo di novantaquattro corredi, che sono rappresentativi sia per tipologia di rituale e arco cronologico, che per distribuzione topografica e materiali associati. La mostra rappresenta un modello di collaborazione e di sinergia tra pubblico e privato che si è sviluppato nel corso del tempo. Dalle indagini archeologiche, effettuate tra il 1986 e il 2013, dall'allora Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto, ai successivi restauri eseguiti grazie ai finanziamenti del Comune di Oderzo e della Regione del Veneto, al catalogo edito da Edizioni Ca' Foscari, e infine alla stretta collaborazione tra Oderzo Cultura, la Soprintendenza e il Polo Museale del Veneto. Esprimo inoltre il più vivo ringraziamento all'intero Consiglio di Gestione di Oderzo Cultura: al vicepresidente Giovanni Battista Lorenzon, ai consiglieri Anna Alemanno, Matteo Negro e Alberto Pessa, per aver sostenuto questo progetto culturale, al sindaco del Comune di Oderzo, Maria Scardellato per l'insostituibile supporto, alla Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per l'Area Metropolitana di Venezia e le Province di Belluno, Padova e Treviso, il Polo Museale del Veneto, al Comitato scientifico per il fondamentale contributo scientifico, alla conservatrice del Museo Archeologico Eno Bellis di Oderzo Marta Mascardi per la professionalità dedicata nel tradurre l'idea progettuale in un percorso espositivo. E infine, ma non certo per ordine d'importanza, a tutti i soggetti privati e agli imprenditori che-profeti mecenati-hanno intuito da subito le potenzialità del nostro progetto e hanno voluto contribuire alla sua realizzazione in un'ottica di crescita culturale e sociale del territorio e del ruolo di Oderzo Cultura. Carlo Gaino Presidente di Oderzo Cultura L'anima delle cose. Riti e corredi dalla necropoli romana di Opitergium è una iniziativa organizzata da Fondazione Oderzo Cultura in collaborazione con gli Istituti del Ministero operanti sul territorio, la Soprintendenza e il Polo Museale, che vede per la prima volta esposti importanti corredi rinvenuti nel corso di ricerche pluridecennali. Viene finalmente restituito alla collettività un patrimonio di conoscenza sull'antica città di Oderzo: le testimonianze archeologiche fanno riferimento agli usi funerari ma al tempo stesso sono significative della vita che si svolgeva in questo importante centro della X Regio imperiale. Un importante tassello per ricostruire la storia del territorio. Un vivo ringraziamento alla Fondazione Oderzo Cultura per il sostegno a questa iniziativa e a tutti i colleghi che nel tempo hanno lavorato affinché potesse essere data divulgazione di questi importanti risultati tra il pubblico, in primis agli opitergini di oggi e a coloro che visitano la città. Daniele Ferrara Direttore del Polo Museale del Veneto L'anima delle cose. Riti e corredi dalla necropoli romana di Opitergium a cura di Marta Mascardi e Margherita Tirelli
2018
giuseppe lotti marco marseglia "Ogni giorno il razionalismo cerca di sostituire gli automatismi ai riti. Tende a limitare alle zone più facili il dominio delle forze della natura. […] al di là delle istruzioni per l'uso, gli strumenti e le cose sono, nella vita degli uomini, i mezzi con i quali essi compiono o cercano di compiere il rito della vita e se c'è una ragione per la quale esiste il design, la ragione -l'unica ragione possibile -è che il design riesca a restituire o a dare agli strumenti e alle cose quella carica di sacralità per la quale gli uomini possano uscire dall'automatismo mortale e rientrare nel rito" (Ettore Sottsass, 1962). L'anima delle piccole cose nel lavoro degli ex studenti del Corso di Laurea in Disegno Industriale e Magistrale in Design dell'Università di Firenze.
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Materiali di Estetica , 2019
"Rivista di ascetica e mistica", 2012
"Vedi lo sol che 'n fronte ti riluce", 2019
Studia Romanica Posnaniensia
Via nova. QSIM 14 (2022): 305-320, 2023
in B. Bonato (a cura di), Come la vita si mette al lavoro. Forme di dominio nella società neoliberale, Mimesis, Milano-Udine, 2010
Ricerche di Pedagogia e Didattica. Journal of Theories and Research in Education, 2017