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2009, Studi sulla Formazione
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Signorine o signore, sconosciute o d'eccezione, hanno un comune denominatore nella storia italiana dell'Ottocento e del Novecento: sono state e sono indiscusse pizie della civiltà dell'alfabeto.
2019
ringraziamo, in particolare Paride Berardi il quale, per primo, definì già nel 1980 l'importanza delle maioliche quattrocentesche di Pesaro). Questo libro, dunque, può sembrare superfluo, in realtà, mossi soltanto da grande amore per la nostra città e per la sua storia, in particolare per quella degli Sforza, pensiamo di avere fatto cosa utile e gradita per il lettore che troverà così un testo agevole, scevro da disquisizioni tecniche, con un ricco apparato iconografico e una nutrita bibliografia. È noto da secoli che gli Arabi appresero dai Bizantini, e forse anche direttamente dai Cinesi (o attraverso i Persiani), la tecnica della ceramica invetriata o maiolica, cosiddetta dall'isola di Maiorca, anticamente Maiòrica o Maiòlica, dai cui porti le navi trasportavano in tutto il Mediterraneo la preziosa mercanzia, prodotta principalmente nelle città arabe dell'Andalusia: Valencia, Granada (vasi Alhambra), Murcia, Almeria e Malaga, che diffusero poi in tutto il mondo arabo. Le terrecotte, prima di una seconda cottura, venivano verniciate con un impasto liquido di polvere silicea finissima e di ossido di stagno (terrecotte smaltate) che conferiva alla superficie un bel colore bianco, sul quale erano dipinti motivi ornamentali con colori resistenti al fuoco a base dei già noti ossidi metallici di manganese, rame, ferro, cobalto, antimonio. La cottura nel forno conferiva al prodotto un rivestimento vitreo smagliante, nel quale erano incorporati i colori che, alla magia del fuoco, assumevano nuove e accese tonalità. Dai centri più antichi dell'Iran e della Siria (Damasco) la produzione di ceramica araba, dal tipico "lustro" color oro cangiante in giallo e in verde ottenuto con tecniche a lungo segrete, si diffuse ad Alessandria d'Egitto e al Cairo, dove fiorì sotto le dinastie dei Tulunidi (868-905) e dei Fatimidi (969-1171). Caratterizzate dal divieto di rappresentare figure umane o animali, per non cadere nel rischio dell'idolatria, le ceramiche arabe erano per lo più decorate con "arabeschi", cioè con girali e tralci di foglie e fiori oppure con figure geometriche o con penne di pavone sovrapposte. In alcuni casi il decoro era graffito, cioè inciso sulla stesura del colore in modo di fare emergere l'argilla sottostante. L'incisione veniva poi riempita di colore e il vaso era verniciato al piombo e cotto. In altri casi era usata la tecnica del graffito sotto vernice, cioè le incisioni decorative venivano fatte sul vaso già cotto una prima volta, seguiva un'invetriatura con vernice piombifera trasparente o eventualmente colorata in turchese, blu, bruno, giallo o verde, poi una seconda cottura (bis-cotto) che produceva una vernice vetrosa sopra ai graffiti. Con la conquista araba della Spagna le ceramiche invetriate si diffusero a Granada e Valencia, poi, nel sec. XV, nelle province cristiane confinanti dell'Aragona e della Catalogna (Barcellona). Le maioliche ispano-moresche invetriate e con i riflessi metallici degli ossidi, resi luminescenti e rigenerati dal fuoco, conquistarono il gusto raffinato degli Italiani del primo Rinascimento, dapprima nelle Repubbliche marinare di Venezia, Genova e Pisa poi nel resto della penisola. In particolare dalla Spagna moresca l'arte della maiolica passò, a partire dal '400, in Toscana (Siena, Pisa), in Umbria (Orvieto), in Romagna (Faenza, Forlì, Ravenna, Rimini) e nelle Marche (Pesaro), diffondendosi in seguito nei vari centri della penisola e assumendo caratteristiche diverse secondo i luoghi. La città di Pesaro, quindi, nella seconda metà del Quattrocento, durante il felice governo degli Sforza, fu coinvolta dal "miracolo" della maiolica e divenne ben presto uno dei centri di produzione più prestigiosi. Decisivo fu il ruolo di patrocinio operato dai Signori del luogo (Alessandro, Costanzo e Giovanni Sforza), per questo ne parliamo in questo volume della collana "Storie degli Sforza pesaresi", inserendo la maiolica nel più ampio quadro del mecenatismo sforzesco e nella loro opera illuminata di promozione dell'economia di una cittadina di 10.000 abitanti come la Pesaro di allora.
La Rucola, 2019
La storia perduta… la Pizia, Apollo, il pitone e Pitino. Pitone è un personaggio della mitologia greca, figlio di Gea, nato dal fango della terra dopo il diluvio universale. Era un drago-serpente enorme, custode dell'oracolo di Delfi, e forse la sua figura mitica ha la stessa origine del serpente del giardino dell'Eden. Morì durante un combattimento contro il dio Apollo, che si impossessò così dell'oracolo e diede alla sacerdotessa il nome di Pizia o Pitonessa, guadagnandosi lui stesso l'appellativo di Apollo Pitico. Nella pianura Crissea presso Delfi, si svolgevano ogni 4 anni i giochi pitici (Pythia) consistenti in gare di poeti, di musici, di ginnasti, gare equestri, e al vincitore come premio veniva cinto il capo con una corona di alloro. A Roma invece, l'imperatore finanziò la costruzione del tempio di Apollo Palatino, sul colle omonimo dove si conservava la raccolta dei libri Sibillini, i famosi oracoli. Invece in Anatolia, venerato da Ittiti e Hurriti, c'era un importante dio di nome Aplu, lo stesso nome che ritroviamo in una divinità etrusca. Il culto di Apollo/Aplu
Rationes Rerum, 2016
Le istituzioni attribuite ad Alba Longa nelle fonti letterarie ed epigrafiche
Carrellata espositiva sui reperti araldici presenti nel Lapidario del Museo Civico di Foggia
premessa. Come indicato dal sottotitolo, quest'ultimo libro di Margherita Guarducci, parlando dei misteri dell'alfabeto, intende trattare (ed effettivamente tratta) principalmente dell'enigmistica degli antichi cristiani, vale a dire della particolare forma che questi 'misteri' assunsero in ambito cristiano, soprattutto tra fi ne II e VI secolo, e principalmente a Roma. Non sfugge, però, all'Autrice che tanto più essi possono risultare 'plausibili' e comprensibili, quanto più se ne possa dimostrare l'inserimento in una storia dalle radici remote e l'appartenenza ad una rete di tradizioni, rapporti e rielaborazioni culturali assai larga. Come spesso capita, i precedenti di un fenomeno storico non sono meno importanti del fenomeno stesso. Ed è su questi precedenti che mi fermerò brevemente, lasciando ad altri di trattare il problema dell'enigmistica cristiana vera e propria.
L'ABC di un Impero: iniziare a scrivere a Roma, 2019
Simona Antolini L'acculturazione alla rovescia: la ricezione delle realtà locali in alcuni documenti amministrativi di età repubblicana e protoimperiale Fulvia Mainardis
Kinetès, Rivista di Arte, Cultura e Governance del Patrimonio culturale, 2021
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L.Breglia, A.Moleti, M.L.Napolitano, Ethne, indentità e tradizione. La "terza" Grecia e l'Occidente, 2011
"EGIPCII ET CHALDEI ME INVENERE": UNA STORIA DELLA FILOSOFIA IN UN'IMMAGINE DI ALBRECHT DÜRER, 2013
ΚΑΛΛΟΣ ΚΑΙ ΑΡΕΤΗ. BELLEZZA E VIRTU'. Studi in onore di Maria Barbanti, a cura di R.L. Cardullo e D. Iozzia, Bonanno, Acireale-Roma 2014, pp. 844, ISBN 978-88-96950-18-0, 2014
Vicino e Medio Oriente XVI 2012
BAR Publishing eBooks, 2019
Orientalia Christiana Periodica 84/2, 2018
Quaderni del Museo Civico Archeologico di Orte, 2021