Sono molteplici le ragioni che spingono ad analizzare ancora oggi ad inizio XXI secolo e, forse, più che mai oggi, il tema della selezione sociale nelle scuole italiane e, nella fattispecie, in quelle del nostro capoluogo. Il dilagare della società dell'informazione, soprattutto qualche ventennio addietro, era carico di aspettative e di illusioni che portavano a sperare che il sapere dei cittadini delle varie nazioni sarebbe stato sempre meno necessario, poiché i computers, le nuove macchine intelligenti, avrebbero gradualmente ma inesorabilmente sostituito le nostre competenze, avrebbero lentamente soppiantato la vecchia intelligenza umana, lasciandoci soltanto il compito di godere dei benefici di una società produttivamente autonoma. Unitamente a questa chimera, è stato anche rotto, soprattutto per noi europei e, nello specifico per noi italiani, quel bozzolo economico entro il quale pensavamo di poter rimanere racchiusi per sempre, nella pia illusione che nel resto del mondo, ad eccezione ovviamente degli Stati Uniti, le cose non sarebbero mai cambiate, produttivamente ed economicamente parlando, e noi avremmo sempre trovato la nostra privilegiata nicchia di mercato, senza eccessivi investimenti nella ricerca e nella competitività reale. Infine, l'ultima allucinazione, tipicamente italiana, è connessa alla infondata idea che la democrazia non abbia le caratteristiche della processualità ma della staticità. In breve, si è creduto che la democrazia fosse una sorta di comtiana tappa storica, la quale, una volta raggiunta, non sarebbe mai venuta meno. Queste tre fate morgane stanno lentamente dissolvendosi davanti ai nostri increduli sguardi, secondo un processo irreversibile, lasciandoci l'ingrato ma necessario compito di trovare nuove vie per far fronte alle nuove sfide che il corso storico ci pone. Vediamo perché. La vecchia idea secondo la quale la nuova società dell'informazione ci avrebbe sempre più affrancati dalla fatica e resi protagonisti nel godimento dei beni ottenuti dallo sfruttamento delle nuove intelligenze informatiche si è rivelata totalmente errata, poiché si è riconosciuto, in maniera acclarata, che i nuovi strumenti telematici e informatici ci consentono di fare molte più operazioni lavorative rispetto al passato, aumentando dunque la nostra produttività sia da un punto di vista qualitativo (diversità ed eterogeneità delle funzioni svolte) sia da un punto di vista quantitativo (incrementata produttività in termini di numero di operazioni svolte in una fissata unità oraria). Il personale si sente oberato dagli impegni e dalla accresciuta mole di lavoro e soltanto una capacità organizzativa e pianificatrice che consenta una razionalizzazione del proprio lavoro mette la nostra intelligenza in grado di affrontare la quotidianità, senza venirne schiacciata. Inoltre, la società dell'informazione ha accresciuto a dismisura la quantità di dati, notizie e informazioni che siamo in grado di rintracciare dalla nostra postazione geograficamente limitata, ma nessuno avrebbe pensato che tale mole di dati avrebbe dovuto essere interpretata. Rimane così adesso compito degli educatori quello di fornire spiccate capacità di sintesi e di strategie euristiche, sì da poter manovrare questi dati in maniera non meccanica. Infine, la velocità di innovazione dei pacchetti software e degli strumenti tecnologici aprono nuovi segmenti produttivi, permettendoci di operare in settori prima impensabili, ciò ci costringe, però, a continui aggiornamenti professionali senza i quali rischieremmo di vederci tagliati fuori dal mondo della produzione. Quest'ultimo fenomeno era stato previsto negli anni '50 dal sociologo Mannheim, ed è oggi parte integrante della routine lavorativa e più notoriamente denominato col nome anglosassone di " lifelong learning. " Ma come emerso da altri studi sulla formazione on job, l'aggiornamento deve innestarsi su alcune competenze e capacità di base che, generalmente, nascono durante il percorso scolastico. Comprendiamo in tal modo che senza tale background i futuri lavoratori e dunque migliaia di ragazzi e ragazze di oggi, tagliati fuori dal percorso scolastico o non adeguatamente formati, saranno marginalizzati da ampi settori produttivi e condannati a svolgere