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STORIA: successione di eventi probabili dal punto di vista scientifico. Nel mondo ebraico designava il racconto del rapporto tra Dio e il popolo ebraico. Secondo il senso moderno e occidente, derivato dal mondo greco , Historia, ovvero ricerca dei fatti avvenuti seguendo una successione cronologica. CRISTIANESIMO: s'intende la religione monoteista derivata dall'ebraismo e fondata sugli insegnamenti di Gesù Cristo. Oggi non esiste una sola Chiesa cristiana, ma una molteplicità di Chiese che hanno in comune la fede nella persona della Trinità e che si rifanno agli insegnamenti di Gesù tramandati dai Vangeli. La separazione di origine delle Chiese cristiane dalle altre è dovuta a motivazioni di volta in volta differenti. STORIA DELLE CHIESE CRISTIANE Caratteristiche delle Chiese cristiane è la fede nelle 3 persone della Trinità. CHIESE OCCIDENTALI: CHIESA CATTOLICA il cui punto di riferimento è il Papa; CHIESE NATE DALLA RIFORMA le quali vengono designate protestanti dalla visione cattolica. CHIESE ORIENTALI: CHIESE ORTODOSSE, in realtà non esiste una vera e propria Costantinopoli. ANTICHE CHIESE ORIENTALI: si rifanno ad alcune eresie, non si differenziano dalle altre ma sono opposte tra di loro. MONOFISMO: i loro sostenitori ammettono l'unità della natura di Cristo, ovvero la presenza di una sola volontà, quella divina. NESTORIANESIMO: i loro sostenitori separano in Cristo la natura umana da quella divina. Ritengono che Gesù in croce soffrì da uomo e non da Dio. CULTI DI ORIGINE CRISTIANA: TESTIMONI SI GEOVA e MORMONI. Sono nate successivamente e hanno modificato alcune parti del testo cristiano. CULTI ORMAI ESTINTI: ARIANESIMO, ERESIA DEGLI ALBIGESI O CATARI.
Preistoria del cristianesimo - la radice sciamanica delle religioni , 2021
Dallo sciamanesimo al cristianesimo - la meravigliosa avventura del pensiero magico dell'homo e della femina sapiens
. Se Dio ritrae lo spirito vitale, ecco che gli uomini tornan,o alla polvere, dalla quale provengono ; e se egli dà lo spirito, ecco che essi risorgono e Dio rinnova il volto della terra (Sal. 104, 29 seg.). J ahvè, nostro padre sei tu, noi siamo l'argilla, tu il nostro artefice tutti noi siamo opera· delle tue mani (Is. 64, 7). Così la fede nella creazione significa abbandonarsi totalmente a Dio: Guai a chi contende col suo creatore, egli rottame fra i rottami dei vasi di terra! Anche l'argilla dirà al vasaio : « Che fai? » e l'opera sua: « Non hai mani? » Guai a colui che dice a suo padre: « Perchè hai generato? » e a sua madre: « Perchè partorisci? » . Così dice J ahvè, il santo di Israele e suo creatore: «Voi pretendete d'interrogarmi str .ciò che vérrà e darmi degli ordini a proposito dell'opera delle mie mani? . lo ho fatto la ,terra e gli uomini su di essa, ·io, le mie mani hanno spiegato i cieli . e comandai a tutto il loro esercito » (Is. 45,(9)(10)(11)(12). E così parla il credente : « Le tue mani mi hanno fatto e formato--Ammaestrami in modo che io apprenda i tuoi comandamenti» (Sal. 119, 73). L'uomo dunque davanti a Dio non è, nulla, 5 e il profeta ode la voce: « Predica: ogni carne è come erba e tutto il suo splendore è come il fiore del campo. L'erba si secca, il fiore appassisce perchè il soffio di J ah v è vi è passato sopra ... 12 L'eredità dell'Antico Testamento L'erba si secca, il fiore appassisce, ma la p11-rola del nostro Dio dura in eterno » (Is. 40, 6-8). Ma questa fede ispira . anche fiducia e gratitudine. « Se io guardo il cielo, opera delle tue dita, luna e stelle che vi hai disposto,che cosa è l'uomo che tu ti sia ricordato di lui, il figlio dell'uomo, che tu gli abbia rivolto il tuo sguardo! 18 L'eredità dell'Antico Testamento prattutto conoscenza di ciò che Dio esige. La sapienza di Israele è sapienza di proverbi. La sua proposizione fondamentale è: sapienza è timor di Dio. · Il timore del Signore è l'inizio della conoscenza, gli stolti disprezzano sapienza e istruzione (Prov. l, 7). Il timore del Signore è la scuola della saggezza e l'umiltà va avanti all'onore (Prov. 15, 33). Il profeta ammonisce a coltivare il timor di Dio : Santificate J ahvè degli eserciti! Egli sia il vostro timm·e, egli sia il vostro terrore, {ls. 8, 13). Analoga è l'aiQ.monizione della Legge: Dovete segui1·e Jahvè, vostro Dio, lui dovete temere, i suoi comandamenti dovete osservare e ascoltare la sua voce. Lui dovete servire, a lui tenervi stretti (Deut. 13, 5). E Dio promette attraverso il profeta: « Voglio dar loro un altro cuore e un'altra via, perchè mi temano sempre ... V o gli o mettere nel loro cuore il timore di me, perchè non si allontanino da me» (Ger. 32, 39 seg.) . . Questo timor di Dio non. è paura, esso anzi libera l'uomo proprio dalla .paura, dandogli un senso di sicurezza. È il rispetto che si inchina alla volontà di Dio, che ci si presenta nei suoi ordini non meno che nel destino. L'uomo per l'appunto non deve aver timore davanti a Dio. «Non aver paura, chè io ti ho redento. Ti ho chiamato per nome; sei mio» (ls. 43, l). Dio e il mondo se non mangia,re e bere e darsi al bel tempo in mezzo alle fatiche (2, 24). Mangia con gioia il tuo pane bevi il tuo vino con cuore lieto ... porta sempre vesti bianche e non far mancare olio al tuo capo, godi la vita con la donna che ami 23 per tutti i giorni vani che ti sondati sotto il sole (9, 7-10). Se una tale rassegnazione si avvicina all'ateismo pratico, l'estremo opposto appare invece nel libro di Giobbe. Qui, nella dura lotta con questo problema, la risposta che viene trovata consiste nella tacita sottomissione alla volontà di· vina la cui sapienza trascende ogni umana comprensione. Di fronte agli amici che insistono a sostenere che le soffe· renze di Giobbe devono essere la punizione per una sua colpa, egli persiste nella coscienza della propria innocen• za e si avvede con raccapriccio che Dio gli fa violenza. Se anche avessi ragione, non troverei ascolto, dovrei invocare la grazia del mio avversario. Se lo invocassi -mi risponderebbe? Non crederò mai ch'egli mi ascolti. Egli che ìni piomba addosso nel frastuono della tempesta, mi infligge tante ferite senza motivo; che non mi lascia mai riprendere fiato, no, che mi sazia d'amarezza. Se si tratta della forza del più forte, -lui ne ha! e se si tratta del diritt9 -chi lo citerà in giudizio?. Se anche ho ragione, -la mia bocca mi condanna; se anche sono innocente -egli mi dichiara colpevole (9,(15)(16)(17)(18)(19). Ma non trova pace; deve esigere giustizia da Dio, -non la sua ricompensa, ma il riconoscimento. No, all'Onnipotente voglio parlare, contendere con Dio, questo è il mio desiderio (13, 3). 24 'L'eredità dell'Antico Testamento Dio è grato ,ad avvocati che vogliano dimostrare il diritto di Dio affermando che Giobbe è in colp,a! Dite il falso per amore di Dio? In suo favore sostenete l'inganno? Prendete partito per l'Onnipotente? Sostenete la causa di Dio con le menzogne? (13, 7 seg.). Le vostre sentenze sono sentenze di cenere, è di argilla ciò che voi replicate. Ma tacete dunque e fatemi parlare, mi succeda quel che mi deve succedere! Prenderò la mia carne fra i denti e. metterò l'anima mia sulle mie mani! ·che mi uccida! Non ho niente da sperare! Solo la mia condotta esporrò davanti a lui (13, 12-15). O sapessi dove poterlo trovare, . potessi giungere al suo trono! Esporrei la mia causa davanti a lui e riempirei la bocca di prova, conoscerei le parole che mi replicherebbe, sentirei le parole che mi direbbe. Lotterebbe con me con tutta la sua forza? Oh no! mi presterebbe attenzione. Li disputerebbe con lui un uomo retto, e io finalmente mi libererei del mio giudice (23, 3-7). Prega Dio di consegnargli il suo atto di accusa per poterne dimostrare l'inconsistenza. Veramente, io lo porterei sulla spalla, me lo cingerei come un diadema intorno alla fronte! Gli renderei conto di ciascuno dei miei passi e lo affronterei arditamente come un principe! (31, 36 seg.). Dio accetta la sfida; appare a Giobbe e risponde. Risponde chiedenc:lo a Giobbe: Dio e il mondo Dove eri quando io fondavo la terra? Dillo, se hai tanta intelligenza! Chi ne fissò le dimensioni, se tu lo sai? Chi vi ha teso sopra la corda· per misurarla? ... L'avversario dell'Onnipotente si ritirerà, adesso; colui che censura Dio, ha da replicare? Vuoi annientare il mio giudizio, condannarmi per_ giustificare te stesso? Hai tu un braccio come quello di Dio, o una voce che tuoni come la sua? Adornati pure di superbia e grandezza, rivestiti di splendore e màestà! ... Allora anch'io ti riconoscerò, -~ perchè la tua destra t'avrà dato la vittoria 25 (40, 4 seg. 8-10. 14). Giobbe ammutolisce davanti a lui: Sì, sono stato precipitoso, che cpsa potrei rispondere? Mi metto la mano sulla. bocca; ho parlato una volta, ma non risponderò di nuovo, una seconda volta, ma non lo farò più. Ho riconosciuto che tu sei onnipotente e che nessun tuo pensiero è irrealizzabile. Sì, senza capire ho. parlato di cose che per me sono troppo alte e mi sono ignote. Di te . ho sentito parlare, ma ora il mio occhio ti ha visto. Perciò mi sciolgo in ,lagrime e soltanto sospiro, fra la cenere e la polvere (40, 4 seg.; 42, 2 seg., 5 seg.). Di fronte all'onnipotenza e all'imperscrutabile sapienza di Dio l'uomo deve quindi ammutolire; una risposta alla sua domanda sul senso della propria sofferenza non l'ot-· tiene. Ma gli vien detto che, come uomo, non può porre la domanda, ma si deve inchinare davanti a Dio. Il poeta ha reso evidente ciò anche inserendo ]a propria poesia 26 L'eredità dell'Antico Testamento nella cornice della vecchia storia del pio Giobbe che, quando tutto gli vien tolto, dice umilmente: « Nudo sono uscito dal corpo di mia madre, e nudo vi torno. Dio l'ha dato e Dio l'ha tolto. Lodato sia il nome di Dio!» (1, 21), e che dice alla sua donna che si lagna : « Il bene lo prendiamo da Dio e il male non lo dovremmo prendere?» (2, 10). Il libro di Giobbe è un'eccezione nell'Antico Testamento, nel senso che per il poeta l'immagine corrente della giu· stizia divina che si ~ivelerebbe nel destino dell'uomo, viene meno. Il poeta ha scoperto che anche l'innocenza deve soffrire. Eppure il poeta rimane nell'ambito della con· cezione antico-testamentaria. Egli non perde la fiducia in Dio e quanto meno riesce a comprendere la propria soffe· renza sulla base della sua idea di Dio, tanto più l'idea di Dio conserva della sua forza, anzi diventa sempre più assoluta: l'onnipotenza di Dio non ha limiti e la sapienza di Dio, nel suo apparente arbitrio, è imperscrutabile. Cosi non resta all'uomo che ammutolire. 23 In tal modo viene sviluppato fino all'estremo un motivo che di per sè rientra nella fede antico-testamentaria in Dio: la sottomissione alle imperscrutabili decisioni di Dio -una rinunzia che si può peraltro congiungere anche con la fiducia nel fatto che Dio farà sorgere un futuro di beati· tudine e proprio allorchè l'uomo avrà rinunziato a una. volontà e a dei progetti autonomi e saprà attendere Dio. Così sorge una particolare idea della fede. Credere in Dio non significa ritener vera la sua esistenza, ma aver fiducia in lui in umile sottomissione ai suoi piani, in silente attesa. Questo è il senso del canto del salmista: Ma io resto sempre vicino a te, tu mi tieni con la tua destra. tu mi guidi col tuo consiglio, incoraggi l'anima mia per questa via. Che cosa ho in cielo? Al di fuori di te non desidero niente sulla terra. Il mio corpo e la mia anima possono venir meno, J ahvè sarà in eterno la mia parte.
Il Cristianesimo è fondato sul culto di Gesù Cristo ("Gesù il Messia, l'Unto), il Figlio di Dio, l'unica autorivelazione di Dio all'uomo. Nello stesso tempo si considera Gesù come una figura storica reale, a un uomo di umile estrazione sociale che durante la vita rimase sconosciuto al di fuori dell'angolo oscuro dell'impero romano, qual era la Palestina del tempo, in cui visse e morì. Gesù, nato nel 4 a. C., alla vigilia della morte di Erode il Grande, re della Giudea, visse poco più di trent'anni, quasi senza mai uscire dalla sua terra. Gli Ebrei erano un popolo sottomesso che viveva in parte sotto il governo di principi locali nominati dall'imperatore romano, in parte sotto il diretto controllo di Roma. I sadducei, un partito sacerdotale, accettavano il dominio romano, cui questi dovevano la loro influenza. I farisei, che in seguito divennero il partito dominante, si occupavano molto meno di politica si concentravano sullo studio e applicazione della legge veterotestamentaria. Gli esseni, un gruppo di Ebrei più rigorosi, uscirono dalla società ebraica e organizzarono comunità isolate, dove potevano dedicarsi a salvaguardare la loro purezza religiosa. Molti altri Ebrei odiavano il governo romano e spesso scatenavano rivolte, che alla fine culminarono nella "Guerra giudaica" (66-73 d.C.) che li portò alla diaspora. Gli Ebrei speravano da lungo tempo nel "giorno del Signore" in cui Dio sarebbe intervenuto per salvare il suo popolo. Coltivavano la speranza in un "Messia", in un liberatore, che Dio avrebbe inviato, e tale speranza era molto viva al tempo di Gesù, anche se il suo contenuto non era affatto uniforme. Alcuni concepivano il Messia in maniera più spirituale, come una figura sacerdotale e profetica, mentre nell'aspettativa popolare, egli sarebbe stato un gran re e comandante che avrebbe sconfitto i Romani e avrebbe liberato il popolo eletto dallo sfruttatore. Quindi, poiché di quando in quando comparivano dei movimenti "messianici" incentrati su capi popolari carismatici, la Galilea era conosciuta come un terreno fertile di tali iniziative. Gesù nacque a Betlemme, in Giudea, ma fu allevato a Nazareth e svolse in Galilea gran parte della sua attività pubblica. Nonostante l'oscurità provinciale in cui viveva, la famiglia di Gesù aveva un albero genealogico onorevole. Così egli nacque a Betlemme, la città di Davide. Ma, dato l'afflusso di gente nella città causato dal censimento romano, le circostanze della sua nascita non furono certo regali. Il suo Natale è l'unione della povertà e dell'oscurità terrena con qualcosa di miracoloso che va al di là dell'umano. Questo è tipico del ritratto trasmesso dai Vangeli di Gesù, vero essere umano ma anche figlio di Dio in maniera unica. In realtà non si conosce della sua vita, dall'infanzia all'età di trent'anni, quasi nulla. Egli ricevette chiaramente una buona istruzione nelle Sacre Scritture e con ogni probabilità fu istruito in Esse nella scuola della sinagoga locale, ma non compì studi accademici e si dedicò alla professione di carpentiere.
pp.56ss., 2019
Il titolo della mia relazione recita: Giulia Balbilla, dama di corte dell’imperatore 1 Adriano e autrice di epigrammi in greco come probabile sacerdotessa, ma il titolo dovrebbe essere diverso, cioè Figure di sacerdotesse tra Paganesimo e Cristianesimo: infatti vorrei affrontare il tema della religiosità antica, in quel momento in cui Paganesimo e Cristianesimo convivevano, delineando non uno ma i ritratti di due figure femminili, scarsamente conosciute anche dagli ‘addetti ai lavori’ e di cui mi sono recentemente occupata, analizzando il loro ruolo pubblico. Queste due donne facevano parte dell’élite dell’Impero Romano e proprio questo status permetteva loro di ricoprire cariche religiose molto importanti: la più recente, Appia Annia Regilla Atilia Caucidia Tertulla, moglie giovanissima di Erode Attico, fu sacerdotessa di Demetra Chamyne a Olimpia e di Tyche ad Atene nonché importante benefattrice delle città di Corinto e di Delfi e promotrice di atti di evergetismo, come ci attestano numerose epigrafi e passi di storici. L’altra, Giulia Balbilla, dama di corte dell’imperatrice Vibia Sabina, nata a Roma, si era trasferita, dopo la morte del nonno Antioco IV di Commàgene, ad Atene .
Introduzione pag. 1 Sezione 1: Religione popolare e cristianesimo ›› 5 Capitolo 1: Religione popolare (Volksreligion) e positività ›› 5 1.1: Una religione popolare di contro alla religione positiva ›› 5 1.1.1: Religione soggettiva e religione positiva, oggettiva ›› 6 1.2: Positività e potere politico e religioso ›› 7 1.3: Religione popolare greca e critica della religione cristiana positiva: la crisi della modernità ›› 10 Capitolo 2: Le altre tematiche di Religione popolare e cristianesimo ›› 16 2.1: Cuore e fantasia: L'importanza di sensibilità e immaginazione nella religione popolare ›› 16 2.2: Influenze su Hegel a Tubinga, l'interesse per il piano fenomenico e il carattere della libertà ›› 17 Sezione 2: La positività della religione cristiana ›› 21 Capitolo 1: La positività e le sue cause storiche ›› 21 1.1: La questione della positività: in generale e in senso storico ›› 21 1.2: La positività del cristianesimo ›› 28 1.2.1: La positività del cristianesimo di Gesù ›› 28 1.2.2: La positività del cristianesimo dei discepoli di Gesù ›› 31 1.2.3: La positività della chiesa cristiana e lo stato ›› 34 1.2.4: La morale positiva ›› 37 Capitolo 2 ›› 39 2.1: Influenza e superamento di Kant a Berna e la questione ebraica ›› 39 Sezione 3: Lo spirito del cristianesimo e il suo destino ›› 43 Capitolo 1: Positività e destino ›› 43 1.1: Introduzione al concetto di destino ›› 43 Capitolo 2: Lo spirito di ebraismo e cristianesimo ›› 48 2.1: Lo spirito dell'ebraismo e il suo destino ›› 48 2.1.1: I fondatori dello spirito ebraico ›› 48 2.1.2: La legislazione, il diritto giudaico e il destino dell'ebraismo ›› 52 2.2: Lo spirito del cristianesimo e il suo destino ›› 54 2.2.1: Gesù e la sua morale ›› 54 2 2.2.2: Il destino di Gesù ›› 57 2.2.3: Il destino della comunità cristiana ›› 59 Capitolo 3: La riconciliazione del destino del cristianesimo ›› 60 3.1: L'annuncio di una nuova religione ›› 60 3.1.1: Il nucleo della vera religione ›› 64 Bibliografia ›› 66 INTRODUZIONE Questo elaborato si propone di studiare la problematica del cristianesimo in quel contesto di grande fermento intellettuale che fu la giovinezza di G.W.F. Hegel (1770-1830) negli anni compresi tra il 1793 e il 1799. I testi trattati, che più che testi compiuti sono manoscritti che Hegel non pubblicò mai, sono tutti contenuti negli Scritti teologici giovanili editi originariamente da H. Nohl nel 1907. Il primo ad esser preso in considerazione qui è Religione popolare e cristianesimo, la cui redazione avvenne tra il 1793 e il 1796. Gli scritti che lo compongono hanno come tema comune quello della definizione di una religione popolare (in tedesco Volksreligion) che contrasti quel tipo di fede che viene definito "religione positiva", ovvero basata sull'autorità e non sulla libera affermazione della moralità, sull'oggettività dei comandi invece che sulle inclinazioni particolari della persona, sulla fede invece che sull'indipendenza della ragione. La ragione, d'altronde, aspira soltanto alla moralità e alla libertà, moralità e libertà che, secondo Hegel, sono andate via via perdendosi lungo il percorso della storia europea, arrivata nella modernità al suo massimo grado di decadenza politica, in particolar modo in Germania. Al filosofo, infatti, non sfugge che dietro la vittoria della fede positiva (cioè della religione dominante dalla tarda antichità all'epoca moderna, ovvero il cristianesimo) stanno la volontà di potenza delle classi ecclesiastiche, le quali hanno rovinato lo spirito puro della religione cristiana, e il dominio delle classi politiche più corrotte, le quali hanno tratto certamente enorme vantaggio dall'umiliazione e dalla svalutazione della ragione proprie della fede cristiana dopo la morte di Gesù. Religione popolare è dunque un'esortazione all'indipendenza della ragione umana e alla sua capacità di attingere alla moralità, è un messaggio rivolto al popolo tedesco perché esca dallo stato di soggezione da cui è dominato fin nelle sue radici, rinsecchite da una religione che non è originariamente sua come quella cristiana. E', inoltre, un confronto tra due modi di intendere il religioso, quello greco e quello cristiano, tra loro irriducibili: non si può dimenticare che per Hegel, così come per altri suoi contemporanei (Schiller e
Vox patrum , 2014
Sant’Ilario di Poitiers ha vissuto in un momento storico difficile in cui, la crisi nei rapporti tra il potere politico e quello ecclesiastico si era notevolmente aggravata. Da una parte il Cristianesimo era stato riconosciuto come una religione lecita e addirittura era sempre più appoggiata dagli imperatori, dall’altra si rischiava un’interferenza inammissibile del potere civile negli affari interni della Chiesa, perché l’imperatore Costanzo, si era schierato dalla parte degli ariani. Anzi, avrebbe voluto risolvere politicamente il problema teologico imponendo le soluzioni che egli stesso considerava giuste, non tenendo conto che avrebbe minato la verità divina con i compromessi teologici. Sant’Ilario di Poitiers, insieme ad altri teologi e pastori fedeli all’insegnamento della Chiesa cattolica, reagì contro gli abusi del potere imperiale, convinto che, nei confronti del cristianesimo, gli imperatori non possono comportarsi da padroni assoluti, ossia non possono trattare la Chiesa alla stregua della religione pagana di prima. Il cristianesimo che si è imposto all’età di Costantino come una religione con i pari diritti della religione pagana. Nell’arco di 30-40 anni ha imposto un nuovo modo di parlare della religione cercando di delineare i confini della rispettiva competenza. Il concetto di religio che troviamo nel pensiero di sant’Ilario testimonia i cambiamenti radicali avvenuti in questo campo. Il paganesimo non poteva essere considerato una religione seria, nonostante lo sforzo di Giuliano Apostata di restaurarlo, perché i suoi contenuti religiosi non erano fondati sulla verità e quindi, tale religione era solo un’invenzione umana. Dall’altra parte il cristianesimo era una religione voluta e fondata da Dio stesso e a buon diritto si attribuiva il titolo di religione divina. A causa di questo la religione cristiana non ammetteva manipolazioni imperiali, ma cercava il rispetto della propria autonomia religiosa anche a livello sociale. Il cristianesimo, in quanto vera religione divina non ammette la possibilità di parlare della religione a prescindere dai criteri rivelati, ossia senza seguire la retta fede della Chiesa. La Chiesa, turbata dal contrasto con gli ariani, per mezzo di personaggi di spicco quali Ilario di Poitiers, indicava all’imperatore Costanzo il criterio di ortodossia come criterio che doveva essere rispettato da chi voleva impegnarsi per risolvere la crisi divampata. Si ravvisa da tutto ciò che il comportamento dell’imperatore nei confronti della religione non poteva essere assoluto, piuttosto il Vescovo di Poitiers, fissava il limite di ciò che è lecito e di ciò che è illecito. Se il suo comportamento non era in coerenza con la verità rivelata, difesa e protetta dall’ortodossia della Chiesa, era considerato veramente illecito, ingiusto e dannoso non solo per la Chiesa ma per tutta la società. Parole chiave: Sant’Ilario di Poitiers, il Cristianesimo, religio divina, la Chiesa.
Edizioni RL Genova, 1932
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Parallelus, 2022
Gioacchino da Fiore e la corruzione del mondo monastico nel XII secolo , 2019
Il mito nel cristianesimo. Per una fondazione metaforica della teologia, 2011
Minerva Edizioni, 2013
Anima, corpo, relazioni. Storia della filosofia da una prospettiva antropologica
I Dialoghi della Comunità con le Chiese Evangeliche e Pentecostali