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Kolvebach Cura personalis

Abstract

Una caratteristica del carisma ignaziano è di situarsi sempre in un movimento. Ignazio ama esprimere questo servendosi di comparativi: così nelle Costituzioni (Cost. 52) scrive che si deve decidere tutto "per la maggior gloria e lode di Dio nostro Signore". Forse anche troppo conosciuto, ma spesso poco compreso è l'avverbio "più" -"magis" -che spinge a desiderare e scegliere quello che "più" ci conduce al fine per il quale siamo stati creati [EE, 23]. Per conservare uno slancio spirituale e un dinamismo apostolico nel senso del "magis", Ignazio ha immesso in questo cammino verso Dio tutta una serie di tensioni che non ci consentono di fermarci o di essere soddisfatti delle mete raggiunte. Proprio da queste tensioni noi siamo spinti a fare di più, o meglio a permettere a Dio di fare di più in noi e con noi. Conosciamo bene la tensione richiesta da una vita di impegno apostolico, vissuto nella contemplazione dei misteri della vita di Cristo. Nelle Costituzioni tale tensione spicca soprattutto nella passione per l'universalità, per il mondo intero -perché "il bene quanto più è universale tanto più è divino" (Cost. 622) -mentre ci si preoccupa di inserire il proprio ministero in un bene particolare. Pensare globalmente e agire localmente: Ignazio desiderava vivere questo apostolicamente come una tensione costruttiva. In tale contesto bisogna ricordare anche la tensione, difficile da vivere, tra una povertà scelta in tutta la sua radicalità, seguendo la kenosi del Figlio, e la povertà attuale. Il Signore ci chiama a servirlo concretamente, in uno stile e in un livello di vita mai scontati ma sempre da fare e rifare. Di tutte queste tensioni dell'ispirazione ignaziana che spingono verso il "magis" fa parte anche il tema del mio intervento: la "cura personalis" ("attenzione alla persona"), una caratteristica dell'accompagnamento spirituale e insieme un elemento costitutivo nell'educazione gesuitica e nella formazione. La tensione contenuta nella "cura personalis" può essere descritta in questo modo: Ignazio ha fatto esperienza che nell'itinerario verso Dio la persona necessita di una "cura" particolare, cioè dell'aiuto di un compagno di cammino, anche se tale avventura spirituale sarà -secondo lo Spirito che è sempre rigorosamente personale -una "cura personalis". Per scoprire il significato di questa espressione ci lasciamo guidare dalle annotazioni che sono state poste all'inizio del libretto degli Esercizi Spirituali. Come dice l'espressione latina, le annotazioni sono "note", che proprio come note devono spiegare il testo scritto che Ignazio ci ha lasciato. Molto probabilmente infatti si trattava di conversazioni orali che Ignazio intratteneva con l'esercitante prima di iniziare propriamente gli esercizi. Di fatto era necessario precisare il tipo di relazione da intrattenere -la "cura" -tra Ignazio e la persona dell'esercitante. Al posto di un trattato devoto oppure di uno studio esaustivo al riguardo, Ignazio si limitava a poche note per illuminare i punti salienti. Come primo impatto, insiste sul carattere personale della "cura personalis". Anche a livello di semplice scelta dei termini, egli rifiuta ogni terminologia professionale o istituzionale; non parla di un direttore spirituale né di un animatore che si trovano davanti a un esercitante. La "cura personalis" viene espressa attraverso gli atti umani di "dare" e "ricevere", un atto di trasmissione e di conseguenza un atto di ricezione. Si stabilisce una relazione lineare tra uno che dà gli esercizi e uno che li riceve. Né il libretto né uno schema di esso danno gli esercizi. Ignazio dava il libretto scritto solo a chi aveva già fatto gli esercizi personalmente e ora necessitava dell'aiuto del testo per dare se stesso nel dare gli esercizi. Tutta la tradizione ignaziana mette in rilievo che non si tratta di trasmettere un sapere o una dottrina, di imporre un metodo o le proprie idee, ma di proporre i misteri della vita e della persona di Cristo in modo che l'esercitante possa da solo accoglierli nella