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La terra d'Israele nella tradizione rabbinica

Abstract

All'inizio dell'opera Orot Israel Rav Quq, poco prima della nascita dello stato d'Israele, quando questo argomento era di estrema attualità, scrive che Israele non deve essere considerato come qualcosa di esterno al popolo ebraico, un possesso esteriore del popolo, da intendersi come un mezzo per raggiungere l'unione della collettività e garantirne il sostentamento materiale, o persino spirituale. Israele è invece una entità unica, legata per mezzo di un legame vitale con il popolo. La stessa esistenza del popolo ebraico dipende da quella della terra d'Israele. Questo legame non è approfondibile attraverso l'investigazione razionale, ma attraverso altre categorie concettuali, proprie dello spirito ebraico. E' significativo che investigando la natura della terra d'Israele Rav Quq utilizzi una definizione tramite negazioni, propria della filosofia medievale, in particolare della ricerca di una definizione della divinità. Fra gli obiettivi polemici di Rav Quq quando scriveva queste righe vi era anche il Rav Shimshon Refael Hirsch, he riteneva che vi fosse un sentimento molto forte verso la terra d'Israele, ma nulla di più. In un altro passo Rav Quq (Iggherot Rei"àh 96) sostiene che l'esilio e la miseria del mondo derivino solamente dal fatto che non si faccia conoscere abbastanza la terra d'Israele, la sua bellezza, la sua santità ed il suo onore, e non si provveda a riparare il peccato degli esploratori, i quali avevano disprezzato la terra d'Israele. Questo è l'unico caso in cui nella Toràh per descrivere il loro peccato si utilizza il termine ribellione. Aprendo il suo commento alla Toràh Rashì spiega che il motivo per cui questa si apre con la creazione del mondo è proprio quello di giustificare l'assegnazione della terra d'Israele al popolo ebraico, visto che il Signore, avendo creato il mondo intero può destinare la terra a chi desidera. Nachmanide nel suo commento alla Toràh (Lev. 18,25) arriva persino a sostenere che l'obbligo di praticare i precetti fuori da Israele non è altro che una forma di preparazione in vista del ritorno nella terra, dove saranno obbligatori. Avraham ibn Ezra, commentando Lev. 18,26 attraverso questo ragionamento risolve anche due difficoltà non da poco, che Giacobbe sposò due sorelle ed il padre di Mosè, 'Amram, sposò sua zia. Infatti entrambi gli sposalizi, che sarebbero stati vietati in base alla normativa successiva, sono avvenuti al di fuori della terra d'Israele, uno in Charan e l'altro in Egitto. Il nome La terra d'Israele è chiamata nella Toràh Eretz Kena'an, con particolare riferimento alla terra ad occidente del fiume Giordano. Il territorio che si estende ad oriente del Giordano viene invece per lo più chiamato nella Toràh terra di Ghil'ad. La terra di Kena'an è oggetto della promessa che il Signore ha fatto ai patriarchi: "A te e alla tua discendenza dopo di te darò in possesso perpetuo la terra delle tue peregrinazioni, tutta la terra di Canaan, e sarò il loro Dio." (Gen. 17,8) Le popolazioni, sette complessivamente, che abitavano questa terra in generale sono denominati Cananei, discendendo tutte da un unico capostipite (Rashì ad Es. 13,5). Nel Midrash secondo un'opinione (Vaiqrà Rabbà, cap.17) il nome deriverebbe dall'attitudine al commercio dei suoi abitanti. Altre volte nella Toràh la terra di Israele viene denominata "la terra", senza ulteriori attribuzioni, da intendersi come terra speciale (Torat Kohanim). Nei libri profetici, oltre che terra di Kena'an, viene spesso utilizzato il termine "terra di Israele", che sarà poi utilizzato prevalentemente, assieme al termine "terra", dai Maestri della tradizione rabbinica, in contrapposizione alle altre terre, denominate "chutza la-aretz" (all'infuori della terra) o eretz ha-'ammim (terra dei popoli). Questo fenomeno mostra bene quale sia l'approccio dei Maestri nei confronti della terra d'Israele: per loro esiste una sola terra. I Maestri del Midrash (Bereshit Rabbà 16,4), spiegando Gen. 2,11 riferiscono ad Israele l'espressione "terra di Chavilàh", intendendo il verso come un accenno dell'assedio babilonese di Israele, che venne accerchiato. Il verso dice che nella terra di Chavilàh c'è dell'oro, da riferirsi alle