L a navata della Cattedrale di Sutri appare oggi come il prodotto di un rifacimento attuato intorno alla metà del XVIII secolo, successivamente integrato da nuove tinteggiature e decorazioni pittoriche tra la fine del XIX e gli inizi del XX, quando fu anche ristrutturata l'area presbiteriale, con la creazione di un ambulacro o retrocoro alle spalle dell'abside. Il risultato degli interventi settecenteschi, condotti in adesione agli schemi allora correnti nelle opere di "rifattione" delle basiliche medievali, mediante la totale trasformazione del sistema costruttivo originario, non ha attirato l'attenzione da parte dei maggiori studiosi del barocco e del tardo barocco 1 ; tra i pochi, JÖrg Garms ha rivolto un giudizio sostanzialmente negativo, ma senza particolari approfondimenti, al rifacimento dovuto a Clemente Orlandi, rilevando in esso la riduzione del vano interno medievale "ad uno spazio freddo ed uniforme", in contrapposto però ad una più felice soluzione esterna, dove il portico-atrio è definito "una ripresa di un tema dell'antichità cristiana nei termini dell'ultimo barocco" 2 . Certamente una più completa valutazione dell'edificio settecentesco dovrà essere preceduta dal tentativo di restituire, per quanto possibile, la consistenza della chiesa medievale che lo ha preceduto 3 , in gran parte ancora riconoscibile agli inizi del XVIII secolo, e delle sue principali trasformazioni successive. In realtà un'operazione in questo senso è stata già condotta da Francesco Gandolfo 4 , con risultati convincenti che inizialmente è sembrato difficile poter superare; ma nuove osservazioni dirette e ulteriori acquisizioni archivistiche consentono di aggiungere qualche precisazione. Gandolfo ha dato inizio alla sua ricerca della "cattedrale perduta" dall'esame della cripta ( ), quasi unica testimonianza residua della struttura medievale 5 , condotto con i mezzi, i metodi e il rigore dell'archeologo, che osserva gli indizi e ne deduce le conseguenze: è, questa cripta, un ambiente all'incirca rettangolare, absidato e diviso in trentadue campate, coperte con volte a crociera 6 , mediante ventuno colonne libere; altre semicolonne sono addossate alle pareti. Caratteristica singolare di questo vano, che peraltro in linea generale rimanda tipologicamente agli esempi delle cripte a oratorio delle vicine cattedrali di Nepi e di Civita Castellana, del S. Pietro di Tuscania, del S. Francesco di Vetralla e del S. Pietro di Norchia, è l'esistenza di nicchie estese al suo intero perimetro, compresa l'abside, senza interruzioni se non quelle imposte dalla presenza degli accessi, in origine (come pure oggi a seguito della ristrutturazione ottocentesca) collocati nelle due campate estreme del lato occidentale; caratteristica che lo studioso definisce un indice dell'attenzione rivolta dai costruttori medievali alla reinterpretazione di forme antiche e della loro partecipazione al clima di "rinascita" classicista espresso dalla cultura architettonica romana nel XII secolo. Così suggerendo per questa cripta una datazione intorno al 1150 o poco dopo, che trova conferma nella compiuta realizzazione del soprastante presbiterio nel 1170, ad opera del vescovo Adalberto, testimoniata da una lastra marmorea proveniente dal ciborio, e da un'iscrizione nel catino absidale, non più esistente ma menzionata nella Relazione triennale del 1671 7 ; l'intera Cattedrale fu poi consacrata nel 1207. Le pareti esterne della cripta e del presbiterio erano decorate con un motivo di corpose colonnette ( , del quale sono visibili le tracce negli ambienti sotterranei, annessi successivamente a questa parte dell'edificio; più precisamente il sistema decorativo originario, elevato sopra un basamento costituito da grandi conci squadrati, si sviluppava lungo i lati est (compresa l'abside), nord e sud della parte orientale, che veniva così a configurarsi come un volume trasversale unitario e probabilmente più alto e distinto rispetto al corpo delle navate. L'assenza di elementi singolari nell'uniforme struttura della cripta, cioè di fondazioni atte a sostenere soprastanti sostegni divisori alla quota del-1 Dedico questa breve e parziale sintesi di un lavoro più ampio, condotto insieme con Giovanni Carbonara, Daniela Esposito e altri studiosi, a Marcello Fagiolo, studioso del barocco, cui si devono anche fondamentali pagine sulle fabbriche religiose connesse agli Anni Santi, augurandomi che incontri il suo interesse un edificio che ha rappresentato per molti secoli una delle più importanti tappe nel percorso dei pellegrini diretti a Roma. 2 J. GARMS, Due parrocchiali nelle Marche ed altre chiese di Carlo Marchionni, in E. DEBENEDETTI (a cura di), Architettura, città, territorio. Realizzazioni e teorie tra Illuminismo e Romanticismo, Roma 1992, p. 136. Nel testo, per il rifacimento settecentesco della Cattedrale di Sutri, è proposta l'attribuzione a Carlo Marchionni, ormai da correggere con quella a Clemente Orlandi. 3 Di una cattedrale altomedievale, dove nel 1046 si sarebbe tenuto il sinodo indetto da Enrico III, o di altra ancora più antica, non rimangono indizi che permettano un'ipotesi restitutiva generale. 4 F. GANDOLFO, Alla ricerca di una cattedrale perduta, Manziana 1997. 5 Cui si aggiungono il pavimento cosmatesco, rimaneggiato, e la torre campanaria. Nel Museo diocesano si conservano capitelli e frammenti di decorazioni scultoree pertinenti all'arredo liturgico e alla facciata originaria. 6 Le crociere sono state però pressoché totalmente ricostruite nel restauro di fine Ottocento, dopo che Clemente Orlandi, nel secolo precedente, aveva occluso l'accesso diretto dalla chiesa alla cripta; nella stessa occasione alcune colonne sono state sostituite e probabilmente sono stati introdotti alcuni capitelli, di antica fattura ma di diversa provenienza. 7 ASV, Congregazione del Concilio, Relationes dioecesium, b. 774 A.