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Introduzione. Studiare le culture della produzione

2016, Backstage. Studi sulla produzione dei media in Italia

Abstract

Backstage è il titolo di un vecchio film muto con Buster Keaton del 1919: uno dei suoi ultimi film, in cui l’attore americano fa la parte di un macchinista in un teatro d’opera e varietà, costretto a salire sul palco nel momento in cui gli attori decidono di scioperare. Oltre che titolo di questo film (illuminante sull’invisibilità di chi produce i media) e di numerosi altre pellicole, la parola backstage indica, prima di tutto, quella zona posta dietro le quinte di un teatro, una sala di posa, un set cinematografico, una produzione televisiva o un concerto. In generale si riferisce a quella zona non esposta al pubblico in cui ci si prepara per andare “in scena” o “in onda”. Secondo Google Ngram Viewer, la parola compare nei libri inglesi a fine Seicento, per poi rimanere quasi inutilizzata fino al 1919. Da lì in avanti vedrà un utilizzo sempre più massiccio, in crescita costante fino ai nostri giorni, in parallelo con la storia dei media elettronici. Macchinisti, fonici, producer, assistenti di varia natura, amministratori, uomini di marketing, impiegati, scrittori freelance sono tutte figure che lavorano nell’industria dei media ma che sono di solito invisibili ai lettori, agli spettatori, agli utenti. Questi lavoratori sono la spina dorsale della produzione dei media, ma vivono, appunto, nel backstage di Keaton, senza mai poter sperare negli applausi del pubblico.