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2016, Backstage. Studi sulla produzione dei media in Italia
Backstage è il titolo di un vecchio film muto con Buster Keaton del 1919: uno dei suoi ultimi film, in cui l’attore americano fa la parte di un macchinista in un teatro d’opera e varietà, costretto a salire sul palco nel momento in cui gli attori decidono di scioperare. Oltre che titolo di questo film (illuminante sull’invisibilità di chi produce i media) e di numerosi altre pellicole, la parola backstage indica, prima di tutto, quella zona posta dietro le quinte di un teatro, una sala di posa, un set cinematografico, una produzione televisiva o un concerto. In generale si riferisce a quella zona non esposta al pubblico in cui ci si prepara per andare “in scena” o “in onda”. Secondo Google Ngram Viewer, la parola compare nei libri inglesi a fine Seicento, per poi rimanere quasi inutilizzata fino al 1919. Da lì in avanti vedrà un utilizzo sempre più massiccio, in crescita costante fino ai nostri giorni, in parallelo con la storia dei media elettronici. Macchinisti, fonici, producer, assistenti di varia natura, amministratori, uomini di marketing, impiegati, scrittori freelance sono tutte figure che lavorano nell’industria dei media ma che sono di solito invisibili ai lettori, agli spettatori, agli utenti. Questi lavoratori sono la spina dorsale della produzione dei media, ma vivono, appunto, nel backstage di Keaton, senza mai poter sperare negli applausi del pubblico.
L'Occidente sull'Atlantico, 2006
Pubblicato in M. Ricciardi (a cura di), L'Occidente sull'Atlantico, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2006, pp. 9-17.
a cura di Alessandra Molinari, Riccardo Santangeli Valenzani e Lucrezia Spera COLLECTION DE L'ÉCOLE FRANÇAISE DE ROME -516 11 Coordinamento scientifico della banca dati e cura redazionale del volume Cinzia Palombi Realizzazione e gestione della piattaforma GIS Nicoletta Giannini ESTRATTO L'archeoLogia deLLa produzione a roma (secoLi V-XV) • isBn 978-88-7228-778-1 -© écoLe Francaise de rome / edipugLia -www.edipuglia.it
Revista de Italianistica, 2014
Il presente articolo offre una riflessione sull'utilizzo didattico di materiale autentico per l'insegnamento della lingua italiana, come ad esempio testi culturali e settoriali, con l'obiettivo di sviluppare le abilità linguistiche di produzione. Nella seconda parte viene illustrato un progetto didattico realizzato con due gruppi di studenti adulti stranieri presso il Centro Linguistico di Ateneo dell'Università Ca' Foscari di Venezia, progetto che ha ottenuto un alto gradimento da parte degli studenti e che ha consentito di esercitare la produzione scritta con una rilevante motivazione ed entusiasmo da parte loro e con risultati ragguardevoli. Parole Chiave: cultura; arte; storia; materiale autentico; produzione scritta. Resumo: O presente artigo oferece uma reflexão sobre o uso didático de material autêntico para o ensino da língua italiana (textos culturais e setoriai), com a finalidade de se desenvolverem as habilidades linguísticas de produção. Na segunda parte é apresentado um projeto didático realizado com dois grupos de estudantes adultos estrangeiros no “Centro Linguistico di Ateneo” da Universidade Ca’ Foscari de Veneza, projeto que teve grande aceitação por parte dos estudantes e que permitiu treinar a produção escrita com uma motivação relevante e entusiasmo por parte deles e com resultados importantes. Palavras-chave: cultura; arte; história; material autêntico; produção escrita. Abstract: This article offers a reflection on the use of authentic material for teaching the Italian language, such as cultural and specialist texts, with the aim of developing the language skills of production. The second part discusses an educational project carried out with two groups of adult foreign students at the Language Centre of the University Ca' Foscari of Venice, a project that has received a high rating from the students and that has allowed us to pursue the written production with significant motivation and enthusiasm on their part and remarkable results. Keywords: culture, art, history, authentic materials, written production.
2020
Citt\ue0 e produzione sono parole che hanno perso la chiarezza e la forza di passate stagioni. Nella seconda met\ue0 del Novecento \ue8 un tema pi\uf9 volte indagato all\u2019interno delle discipline urbane. Ricerche come La Citt\ue0 Fabbrica o quelle del Ilses o il LASET fondate sul concetto di \u201cuso capitalistico del territorio\u201d che indagavano il rapporto tra economia e territorio, narrazioni come quelle di \u201cIl caso italiano\u201d di Cavazza e Graubard o \u201cLe Tre Italie\u201d di Bagnasco e grandi immagini territoriali come Progetto \u201980 e il progetto finalizzato Cnr coordinato da Giorgio Fu\ue0, segnano i decenni \u201960 e \u201970. Nei decenni successivi, \u201980 e \u201990, l\u2019attenzione si sposta verso la citt\ue0 diffusa, verso la dispersione sul territorio di tutte le funzioni urbane, compresa la produzione. In questi anni vengono prodotti grandi quadri territoriali come It.Urb \u201980 o Itaten dove i temi della produzione sono tutt\u2019altro che...
Ogni modo di produzione (n) si colloca in una dinamica storica (N) e rappresenta un passaggio da quello precedente a quello successivo (da n-1 a n+1). Solo ponendosi in n+1 è possibile comprendere il completo divenire della società umana dalle origini fino a quel livello.
2017
Vercellone. Tale riflessione è proseguita nei seminari Capitalisme cognitif e Le Commun entre travail et institutions programmati durante questi anni con cadenza mensile al Centre d'Économie de la Sorbonne e a cui tutti gli autori di questo libro hanno attivamente partecipato. Ha inoltre trovato un momento importante di elaborazione nel quadro del progetto europeo D-Cent per il quale l'équipe di ricerca "capitalismo cognitivo" del Centre d'Économie della Sorbonne ha prodotto diversi contributi relativi alle monete alternative e all'economia dei commons, tra cui ricordiamo in particolare il rapporto Managing the Commons in Knowledge Economy. Ci sarebbe quindi impossibile ringraziare individualmente tutti coloro che, in un modo o nell'altro, hanno contribuito al percorso senza il quale questo libro non avrebbe mai potuto vedere la luce. Ci limiteremo dunque a un grande grazie collettivo nei confronti dei tanti che ci hanno permesso di concepire e portare a termine questo lavoro comune sul Comune.
Le finalità della scuola. La formazione dell'uomo, del produttore e del cittadino.
2009
Il libro offre una rilettura di alcuni schemi interpretativi attraverso i quali, negli ultimi vent'anni, la geografia economica ha riformulato il problema della localizzazione d’impresa e dello sviluppo regionale in un’ottica relazionale. Nell’epoca della globalizzazione e del postfordismo il sistema economico si organizza per buona parte a prescindere dai contenitori quali gli Stati, o le imprese, attraverso cui viene generalmente descritto. Per comprenderlo è necessario ricondurlo al funzionamento delle sue unità di base - individui, luoghi, siti produttivi - e delle loro relazioni reciproche. Tali relazioni non si svolgono nello spazio astratto del mercato, ma sul territorio materiale della vita di tutti i giorni. Muovendo da questi presupposti il volume presenta alcune prospettive critiche che adottano la rete come strumento analitico per comprendere la geografia della produzione, le logiche di funzionamento dei cluster e dei sistemi regionali di innovazione, l’organizzazione delle imprese multinazionali, delle reti transnazionali di produzione e le varie forme di ‘prossimità relazionali’ che sostengono la competitività delle imprese.
2018
Abstract I modi con cui si studiano le produzioni antiche non sono ovunque uguali ed è abbastanza facile distinguere più tradizioni disciplinari che, talvolta, sono diventate vere e proprie scuole. Fra queste sono universalmente note la scuola francese e quella anglosassone, mentre la situazione italiana sembra più complessa e mutevole. Trenta e più anni fa, il paradigma marxista era così forte da subordinare l’analisi della produzione all’interpretazione socio economica e di ciò è esempio la definizione del modo di produzione schiavistico, ma anche quella della signoria mineraria medievale. Più che ai prodotti si guardava alle merci. Con la crisi del marxismo, rapidamente, si sono, però, persi molti riferimenti interpretativi e l’analisi della cultura materiale è divenuta spaesata elencazione dell’equipaggiamento in uso nei diversi contesti. A interpretazioni talvolta discutibili si sono sostituite descrizioni ipotizzate migliori solo perché supportate da analisi archeometriche. Il bambino non è però stato gettato con l’acqua sporca e, con il tempo, sono state condotte molte ricerche che hanno aperto nuove prospettive. Tali ricerche, oltre ad avere valenza locale, sono significative perché dimostrano che si può legare l’analisi tecnica della produzione - i cicli – allo studio delle condizioni materiali della medesima, dei rapporti sociali, del territorio. I reperti sono così stati studiati in quanto prodotti e al tempo stesso, oltre che come merci, come indicatori ambientali e di status sociale. In tal senso gli archeologi hanno evitato i più banali percorsi di ricerca messi a punto dagli storici della tecnica, ma anche le discussioni inutilmente teoriche, per confrontarsi con gli storici, gli etnografi, i geografi. In tal modo crediamo si sia costituita una via italiana all’archeologia della produzione, e, forse, all’archeologia tout court. Una via non istituzionalizzata o riconosciuta, ma capace di affrontare campi di ricerca disparati e mettere in valore indicatori eterogenei, ognuno con un proprio specifico potenziale informativo: dalle frecce litiche alla ceramica, all’edilizia, ai frantoi, alle scorie, al pentolame di pietra ollare, alle campane, alle fornaci vetrarie, alle macchine per torcere la seta. Lo studio della produzione si è così visto non separabile dall’indagine dei meccanismi di scambio e dalle logiche del consumo, mentre la cultura materiale di ogni gruppo si è compreso essere funzione, nel medesimo tempo, dei comportamenti pratici e delle idee socialmente condivise.
333) GIANNICHEDDA E., 2024, Declinare manufatti (e cultura materiale) al presente, in M. Nucciotti, E. Pruno (a cura di), Florentia, Studi di archeologia: vol. 5 - Numero speciale - Studi in onore di Guido Vannini, Firenze, pp. 297-306., 2024
Starting from some recent events (2021), the contribution intends to reason on archaeological artefacts and their current status, asking questions for which there is often no answer. In particular, considering them as state-owned artefacts, collectors' items, identity symbols and so on, historical sources and educational materials, waste destined for dispersion. Even if the legislation has been stabilized for roughly a century, words such as conservation, knowledge, use and valorization have changed meaning in the meantime. The conflict, although hidden, is in fact and the solution does not seem within reach. It probably has to do with freedom of research, more general individual freedoms, the role of the State and perhaps we need to read the present with the future in mind. Of the artefacts and ecofacts of potential archaeological interest, of the material culture information that can be drawn from them, of the very social organization of the ways of creating culture.
Sommario. Il rapporto tra la Campagna (Produttore/Agricola) e la Città (Consumatore/Civis), in ogni tempo e in ogni luogo non è stato facile, meglio dire è stato particolare, complesso, difficile, se Aristotele, nella sua Politica, non trascura di ricordare che la Politeia, volenti o nolenti, soggiace all’organizzazione della Città che deve tener conto di mille cose per autodefinirsi nel migliore dei modi possibile, senza di che, si può cadere in sistemi di governo estremi. Ma la crematistica (leggi : speculazione), Talete milesio insegni, può farla da padrona (ved. Aristotele, Politica 5 e segu.), indipendentemente dalle misure della Polis. Roma, tuttavia, nei rapporti con il territorio, con la campagna, sembra riuscisse a imporre una giustizia “legale” oltre che umana, costretta ad affermare, per Cicerone (Il processo di Verre), di non dimenticare che la Sicilia, col suo grano, sfamava Roma. Nel tempo i governanti hanno dovuto tenere stretti i rapporti con la Campagna con sistemi che, a seconda delle esigenze, stabilivano rapporti “legali” con i produttori, raramente equi, dimenticando talvolta che chi dava da mangiare a Roma era proprio la Campagna.
2019
S ono particolarmente grata per il compito che mi é state affidato di parlare di "stili" e "produzioni" in occasione del 55°Con vegno di Taranto, dedicato alla problematica delle Produzioni e committenze in Magna Greeia. Si tratta, in sostanza, di interrogarci sulle nostre nozioni di "stile" (e con questo di "arte") non solo a proposito del capolavoro individuale, ma appunto, nello specchio delle produzioni, cioé di ampi gruppi di documenti della cultura materiale. Il termine "produzione" implica poi anche l'idea di connettere tali gruppi di oggetti con altrettanti centri produttivi, sia che si voglia intendere con questo termi ne officine, sia luoghi geografici del mondo antico.
Nuova Economia e Storia, 2006
L’economia neoclassica adotta una visione ciclica dei fenomeni per cui in seguito a turbamenti il sistema economico ritorna alle condizioni iniziali non appena i fattori di perturbazione svaniscono, con una reversibilità completa dei fenomeni. Il processo economico è perciò visto come un flusso circolare e autosufficiente tra produzione e consumo, ma in verità esso non è né isolato né autosufficiente, perché non può sussistere senza un interscambio continuo che provoca cambiamenti cumulativi sull’ambiente. Nell’articolo si analizza il contributo di Nicholas Georgescu-Roegen, il quale abbandonata la fisica meccanica, si rivolge alla termodinamica ed elabora un approccio allo studio dei fenomeni economici basato sull’entropia. Questo scienziato di origine rumena ma trasferitosi poi negli USA, mette in evidenza il collegamento tra sistema economico e ambiente naturale attraverso il suo modello Fondi-Flussi – del quale nell’articolo viene proposta una interessante rappresentazione grafica – elaborando un approccio alternativo allo studio della produzione. Dallo studio della legge di entropia – che afferma l’irreversibilità della degradazione energetica – Georgescu-Roegen giunge ad elaborare la sua Quarta Legge della termodinamica, in base alla quale anche la materia è soggetta ad una degradazione irreversibile. Da qui l’individuazione dei “miti economici” – tra cui quello dello “stady state” – che sono convinzioni comuni sull’uso della materia e delle fonti energetiche sbagliate e dannose per l’ambiente e quindi per il futuro del genere umano. Da queste conclusioni discenderà la teoria bioeconomica, che si propone lo studio dell’uso ottimale delle risorse energetiche e materiali secondo criteri di degradazione entropica proiettati su un arco temporale multigenerazionale. Neo-classic economy adopts a cyclic vision of phenomena according to the idea that, following turbulence, the economic cycle turns back to its initial condition as soon as these turbulence disappears, with a complete reversibility of phenomena. The economic process is then viewed as a circular and self sufficient flux between production and consuming, but in reality it is neither isolated nor self sufficient, because it cannot exist without an ongoing interchange that provokes cumulative environmental changes. In the article, the production of Nicholas Georgescu-Roegen is ana-lyzed. He abandons mechanical physics, takes thermodynamic into account and elaborates an approach to economic phenomena study based on entropy. This Romanian scientist, who eventually moved to USA, highlights the link between economic system and environment by using his Funds-Fluxes model – of which the article offers an interesting graphic representation – elaborating an alternative approach to study of production. From the study of entropy law – which affirms the irreversibility of energetic consumption - Georgescu-Roegen comes to elaborate his Fourth Law of thermodynamic according to which even matter is subject to irreversible degradation. From here, the pointing out of ‘economic myths’ – among which the ‘steady state’ – common views on use of matter and wrong energy sources, harmful to the environment and subsequently harmful for the future of human kind. From here will develop the bio-economic theory, aimed at the study of optimal use of energetic and material resources according to entropic degeneration criteria an a multi generational temporal scale.
Introduzione Si ipotizza qui un viaggio di Leonardo da Vinci nella Milano del XX secolo. il Maestro si chiede dov'è la fabbrica della cultura? Dove sono i principi e i mecenati? Perché le fondazioni e le banche preferiscono conservare piuttosto che creare il nuovo? Un club esclusivo di città come New York, Parigi, Londra, Berlino, Pechino, interpretano oggi le istanze di creatività e produzione di cultura. Altre regioni del mondo non sembrano essere all'altezza a fronte di una impressionante accumulazione di cultura antica che non la riflesso in una produzione contemporanea di uguale importanza. Asia, Africa, e Est Europa, Sud Europa. Il limite della conservazione va superato e la creatività artistica va recuperata per muovere avanti le frontiere della cultura in ogni sua espressione. Cap 1 Il patrimonio culturale è una risorsa per lo sviluppo economico. Questo è ovvio. La cultura è un capitale che può produrre reddito e posti di lavoro. Il capitale però va valorizzato con politiche appropriate altrimenti non dà frutti ne di tipo simbolico e identitario ne di tipo economico. Si danno principalmente due casi di politica culturale conservazione e produzione. Conservazione può voler dire più cose: 1 esercitare la tutela attraverso una tradizione giuridica conservativa costruita su norme e divieti. Si sottrae il patrimonio culturale agli interessi privati lo si difende contro le logiche dello sviluppo distruttore, dell'espansione edilizia. 2 difesa contro la pauperizzazione culturale di un territorio. Divieto di esportazione, di demolizione, di asportazione o distruzione. 3 mantenimento dell'integrità originaria dell'opera ossia restauro e manutenzione. 4 gestione e valorizzazione adeguate dell'opera d'arte. Supporto alla sua funzione di consumo visite turistiche turismo culturale. Produzione di cultura. In questi casi il valore economico non si estrae da un capitale fisico accumulato nei secoli ma se ne usa la componente intangibile, i saperi, la conoscenza tradizionale. L'obiettivo di questa seconda opzione e produrre cultura. Il modello della produzione può essere applicato non solo alla pittura contemporanea ma anche al cinema, alla televisione, alla letteratura, alla cultura materiale, alle arti dello spettacolo. In teoria i due modelli non sono di pari importanza. Quello della conservazione è sottordinato a quello della produzione per il semplice fatto che senza creazione non c'è nulla da tutelare. Osservando le politiche culturali delle grandi città, si nota una tendenza opacizzare il modello produttivo a favore di quello conservativo. I visitatori sono arbitro delle principali scelte strategiche. Si parla più di nuovi allestimenti di musei che di una nuova composizione musicale. I numeri divisa visitatori sono snocciolati come indice di successo commerciale per quanto risicato. Nel decennio fra 1990 and 2000 la crescita del valore aggiunto dei beni culturali è stata del + 87,1% ma in quello della produzione di cultura è stato del 37,4% ossia meno della metà. Si può parlare dunque di indice di redditività o indice di creatività culturale come del rapporto fra produzione di cultura e conservazione di cultura, comunque e si siano espressi. Quando l'indice diminuisce significa che il paese conserva più di quanto produce. Una situazione che nel lungo periodo indebolisce il contenuto stesso della conservazione. Un paese che non accumula cultura arretrata. Quando l'indice aumenta significa che il paese produce cultura. In diversi momenti della sua storia l'Italia è stata culturalmente più redditizia e creativa. Oggi attraversa una fase di debolezza. Nel 1990 l'indice di creatività culturale era pari a 24,4 nel 2000 era pari a 17,9. È evidente una situazione di declino. Facciamo un esempio tratto dal settore museale: un'impresa dell'industria tessile mette in vendita con terreno a fine attività. La città si interroga sulle prospettive. Nella logica dei due modelli illustrati le alternative sono uno investire per la conservazione culturale trasformando un sito in un museo dell'arte tessile due investire per produrre
2018
Un nuovo progetto per il Museo dello Sportsystem di Montebelluna brought to you by CORE View metadata, citation and similar papers at core.ac.uk provided by Archivio istituzionale della ricerca -Università...
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