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Duplice è il disagio della democrazia, spiega Galli: soggettivo, in quanto è avvertito dal cittadino come disaffezione a un sistema che si percepisce come lontano dalla democrazia. Ma il disagio è anche oggettivo, strutturale, dovuto all'inadeguatezza di una democrazia che non mantiene le promesse di libertà, uguali diritti, uguale dignità delle persone. L'impressione è che la democrazia non sia in grado di regolare la politica del mondo in cui viviamo. Pericle la concepisce come autogoverno della maggioranza: un regime che si fonda sulla classe media e al tempo stesso riconosce il merito individuale. La democrazia abbraccia l'ideale aristocratico e legittima la gestione del potere da parte dei migliori, proponendosi quindi non come governo di una parte contro l'altra, del popolo contro i nobili, ma come governo di tutti. Nel mondo greco i valori che sono fatti valere sono quelli che ancora oggi associamo a una democrazia: uguaglianza davanti alla legge, trasparenza della politica, autogoverno, tolleranza di ogni diversità individuale, accettazione da parte di ciascuno del ruolo svolto e degli obblighi nei confronti della città (p. 13).
Private Investors, 2019
Questo lavoro di ricerca si pone l'obiettivo di smontare la narrazione dominante sul Giappone- un paese che monetizza il debito pubblico e che facendo deficit cresce a tassi elevati- per poi analizzare le variabili demografiche e la distorsione provocata dall'invecchiamento della popolazione sul tasso di crescita e altre variabili macro e microeconomiche.
E che fare di un popolo padrone di se stesso se non è sottomesso a Dio?» (A. de Tocqueville) «A power which is total is no power at all» (E. Laclau) «Tale è il potere della parola democrazia che nessun governo o partito osa vivere o crede di poter vivere senza iscrivere quella parola sulla propria bandiera» (F. Guizot)
Mondoperaio, 2016
Lo studio delle opere di Ferrero consente di fare alcune riflessioni sulle vicende contemporanee. Una sicuramente riguardo le relazioni internazionali: un regime politico è legittimo quando è liberamente accettato dal popolo, almeno dalla sua maggioranza e le regole di attribuzione del potere sono approvate dai governati. Non sarà mai legittimo un potere imposto nemmeno quando a farlo sono i “democratici”. Dovremmo ricordarlo sempre, particolarmente nelle relazioni con paesi con tradizioni diverse. Sul piano interno bisognerebbe tenere bene a mente che uno stato democratico si mantiene se la maggioranza esercita il suo comando garantendo i diritti della minoranza e questa rispetta lealmente la legittimità della maggioranza di governare. Se l’opposizione, invece di operare una critica anche dura ma comunque costruttiva, lavora solo alla delegittimazione di queste regole apre la strada ad una rottura di quei sottili fili di seta che tengono salda una società, può distruggere i geni invisibili che regolano la convivenza civile.
Musa Gassama, 2018
Alla base di questo studio vi è l’analisi dello sviluppo dei diritti umani nello stato del Gambia, e, di come politiche imperialiste francesi e inglesi in primis, abbiano impedito sin dal colonialismo tale sviluppo, di fatto dando modo all’avanzata di una dittatura ventennale incentrata sul misticismo e sulla repressione di qualsiasi possibilità democratica di sviluppo. Le motivazioni che mi hanno spinto ad approfondire tale tema hanno una duplice natura. In primis, l’interesse e la passione verso i diritti umani, i quali, stanno alla base della possibile o non crescita del genere umano stesso. In secondo luogo, un interesse dettato dalle mie stesse radici, nato in un mondo occidentale, ma con un DNA africano, ho voluto analizzare la storia del mio paese di origine, cercando di capire quali sono state le difficoltà che ha affrontato durante il periodo dittatoriale, e, quali sono le opportunità che gli si aprono in futuro. Dopo essermi documentato con svariati documenti storici, fra, libri accertati, paper accademici, la visione di svariati siti di emittenti anglofone, francofone e gambiane, ho contattato l’ambasciata del Gambia in Italia ed il ministero degli interni per avere delucidazioni sulla situazione attuale, così da poter fare un reale confronto dell’evoluzione storica, politica, economica, sociale e culturale del paese. La tesi è articolata in cinque capitoli: nel primo capitolo viene analizzato la storia dello stato dal periodo antecedente il colonialismo, ovvero quando ancora esistevano gli imperi africani, un excursus storico e sociale focalizzato sulle tribù all’interno del territorio, e sulla flora e fauna dello stesso. Nel secondo capitolo ci si occupa di analizzare il passaggio dal colonialismo sino all’instaurazione di una democrazia, analizzando le caratteristiche della stessa e cercando di esplicare a colui che legge quali problematiche sono state alla base del fallimento di tale processo democratico stesso. Il terzo capitolo è una provocazione, esso analizza le incongruenze che risiedono tra il pensiero razionale tipico del mondo occidentale, e le problematiche sul territorio africano, di quel misticismo, il quale porta certi individui a venire considerati invulnerabili, ed apre a loro la possibilità di instaurare delle dittature durature nel tempo. Nel quarto capitolo entriamo nel cuore della tesi, l’analisi si concentra sui diritti umani, esamina nello specifico tutte le violazioni avvenute all’interno dello stato durante il periodo dittatoriale, e, cerca di far comprendere al lettore come esse siano state perpetrate agli occhi dell’intero mondo, senza che, nessuno di fatto sia intervenuto, andando avanti nella lettura si potrà capire come, certi modus operandi tipici dei sistemi democratici occidentali, quali la responsivness politica, l’accountability, l’indipendenza della magistratura nel suo esercizio, l’empowerment femminile, la tutela delle minoranze siano venute sempre più a mancare, sino a sparire del tutto. Nel quinto ed ultimo capitolo, si prosegue sempre in questa analisi, una chiave diacronica volta a far comprendere il passaggio da un ventennio dittatoriale, ad una cesura, nella quale si è visto un cambiamento, cambiamento il quale, ha portato a stabilire un governo democraticamente eletto, il quale, sin dai suoi primi giorni ha iniziato ad operare con politiche inclusive volte alla preservazione ed implementazione dei diritti umani. In questo capitolo viene analizzato passo per passo quali sono state le politiche pubbliche del nuovo esecutivo, le riforme legislative sia in ambito economico che sociale. Grazie a questo lavoro di ricerca è stato possibile analizzare come uno stato, nato nel 1965, e quindi con 53 anni di vita, abbia dovuto vivere 22 anni dittatoriali agli occhi del mondo, senza che di fatto vi fossero stati interventi concreti da parte delle nazioni civili, se non dei continui richiami, i quali non solo non hanno risolto il problema, anzi, pongono delle concrete domande sulla validità di tale strategia, una analisi di come le politiche colonialiste, abbiano lacerato una nazione intera, e, lasciato spazio all’insinuarsi di false democrazie, se non addirittura dittature e instabilità politiche. Lo studio si conclude infine, con delle domande volte all’apertura di analisi future inerenti alla possibilità di creare un ancoraggio politico, una responsabilità sia della classe governativa che della cittadinanza stessa, vedendo, nella trasparenza dei governanti, nel dialogo multilivello, e, nelle politiche di genere la strada principale per poter instaurare una democrazia duratura.
Giovanni Sartori è amico delle citazioni di brani classici da apporre come motti all'inizio di ogni capitolo. La raccolta di questi motti costituirebbe già di per se stessa una buona guida per entrare nel suo mondo d'idee. Non gli dispiaccia se per rappresentare nel modo più conciso l'opera da lui compiuta negli ultimi trent'anni per costruire e a poco a poco rifinire una teoria della democrazia sempre più ricca di dati e d'argomenti, sfociata nei due volumi teste pubblicati, The Theory of Democracy Revisited, mi valga anch'io di un motto celebre, il lucreziano «Crescit eundo».
2021
Il Senegal è stato trattato nel corso del tempo come uno degli esempi di democrazia in Africa, una dimostrazione dell’attuabilità e della riuscita di una forma di governo ritenuta universalizzabile. Questo paper intende indagare se il Senegal sia effettivamente una democrazia liberale, oppure rappresenti l’insieme di contrattazioni e compromessi che hanno prodotto un assetto istituzionale specifico al contesto senegalese, tuttavia in grado di mantenere la caratteristica saliente della democrazia nella sua definizione formale: la risoluzione civile e pacifica dei conflitti. Il caso senegalese mostra come una serie di condizioni storiche e sociopolitiche abbiano portato ad una quasi democrazia. Diversi elementi in relazione tra loro hanno fatto sì che il Senegal si avvicinasse alla forma di governo liberal-democratica occidentale, ma se osservato da vicino emergono le differenze, i problemi e le debolezze che rendono la struttura politico-governativa di Dakar differente nelle fondamenta.
Nel contesto istituzionale ed economico del Mediterraneo occidentale nel X secolo, la Provincia di Sardegna, in un lento e poco documentato processo, si stacca dall’impero bizantino a cui apparteneva e si costituisce in stato sovrano. Da questa entità sovrana, tra la fine del X e il principio dell’XI secolo, si staccano vari territori che andranno a costituire gli altri regni cosiddetti giudicali, attestati dalle fonti scritte a partire dalla seconda metà dell’XI secolo. Attraverso la rivisitazione di varie tipologie di fonti già note (archivistiche, artistiche e materiali), proponendo un approccio multidisciplinare al tema, è possibile ipotizzare il percorso di nascita e formazione di uno di questi stati, il Regno di Càlari.
Teoria antropologica, prassi giuridica Il processo dell'unione dell'anima col corpo -la discesa dell'anima nella materia -è, a voler vedere, la profonda tragedia dell'anima. Ma l'anima si assume tale terribile rischio come parte della necessità di discendere per poter poi ascendere ad altezze sconosciute [...] La stessa Creazione, e la creazione dell'uomo, è precisamente tale rischio, una discesa per ascendere.
Anche le democrazie desiderano vincere in guerra. Tuttavia, sono soggette a vincoli specificidiversi da quelli propri di autocrazie e non-stati -che ne limitano la libertà di azione. Nello scegliere quali conflitti combattere, come combatterli, e a fianco di chi, le democrazie non possono permettersi di tenere conto, coeteris paribus, soltanto di quale sia la strada migliore per ottenere la vittoria. Il loro calcolo deve anche subordinarsi […] a criteri di democraticità, in particolare il coinvolgimento dei cittadini nelle scelte politiche, incluse quelle di stampo militare, e il rispetto della pubblica opinione. La pena per la violazione sistematica di questi principi è la perdita dell'anima: infatti, come potrebbe dirsi democratico un regime che non li rispetti? 1 La democrazia nel corso della sua storia ha concepito e praticato una forma attiva di partecipazione dei cittadini alla difesa della nazione: il servizio militare obbligatorio. La progressiva rinuncia a questo strumento e la conseguente professionalizzazione delle forze militari può portare gli stati a fare affidamento sulle compagnie private di sicurezza (private security firms), con possibili risvolti di destabilizzazione nell'equilibrio dei poteri democratici. Gli effetti variano a seconda che si tratti di uno stato forte o debole. Mentre in uno stato forte il potere, sottratto massicciamente al parlamento e all'opinione pubblica, resta prevalentemente concentrato nelle mani dell'esecutivo, in uno stato debole sono le compagnie stesse ad assumere il maggior potere 2 . I casi che analizzerò riguardano essenzialmente gli stati democratici forti che da una parte hanno abolito rapidamente la coscrizione (che prima era adottata a intermittenza), come USA e UK, dall'altra hanno abrogato il servizio militare obbligatorio solo dopo il 1989, come la maggior parte degli stati europei, e l'Italia in particolar modo. Dal punto di vista sociologico, Paolo Ceola, in suo saggio 3 , sostiene quanto, nelle democrazie rappresentative, i concetti di cittadinanza e rappresentanza si siano affermati storicamente "grazie alla partecipazione attiva delle masse alle guerre, sia nel senso riguardante il singolo cittadino-soldato sia in quello che a decidere se entrare o meno in guerra sono stati i rappresentanti eletti di fasce sempre più ampie di popolazione" 4 . Egli addita alla rivoluzione tecnologica e alla professionalizzazione degli eserciti contemporanei le ragioni della presa di distanza dell'opinione pubblica nei confronti degli affari militari. Aggiunge che la fine della leva militare obbligatoria ha sancito "la definitiva alienazione dell'opinione pubblica nei riguardi delle decisioni e dei processi che comportano sacrifici e lutti collettivi, portando a compimento la parabola del cittadino-soldato affermatosi stabilmente con la Rivoluzione Francese e il cui apogeo fu la partecipazione collettiva alla guerra antifascista del 1939-45" 5 .
The present article is retrieved from my doctoral dissertation entitled " A Theory of Justice for Environmental Justice. A Comparative Analysis between Italy and Germany ". The main goal of this paper is to shed a light on the EJ discourse in Italy, its evolutionary scheme, and historical roots. To this end, a systematic survey of the literature, as well as a portrait of the major strengths and key features of the EJ in Italy are provided. By looking at the rise of the EJ movements in Italy, a particular attention is devoted to Danilo Dolci's social commitment during the postwar period. Indeed, an expanded reading of Dolci not only as an anti-mafia and non-violent activist but also as the father of EJ in Italy is provided.
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Mondoperaio, 2016
Diritto Pubblico Europeo Rassegna online , 2020
ISTITUZIONI DI DIRITTO PRIVATO, 2021
Statiunitiditalia.it, 2021
ACCADEMIA DELLE ARTI DEL DISEGNO. 450 ANNI DI STORIA, a cura di L. Zangheri e Bert W. Meijer, 2015
Griseldaonline, 2020