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Si prende rapidamente in esame il diverso atteggiamento di Carducci e di Pascoli di fronte all'ideologia socialista e soprattutto di fronte al rapporto fra attività letteraria e impegno politico
Nel novembre 1999 accadde un evento le cui conseguenze mi segnarono in maniera profonda. Non fu un incidente, non fu una malattia. Non mi riguardava personalmente. Riguardava una giovane allieva che conoscevo da appena cinque giorni. Durante un laboratorio di dialogo sonoro da me condotto, questa allieva, che chiamerò Emma, improvvisamente scoppiò a piangere. Tra i singhiozzi rivelò una storia di seduzione, della quale era stata vittima un anno prima, che la portò a passare la notte nella camera di un uomo che non amava, e a subire, sotto insistenti pressioni, le sue profferte sessuali. 4 Quell'uomo, che chiamerò dott. Nobili 1 , era un docente della scuola residenziale di musicoterapia, di cui anch'io facevo parte da quindici anni. Quel contesto era stato per me un'opportunità straordinaria di incontri, di scambi e sperimentazione. Avevo vissuto esperienze molto intense, con allievi e colleghi. Era un punto di riferimento per la mia vita professionale e affettiva. In un certo senso, era la mia nuova grande famiglia. Mentre Emma raccontava al gruppo la sua storia, non immaginavo certo che la sua sofferenza sarebbe presto diventata anche la mia, quella di mia moglie Carolina, che era conduttrice del gruppo insieme a me, e quella di alcuni allievi che si coinvolsero profondamente. Non lo immaginavo e non lo potevo immaginare, in quanto mi sentivo parte di una scuola che riuniva i docenti più qualificati, nel contesto di un'istituzione cattolica di avanguardia, i cui valori etici erano universalmente riconosciuti. Ingenuamente pensavo che la cosa in breve si sarebbe risolta: il docente avrebbe ammesso il suo errore, si sarebbe riconciliato o forse sarebbe stato allontanato temporaneamente dalla scuola. Emma aveva subito un torto, su questo non avevo dubbi. Nessuno del gruppo aveva dubbi. La sua testimonianza era stata congrua e limpida. Tutto il lavoro psicologico e musicoterapeutico successivo, che facemmo insieme ad Emma, confermò l'impressione iniziale, di una ragazza giovane, onesta e ferita nella sua sensibilità. All'interno del gruppo, nei giorni precedenti, altre ragazze avevano riferito casi di seduzione o violenza subiti da parte di medici, parenti, insegnanti. Il denominatore comune, che si accompagnava a questi racconti, era il senso di sporco, vergogna, colpa o fallimento delle vittime. Per questo avevano mantenuto il segreto, evitando di denunciare l'aggressore o il profittatore. Proprio come era accaduto ad Emma. Solo il contesto di piena fiducia instaurato nel gruppo aveva consentito loro di aprirsi per la prima volta, e di confrontarsi con questa "macchia" del loro passato. In ognuno dei casi, contattando e scaricando la rabbia accumulata, si arrivò ad una vera esplosione di energia vitale, che cancellò d'un colpo il vissuto depressivo e aprì gli occhi di ciascuna sulla realtà di ciò che era veramente successo. Fu così che anche Emma prese il coraggio di parlare. Anzi, fu più forte di lei. Ella, come le altre che l'avevano preceduta, temeva di non essere creduta o di passare per sciocca. Ma un improvviso scoppio di pianto le fece rompere ogni indugio: così rivelò il nome del docente, mio collega della scuola. Grazie ai precedenti lavori, Emma cominciava a comprendere il meccanismo perverso che l'aveva fatta soffrire per oltre un anno: l'aggressività rivolta contro se stessa. Emma, come le altre, fino a quel momento non aveva parlato perché era preda di un incantesimo: nonostante i fatti, si riteneva responsabile e colpevole, e si rimproverava aspramente di quanto accaduto. Iscrittasi al primo anno della scuola, si era trovata a frequentare il laboratorio condotto dal dott. Nobili. Durante il laboratorio, e poi negli intervalli, il docente aveva incominciato ad adularla e a corteggiarla. E lei si era sentita in qualche modo affascinata e attratta dalla sua figura di potere. Quella famosa sera, avevano passeggiato insieme fino alle tre di notte. Lui si era complimentato con lei per la maturità e le capacità mostrate nel laboratorio. Lei si era confidata dei suoi problemi: suo padre era morto da poco; lei era figlia unica, e sua madre era preoccupata per la loro situazione economica. Lui, psicologo, l'aveva ascoltata con attenzione e comprensione. Tra loro si era instaurata via via una notevole intimità. Anche Nobili aveva cominciato a parlare di sé, della sua famiglia, dei problemi con sua moglie. Tornati in albergo, alle tre di notte, all'improvviso Nobili la invita nella sua stanza. E' la ovvia conclusione della serata, le dice. Quando due persone hanno condiviso momenti così intimi, è naturale avere uno scambio più intenso. Lei colta di sorpresa, non è in grado di reagire. Diventare musicoterapeuta è il sogno di Emma. Il dott. Nobili, come docente, ha molto fascino su di lei. E' un ottimo trainer, capace di comunicare e far vivere nel gruppo esperienze intense e coinvolgenti. Inoltre si è mostrato disponibile e aperto: cosa ben rara per chi è dotato di autorità. Si è messo in qualche modo allo stesso livello, ha convibrato con lei, le ha dato veramente molto. Come può lei rifiutare qualcosa ad un uomo così colto e intelligente, che incarna tutti i suoi valori? 1 . Tutti i nomi riportati nel testo sono fittizi. La storia, invece, è realmente accaduta. Né i nomi, né i fatti reali, sono in sé importanti. Ciò che importa sono i modelli mentali e le premesse epistemologiche, che hanno reso possibili quei fatti. 5 Certo, la sua richiesta l'ha scioccata. Ma lui non è sicuramente un profittatore. E' uno psicologo, è un ottimo musicoterapeuta, ha appena finito di aiutarla, le ha dedicato tanto tempo. Come può essere lei così malvagia da porgli un rifiuto, pensando che voglia farle del male? Il solo pensarlo la fa sentire cattiva e perversa. Come può non fidarsi di una persona così stimabile? Nobili probabilmente vuole solo continuare a parlare. Questi pensieri invadono la mente di Emma come uno sciame di api che ronzano senza tregua. Per non essere visti insieme dal guardiano notturno, Nobili escogita un piano: lui salirà in camera da solo; lei dovrà seguirlo dopo qualche minuto. Emma aspetta fuori in preda a confusione, paura e dubbio: non si decide a salire. Dopo un quarto d'ora, Nobili scende e la prende per mano. Lei passivamente lo segue. In camera Emma lascia fare, ma si rifiuta di concedersi completamente. Alle sette del mattino, sconvolta, torna in camera dalle sue compagne di corso. Le compagne l'avevano aspettata sveglie per gran parte della notte. Sapevano, si erano accorte dei corteggiamenti del dott. Nobili. Conoscevano Emma e la sua ingenuità, e la pensavano in pericolo. Volevano anche andarla a cercare, ma alla fine decisero di non intervenire: Emma era maggiorenne, e non volevano essere troppo invasive e intriganti. Emma non disse una parola su come aveva trascorso la notte, né quella mattina né mai. Rimase chiusa in un tormentato silenzio. Silenzio che durò fino alla sua rivelazione nel gruppo di dialogo sonoro.
Pasolini si abbevera lungo le prodaie dei campi nell’avita terra furlana prima, e lungo le strade insozzate dalla lordura cittadina di Roma poi, all’estenuante ricerca della Cosa materna, – oggetto inaccessibile allo sguardo – che, di notte, transustanzia in corpi vacui e inconsistenti: i “ragazzi-cosa”. Altresì, dal lato artistico, il poeta esprime in maniera disperata un’ossessione creativa, che è in realtà un altro sintomo della “fissazione alla madre” . Riferendosi all’infanzia dell’autore, Enzo Siciliano scrive: «l’unica scappatoia nevrotica appariva naturalmente “il desiderio di morire”. La soluzione espressiva doveva venir dopo» . Nelle pagine che seguono, dunque, si affronterà un quesito che interessa non soltanto il Pasolini reale, ma anche, e di riflesso, un Pasolini per così dire tipizzato – in quanto inscritto in un personaggio letterario –; il quale sembrerebbe elevare a un grado di “conflitto bipolare” le contraddizioni che attraversano tutta la vita del poeta. Si tratta di quella parte di Pier Paolo Pasolini ravvisabile con ogni probabilità in Manuele , protagonista del romanzo Aracoeli , immaginato da Elsa Morante come il solitario artefice di un viaggio attraverso la lingua e il tempo – elementi che nella poesia di Pasolini sono gli attributi di un’iconografia materna in continuo mutamento –, ma soprattutto attraverso la psicosi, nel solco di un doloroso ricongiungimento con le radici perdute della madre. Al netto di tale fissazione, è lecito credere che il rapporto con l’oggetto primario possa influenzare il rapporto con la Storia, che, nel caso di Manuele, è praticamente nullo? E in caso di risposta affermativa, può dirsi, quello di Pasolini, vero interesse politico, se motivato dalla fissazione nevrotica di un trauma personale? Certo è che il discorso presenta molti nodi: se la creazione di un “oggetto-idolo” giustifica il trasbordo semantico dalla madre al “regno delle madri” – un antimondo dominato, come si vedrà, da un ethos squisitamente familista e amorale –, ciò tuttavia non segna, se non in parte, o addirittura in apparenza, il motivo della “schiavitù” di Pasolini rispetto a un «senso/ alto, irrimediabile, di un impegno immenso» , che il poeta subisce sia nei confronti della madre reale, sia dinanzi alla propria missione intellettuale e politica – quest’ultima forse non imputabile al solo fardello dell’essere un eterno «bambino/badante» –; bisogna invece tenere in considerazione anche l’importanza dello scontro col padre, in particolare la sparizione del suo doppio simbolico dal mondo interno dell’autore, che in ciò si avvicinerebbe ulteriormente alla figura di Manuele. Infatti, come scrive Walter Siti in Elsa Morante nell’opera di Pier Paolo Pasolini, e a proposito di Aracoeli: Alcune “scoperte” psicologiche che il protagonista fa su sé stesso, sono dati psicologici che appartengono a Pasolini: come quando interpreta il proprio odio come invidia mascherata, o quando si rende conto di aver sempre amato, più in fondo ancora che sua madre, suo padre (un padre che somiglia al padre empirico di Pasolini, come Aracoeli, madre-ragazza-capinera assomiglia a Susanna) . Un simile fenomeno si riscontra anche in Aracoeli, romanzo interamente orbitante attorno al mausoleo materno, e che pure termina nel segno del padre. Si darà spazio perciò al ruolo di quest’ultimo e alla sua violenza/assenza nella vita di Pasolini, capace di bloccare i primi tentativi di un Io in fieri di desiderare in modo autonomo. La scena primaria assimilata come uno stupro, e il senso di colpa legato al fatto di legittimare col proprio esistere quella prepotenza sessuale – del padre sulla madre – fissano «a nucleo a bulbo la nevrosi creativa del poeta» . Bisognerà a questo proposito stringere il nodo come un intrico, tenendo a mente tutti i passaggi; infine tornare indietro: scioglierlo. Credo sia questa la via maestra da seguire per avvalorare l’intuizione di Siti, in modo da colmare la distanza fra il "creare" di Pasolini e l’«andare» di Manuele. Proprio nell’atto del creare, e dunque del tradurre in opera una parte del proprio mondo interno, sembra risiedere infatti l’evidenza irrecusabile dell’impegno pasoliniano, che, tuttavia, altro non è che un’alternativa catartica al disimpegnato peregrinare di Manuele. La questione privata dei due è in sostanza la medesima, seppure con alcune differenze, e lo sono anche le «scoperte psicologiche» ad essa associate. Diversa invece è la via di ricerca della presenza materna, che in Manuele è fisico-corporea, e in Pasolini evocazione della madre prima – nel segno della regressione che attualizza l’oggetto perduto –, impegno civile poi: la “missione” dunque, che estende l’amore per Susanna a tutto il «regno delle madri». La disgregazione dell’Italia contadina equivale allora a un delitto, e richiama nuovamente alle responsabilità di una nuova nascita, questa volta ineluttabile, nel mondo delle frustrazioni.
Premessa. Questo lavoro è stato concepito all'interno di una ricerca di gruppo sulle Variae di Cassiodoro 1 . La scelta di prendere in esame quest'opera ha dunque un'origine specifica e s'inserisce nella strategia di un'indagine collettiva. Essa ha tuttavia un senso anche al di là delle circostanze che l'hanno generata, data la straordinaria importanza culturale dell'operazione compiuta da Cassiodoro come funzionario al servizio dei re ostrogoti: rivestire di concetti e di parole romane il potere dei re barbarici, nella duplice direzione di giustificarne il ruolo di fronte a un pubblico romano e di educare i goti stessi a leggere la loro figura e la loro attività con srumenti concettuali e linguistici romani. Naturalmente, per comprendere compiutamente la posizione di Cassiodoro anche in questo ambito, le sue scelte e i suoi usi lessicali devono essere collocati sia nel contesto delle tradizioni delle cancellerie imperiali, nel cui solco le Variae si collocano 2 , sia, piú in generale, nel contesto della letteratura tardoantica, dal momento che, secondo una convinzione ormai generalmente condivisa, la lingua delle costituzioni tardoantiche non ha piú la sobrietà tecnica della lingua del diritto e dell'amministrazione delle età precedenti e ambisce a essere in buona parte una lingua elaborata secondo moduli e stilemi letterari. Quest'ultima caratteristica è quanto mai evidente nelle Variae di Cassiodoro. L'importanza dell'analisi lessicale per una piena comprensione delle riflessioni della cultura greca e romana sulla società, che sarebbe forzato e improprio definire pensiero sociologico, è stata da tempo riconosciuta e ha dato luogo a trattazioni acute e raffinate, da quella di Evelyne Patlagean 3 al libro recente 1 Il gruppo di ricerca, coordinato da Andrea Giardina presso l'Istituto italiano per la storia antica e l'Istituto italiano di scienze umane, ha come scopo la pubblicazione di un'edizione tradotta e commentata delle Variae di Cassiodoro. 2 Cfr. A.J. Fridh, Terminologie et formules dans les Variae de Cassiodore. Etudes sur le developpement du style administratif aux dernières siècles de l'antiquité, Stockholm, 1956. 3 E. Patlagean, Pauvreté economique et pauvreté sociale à Byzance (IV-VII siècles), Paris, 1979, pp. 12 sgg.
in Aa. Vv., Guida alle chiese romaniche di Ascoli Piceno, città di travertino, Ascoli Piceno 2006, pp. 40-59, 161-165, 2006
Nel settore centrale della cripta della Cattedrale di Ascoli si conserva il sarcofago che raccoglie le spoglie di sant'Emidio, secondo la tradizione primo vescovo della città e martire all'epoca del santo papa Marcello (308-309). Come recita l'iscrizione che corre sul fronte del coperchio, insieme al Santo vescovo sono stati sepolti i suoi tre compagni Euplo, Germano e Valentino: CUM SOCIIS ALIIS EMIN-DIUS HIC REQUIESCIT (Qui riposa Emidio insieme agli altri compagni). La sepoltura è costituita da un pregevole "pezzo" di scultura funeraria in travertino di epoca tardoantica. Il reimpiego del sarcofago fu motivato sia dalla sua elevata qualità, sia dalla sua "adattabilità" al nuovo contesto religioso. La porta socchiusa rappresentata al centro era in origine la porta dell'Ade, l'oltretomba pagano. Ha il battente sinistro lievemente scostato perché è fissata nel momento in cui l'anima del defunto, lasciato il mondo dei vivi, l'ha appena oltrepassata. I due geni fanciulleschi alati che sono scolpiti agli estremi del lato frontale, sono i classici eroti funebri che simboleggiano la vita che si è spenta. Impugnavano in origine delle aste (lance o giavellotti), e dei giavellotti incrociati sono tuttora evidenti sui fianchi del sarcofago. Con ogni probabilità, il defunto era in origine un ufficiale dell'esercito romano, e gli eroti impugnavano quelle armi in omaggio al valore che aveva avuto modo di esprimere nei campi di battaglia.
Analecta Papyrologica, 2016
The complete edition of the remaining correspondence among Ermenegildo Pistelli and Girolamo Vitelli, preserved in the Biblioteca Medicea Laurenziana, is published here: it consists of thirty letters and nine postcards, sent between the 16th of August 1883 and the 23rd of February 1925. These exchanges show the importance of Vitelli’s school in the history of classical studies in Italy. Father Pistelli is a devoted student but always sincere: after the advent of fascism, he will also criticize the illustrious and revered teacher.
Slavia Barlieva Saint Clement of Ohrid in the Greek Tradition The author dwells on the Greek sources about the life and deed of Clement of Ohrid, which are also the oldest sources written in Greek about St. Cyril and St. Methodius: Ducange’s list where Methodius, Gorazd and Clement are listed among the archbishops of Bulgaria; Clement’s Vita Major written by Theophylact of Ohrid; his Vita Brevis by Demetrios Chomatenos. Afterwards, the author examines the Greek services to Clement, authored by Theophylact of Ohrid, Demetrios Chomatenos, Constantine Kavassilas, Gregory, and Cosmas of Dyrrhachium: a hymnographic corpus, created in the 11th-14th cc. comprising 6 canons and 50 separate monostrophic compositions. The article delineates the new stage of propagation of the cult of St. Clement in Northern Greece, starting from the 17th c., when the skull of the saint was laid at the Monastery of St. John the Forerunner near the town of Berat/Veria. In the 18th c. were published the Greek services to the Holy Heptarithmoi – Cyril and Methodius and their disciples Clement, Naum, Gorazd, Angelarius and Sava, which testify of the cult’s dissemination not only in Greek and Bulgarian but also in Albanian lands. Славия Бърлиева Святой Климент Охридский в грекоязычной традиции Автор останавливается на греческих источниках о жизни и деятельности Климента Охридского, которые являются и самыми древними грекоязычными источниками о свв. Кирилле и Мефодии: список Дюканжа, в котором среди «архиепископов Болгарии» указаны Мефодий, Горазд и Климент; Пространное житие Климента, написанное Феофилактом Охридским; его же Краткое житие, созданное Димитрием Хоматианом. Затем рассмотрены греческие службы Клименту, авторами которых были Феофилакт, Димитрий Хоматиан, Константин Кавасила, Григорий, Козма Драчский: гимнографический корпус, созданный в ХІ-ХIV вв. и охватывающий 6 канонов и 50 отдельных монострофических композиций. Очерчен новый этап распространения культа св. Климента в Северной Греции, начиная с ХVII в., когда череп святого был положен в монастыре Св. Иоанна Предтечи недалеко от города Берат/Вериа. В XVIII в. выходят в печати греческие служ- бы Святым седмочисленникам – Кириллу и Мефодию и их ученикам Клименту, Науму, Горазду, Ангеларию и Савве, – которые свидетельствуют о распространении культа не только в греческих и болгарских землях, но также и в албанских.
IL "MALE" E IL FASCISMO NELL'ULTIMO PASOLINI, 2005
Una lettura di Salò attraverso Petrolio, con l'individuazione di strutture oppositive ricorrenti che caraterizzano entrambe le opere pasoliniane
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MAURIZIO MANZIN FEDERICO PUPPO SERENA TOMASI (eds.), RAGIONI ED EMOZIONI NELLA DECISIONE GIUDIZIALE. STUDIES ON ARGUMENTATION & LEGAL PHILOSOPHY, Vol. 4 (QUADERNI DELLA FACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA, 50). ISBN: 978-88-8443-939-0, 2021
Finis coronat opus, 2021
Schiave e schiavi. Riflessioni storiche e giuridiche a cura di A. Bassani e B. Del Bo, 2020
"PRO-SOCIALITÀ NELLA SCUOLA SUPERIORE: UNA GUIDA PER I DOCENTI", 2020
Mondoperaio, 2018
Un ateismo religioso. Il bolscevismo dalla scuola di Capri allo Stalinismo, 2012