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Quando si svegliava in mezzo ai boschi nel buio e nel freddo della notte allungava la mano per toccare il bambino che gli dormiva accanto. Notti più buie del buio e giorni uno più grigio di quello appena passato. Come l'inizio di un freddo glaucoma che offuscava il mondo. La sua mano si alzava e si abbassava a ogni prezioso respiro. Si tolse di dosso il tela di plastica, si tirò su avvolto nei vestiti e nelle coperte puzzolenti e guardò verso est in cerca di luce ma non ce n'era. Nel sogno da cui si era svegliato vagava in una caverna con il bambino che lo guidava tenendolo per mano. Il fascio di luce della torcia danzava sulle pareti umide piene di concrezioni calcaree. Come viandanti di una favola inghiottiti e persi nelle viscere di una bestia di granito. Profonde gole di pietra dove l'acqua sgocciolava e mormorava. I minuti della terra scanditi nel silenzio, le sue ore, i giorni, gli anni senza sosta. Poi si ritrovavano in una grande sala di pietra dove si apriva un lago nero e antico. E sulla sponda opposta una creatura che alzava le fauci grondanti da quel pozzo carsico e fissava la luce della torcia con occhi bianchissimi e ciechi come le uova dei ragni. Dondolava la testa appena sopra il pelo dell'acqua come per annusare ciò che non riusciva a vedere. Rannicchiata lì, pallida, nuda e traslucida, con le ossa opalescenti che proiettavano la loro ombra sulle rocce dietro di lei. Le sue viscere, il suo cuore vivo. Il cervello che pulsava in una campana di vetro opaco. Dondolava la testa da una parte all'altra, emetteva un mugolio profondo, si voltava e si allontanava fluida e silenziosa nell'oscurità.
La Via, 2014
Il destino tragico di molti luoghi storici è, ancor più dell’abbandono, la cosciente indifferenza. L’incedere della cultura massificata contemporanea tende a derubricare il luogo e l’oggetto storico, quando estraneo alla propria mercificazione, ad un crudele limbo di noncuranza. Condizione che permane fino al momento dell’eventuale e possibile riuso che nella quasi totalità dei casi arriva a far prediligere il procrastinarsi della rovina piuttosto che indulgere nella contaminazione del nuovo.
2016
La tecnologia genera in progress ulteriore tecnologia, ma quali scenari di sviluppo possono spalancarsi se invece ci rivolgiamo al passato e applichiamo le nostre moderne tecnologie a quelle degli antichi? Prendiamo le strade romane, il trionfo eccellente del concetto algoritmico del saper come fare che conferisce chiarezza all'etimologia del termine tecnologia. Il sistema stradale romano costituisce a tale riguardo davvero un fatto straordinario. Non solamente rappresenta, integrato con la rete dei trasporti marittimi, una delle componenti strutturali fondamentali attraverso cui lo stato romano si è prima affermato e ha poi dispiegato per almeno dieci secoli il suo dominio su popoli e territori ma ha determinato, con le tante vicende linguistiche, artistiche e scientifiche che sulle strade sono nate e grazie a esse si sono diffuse, grandissime conseguenze a livello culturale talmente profonde e durature che proseguono sino ai nostri giorni. Le antiche civiltà dell'Oriente e dell'Occidente sulle strade iniziarono a parlarsi, a confrontarsi, ad arricchirsi vicendevolmente. La civiltà romana in particolare grazie alle strade ha assorbito, fuso e trasformato i contributi e gli influssi culturali ed economici anche i più disparati e lontani che hanno finito così poi per conferirle quella dimensione di universalità che le ha consentito di non estinguersi ma di giungere sino a noi. Rispetto ad esperienze di altre civiltà presiede alla costruzione delle strade romane un potente processo di astrazione. Il territorio viene sottratto alla sua condizione di naturalità e decontestualizzato. All'incertezza dei segni della natura in perenne trasformazione il gromatico sostituisce la corrispondenza certa di quelli dello Stato. La pietra milliare fissa univocamente, una volta per tutte, il punto nello spazio finendo per scandire così anche il tempo. Immensi territori assumono in questo modo per la prima volta contorni certi, punti di riferimento militari ed economici permanenti e si possono stabilire tempi di percorrenza. Le attività politiche, militari, economiche e amministrative possono così abbracciarli e innervarli con margini di previsione e programmazione prima sconosciuti. La strada si afferma come il significato su cui scorrono i significanti. Solamente grazie alla concomitante maturazione di un complesso di adeguati presupposti di conoscenza (economica, geografica, etnografica, geometrica, ingegneristica) e di organizzazione questo processo, un fatto tecnologico, è stato possibile. La peculiare novità di cui Roma si fa portatrice non risiede, come tante volte si è scritto, nel disegno generale, strategico, sconosciuto ad altri orizzonti, che presiede alla costruzione, sviluppo e al mantenimento delle infrastrutture stradali. Questo semmai è il sintomo di un sapere scientifico organizzato, strutturato in sistema, il solo capace di ridefinire con coerenza il territorio, che riesce a dispiegare la sua potenza e di cui sappiamo purtroppo davvero poco.
L'identità Nazionale. Storie, film e miti per raccontare l'Italia
Interrogarsi sul senso dell’essere italiani, a celebrazioni per il centocinquantesimo anniversario dell’Unità appena concluse, significa voler mettere in luce alcuni aspetti alla base della nostra identità nazionale che facciano comprendere la sua complessa fisionomia. Per fare ciò, gli studi qui raccolti si sono cimentati in svariati ambiti di ricerca per andarvi a rintracciare elementi di italianità che potessero aiutare a capire quale popolo, in questo velocissimo secolo e mezzo, e tenendo fede al celebre auspicio di Massimo D’Azeglio, sia stato effettivamente “fatto”.
Edizioni Alegre, 2020
Rap (o MCing), DJing, writing, breaking. Le «quattro discipline» dell’hip-hop, secondo una nomenclatura affermatasi negli anni Ottanta. Oggi ha ancora senso parlare di hip-hop? E che cos’è l’hip-hop? Presa di parola emancipatoria delle minoranze meticce o facile viatico per soldi e successo? Indecorose tag sbombolettate sui muri o movimento di contro-colonizzazione? Espressione di contestazione nei centri sociali o fenomeno pop mainstream in tv? Immaginario patriarcale e sessista o strumento di emancipazione delle donne nere? O forse tutto questo insieme? E se è tutto questo insieme, come si racconta? Che rapporto c’è fra Jovanotti e Afrika Bambaataa, Jay-Z e Vasco, Coca Cola e Fight the Power, dischi in vinile e dischi volanti, Zulu king e drag queen, pantere nere e tori rossi, Jackie Chan e latin hustle, Andy Warhol e Crazy Legz, Ronald Reagan… e la misteriosa danza psionica messa a punto nelle fogne di New York? C’è da perdersi dopo ogni angolo… Ma uno stradario serve propro a questo: a orientarsi. Guidato da tre maestri Jedi della cultura hip-hop (Poe One, Phase Two e Danno), lo Stradario di Nexus ci guida nel labirintico mondo della doppia h. Un’epopea urbana fatta di boulevard storici e avenue filosofiche, incroci mortali, tunnel e dance club. Nei lunghi boulevard si racconta di segregazione razziale, bande di strada e sette urbane degli anni Sessanta e Settanta; delle «quattro discipline» negli anni Ottanta; della liaison fra hip-hop e centri sociali negli anni Novanta; della sublimazione della scena nella cultura urban negli anni Zero; della nostalgia per i bei tempi andati negli anni Dieci, e di scommesse per gli anni Venti. Nelle avenue, invece, si raccontano le potenzialità pedagogiche, politiche, filosofiche ed espressive che musica, danza e arti visuali hip-hop lanciano nel nuovo millennio. Tre anni di scrittura, quattordici di ricerche, oltre un secolo di storie e rivoluzioni. Insieme saggio, romanzo ed esposizione d’archivio, Stradario hip-hop smonta le narrazioni rap-centriche, politiciste e misogine sull’hip-hop, lanciando nuovi itinerari culturali, transnazionali e gender bender per approcciarsi, come dicevano quei tali, alla «scienza doppia h». Oltre le Quattro Discipline, una narrazione del Quinto Tipo.
Allegoria, 2011
Lettura del romanzo "La strada" (The Road) di Cormach McCarthy (2006)
Trans/Form/Ação, 2001
n RIASSUNTO: Excursus sull'teatro politicizzato dal '68 alla fine degli anni '80. Animazione nelle scuole e nelle fabbriche. Inventario delle tournées americane in Italia. Scoperta del terzo teatro. Dario Fo e lo spostarsi dello spazio. Fine della militanza politica sostituita dall'imperialismo mediatico. L'attore narratore nella svolta deideologizzante. n PAROLE-CHIAVE: Teatro politico; terzo teatro; Dario Fo.
LE STRADE METODO
L'ambiente condiziona l'uomo in misura dire3amente proporzionale al grado di evoluzione tecnico culturale in ogni specifica società. Man mano che si sale a ritroso nella storia umana questo condizionamento appare generalmente sempre maggiore. Ma il rapporto fra uomo e ambiente non sempre si esprime necessariamente in un confli3o. Sovente la comunità elabora metodi di ada3amento che anche poi, quando questa abbia raggiunto un alto potenziale tecnico, non sempre ha necessità di alterare in maniera sostanziale, ameno finché non sopravvengono urbanizzazione e industrializzazione. L'industrializzazione sviluppa modelli tecnologici che vengono applicati su scala globale e non tengono conto in maniera sensibile differenze locali di alcun genere. La Toscana ha cara3eristiche geomorfologiche del tu3o particolari nell'ambito della penisola, esse sono in gran parte responsabili per i singolari aspe3i della sua storia, della sua cultura, della sua topografia. E' dunque tramite lo studio della geografia, seguito da quello dell'etnologia, che lo studio, che lo studio archeologico e storico crea le sue solide basi ed acquisisce la possibilità di ge3are luce sui periodi pi oscuri della storia e sul buio spesso totale della preistoria. A quindici anni della prima formulazione dell'ipotesi che una via di comunicazione (s i badi bene non una strada vera e propria) percorresse il crinale anti-appenninico e transitasse per il Passo della Futa, collegando sin dalla protostoria, il Lazio alla Pianura Padana, ho ritenuto opportuno pubblicare un resoconto sull'esplorazione del presunto percorso descrivendolo nelle sua cara3eristiche più importanti e di fornire alcune indicazioni di cara3ere metodologico sulla tecnica di ricerca e raccolta di dati nonché sulla sua conservazione nel tempo. L'identificazione e la scoperta di questo tracciato, che potrebbe rivelarsi importantissimo per lo studio delle origini culturali dell'Italia tirrenica. È stata possibile grazie ad anni di perlustrazioni e di studi culminanti in un programma di esplorazione totale sul terreno iniziato nel 1978 e giunto ora ad una fase conclusiva. Diversi anni di ricerche e perlustrazioni minuziose, interviste con la Popolazione rurale, hanno consentito di ritrovare una sia pur tenue e discontinua, tradizione storica ed orale e di raccogliere numerosi elementi archeologici, toponomastici e morfologici o topografici che collocano questa ipotesi fra le più a3endibili nella tematica della viabilità antica. Occorre dire anzitu3o che un percorso collinare, in gran parte abbandonato, ma tu3'ora percorribile, dalle cara3eristiche morfologiche e topografiche coerenti con le esigenze di una economia pastorale, un sentiero di crinale ce non ha alcuna necessità di manutenzione, ha buone probabilità di essere molto. Antico. Un simile percorso deve trovare le proprie origini in un tempo in cui la comunità umana di quel territorio sviluppò un certo tipo di economia, quella economia pastorale di seminomadismo, che in varie forme è sopravvissuta fino all'epoca a3uale, consentendo al percorso stesso di sopravvivere. Una strada non può essere studiata prescindendo dal tipo di economa che è nata per servire, sono quindi considerazioni di cara3ere economico le prime che dobbiamo fare nell'accingerci a studiare l'origine e la natura di questo percorso; queste considerazioni, a loro volta, ci perme3eranno di stabilire dei principi di cara3ere topografico e morfologico dalle quali scaturiranno una serie di possibilità che finiranno per dare la base di partenza
La grande estinzione, 2020
A una rilettura, il primo aspetto del romanzo di McCarthy ad avere catturato il mio immaginario è la foresta ricoperta di cenere, bruciata dagli incendi lontani, segnata da un evento a cui nel romanzo si fa un cenno veloce. In quel panorama cinereo, privo di vita, si situa la vicenda di un padre e di un figlio, storia molto nota su cui si è scritto moltissimo nel corso degli anni, ma forse non ancora tutto.
Via Strata: fra tecnica e realtà "I Romani posero ogni cura in tre cose soprattutto, che furono dai Greci neglette, cioè nell'aprire le strade, nel costruire acquedotti e nel disporre nel sottosuolo le cloache" (Plinio il Vecchio) Accostarsi alla conoscenza della Via Strata, o via lastricata, vuol dire affacciarsi all'alta genialità ingegneristica della tecnica costruttiva romana. Vuol dire conoscere momenti e fatti storici che ricostruiscono l'importantissimo contributo della civiltà di Roma alla storia degli impianti di pubblica utilità. Vuol dire scoprire ed accettare, incondizionatamente, l'elevata civiltà e l'innato progresso di un popolo tecnicamente perfetto, capace di dissipare la barbarie delle popolazioni autoctone conquistate. Saranno gli storici del passato ad immortalare la sapienza costruttiva romana, come i cultori del presente a riscontrare l'avveniristica qualità di un'opera, quella stradale, rimasta eccezionale fino al tramonto del mondo antico. Roma afferma prima, ed impone poi, il proprio dominio su popoli e territori colonizzati, proprio attraverso il complesso sistema viario che costituisce l'essenza stessa della vita della città e del suo sviluppo. Tale sistema appare inscindibile da quella politica espansionistica che accompagnerà Roma nello sviluppo del suo impero e che la renderà un'efficiente ed organizzata macchina statale. Osservare una strada romana, quindi, vuol dire fermarsi ad esaminare una molteplicità di aspetti: vuol dire riconoscerle una finalità strategica, per facilitare l'accessibilità alle colonie maritimae e di queste alla capitale, consentendo, così, la romanizzazione dei territori interessati e la progressiva espansione territoriale per la costituzione di nuove province; vuol dire riconoscerle una finalità meramente militare, per preparare una spedizione, consolidare una conquista o, più semplicemente, per spostare rapidamente le truppe in qualsiasi regione conquistata; vuol dire riconoscerle una finalità amministrativa, per collegare l'Urbe con le diverse città e queste, attraverso una fitta maglia di vie secondarie, per larghezza e costruzione, agli insediamenti minori; e vuol dire, infine, riconoscerle una finalità economica, per incoraggiare ed assicurare i commerci, favorendo lo spostamento di merci e mercanti, nonché la nascita di scambi culturali e di una vera e propria coesione in vasti territori, avendo la possibilità di essere solcata anche da gente comune oltre che dai messaggeri imperiali del cursus publicus 1 . Ecco che la scelta di un precipuo percorso stradale non era mai casuale, ma seguiva un progetto strategico, logico e funzionale che, per la natura pubblica che la strada rivestiva, imponeva il mantenimento di un iter del tutto invariato. La grande perizia tecnica dei costruttori, poi, visibile nella creazione di lunghissimi rettifili e nella novità di lastricare il pavimentum con lapidibus Note 1 Si trattava di un servizio statale che assicurava, attraverso un'organizzazione estesa su tutto il territorio dell'impero, basato su palatia (edifici pubblici), praetoria (sede del pretore, prima, villa di lusso, dopo), mansiones (struttura di servizio costituita da uomini, animali ed edifici) e mutationes (stazione intermedia in cui era possibile effettuare il cambio degli animali, nonché la possibilità di rifocillarsi), un'assistenza minuziosa per la trasmissione di tutte le informazioni e della posta, nonché per il trasporto di persone e beni d'interesse pubblico lungo i percorsi stradali di interesse strategico. 2 Fino a tutto il III sec. d.C. non abbiamo alcuna attestazione che testimoni la presenza di tale materiale. Esso appare, secondo le fonti, con la realizzazione della lastricatura della via Appia. Nel VI sec. d.C. lo stesso Procopio (Bell. Got., I.14) fa un'attenta descrizione della pavimentazione dell'Appia attribuendola proprio al censore Appio Claudio Cieco. 3 CIL, I, 206 4 Nel mondo romano i mezzi di trasporto più usuali sono i carri. Avevano forme, dimensioni e funzioni diverse. Potevano essere da cerimonia, da viaggio, da carico e perfino ridursi ad un piccolo calesse a due ruote. 5 Con il termine "centuriazione" si intende un particolare tipo di delimitazione e di divisione del territorio in appezzamenti quadrati di terreno, detti centuriae. Tale ripartizione appare costituita da un reticolo di strade e corsi d'acqua perpendicolari fra di loro che delimitano grandi aree di 2400 piedi di lato (1 piede romano equivaleva a 0,296 m), pari a 20 actus (m 710,40) e copriva una superficie di 504.668,16 m2. 6 Un esempio erano i vecchi tracciati tra Roma ed i centri laziali, identificabili nelle vie Laurentina, Safricana ed Ardeatina. La stessa via Appia, probabilmente, sostituì una più antica strada di collegamento tra Roma ed i Colli Albani. 7
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P.Farina (Ed) Catene Invisibili - Strumenti e dati per comprendere la prostituzione straniera e promuovere percorsi emancipativi, 2010, 2010
Le vie di comunicazione nell'antichità (Atti del convegno), 2021