Academia.edu no longer supports Internet Explorer.
To browse Academia.edu and the wider internet faster and more securely, please take a few seconds to upgrade your browser.
…
218 pages
1 file
Tutto è grande in Inghilterra, anche ciò che non va, anche l'oligarchia. L'aristocrazia inglese è l'aristocrazia nel senso assoluto della parola. Non c'è stata feudalità più nobile, più terribile e più vivace. Ammettiamolo, questa feudalità ai suoi tempi è stata utile. Se qualcuno vuole studiare il fenomeno della Signoria, deve studiarlo in Inghilterra, così come studierà in Francia quello della Monarchia.
Conosciamo da tempo la relazione dell'uomo con il cibo dal punto di vista del fuoco, sia come esperienza culturale che psicologica, più problematica è quella tra l'uomo e i c.a.n.i. gestiti dall'industria alimentare.
SEGNALI ED INCROCI
INDICE Editoriale CLOTILDE PUNZO, Coscienza e criticità dell'umano. 3 AGORÀ MICHELE FARISCO, Ancora l'umano dopo l'uomo? 8 CRISTIAN FUSCHETTO, Serragli (anti)umanistici 20 MAURO MALDONATO E VERONICA SILEO, La coscienza alle prese col sé. 28 ROBERTO MARCHESINI, Ibridazioni e paradigma postumanistico. 53 RAFFAELE PRODOMO, La persona: perché la scienza non basta (ma la metafisica da sola è anche peggio!). 60 GIANLUIGI ZEPPETELLA, La scelta del luogo di cura. 72 PERCORSI BENEDETTO XVI, Discorso all'incontro con i membri dell'Assemblea Generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. 79 BENEDETTO XVI, Preghiera alla visita a Ground Zero durante il viaggio apostolico negli USA. 85 SEGNALI ED INCROCI PASQUALE ORLANDO, I diritti umani: loro storia, valore, stato attuale. 88 ANTONIO SCOPPETTUOLO, Il problema del fondamento ontologico dei diritti umani. 90 LA NOTTE DEI MUSEI, L'evento europeo del 17 maggio 2008. 95 3 EDITORIALE COSCIENZA E CRITICITÀ DELL'UMANO CLOTILDE PUNZO
Una mostra incentrata su Giovanni Morone, a 500 anni dalla nascita, cardinale tra Roma e Trento nell'età di Michelangelo, gran diplomatico tra papato e impero che condusse a termine il concilio di Trento Durerà fino al 26 luglio 2009 la mostra, L'uomo del concilio, inaugurata il 4 aprile 2009 e dedicata al cardinale Giovanni Morone (Milano, 1509 -Roma, 1580), di cui ricorrono quest'anno i 500 anni dalla nascita, dal Museo Diocesano Tridentino e dal Comune di Trento. Oltre che nel Museo Diocesano, una sezione di essa, con i libri della biblioteca personale del Morone e una sala video, è ospitata nella Torre Mirana di Palazzo Thun, in cui alloggiò anche il Morone e vi riceveva in incontri riservati gli altri legati papali, per concertare le proposte da far poi approvare nelle congregazioni generali del concilio. Era stato il Principe vescovo Bernardo Clesio (Cles, 1485 -Bressanone, 1539), cardinale, uomo politico, amico e cancelliere dell'imperatore Ferdinando I, e strenuo oppositore del Protestantesimo a preparare il Concilio di Trento (1545-1563). Dopo la sua la prematura scomparsa, fu il cardinale Morone, figlio di Girolamo, cancelliere del ducato di Milano con gli ultimi Sforza, a far sì che la scelta per il concilio cristiano cadesse su Trento. Nel 1529 Giovanni Morone, a soli venti anni, fu nominato vescovo di Modena da Clemente VII de' Medici, che ne aveva intuito le grandi doti diplomatiche e lo inviò in missione in Francia. Ma fu papa Paolo III Farnese a promuoverne la carriera, inviandolo a più riprese come nunzio apostolico in Germania ed emissario della politica papale, tra il 1536 e il 1542, in Boemia,
Campi Immaginabili 60/61, 2019
Abbonamento annuo (2 numeri) comprensivo di spese di spedizione: Italia € 50,00; Europa € 65,00; altri Paesi € 75,00; Sostenitore € 90,00. I fascicoli arretrati costano il doppio. Per i versamenti utilizzare il conto corrente postale n. 15062888 intestato a Rubbettino Editore, Viale Rosario Rubbettino, 10, 88049 Soveria Mannelli (Catanzaro), Tel. (0968) 6664201, www.rubbettino.it. Gli abbonamenti non disdetti trenta giorni prima della scadenza, si intendono rinnovati automaticamente. I fascicoli non pervenuti all'abbonato, dovranno essere reclamati entro 15 giorni dalla ricezione del fascicolo successivo. Tutti i diritti di riproduzione e traduzione sono riservati. La collaborazione è aperta a tutti gli studiosi, ma la Direzione si riserva a suo insindacabile giudizio la pubblicazione degli articoli inviati. Gli autori degli articoli ammessi alla pubblicazione non avranno diritto a compenso per la collabora-zione. Riceveranno un fascicolo gratuito della rivista e un estratto in formato elettronico del proprio articolo. Manoscritti e fotografie, anche se non pubblicati, non saranno restituiti. Saggi da pubblicare, libri (possibilmente in duplice copia) da recensire e comunicazioni varie vanno inol-trati a: Rocco Mario Morano, Via A. Cassarà, n. 21/49-87100 Cosenza (Tel. 0984 394265).
Bruno Mondadori, 2006
Capitolo primo:Introduzione Capitolo secondo: Evoluzione e visioni del mondo Capitolo terzo: L'evoluzione continua Capitolo quarto: Possiamo modificarci? Capitolo quinto: Il determinismo genetico Capitolo sesto: E' giusto modificarci? Capitolo settimo: Ginevra, 1816 Capitolo ottavo: Newton e Leibniz Appendice Avvertenza E' possibile parlare di evoluzione, genoma, ereditarietà senza parlare di nucleotidi, basi azotate, legami chimici e così via e nello steso tempo consentire di discutere tutte le implicazioni sociali etiche e filosofiche che la moderna genetica solleva? E' possibile che una persona comprenda quello che sta succedendo in biologia ed in particolare nella biologia umana senza conoscere nulla di chimica e poco di biologia? Certamente sì. Un conto infatti è fare ricerca in genetica o usare la genetica per scopi medici, cose per le quali tutte queste nozioni sono indispensabili, e un altro è comprendere cosa ci aspetta in un futuro in parte lontano e in parte assai vicino. Cercherò di farlo in questo volume, dove mostrerò come sia possibile seguire il dibattito sulla genetica moderna semplicemente usando termini cui ormai tutti sono abituati, e cioè quello di programma e di istruzione. In effetti, questa analogia è estremamente utile per comprendere come i genomi funzionino, anche se questo non sta ad indicare necessariamente che i genomi funzionino come i computer: nei secoli, gli scienziati hanno utilizzato i settori più moderni della scienza per tentare di descrivere ciò che non conoscevano né erano in grado di spiegare. All'epoca di Cartesio la meccanica e l'idraulica erano scienze avanzate ed ecco che con pulegge, tiranti e vasi comunicanti si spiegava tutta la macchina umana: alcune di queste spiegazioni, ad esempio la contrazione di un muscolo, conservano ancor oggi una loro validità. In altri settori, invece, oggi compatiamo quegli scienziati che le usavano per spiegare fenomeni che neanche adesso sappiamo da che parte prendere. Così, paragonare computer e cervello fra qualche decennio o qualche secolo sembrerà probabilmente ridicolo, ma usare il concetto di programma e istruzione per parlare di genetica potrebbe non essere così fuorviante. Anzi, si è cominciato a comprendere l'ereditarietà quando si è introdotto il concetto di programma. Un tempo infatti gli scienziati litigavano tra loro, sostenendo gli uni (preformisti) che per spiegare come da un uomo nascesse un uomo e non una pecora era necessario postulare che esistesse dentro ad ogni uomo una piccola copia umana (homunculus), ritenendo al contrario gli altri che la copia umana si organizzasse ad ogni nuova generazione da un misto di sostanze presenti nelle cellule germinali umane (epigenetisti). Gli uni dovevano risolvere il piccolo problema che originava dal fatto che in ogni homunculus ce ne dovesse stare uno più piccolo ad infinitum, mentre gli altri non riuscivano a spiegare come da una miscela informe di sostanze potesse derivare una copia nel complesso fedele all'originale. Solamente la percezione che in ogni embrione vi fosse un programma poté risolvere questo dilemma. Per programma e istruzione intendo qui ciò che tutti gli ignoranti di computer come me intendono. E' presumibile che chi è esperto possa considerare quanto dirò assolutamente impreciso. Qui, un programma verrà considerato un complesso di istruzioni che permette di eseguire un certo compito, che può essere astratto o concreto. Per noi, la sequenza di istruzioni che consente di montare un modellino è un programma, come lo sono le istruzioni che ci consentono di calcolare l'IRPEF che dobbiamo pagare. Un programma ha un grande vantaggio: è assai maneggevole. Si può lasciare fermo per tanti anni e poi ad un certo punto tirarlo fuori dal cassetto; se ne possono fare tante copie e distribuirle per Email; può essere piccolo ma dirigere la produzione di un qualcosa di molto grande e così via. Tutte queste proprietà del programma sono state sfruttate nei 3-4 miliardi di anni in cui la vita è comparsa sulla terra: una spora può rimanere anni immobile e poi riprendere a riprodursi quando le condizioni sono favorevoli; miliardi di spermatozoi possono venir prodotti e utilizzati; da una cellula grossa meno di un millimetro può derivare un elefante; e così via. Utilizzare concetti con cui tutti hanno familiarità (seppur vagamente, perché in realtà la maggior parte di noi non sa assolutamente come si costruisce un programma) è utile per spiegare molti aspetti della realtà, nel nostro caso, della genetica. Ma vi è una preoccupazione: non è che questo approccio possa essere superficiale e che in realtà alla gente vengano propinate nozioni imprecise o persino fasulle? Non so se questo può accadere in settori della fisica o in altri, ma credo proprio che non sia il caso della genetica. I concetti generali della genetica si possono comunicare facilmente, senza essere imprecisi: non è che alla fine si sappia tutta la genetica, si sa solo quella parte che consente di dare un giudizio su di essa, che in realtà è quello che conta.
Non essere mai nati è la cosa migliore e la seconda, una volta venuti al mondo, tornare lì donde si è giunti. (Sofocle) Ars longa, vita brevis (Ippocrate) E devo andarmene prima di aver detto la mia ultima parola. Si deve sempre andare via prima di aver finito il proprio compito. E' la più triste della tristezze della vita (Charles Renouvier) Come è possibile dire sì alla vita nonostante la morte? (Viktor Frankl) Penso vivo agisco desidero e amo come se fossi immortale (Jean Ziegler) Se lo privi della sua finitudine, l'uomo cessa di essere soggetto di una qualsiasi storia. (Jean Ziegler) O soffrire, o morire. (anonima, 2015) 1. Introduzione. Perché questo corso. Perché parlare della morte Mi sembra opportuno spendere qualche parola per motivare la scelta di questo tema per il corso di filosofia 2015-16. Forse qualcuno penserà che sia inopportuno proporre un argomento siffatto in tempi già di per sé ingrati e calamitosi, e che sarebbe meglio occuparsi di questioni più positive. Perché parlare della morte, insomma, in un mondo già così tormentato? In realtà gli uomini hanno sempre parlato della morte, fin dalla storia, attraverso i miti, che sono finzioni dell'immaginazioni utili a frapporre uno schermo protettivo fra noi e il nulla. Perciò in realtà parlare della morte significa parlare dell'immaginazione umana, che oggettiva questo Nulla, che lo fa esistere come un altro mondo; e in questo modo lo tiene anche a distanza, rendendolo infine in qualche modo accettabile. E' chiaro insomma che parlare della morte significa parlare degli infiniti discorsi che su di essa sono stati fatti; anche perché la morte in quanto tale non esiste: non è uno stato, né un oggetto; esiste solo il morire, l'atto del morire, il processo del morire. Resta da chiedersi-dopo l'interrogativo sul perché si possa e debba parlare della morte-anche come parlarne, dato che quella della morte è chiaramente un'esperienza negata al soggetto stesso che muore, e per questo fondamentalmente incomunicabile, chiusa nel cerchio impenetrabile della soggettività. Noi possiamo fare esperienza – e in un senso molto relativo – solo della morte dell'altro, e solo delle sue forme, non del contenuto di essa. Ritengo che possa essere utile e stimolante dedicarsi ad una riflessione approfondita e ad ampio raggio su una realtà che ci riguarda tutti in modo essenziale, ma a cui per lo più non badiamo, che anzi escludiamo dall'orizzonte della nostra vita quotidiana. Si dirà, con buoni argomenti, che è un bene che non si pensi alla morte, che agli effetti pratici questo atteggiamento ci aiuti a vivere pienamente ed intensamente. E sia. Ma credo anche che una comprensione matura e serena del fatto della morte possa illuminare la nostra stessa vita, perché fra vita e morte c'è un rapporto stretto, una complicazione assoluta. Viviamo in un'epoca che sempre più tende a mettere fra parentesi la morte, ad occultarla, a considerarla come uno sgradevole accidente, come un difetto di fabbricazione passibile di eliminazione in un
LE ALPI VENETE, 2023
INTRODUZIONE L'idea degli sci è associata all'uso a cui sono attualmente destinati, che è quasi esclusivamente ludico; ma che tale divenne sono negli ultimi anni del 1800. 1
L'uomo e La macchina neLLa Letteratura deL novecento © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS La rivoluzione industriale, come è noto, porta nel XIX secolo a un grande sviluppo economico e a un notevole progresso nel campo della scienza e della tecnica. A partire da questo momento storico un nuovo protagonista, la macchina, entra a far parte della vita dell'uomo. Un avvenimento di tale portata non può non avere delle ripercussioni anche in ambito letterario, come testimoniato dalla produzione del periodo, in cui la macchina è generalmente vista come simbolo del progresso dell'era positivista. Si ricordi ad esempio il contributo dato al tema da Giosue Carducci, che nell'inno A Satana tesse un entusiastico elogio della locomotiva come emblema della ragione e del progresso della modernità contro l'oscurantismo della Chiesa cattolica. Posizione non dissimile è quella del movimento futurista, per cui, come recita il suo manifesto, un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall'alito esplosivo… un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia. Il termine automobile (al maschile, secondo l'uso linguistico di inizio Novecento) è inventato proprio in quegli anni da Gabriele d'Annunzio, autore per cui il mito della macchina ha un ruolo non secondario, come dimostra il romanzo Forse che sì, forse che no . In esso domina l'esaltazione dei nuovi mezzi di locomozione, dall'automobile all'aeroplano, glorificati soprattutto per la loro velocità, per il fatto di riuscire a superare i limiti imposti all'uomo dalla natura, pur sempre strumenti deputati alla mitizzazione del superuomo, il cui ruolo rimane comunque centrale nelle opere del Vate. Non tutta la produzione letteraria di fine Ottocento e inizio Novecento è caratterizzata da un ottimistico elogio nei riguardi del progresso e del vertiginoso sviluppo delle macchine. Alcuni autori preferiscono mostrarsi più cauti, consapevoli che ogni cambiamento storico comporta non solo benefici ma anche contrarietà e problemi. Perfino sedicenti anticonformisti come gli scapigliati assumono un atteggiamento di rifiuto nei confronti della modernità rappresentata dalla locomotiva, vista come l'orrorifica manifestazione demoniaca d'una novità esistenziale troppo lontana dai parametri consueti alla società e alla cultura nazionale (Roberto Tessari). Praga, Boito e compagni mostrano cioè, di fronte all'avanzata della modernità, un sincero rimpianto verso un passato in cui la strada ferrata non aveva ancora aggredito il legame tra la bellezza della terra e l'anima del poeta, ed era quindi ancora integro il triplice nesso di Natura-Bellezza-Verità (Tessari). Recita così il componimento di Emilio Praga intitolato La strada ferrata:
Loading Preview
Sorry, preview is currently unavailable. You can download the paper by clicking the button above.
"Annuario filosofico", 2017
Annual Review of the Faculty of Philosophy, Novi Sad, 2024
Quel piccoletto con zaino e bicicletta. Nanni Salio: racconti e riconti di persone che lo hanno conosciuto, 2018
La discesa del Figlio dell’Uomo, 2015
Paesaggio, luogo, ambiente. La configuratività territoriale come bene comune, 2014