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Nell'insieme delle espressioni utilizzate correntemente per esprimere il concetto dell'incomprensibilità comunicativa, parlar turco e parlare arabo sono interscambiabili nell'immaginario linguistico collettivo. La facilità con la quale si tende ad accostare due lingue in realtà diverse, deriva indubbiamente da una conoscenza ancora superficiale della storia e della cultura turche. Solo recentemente, con il crescente interesse per i destini della Repubblica di Turchia, specie in relazione alla sua collocazione sullo scacchiere geopolitico mondiale, si è riaccesa la curiosità su un paese fino a qualche anno fa percepito, anche a livello culturale, in modo piuttosto astratto e confuso oltre il perimetro della cerchia degli studiosi addetti ai lavori.
Esiste una specie di filo d'Arianna della cultura che consente di "cucire" insieme sistemi diversi. O se si preferisce che permette di orientarsi nel labirinto della cultura. Molto però dipende, per proseguire nella metafora "sartoriale", dal colore del filo usato.
Ipotesi di un modello gestionale interregionale applicato a una linea ferroviaria divisa fra due amministrazioni locali. L'articolo studia l'implementatazione di un modello gestionale unico di una linea di valico attualmente interpretata solo per il traffico locale. Si dimostra quanto una visione della rete ferroviaria complementare non limitata al trasporto vicinale possa comportare significativi benefici ai territori sui quali insiste e una maggiore effiicienza gestionale.
Turchia tra Oriente e Occidente, 1999
It's an abstract from my thesis Turchia between Occident and Orient, if you're interested in, you may email to: [email protected]. It's divided into six chapters that involve historical, geographical, political and economic Turkish matters from Ottoman Empire to late XX century.
MILLENNIUM , 2018
Un decalogo utile (soprattutto ai giovani) per capire che basterebbero questi dieci “piccoli” motivi per amare l’imperfetta Unione Europea 🇪🇺 A useful handbook (especially for young people) to understand that these ten "small" reasons would suffice to love the imperfect European Union 🇪🇺
RITORNARE SI PUÒ? I presupposti per un progetto di ritorno culturale e socio-economico delle seconde e terze generazioni dell’esodo ATTI DEL CONVEGNO promosso dal CIRCOLO DI CULTURA ISTRO-VENETA « I S T R I A » Trieste - Fiume, 21 e 22 novembre 2019 Trieste 2020, pp. 192, 2020
Essay published in ATTI DEL CONVEGNO "Ritornare si può'?" ["Can we come back? The prerequisites for a project for the cultural and socio-economic return of second and third generations of the exodus"; CONFERENCE promoted by the ISTRO-VENETIAN CIRCLE OF CULTURE "ISTRIA" in Trieste - Fiume/Rijeka, 21 and 22 November 2019], pp. 192.
vio Rinuccini non sono tanto l'argomento e la comune natura drammatica, quanto soprattutto il carattere di novità che connota entrambi i testi nell'ambito del teatro italiano : se l'Orfeo apre la drammaturgia volgare ad argomenti profani e mitologici, l'Euridice rappresenta il primo compiuto melodramma pubblicamente inscenato. Opere quindi fondative, che inaugurano due forme e due stagioni teatrali differenti ; ciò avviene attraverso una scrittura che propone di fatto un rinnovamento delle forme drammatiche canoniche -o quantomeno riconosciute -intessendo, in forme ibridate o spesso innovate, elementi preesistenti della tradizione classica e volgare. 1
ARCHIVIO DI STUDI URBANI E REGIONALI, 2015
Il ritorno delle periferie di Francesco Indovina da Archivio di studi urbani e regionali, n. 12, 2015 Franco Angeli Alcuni eventi drammatici, come il manifestarsi della "lotta tra poveri" in molti quartieri romani, altri positivi, come l'impegno di Renzo Piano per il "rammendo della città", hanno riportato in primo piano il tema delle periferie. Un ritorno necessario ma non completamente felice per l'equivoco sotteso ad ogni considerazione su queste parti della città come zone di degrado urbanistico ed edilizio. Non nego che quelle che chiamiamo "periferie" presentino spesso situazioni, anche gravi, di degrado urbanistico ed edilizio, ma c'è dell'altro. Intanto c'è la trasformazione della città: la regolarità di un "centro" e di periferie sempre più degradate a mano a mano che da questo centro ci si allontana, si riscontra solo in piccole città: le maggiori città ormai si presentano sempre più a pelle di leopardo, dove è possibile individuare più centri e diverse periferie che con questi centri si mischiano presentando gradi di marginalità diversa e non sempre le aree con maggior disagio risultano le più distanti dai centri. Va sottolineato che appare problematico disegnare una "mappa urbana" che distingua nettamente le periferie dai centri e i diversi livelli e gradi di periferizzazione. Nella città contemporanea si può cogliere una simbiosi tra le diverse zone ancorché caratterizzate socialmente in modo fortemente diverso, fenomeno questo promosso o almeno facilitato dalla diversa dotazione di servizi (pubblici e privati) e dall'offerta di beni (anche illegali) che caratterizza ciascuna zona. Emerge una nuova geografia urbana che definisce un territorio nel quale si incontrano situazioni insediative qualitativamente diverse ma accostate. La città è questo insieme: non può essere considerata per frammenti autonomi; ogni zona non solo è vicina ad una zona di diversa qualità e di diverso tipo di insediamento, ma ciascuna vive in simbiosi con le altre. La frammentazione che spesso ci pare di cogliere non è che il nostro sguardo superficiale. A definire questa situazione contribuiscono diversi fattori: prima di tutto la crisi economica che falcia i redditi di tutta la popolazioni (non ci interessano le frange fortunate, diciamo così), ma che si fa sentire con maggiore aggressività nelle fasce più povere; non solo, la crisi incrementa la disoccupazione e il lavoro marginale (la felice flessibilità -ciascuno che amministra il suo tempo di lavoro -grava soprattutto sui più giovani e i licenziati di una certa età che non trovano lavoro da amministrarsi); la crisi fiscale dello Stato e degli enti locali porta alla riduzione crescente dei servizi pubblici, sempre molto scarsi in molti dei quartieri che definiamo "periferie", finendo per negare valenza operativa ad ogni concetto di diritto di cittadinanza. Ma c'è anche l'esasperazione che prende alla gola chi si sente abbandonato e privo di prospettiva; c'è la ricerca di un capro espiatorio individuato nel diverso per colore della pelle, l'extracomunitario, ma non solo. C'è spesso il sovraffollamento abitativo e la solitudine urbana. Quello delle periferie è un tessuto sociale costruito dalle diseguaglianze, fatto di "invidia", ma anche di disperazione, un terreno fertile per una propaganda politica di destra che indica nello "straniero", che ti "ruba il pane", l'oggetto sul quale scaricare la tua disperazione con una falsa possibilità di riscatto. Se fosse sbagliato considerare queste zone come focolai della nuova (e vecchia) destra xenofoba, sarebbe, tuttavia, necessario considerare che l'assenza di alternative sociali e politiche non facilita una positiva dialettica politica. Alcune di queste zone periferiche vengono considerate delle discariche sociali nelle quali alle difficoltà di vivere dei locali si somma quelle degli immigrati, più o meno rinchiusi nei "centri di accoglienza" (mai titolazione è stata più ironica), o rintanati in edifici abbandonati o, ancora costretti a convivenze numerosissime in abitazioni fatiscenti, unico modo per soddisfare le esose pretese di padroni di casa senza scrupoli. Una situazione oltremodo favorevole per determinare situazioni di degrado, di traffici illeciti, di violenza. Quando si prenderà coscienza e consapevolezza che sono le diseguaglianze, il degrado sociale, culturale ed economico il segno distintivo di una qualsiasiperiferia, e qualora questa
Il recupero di un bene prezioso della Nostra Storia, un bronzetto, viene inficiato da una carenza di studi sull’argomento. L’attribuzione della provenienza solleva molti dubbi sia da parte degli esperti del settore che da parte dei dilettanti in campo archeologico. Proviamo a ricostruire le probabili attribuzioni.
Europa come rivoluzione , 2020
Questo articolo nasce con l'intento di recensire una recente monografia, nata come tesi di laurea presentata da Lorenzo Disogra all'Università degli Studi di Parma nell'anno accademico 2017-18, edita quest'anno per la casa editrice "Edizioni all'insegna del Veltro"1. Qual'è l'argomento di questa tesi, oramai pubblicata e quindi accessibile a tutti? E' un controverso leader e teorico politico, di origine belga, che ha dedicato la sua intera esistenza all'idea di un' Europa unita. La sua idea di Europa era senz'altro molto differente e più affascinante dell'idea, forse ormai quasi un miraggio, degli "Stati Uniti d'Europa", celebrati da molti liberali come un futuro progetto volto ad un esportazione completa del modello statunitense in Europa. Ma, quindi, di chi sto parlando? Di Jean Thiriart. Chi è Jean Thiriart ? Jean Thirart nacque il 22 Marzo 1922 a Bruxelles, da una famiglia della piccola borghesia belga con idee fortemente anticlericali e con un orientamento politico tendente alla cosidetta "sinistra liberale". Egli termina gli studi giovanissimo, all'età di sedici anni, per poi diventare un perfetto autodittata nello studio della filosofia, della politica ecc. Grazie alla sua curiosità e alle sue notevoli doti intelletuali, come spiega il suo biografo Yannick Sauveur, citato da Disogra come una delle fonti principali, il giovane Thirart riuscì a sviluppare una preparazione sorprendentemente vasta e pluridisciplinare2. Durante la sua adolescenza venne fortemente influenzato dalla cultura dei propri genitori, iniziando, così, una militanza in vari gruppi d'estrema sinistra ed antifascisti, come la Juene Garde Socialiste Unifièe e l'Union Socialiste Antifasciste. Successivamente, nel 1939, deluso da una sinistra che considerava oramai troppo verbosa e priva di idee credibili verso il futuro, passa, come si suol dire, dall'altra parte della barricata ,avvicinandosi al nazionalsocialismo e alle idee che propagandava il Terzo Reich. La "conversione" politica di Jean Thiriart durante il secondo conflitto mondiale non deve sorprendere, come spiega Disogra; infatti, molti intellettuali. sia comunisti che di "sinistra" (ma anche di altre aree politiche), videro il Terzo Reich come un'alternativa politica sia al capitalismo reale sia al socialismo, che si stava costruendo in Unione Sovietica3. Thiriart, inoltre, vedeva il Reich e l'idea nazionalsocialista, come d'altronde molti altri in Belgio e in Francia (ma anche nel resto del continente europeo), come un modello che poteva unificare l'Europa per proteggerla dalla decadenza morale e politica. Tale visione delle cose, che caratterizzava molti europei del tempo, venne esplicata anche dalla giornalista statunitense di idee marxiste Anne Louise Strong, che nel suo famoso volume sull'URSS staliniana scrisse: "Perfino molta gente comune tentò di adeguarsi al "nuovo ordine" edesco, sperando nell'unificazione dell'Europa."4 Ma la realtà era ben diversa sia per la Strong sia per Thiriart, nonché per molti altri. L' iniziale adesione all'AGRA (Amis du Grand Reich Allemand) di Thiriart, come dimostrato dai fatti, avrà poco a che fare con il suo corpus ideologico. Un altro aspetto interessante di Thiriart è la sua vicinanza al pensiero di alcuni autori tedeschi molto radicali, ma in contrasto con il nazionalsocialismo: uno fra tutti Ernst Niekisch5, che verrà deportato in un campo di concentramento dal regime nazionalsocialista. Thiriart, dopo la fine della guerra, venne arrestato e rimase in carcere per ben due anni con l'accusa di collaborazionismo. La prigionia lo segnerà per tutta la sua vita6. Dopo la scarcerazione si dedicò solamente alla sua vita professionale, passando da ottico a optometrista. Ma l'inattività politica di Thiriart non era destinata a durare ancora per molto. Infatti, il 30 Giugno 1960, il Congo conquista la sua indipendenza dal Belgio; ciò, per Thiriart, come egli stesso spiegherà al famoso storico e giornalista italiano Angelo Dal Boca, costituì una vera e propria tragedia7. Da un punto di vista superficiale, Thiriart potrebbe essere definito semplicemente come un nostalgico del colonialismo. Ciò, tuttavia, non è propriamente esatto, poichè, come sostiene Disogra, bisogna valutare due aspetti del Thriart di quegli anni: 1. Il forte eurocentrismo a livello geopolitico e filosofico dell'autore, che lo portò ad appoggiare gruppi per gli interessi belgi in Congo e l'OAS francese in Algeria, che si opponeva al processo di decolonizzazione. 2. Nonostante la verità incontestabile del primo punto, Thiriart non si propone di continuare il colonialismo e la sottomissione dei paesi africani, ma di integrarli in un progetto "mononazionale" più ampio. Egli, infatti, parla di una sorta
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L'Arte del Francobollo, febbraio 2018, 2018
in "Il Segnale", XLI (2022), 122, giugno 2022, pp. 21-25
Le migrazioni in Europa UE, Stati terzi e outsourcing migration, 2015
Zenodo (CERN European Organization for Nuclear Research), 2022
A. Meriani - G. Zuchtriegel (a cura di), La Tomba del Tuffatore. Rito, arte e poesia a Paestum e nel Mediterraneo d'epoca tardo-arcaica, Pisa (ETS), pp. 49-55., 2020
SCIENZE del TERRITORIO special issue: Abitare il territorio al tempo del Covid, 2020
Castelvecchi , 2021
Insula Europea, Febbraio, 2020
maldura.unipd.it