La vastità del concetto di 'spazio' in estremo Oriente nasce dalla singolare modalità con la quale le popolazioni del luogo hanno storicamente percepito le forme del reale, dal punto di vista fenomenico e psicologico, con la conseguente formazione di un significato complesso, arricchito da sfumature di senso profondamente soggettive, e dunque variabili, perché fondato sulla globalità delle esperienze sensoriali, ma anche sulla conoscenza e sulla memoria individuale. Numerose infatti sono le parole atte ad esprimere le svariate connotazioni del termine, generalmente prive di una efficace e diretta traduzione nelle lingue occidentali: impossibile dunque acquisirne una reale comprensione di significato se non attraverso un'analisi comparativa che evidenzi l'enorme distanza di senso che intercorre tra l'esperienza spaziale in Occidente e quella estremo-orientale. Il termine maggiormente in uso nella lingua giapponese è kûkan, parola composta dal carattere kû che indica lo spazio tra cielo e terra, o anche il 'vuoto', mentre il termine kan (spesso pronunciato anche come ma) significa 'intervallo', inteso come tempo che intercorre tra due eventi successivi ma anche, in termini spaziali, come la misura della distanza tra due oggetti. La dimensione temporale insita nel concetto di spazio, in una dualità del tutto estranea alla cultura occidentale, risulta essere la caratteristica basilare del termine nipponico che, in accordo con il pensiero di Lao Tzu 1 , vede nell'opposizione tra due termini 2 la polarità generativa di ogni fenomeno naturale. Di conseguenza, sia lo spazio reale che quello rappresentato si fondano sull'equilibrio dinamico tra due elementi contrari quali, cielo/terra, montagna/acqua, lontano/vicino, vuoto/pieno, la cui relazione viene resa manifesta proprio dall'espressione artistica: a tal fine il disegno della natura non è vincolato dai principi della mimesi, ammessi solo per la pittura di animali, personaggi e oggetti, poiché il pittore non è chiamato a fissare le apparenze mutevoli delle cose ma piuttosto a coglierne ed esplicitarne il principio organizzatore. Osservò a tal proposito Dong Qichang 3 che se la pittura tenta di rappresentare in maniera realistica la profondità e le distanze, il quadro non uguaglierà mai il reale, ma se al contrario si sceglie come tema il "meraviglioso lavoro del pennello e dell'inchiostro" 4 allora sarà il paesaggio esterno ad apparire scarno rispetto alla ricchezza interiore dell'artista. A causa dell'ingombro eccessivo dei materiali quali inchiostri, pennelli, rotoli in carta o in seta, raramente in Oriente troviamo vedute paesaggistiche dipinte en plein air; in realtà, la scelta di dipingere nello studio, lontano dal soggetto ispiratore, rispetta il principio generale dell'estetica e della teoria artistica sino-nipponica secondo la quale 'l'idea precede il pennello'. L'artista dunque deve osservare la natura e di questa può eseguire schizzi dal vero, ma l'immagine trasposta sulla tela è il frutto di una rielaborazione alla quale concorrono le memorie del mondo naturale, i modelli pittorici (figurativi e non) della tradizione, visioni cosmologiche e personali, influenze religiose e filosofiche. Sebbene fortemente diviso tra la consapevolezza della forme reali dello spazio tridimensionale e la percezione fisiologica delle stesse, che induce sensibili deformazioni alle proprietà metriche degli oggetti, l'artista estremo-orientale sceglie di ignorare le leggi dell'ottica per rendere manifesta l'essenza delle cose al di sopra delle infinite e fugaci apparenze, contribuendo in tal modo a rendere la pittura un'arte 'suggestiva' piuttosto che descrittiva, in analogia con l'espressività del componimento poetico. La rappresentazione del reale si pone così in chiave simbolica, volutamente e consapevolmente in contrasto con il trompe l'oeil della prospettiva occidentale; secondo Massimo Scolari, la 1 Lao Tzu, filosofo, leggendario fondatore del Taoismo, vissuto in Cina tra il IV e il IV secolo a.C. 2 I poli achetipici sui quali si basa l'equilibrio dell'intero universo sono yine yang. 3 Pittore e letterato dell'epoca cinese Ming (XV secolo). 4 Citato in A. De Rosa, L'infinito svelato allo sguardo. Forme della rappresentazione estremo-orientale. Torino 1998, p.65.