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Sull'esempio degli scritti costituiti al passo con la produzione letteraria di Cristina Campo, che per la loro natura circostanziale ed il carattere intermediario sono resi 'libri-soglia' verso altre forme di espressione in prosa o in versi, si cerca di dimostrare il farsi della coscienza riflessiva e delle idee compositive formanti di questa scrittura. Testimoniano dell'impronta metaletteraria o autointerpretativa i testi ad ampio spettro conoscitivo, prepubblicati e confluiti nel volume critico ʺSotto falso nomeʺ, oppure pagine archiviate nelle raccolte di lettere finora stampate, edite soltanto parzialmente, contrassegnate dall'acuito spirito stilistico e perciò protese all'infuori dell'immediato. Oltre a garantirne la riconoscibilità, la consistenza strutturale complessiva del pensiero campiano lo rende più universalmente valido in senso ermeneutico, stando alla base di un'idea dinamica dell'arte di scrivere, intesa come polimorfa e collegata ai contigui ambiti di sapere. Sebbene l'approccio poetico della scrittrice possegga una connotazione atemporale, nel considerare lo sfondo storico viene valutato il rapporto tra la memoria e l'attualità, in quanto soggetto letterario tratteggiato, già l'elemento costitutivo del quadro filosofico del suo corrispondente epistolare A. Emo. Si prende inoltre spunto dai motivi complementari in cui si individua un'analoga matrice simbolica, rinvenibile nelle opere di S. Weil, C. Alvaro o A.M. Ortese, per determinare la portata speculativa delle considerazioni concernenti la sfera dell'antropologia culturale.
vol. del progetto editoriale da determinare, Limina Mentis Editore, Villasanta; consegnato, e accettato per la pubblicazione con la conferma dell’Editore
English version of the abstract: This paper is intended to explore the modes constituting internal philosophicity as a constant structural trait of Cristina Campo’s production, occasionally turned into an immediate ontological or gnoseological instance. The analysis also focuses on intertextual aspect in regard to similarities that can be established between Andrea Emo’s speculative thought and Campo’s understandings which may have influenced it. Those affinities are underscored in the case of the thinker’s "Quaderni di metafisica" (Notebooks of Metaphysics), as well as in their common epistolary collection, by taking into account analogue stylistic devices or conceptual topoi (motifs of memory, myth, fairy tale and artistic representation). Moreover, it is aimed to determine thereby the presence of traditional paradigms such as Nietzsche’s thinking, which are somewhere evoked in conjunction with Simone Weil’s views, while comparative counterpoint can be found in certain compositional features of Hugo von Hofmannshal’s work. Likewise, as theorized by María Zambrano, Campo promotes vision of poetry and philosophy as unitarily intervowen, resulting in poetic reflectiveness. Her poetising implies therefore philosophical polyvalence.
Il progetto di ricerca fa riferimento ad alcuni tratti salienti della produzione letteraria e dell’attività intellettuale di Cristina Campo, che si vuole focalizzare con lo scopo di distinguere i presupposti poetici e critici fondanti, all’interno di un quadro culturalmente inglobante. Oltre a rilevare gli elementi strutturali caratterizzanti della sua prosa letteraria e saggistica, si cerca inoltre di individuare le risonanze autobiografiche basandosi su interrelazioni tra i vari generi letterari, nonché di contestualizzare i richiami esterni che testimoniano delle affinità riscontrabili nelle opere degli autori classici e contemporanei. Un’ulteriore area tematica riguarda i principali aspetti derivanti dalla predisposizione della scrittrice per la contaminazione interdisciplinare. Ci si propone anche un approfondimento sui rapporti di Cristina Campo con l’ambiente culturale veneto.
Borges lo scrittore ispanoamericano maggiormente ammirato e seguito da Cristina Campo che "subì il fascino della [sua] figura e del simbolo del labirinto letterario''.^ A quest'autore dedicherà infatti nel 1960, alcune brevi ma incisive pagine critiche^ nelle quali sottolinea la sua unicità: "è il solo autentico narratore umanista che il mondo ancora possegga" afferma, e poi ancora: "un lirico della storia, un erudito della poesia, nei cui testi si incontrano e si sublimano [...] i segreti e gli splendori di tutte le tradizioni: [...] Tarabo-ispanica, [...], la platonica, la càtara, la gnostica, la cabalistica, l'alchimica".^ Di Borges però mette in risalto anche la capacità di attuare quella "vera creazione per mezzo della parola" (che consisteva, come precisava Hoftnannsthal, nel "Descrivere con estrema precisione fìsica cose fisicamente impossibili") e che era riservata a pochissimi: "è forse il solo scrittore vivente che [ne] sia ancora capace", precisava."* In un secolo che le appariva come un "blocco cieco, mutilo e massiccio", la fantasia creativa di questo scrittore riusciva inoltre a creare "leggermente, vertiginosamente un'apertura" che apriva nuove, rivitalizzanti, prospettive: ci lascia intravedere ancora una volta lo sterminato "mondo che sta dietro quello vero" e senza il quale il mondo vero sarà ben presto un mondo spettrale.^ Allontanando l'ipotesi che i suoi tragici e iridescenti racconti" potessero essere considerati solo "un seguito di formule esoteriche", sottolinea la sua fondamentale e primaria capacità narrativa:
La realtà rappresentata. Antologia della critica sulla forma romanzo 2000-2016, 2019
Il successo planetario di narrazioni a cavallo fra i generi, da Gomorra di Roberto Saviano fino a Preghiera per Cernobyl del premio Nobel Svjatlana Aleksievič e molti altri, ha rappresentato negli ultimi anni l'occasione di un ripensamento critico profondo della forma-romanzo, tanto nella sua morfologia quanto nelle sue declinazioni particolari. È vero, come afferma Mario Vargas Llosa, che solo il romanzo può darci una «presa diretta e totalizzante dell'essere umano» o ha forse ragione Berardinelli quando parla, denunciandolo, di un genere ormai «più merceologico che letterario»? E quali sono oggi i rapporti tra la rappresentazione romanzesca e una realtà percepita come sempre più complessa, se non sul punto di dissolversi nell'immateriale della mediatizzazione? Attraverso le pagine di molti fra i contributi critici più interessanti degli ultimi anni, l'antologia permette di comprendere le rappresentazioni romanzesche della realtà, aprendo così anche ad una più articolata comprensione del mondo contemporaneo. I cappelli introduttivi premessi ad ogni brano antologizzato permettono inoltre di contestualizzare e mettere a fuoco i nodi teorici principali della letteratura critica.
Nella comunicazione si esplorano le tracce interpretative insite nel ragionamento di Guido Ceronetti intorno all’opera di Cristina Campo, che vi assumono reversibilmente notevole rilievo, potendo influire anche sulla sua impronta specifica. Si ravvisano così le similitudini nella loro attitudine saggistica, per un’inclinazione verso un’espressione che si presenta precisa nel suo significare poetologico e al contempo contrassegnata da una spiccata valenza filosofica e da un anelito liricheggiante (si confrontino i volumi ceronettiani "Il silenzio del corpo" e "Un viaggio in Italia"). Viene altresì focalizzata la comparsa di connotazioni simbolico-tematiche convergenti, nonché di echi intertestuali riverberanti (Dante, Manzoni, Leopardi, Čechov ecc). Un’analoga configurazione riflessiva si evidenzia da uno studio comparato del sapere tradizionale in "Difesa della luna", precedentemente apparso su "Conoscenza religiosa". D’altro lato, la poematicità tratteggiata da Ceronetti riguardo al "Cantico dei Cantici" trova corrispettivo dialettico nei versi dell’autrice, anche altrove oggetto della sua analisi quanto al costituirsi della coscienza lirica campiana. Una presentazione in forma di handout è prevista dalla comunicazione.
in S. Chemotti, Le graphie della cicogna. La scrittura delle donne come ri-velazione, Il Poligrafo, Padova 2012, pp. 129-139
"Parole, immagini e situazioni", a cura di G. Pannunzio e I. Pozzoni, Limina Mentis Editore, Villasanta; consegnato, e accettato per la pubblicazione con la conferma dell’Editore
Il presente saggio si pone l’intento di delucidare gli assidui esempi dotati di accentuato valore iconologico, che sono insiti nella scrittura suggestiva e interdisciplinariamente poliedrica della letterata italiana moderna Cristina Campo, costituendovi l’espressione di una sensibilità affinata per le arti visive. Così verrà determinato quello che accomuna la strutturazione ideativo-stilistica del discorso critico dell’autrice, incentrato su canonici motivi figurativi, alle sue ricerche propriamente letterarie, risultanti in una trasposizione narrativa o lirica di particolari elementi iconici. Da un siffatto confronto si deduce che, nel cercare corrispondenze tra letteratura e figuratività, lei frequentemente dimostra interesse per la rappresentazione iconografica nell’epoca rinascimentale e barocca, cercando un aggancio con la modernità. A tale fine comparativo, si prende spunto da alcuni incisivi saggi contenuti nel volume campiano di carattere critico, "Sotto falso nome". Sotto il profilo contenutistico, ne danno prova gli episodi riguardanti le peculiarità degli affreschi masacceschi, come anche di certe composizioni pittoriche di Leonardo, oppure dell’espressività visiva di Raffaello, con ulteriore riferimento all’arte applicata nel caso dello studiolo di Gubbio dei Montefeltro. L’analisi verterà analogamente sul fatto che vi è sottesa un’interpretazione che si riallaccia alla vena creativa nella parte restante dell’opus della Campo, trovando riflesso nel suo principale libro di saggistica autoriale "Gli imperdonabili" e nella corrispondenza. L’autrice focalizza pure la valenza figurativa di determinate scene nell’opera artistica di Goya di cui sono reminiscenti alcuni suoi versi lirici. E si presta attenzione complessivamente alla presenza del racconto ecfrastico in questa prosa e dell’immagine visiva nel registro versificatorio, traducentesi nella caratteristica simbologia, nonché alle scelte grafiche di copertina (Hugo van der Goes).
2005
Contributo in Chemotti, S. - Calapj Burlini, A. M. "Donne in-fedeli. Testi, modelli, interpretazioni della religiosità femminile", Il Poligrafo, Padova 2005, pp. 239-260.
Accorgersi di tutto. Il sacro poetico in Cristina Campo, 2024
Il sacro, come percezione dell’ulteriore, sentore di ciò che trascende la materia, ne è perpetua ipotesi di senso e sorgente. Teso come un arco al cielo è il percorso esistenziale e letterario di Cristina Campo: pseudonimo prediletto di Vittoria Guerrini, quell’anima prescelta che, tenendosi voce fuori dal coro, fu ardita vestale di cose imperdonabilmente celesti in un’epoca di fallaci sovversioni e fatue avanguardie: in quel novecento dal progresso lineare in cui banalità e volgarità, figlie del consumo, fecero fatale irruzione, riducendo via via l’interiorità a una larva silente, asservita al più ottuso e sterile materialismo. La vita di Cristina, cronologicamente, crudelmente, vive questo tempo storico; ma è invece una continua ricerca d’intimità con il sacro, un continuo esercizio di “dissidenza dal gioco delle forze, una professione d’incredulità nell’onnipotenza del visibile ” che corrisponde a una peculiare ascesi: dal semplice atto del vedere alla percezione di ciò che davvero esiste: “e che altro veramente esiste – si domandava Cristina – in questo mondo se non ciò che non è di questo mondo?
Andrea Piccardi (a cura di), Trasmissione del testo dal Medioevo all'età moderna. Leggere, copiare, pubblicare, 2012
Attraverso l’analisi di alcuni frontespizi si tenta di esaminare le precipue modalità con cui le considerazioni sviluppate da vari filosofi (Simmel, Ortega y Gasset) sul valore simbolico della cornice possano estendersi anche alla soglia del testo; questa, d’altronde, anche graficamente, assume spesso la forma iconica di una cornice - generalmente di tipo vegetale, istoriato o architettonico - presentando, analogamente a quella dei quadri, uno stile più razionale e geometrico o più sontuoso e scenografico, secondo il gusto dominante. In una civiltà abituata più alla visualità che alla lettura, le immagini del frontespizio, la cornice con le sue raffigurazioni allusive al contenuto, e ancora di più il ritratto, svolgono un importante ruolo persuasivo o ermeneutico e pertanto non devono essere considerate alla stregua di semplici ornamenti. In tal senso il frontespizio condivide lo statuto di parergon, proprio dell’ornatus retorico e delle cornici dei quadri (ma anche della firma dell’autore, del titolo, della didascalia, etc.) che, secondo Derrida, sarebbero insieme marginali e centrali rispetto a ciò che consideriamo l’opera vera e propria (ergon). L’illustrazione del frontespizio, con la sua posizione privilegiata ad apertura di libro, rappresenta un potente mezzo comunicativo. I messaggi espressi attraverso l’interazione dell’elemento verbale e di quello visivo hanno una finalità informativa e, soprattutto, promozionale. Spesso la prima pagina del libro presentava immagini di archi, porticati o sontuosi portali d’ingresso che assumevano una valenza simbolica, presentandosi metaforicamente, come ‘soglia’, per dirla con Genette, volta a introdurre il lettore verso il sapere.
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Polythesis, 3, 2021
Zeitschrift für romanische Philologie, 2019
"Frammenti di filosofia contemporanea", a cura di I. Pozzoni, vol. XXIX, Limina Mentis Editore, Villasanta; consegnato, e accettato per la pubblicazione con la conferma dell’Editore
A cura di Vincenzo D'Alba, Francesco Maggiore. Il governo della città e delle sue periferie, 2015
"Cesare Pavese al tempo del coronavirus. Ventesima rassegna di saggi internazionali di critica pavesiana", a cura di Antonio Catalfamo, I Quaderni del CE.PA.M-Guida Editori, Napoli, 2021, pp. 169-177.