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Una recente pubblicazione incentrata sull'uso programmato del reimpiego all'interno dell'Incompiuta, scritta da Lucilla De Lachenal nel 1996 (che già aveva accennato al complesso su di un precedente volume fondato sulla pratica del reimpiego nel medioevo 13 ) ed apparsa sull'importante rivista qual è il Bollettino d'arte, diviene puntuale riferimento di questo approfondimento 14 .
Mathera, 2020
Due epigrafi reimpiegate nella costruzione dell'Incompiuta a Venosa sono testimoni dei giochi gladiatori e una di queste presenta una tipologia di gladiatori altrimenti ignota, lo Scissor
Bollettino dei Monumenti, Musei e Gallerie Pontificie, 2018
Al Lapidario Profano ex Lateranense è conservato un nucleo di iscrizioni sepolcrali latine rinvenute nel 1861 a vigna Marchini, sulla via Nomentana. Il sito di provenienza è identificabile grazie ai catasti ottocenteschi, mentre i rapporti di scavo redatti da Lorenzo Fortunati consentono di tracciare la storia delle scoperte. Di alcuni tituli, CIL VI ignora la provenienza (12866, 16966, 19200, 26634), mentre di altri si fornisce una edizione migliorativa sulla base dell’esame autoptico. A group of sepulchral inscriptions found in 1861 along the via Nomentana (vigna Marchini) is stored at Lapidario Profano ex Lateranense. Their topographical context can be identified on the basis of 19th century cadastral maps. Lorenzo Fortunati’s reports trace the history of the excavations. CIL VI ignores the provenance of tituli 12866, 16966, 19200, 26634, whereas an autopsy of the tombstones provides us with better versions of texts.
Monete Antiche n. 119, 2021
Afrodite, Venere per i romani, era la dea dell'amore in tutte le sue manifestazioni, da quello puro e romantico, a quello sessualmente più sfrenato, anche a pagamento. Ne deriva che numerosissime erano le peculiarità per cui veniva venerata, peculiarità che, non di rado, erano prettamente locali, tanto che l'accordo non c'era neppure sulle sue origini. Per Omero 1 , infatti, la dea era figlia di Zeus (Giove) e di Dione 2 che in Epiro, e in particolare a Dodona, era venerata come sua moglie, al posto di Era (Giunone), come del resto è ben documentato anche su alcune monete, anche di Locri nel Bruttium. 3 Secondo Esiodo, invece, la nascita di Afrodite era una diretta conseguenza dell'evirazione di Urano (il Cielo) a opera del figlio Crono (Saturno) che, dopo averle recise, scagliò le "vergogne" del padre in mare, dove formarono una bianca schiuma, da cui nacque una fanciulla, Afrodite, appunto, che, spinta dagli Zefiri, approdò dapprima all'isola di Citera e poi a Cipro 4 (fig. 1). Nell'inno orfico 5 a lei dedicato la dea viene descritta così:
Vicino Oriente
«Sinestesieonline», XIII, 41, gennaio, 2024
Il saggio esplora la forma dell'espressione dialettale nella scrittura di Carlo Emilio Gadda, ipotizzando la natura delle sue radici nella forma primitiva della mente umana in grado di generare un linguaggio «affettivo, cioè uterino, cioè mitologico», come l'autore sembrerebbe teorizzare nelle pagine della "filosofica" Meditazione milanese (1928-1929), probabilmente mosso dalle suggestioni provenienti dalla lettura della vichiana Scienza nuova.
From the quarry to the monument. The Process behind the Process: Design and Organization of the Work in Ancient Architecture, 2021
2017
Abstract - (English version below) L'articolo propone un percorso interpretativo semiotico per l'opera dello street artist Ozmo intitolata " San Sebastiano con numeri e boxer D & G ". Considerando il corpo (rappresentato) come segno visivo e artefatto testuale, si evidenzia il processo di artificazione e si definisce il rapporto fra narrazione e narratività, branding e costruzione sociale del senso. Abstract This paper provides an interpretative path based on semiotics and focused on " San Sebastiano with numbers and D & G boxer shorts ". Considering the (represented) body as a visual sign and a text, the process of artification has been highlighted and connections between narration and narrativity, branding and social construction of meaning have been defined.
Since the two Peirceana issues of VS of 1988 and 1990, much has changed in Peirce scholarship. The present issue deals with Peirce's notions of iconism and iconic sign, which are addressed by different and complementary perspectives. For Peirce an icon is not simply a sign that resembles its object, but more precisely a sign by the perception of which other truths concerning its object can be discovered than those that were contained in the instructions for its construction. This idea has become central in current research on diagrammatic thinking, philosophy of logic and mathematics, and visual and cognitive semiotics.
2019
L’importanza della produzione di armi nella Milano del XV secolo è nota, infatti dalla parrocchia di Santa Maria Beltrade, sede delle officine più conosciute, uscivano ogni settimana a centinaia pezze e armature complete, di tutte le fogge, destinate al mercato italiano o a quello estero. Così come oggi l’importanza del marchio con cui vengono contraddistinte le diverse produzioni è fondamentale anche all’epoca i diversi artigiani erano gelosi dei loro marchi che permettevano di distinguere le loro produzioni da quelle di altri.
IL PAGANINI, 2020
Le ricerche degli ultimi anni sul mandolino genovese hanno permesso di identificare più di quaranta strumenti appartenenti a questa tipologia, riconducendoli alla produzione di almeno tre liutai attivi a Genova. Lo studio dei marchi a fuoco presenti su gran parte degli esemplari esaminati si è rivelato di fondamentale importanza per sopperire alla totale assenza di etichette manoscritte. Inoltre, il confronto delle caratteristiche costruttive ha consentito di distinguere modelli e dettagli comuni tra i fabbricanti, raccogliendo informazioni utili al riconoscimento di altri esemplari non ancora noti. In questa sede non sarà possibile fornire una descrizione particolareggiata dei singoli strumenti, ma saranno indicate le principali peculiarità connesse alla produzione dei tre liutai. Oltre agli aspetti costruttivi, l’esistenza di un numero così importante di mandolini genovesi porta a riconsiderare il loro ruolo storico-musicale, non come rare eccezioni della liuteria settecentesca, ma come parte consistente dello strumentario del periodo.
A ll'interno del Duomo di Monterotondo, murata in un pilastro nella parte sinistra del transetto, è conservata una lastra tombale datata al 1494. La lapide rettangolare, mutila nella parte inferiore, risulta lunga 122 cm e larga 63. Su tre lati conserva una raffinata decorazione a palmette, che inquadra una figura di bambino eseguita in bassorilievo. La lastra presenta evidenti tracce di consunzione dovute al calpestio, particolarmente evidenti sul lato destro: segno palese di una sua originaria collocazione nel pavimento di una chiesa. Il bambino raffigurato sul monumento, con una lunga veste, è rappresentato giacente su di un letto con le mani incrociate sul ventre, la testa di tre quarti poggiante su due cuscini sovrapposti. Sopra e sotto il campo figurato vi sono due iscrizioni in latino di otto righe ciascuna (seppure di larghezza differente), incise in caratteri capitali: quella più in basso, inquadrata ai lati da due figure di fanciulli nudi a cavallo di una gru, contiene il nome del defunto, del dedicante, e l'anno di esecuzione del monumento. Ne riporto di seguito la trascrizione e la traduzione del testo: Trascrizione Cornelio unico et dilecto filio Antonius Vanic ellus. scriptor apostolicus et comes palat inus posuit MCCCCLXXXXIIII Testo Cornelio unico et dilecto filio Antonius Vanicellus Scriptor apostolicus et comes palatinus posuit MCCCCLXXXXIIII A Cornelio unico e diletto figlio Antonio Vanicelli scrittore apostolico e conte palatino pose 1494 Dunque da quest'epigrafe apprendiamo che il monumento fu dedicato da Antonio Vanicelli, scrittore apostolico e conte palatino al suo unico figlio, Cornelio, morto nel 1494.
«il Nome nel testo. Rivista internazionale di onomastica letteraria», 2011
“Un linguaggio tra commedia sentimentale, canzonetta, pubblicità e un po’ di hard-core”; “Una lingua a metà tra standard e Standa”; “Un misto di volgarità e sgammaticature”; “Un atto di simbolizzazione grottesca della vita giovanile”: ecco alcuni dei giudizi con i quali la critica accompagnò l’uscita dell’opera prima di Pier Vittorio Tondelli, Altri libertini, di cui ricorre quest’anno il trentennale della pubblicazione. Verdetti inequivocabili ma forse limitati alla patina esteriore, superficiale di una scrittura che offre rimandi certo più complessi. Accanto al cosiddetto «sound del parlato», marca caratterizzante dell’opera, messo in atto in primo luogo attraverso il costante ricorso al gergo giovanile, si osserva infatti un più sottile, benché ricorrente, riutilizzo di materiali della tradizione letteraria italiana, europea e nord-americana che ha come effetto una “cortocircuitazione”, in apparenza contraddittoria, provocata dall’accostamento di stili e modelli tra loro dissonanti. Entro questo procedimento, da molti assimilato alla narrativa “postmoderna”, in cui non si può però non riconoscere la lezione di Alberto Arbasino, figura centrale per la formazione dello scrittore emiliano, uno degli strumenti basilari è costituito dal riuso di antroponimi di trasparente ascendenza letteraria ad accompagnare e descrivere azioni e comportamenti dei personaggi, gli “altri libertini” (in larga parte reietti e emarginati riconducibili a differenti forme di devianza sociale), cui Tondelli offre la scena nel corso dei sei episodi del suo romanzo: Pia dei Tolomei, Caronte, il partigiano Johnny, Michele Strogoff, Holden, Ronzinante, e molti altri. Lo studio che si propone ha dunque quale ambito di indagine primario l’analisi delle dinamiche e delle possibili motivazioni di tali inattesi accostamenti onomastici e intende inserirsi, pur nei limiti intrinseci all’indagine stessa, all’interno del recente processo di rivalutazione dell’originalità di un’opera forse troppo frettolosamente relegata al ruolo di fenomeno di costume destinato a esaurirsi nel breve volgere di una stagione.
Il "marchio d'autore": in margine a Raboni traduttore di "Albertine scomparsa". In: GIANFELICE PERON D. Premio Città di Monselice per la traduzione letteraria e scientifica 34-35. (vol. 34-35, pp. 247-257), Monselice, Il Poligrafo, 2007. , 2007
Il "marchio d'autore": in margine a Raboni traduttore di Albertine scomparsa. Nel 1985, raccontando al convegno proustiano di Colorno la sua esperienza di traduttore , "da cinque o sei anni" impegnato in uno strenuo corpo a corpo con la Ricerca proustiana, Giovanni Raboni colse l'occasione per sostenere una tesi che a molti dei suoi ascoltatori parve alquanto paradossale: quella della necessità di una totale cancellazione della soggettività del traduttore davanti alle esigenze del testo di partenza.
San Donato Milanese, Cascina Roma 23 aprile – 22 maggio 2016
in collaborazione con l'istituto italiano per gli studi filosofici pubblicazione realizzata con il sostegno di VOLUME LXVII/2012 -FASCICOLO IV (CCCLXXXV DELLA SERIE) Andrea Gatti, Et in Arcadia ego. Du Bos interprete di Poussin 241 n o t e c r i t i c h e e f i l o l o g i c h e Koen Wylin, La formula travzi scunsi nella Tomba degli Aninas 260 Francesca Angio Á , Nota sui composti in -ba * lxm. Da Eschilo ed Empedocle a Licofrone 269 Gianfranco Fiaccadori, Ad Martyrium Arethae 277 t e s t i e m o n u m e n t i
The essay looks at the production, distribution, and consumption of the Italian novel in the global editorial market in the context of what Mark McGurl has called "the age of Amazon." By drawing from studies on so-called "platform capitalism," but also from those concerning the restructuring of the editorial market, the essay considers the increasing importance of branding, and in particular of national brands, in the editorial policies of the last two decades.
Atti del IV Congresso …, 2006
Questo lavoro rappresenta un primo tentativo di assegnare una firma sonica (come una impronta digitale) ad un bene culturale di grande pregio, un cratere attico del V secolo a.C. Il rilievo dei dati può essere eseguito in modo assolutamente non invasivo: esso consiste nel rilevare le vibrazioni prodotte da una sorgente (non invasiva) di onde elastiche, con una serie di sensori (trasduttori meccano-elettrici) collegati meccanicamente in vari punti prescelti sulla superficie esterna del vaso. La sorgente viene a sua volta posizionata in una serie di punti differenti della superficie dell'oggetto. Se la sorgente produce vibrazioni su uno spettro sufficientemente ampio, e se i trasduttori e il sismometro presentano risposte pseudo-lineari nel campo della sorgente, l'analisi spettrale dei segnali registrati consente di ricostruire la "risposta sonica" dell'oggetto studiato e la distribuzione spaziale dei modi di vibrazione, da collegare con alcune caratteristiche fisiche più intrinseche dell'oggetto in istudio, sia geometriche sia specifiche (cioè alcuni parametri meccanici dei materiali costituenti, in particolare la densità ed i moduli elastici). La prima esperienza, sia pure da noi effettuata velocemente in occasione della necessità di movimentare l'opera per la mostra "Continente Sicilia: cinquemila anni di storia" che si è tenuta dal 28 Aprile al 30 Giugno 2006 al National Museum di Pechino, è migliorabile per molti aspetti, ma sembra aver fornito già risultanti molto incoraggianti.
«Studi Medievali», n.s., 49, 2 (2008), pp. 657-677
Nella "tragedia" «Due lotrices», inserita da Giovanni di Garlandia all'interno della sua «Poetria Nova» a guisa di "specimen" di composizione tragica, ci si trova di fronte a un personaggio femminile assolutamente negativo, una lavandaia che, per gelosia e ripicca nei confronti di una sua collega, non esita a mettere in moto un meccanismo perverso che si concluderà con una vera e propria strage, nella quale perderanno la vita ben 60 persone. Il personaggio risente molto, così come Giovanni ce lo presenta, della ricchissima tradizione di poesia misogina medievale. Ma è significativo che, alle origini di questa figura di donna, vi siano da una lato un modello classico (Scilla), dall'altro un modello mediolatino (Romilda, protagonista di uno degli episodi più giustamente celebri della «Historia Langobardorum» di Paolo Diacono).
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