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L'egoismo di Federigo Tozzi

2012, Intervalles

Abstract

Ogni pensiero che noi abbiamo circa un dato fatto è, per parlare esattamente, unico, ed ha soltanto una rassomiglianza generica cogli altri pensieri, che si possono avere circa lo stesso fatto. Così, ogniqualvolta lo stesso fatto si ripresenta, dobbiamo pensare ad esso in modo nuovo, vederlo sotto qualche angolo differente, considerarlo sotto certi rapporti diversi da quelli sotto cui ultimamente l'abbiamo considerato. (William James, Principii di psicologia) curato da Marchi il nome del filosofo tedesco è rintracciabile in un contesto importante), si prospettava la possibilità che una linea direttamente riconducibile all'Unico e alla sua proprietà fosse rimasta presente e attiva per almeno un decennio negli scritti e nelle riflessioni tozziane 2 . Si partiva, peraltro, da una base positiva: la segnalazione del volume stirneriano nell'elenco inventario autografo recuperato per la mostra di Palazzo Strozzi del 1984, indizio rafforzato poi dalla catalogazione del libro nella biblioteca del Senese nel repertorio curato da Costanza Geddes da Filicaia 3 . E alcuni aspetti senz'altro legati a un linguaggio che rimandava agli studi psicologici di William James, Théodule Ribot o Pierre Janet non sembrano comunque avulsi, per forma e contenuto, alle impostazioni anarcoindividualiste malgré lui dello Stirner. Ma ci si muove su un campo minato, e l'epigrafe qui apposta, estratta dai Principii, funge anche da censura a qualsiasi esagerazione nella ricerca angosciosa delle influenze. Del resto, il rapporto fondamentale che Tozzi stabilisce con James -in primis, con le Barche capovolte e, in secondo luogo, nell'intero spettro della sua produzione -è stato rigorosamente sistematizzato da Martina Martini 4 . Ma al di là di una ricerca di corrispondenze concrete e di reinterpretazioni tozziane, la presenza di «spie jamesiane» sparse lungo i testi rimanda a un vocabolario tecnico specifico. focalizzata sull'«irrazionalismo assoluto» (si passi l'imprecisione e la vaghezza terminologica), da Kierkegaard a Schopenhauer, tralasciando gli autori più familiari a Tozzi, come Emerson o Bergson. Dall'altra parte, bisognerà prendere atto di una visione globale del periodo, per cui Stirner rappresenta un fuoco di paglia per molti scrittori entre siècles che lo citano, dopo una lettura non approfondita e in momenti di esaltazione, e lo dimenticano altrettanto velocemente, sostituendolo automaticamente con Nietzsche: si pensi a Bontempelli, o a D'Annunzio ripreso e bacchettato intransigentemente da Lucini, si aggiunga, per deformazione di chi scrive, il poeta catalano Joan Maragall e ci si fermi dubitativamente davanti a Gide 5 . Proprio per questo, le orme stirneriane, se mai furono impresse nel Senese, appaiono tanto confuse da non lasciar più intravedere neanche l'abbozzo di un percorso specifico. Che poi, su Stirner, Tozzi potesse attuare un meccanismo mentale di (auto)protezione come quello che applica a Leopardi è tutt'un altro paio di maniche. Si ricordi la difesa del «gobbo di Recanati» dalle accuse umilianti di Giuliotti agli inizi del 1916, in cui il Nostro così argomenta le sue ragioni: [...] ma penso lo stesso che il Leopardi non abbia mai bestemmiato; e che sia un piccolissimo Dante rimasto giù nell'inferno. In lui c'è il senso della divinità A conti fatti, Stirner non potrebbe essere redento come Leopardi, ma, in una sorta di riciclaggio ideologico, funziona, per l'appunto, come un campanello d'allarme 9 . «La separazione tra la letteratura e la politica è improponibile per il Tozzi saggista», assicura Getrevi 10 . Non ne sarei tanto sicuro; comunque, persino negli articoli meno letterari, si trova sempre, da parte dello scrittore, una certa riluttanza di fronte alle conseguenzialità di un discorso reazionario veramente impegnato: basta comparare i suoi contributi sulla «Torre» con quelli del suo compagno Giuliotti e la distanza balza subito agli occhi. E ancora, fra le pagine di Novale, in data 22 agosto 1907, si può ritrovare quest'annotazione: «..... Oggi ho letto Studii di letteratura inglese del Nencioni.... A questo punto, però, e a scanso di equivoci, si ricordi che proprio il versante egoista che si vuole estrapolare da queste prose era già stato scorto da Saccone: Del resto, tutti i testi di Tozzi, e Bestie e Cose e persone in particolare, sono pieni di dichiarazioni e tentativi − sempre falliti − che vanno precisamente in questa direzione: la direzione dell'«egoismo», come sarà denunciata programmaticamente sin dal titolo nel romanzo Gli egoisti. Ecco per un minimo promemoria, da Cose e persone: «Quell'umidità entra fino nella mia anima» (p. 173 [MM, 627]); «Io non vivo se non quando mi sento da me stesso» (p. 177 [MM, 630]); «Io mi accorsi, allora, che la mia anima sarebbe stata capace di fare quel che fa la primavera; e che ogni cosa che io pensassi potesse nascere da me» (p. 178 [MM, 632]); «ogni azione degli altri passava attraverso me» (ibid.); «Io stesso ero la primavera» (p. 183 [MM, 636]); «E pensavo d'essere io medesimo il vento» (p. 187 [MM, 640]) 15 . In verità, la relazione con la musica, come l'amore per Albertina, come il rapporto con gli amici, con la campagna, o con certe strade di Roma, alludono ad altro, stanno per, sono segno di altro. O, per dir meglio, annunciano, promettono, cercano soprattutto di esprimere altro: la fine dell'«egoismo», o un altro egoismo 45 . L'egoismo non rientra, invece, nell'indice dei tópoi di Balducci né nel glossario jamesiano-tozziano apposto in appendice nel volume di Martini 46 , ma l'opportuna voce enciclopedica è curata dall'autore all'interno delle Barche capovolte, più esattamente in quella «Continuazione» che non aveva trovato spazio nelle pagine dell'«Eroica». Si tratta dell'aforisma «Il mio egoismo», in cui, tra l'altro, si afferma quanto segue: