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documents on the handling of books, theiconography of Italian college and universitiy libraries bnefore 1800 in: Annali di storia delle università italiane 15, 2011, p. 367-380
Lo spazio dei libri. Costruzione del sé, rappresentazione immaginaria, forma architettonica, incontro con l’altro, a cura di E. Di Stefano, UNIPAPRESS, Palermo, 2021, pp. 109-129 [ISBN stampa: 978-88-5509-300-2/ online: 978-88-5509-301-9], 2021
ABSTRACT: Il saggio intreccia finzione narrativa e biblioteche reali. Prendendo come spunto occasionale due romanzi, La bibliothèque des amants di André Miquel e Firmino di Sam Savage, analizza gli elementi architettonici e relazionali che in una biblioteca generano atmosfere respingenti o accoglienti, alla luce dell’estetica delle atmosfere del filosofo Gernot Böhme. ABSTRACT: The essay focuses on libraries, weaving fiction and reality. Taking two novels as an occasional cue, La bibliothèque des amants by André Miquel and Firmino by Sam Savage, the paper analyzes the architectural and relational elements that in a library generate repelling or welcoming atmospheres, in the light of the aesthetics of the atmospheres of the philosopher Gernot Böhme.
L'analisi più acuta del "romanzesco" come carattere specifico della Commedia è forse quella di Bachtin, che, nelle pagine di Estetica e romanzo dedicate a Dante, utilizza due concetti per descriverlo: quello di allungamento verticale del mondo, e quello di simultaneità. Relativamente al primo aspetto, scrive: Dante costruisce un meraviglioso quadro plastico di un mondo che intensamente vive e si muove salendo e scendendo lungo la sua verticale: i nove cerchi dell'Inferno sotto la terra, sopra di essi i sette cerchi del purgatorio e, più in alto ancora, i dieci cieli. Relativamente al secondo aspetto, quello della simultaneità, Bachtin scrive: La logica temporale di questo mondo verticale è la pura simultaneità di tutto (ovvero la coesistenza di tutto nell'eternità). 1 La sintesi di Bachtin intende la spazialità e la temporalità come poli dialettici di una tensione, o perfino un conflitto, piuttosto che come lo statico dimensionamento di una peripezia cavalleresca, alla quale, in quanto rappresentante del genere romanzesco, il Poema, per la sua epoca, apparterrebbe. Posto uno schiacciamento della temporalità nella prospettiva verticale e sincronica dell'eterno,
Tempo, spazio e narrazione, in tre letture del Novecento: Hemingway, Proust, Kawabata
Appendix to the Eranos Yearbook / Annale di Eranos 74, 2018
Relazioni dottorali presentante nell’ambito del Convegno di Eranos "Spazio del pensiero e pensiero dello spazio. Sui rapporti tra anima e luoghi nell’epoca dell’Antropocene" A cura di Fabio Merlini e Riccardo Bernardini
2020
È noto che la preoccupazione, e meglio si direbbe l'assunto espressivo, di Nino Rota, nell'accingersi a comporre la sua Cantata intitolata bellianamente a Roma capomunni (1972), era quello di rifuggire ogni tonalità celebrativa o accademica, per restituire invece «in modo vivo», libero dai gravami ideologici o retorici di ottiche convenzionali, gli «aspetti più significativi e, per così dire, universali della Città eterna». Così, infatti, il compositore milanese dichiarava-e lo ha opportunamente evidenziato uno specialista di Rota come Pierfranco Moliterni 1-nel testo riprodotto sulla retrocopertina dell'edizione discografica di Roma capomunni. Ed era una dichiarazione, nella sua linearità, assai significativa: non solo perché confermava le peculiari inclinazioni intimiste e speculative-sottolinea Moliterni 2-della poetica rotiana, ma pure perché dava conto della singolare visione di Roma sottesa alla scelta dei testi che dovevano costituire il tessuto narrativo e orientare il «tono poetico» (come lo stesso Rota scriveva 3) dell'opera. Una visione partecipe e insieme disincantata, storica e tuttavia non mitografica, cui l'assunzione dei sonetti belliani-a Rota suggerita dal suo sodale e «correligionario della setta rosacrociana risalente a Giuliano Kremmerz», 4 «Vincenzo Vinci» Verginelli, che la disponeva come asse portante e cornice tematica dell'opera-offriva una angolazione prospettica per la quale la grandezza proverbiale dell'Urbe poteva essere originalmente declinata (pur forse non senza l'afflato palingenetico di qualche nuance misteriosofica sottesa alla partitura 5) nel chiaroscurale realismo di una variegata e però iterativa contingenza quotidiana-come, entro un diverso codice estetico di cui peraltro proprio la musica di Rota costituiva un elemento decisivo e indispensabile, Federico Fellini contemporaneamente la dipingeva nel film ad essa intitolato: sontuosa e misera, universale e quotidiana, splendente e degradata, caduca ed eterna. Analogo, per certi suoi tratti e, più, per la focalizzazione esistenziale che, in misure pur diverse, li sottende e sommuove, può risultare infatti, e non per caso, l'affresco trans-storico rotiano a quello dell'artista riminese: entrambi intesi a coniugare la dimensione epica del tempo inscritta nella città di Roma, la sua linea comunque continua ancorché scandita da mutazioni paradigmatiche, la sua monumentale istituzionalità, per così dire, con quella, antiepica e frammentaria, della sua molteplice e immutevole fenomenologia quotidiana, della sua eticità esistenziale. Ma se l'affresco del Fellini pasticheur cresceva tutto nella proliferante accensione visionaria dello sguardo filmico, nella Cantata rotiana le escursioni temporali transcodificate dalla silloge testuale nella partitura derivano da un sapiente assemblaggio di materiali letterari e linguistici esibitamente eterogenei, che la sequenza dei sonetti belliani è demandata non solamente a tenere insieme, ma a risemantizzare, in un pastiche storico-espressivo nel quale ciò che viene messo primariamente in gioco, e fa problema, è appunto il senso del tempo, la prospettiva dalla quale traguardare la rappresentazione musicale della città «capomunni». Per un verso, infatti, i brani 6 tratti da Virgilio, Orazio, Plutarco , dal Venerabile Beda, e da Servio, Dante, Macrobio, Goethe, Byron, da cori popolari medioevali o risorgimentali, e infine dal classicheggiante preziosismo lirico di un raffinato contemporaneo come Giorgio Vigolo, peraltro insuperato editore di Belli, andavano a costituire le stazioni di una sconfinata parabola diacronica, in quanto reperti e voci di una complessa ma unilineare temporalità storica, testimonianze emerse dalle vicende e dalle età che Roma visse e in sé racchiude. D'altro canto, l'Ottocento dialettale e plebeo istoriato nei sonetti belliani, più che evocare un secolo, e oltre che sceneggiare, dietro al fasto, il degrado e la violenza del corrotto potere del Papato,
Narrare al tempo della globalizzazione, 2016
Impaginazione e servizi editoriali: Pagina soc. coop., Bari Finito di stampare nell'ottobre 2016 da Grafiche VD srl, Città di Castello (PG) isbn 9--0-9-1 Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 11 della legge 22 aprile 191, n. 6)
2019
Slepi časi Pier Antonija Quarantottija Gambinija Beseda 'prostor' ima več različnih pomenov. V literarni analizi kot tudi v našem vsakdanu je zanimanje za prostorsko razsežnost pogosto drugotnega pomena. Šele nedavno se je v semiotiki zgodila sprememba v korist tekstovnega in diskurzivnega pristopa, kjer je pomembno subjektivno poseganje v oblikovanje sveta, torej tudi prostora (Cavicchioli 2002). Pier Antonio Quarantotti Gambini, osrednja osebnost v panorami književnosti 20. stoletja na območju Julijske krajine, je veliko svojega leposlovnega snovanja namenil opisom prostora. V zbirki Slepa leta avtor intenzivno opisuje Koper, na katerega je čustveno močno navezan (Zudič Antonič 2014). Po teoretični obrazložitvi semiološkega pogleda nad prostorskim opisom ter strnjenem vpogledu v zgodovino književnosti, skozi katerega bomo razkrili zaporedje različnih konvencionalnosti in stopenj konvencionalnosti, bo sledila analiza nekaterih prostorskih opisov v Gambinijevi zbirki Slepa leta. Analiza bo prvenstveno izhajala, upoštevala in postavila v središče 'opazovalca' in njegov 'vidik', njegove 'kognitivne kompetence', odnos med prostorom in zgodbo ter 'izotopije prostora'. Odkrili bomo, da je v pripovedi analiza prostora temelj vseobsežnega razumevanja pomena celotnega dela, še posebej v pričujočem primeru, kjer Quarantotti Gambini uporablja prostor na različnih ravneh kot temeljni element celotne zbirke.
Gli spazi del sacro nell'Italia medievale, 2022
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La fondazione della biblioteca civica "Attilio Hortis" di Trieste, 1994
in: Pirvu, E. (a cura di), Il tempo e lo spazio nella lingua e nella letteratura italiana, Atti dell’VIII Convegno internazionale di Italianistica (Craiova, 16-17 settembre 2016), Firenze, Franco Cesati Editore, 2018
Gazette Du Livre Medieval, 2003
Bollettino AIB (1992-2012), 2006
Etudes Romanes De Brno, 2009
La libertà di appropriarsi di tempo e spazio in Casa Bettola. Da spoazio abbandonato a bene comune, 2019
Manzonis Europa – Europas Manzoni. L’Europa di Manzoni – Il Manzoni dell’Europa, ed. by B. Vinken, A. Oster, F. Broggi, München: Herbert Utz Verlag, 2017, pp. 143-187.
Lo spazio dei libri. Costruzione del sé, rappresentazione immaginaria, forma architettonica, incontro con l’altro, UNIPAPRESS, Palermo, 2021, pp. 109-129 [ISBN stampa: 978-88-5509-300-2/ online: 978-88-5509-301-9], 2021
SOCIOLOGIA URBANA E RURALE" 126/2021, pp. 183-185177-186, 2022