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La metafora del galileiana del "grandissimo libro", stupefacente esempio di quella che Vico chiama "logica poetica" e Peirce "il gioco del fantasticare", evidenzia la capacità esclusivamente umana di costruire modelli astratti generati da un'inferenza ipotetico-deduttiva. Questa ci appare così come il fondamento sia della scrittura letteraria, che della creatività scientifica. Se consideriamo il fatto che il parlare quotidiano non è mai burocraticamente referenziale, che quindi non è totalmente altro rispetto alla scrittura letteraria, abbiamo un'ulteriore conferma della connessione intima e non gerarchica che lega tutti i linguaggi umani, ovvero tutti i processi di modellazione.
Nel corso di alcune ricerche e sistemazioni delle carte dello scrittore Carlo Bernari, il fondatore del neorealismo con "Tre operai" del 1934, presso l'Archivio del Novecento alla Sapienza di Roma diretto da Francesca Bernardini, ho rintracciato questo scritto stenografico relativo ad una conferenza tenuta da Bernari nei primi anni Settanta del secolo scorso sul tema del rapporto tra scienza (intesa come conoscenza fattuale della realtà) e fantascienza (intesa come sviluppo fantastico e narrativo del cosiddeetto "regno del possibile").
in “Insegnare una l ingua: riflessioni e proposte, Atti del 10° seminario internazionale per insegnanti di lingua”, a cura di C. Humphris, Roma, ed Dilit, 1998
È vero: la letteratura giocosa è un ossimoro. Può non esserlo per noi insegnanti ma lo è sovente per i nostri studenti: non è un gioco leggere una lingua spesso complessa con un lessico in genere molto vasto e di bassa frequenza, con sintassi complicate e strategie comunicative il più delle volte estremamente raffinate. Per di più in una lingua che ancora non padroneggiano e stanno (appunto) studiando.
E|C - AISS (Associazione Italiana Studi Semiotici), 2017
Il testo di seguito analizzato è il racconto di Italo Calvino La forma dello spazio presente nella raccolta Le Cosmicomiche. Il racconto, come tutti quelli presenti nella raccolta, è anticipato da un enunciato scientifico di poche righe, in forma più o meno divulgativa (a seconda della cosmicomica) e separato dal corpo della narrazione. Il racconto in esame narra la vicenda di Qfwfq, Ursula H'x e del Tenente Fenimore, tre personaggi, o meglio, tre entità dalle sembianze antropomorfe che cadono indefinitamente in un lontanissimo passato della storia del cosmo. Durante la loro interminabile caduta, che avviene per linee parallele (o perlomeno così sembra), Qfwfq manifesta subito il suo invaghimento e poi innamoramento nei confronti della signorina Ursula H'x e di contro, la sua gelosia e avversione per il Tenente Fenimore. Le rispettive traiettorie di caduta, però, impediscono ogni avvicinamento o allontanamento volontario fra i personaggi in quanto, questi ultimi, sono succubi dell'enunciato che anticipa la cosmicomica per cui: ogni massa è in grado di perturbare il reticolo spazio-temporale del cosmo e quindi anche le loro linee di caduta. Inoltre tutto il racconto ruota attorno alle concezioni di parallelismo euclidee e alle successive geometrie non-euclidee. L'analisi di questo testo letterario si propone di sviscerare gli intrecci più profondi e nascosti del gioco narrativo che vede la scienza come carica propulsiva per l'immaginazione letteraria; inoltre si è cercato di evidenziare l'alto potenziale figurativo di alcune teorie scientifiche interrogandosi sul Lettore Modello selezionato dal racconto. Infine, ci si chiede se è possibile un insegnamento più coinvolgente di materie più " astratte " come la matematica vista la notevole carica figurativa che molte formule fisico-matematiche sono in grado di veicolare. Le indicazioni numeriche all'interno del testo (es. 63-66, 68-70, ecc.) indicano le righe del racconto dell'edizione presa in esame, per una stringente corrispondenza con alcuni riferimenti all'interno dell'analisi.
Al curioso fenomeno dell'inganno dei sensi non si interessavano soltanto medici e filosofi, ai quali esso apriva numerose possibilità di indagine sui meccanismi della percezione sensoriale. In quanto processo di manipolazione -bastava solo «applicare per tempo gli attivi ai passivi» per utilizzare l'espressione di Tomaso Garzoni 1 -la pratica di ingannare i sensi, infatti, venne trattata da grammatici ed enciclopedisti come una vera e propria categoria, di cui essi fornivano la definizione nei loro scritti. Così, ad esempio, negli scholia a Dionisio Trace alla domanda: «che cos'è la falsa arte (yeudotecniv a)?», si risponde che essa è «quella che inganna i sensi (hJ aj patw' sa th; n ai[ sqhsin), come quella dei prestigiatori (wJ ı hJ tw' n yhfiv dwn)» 2 . È singolare il fatto che i giochi di prestigio antichi non abbiano suscitato interesse tra gli studiosi né in quanto metodo dimostrativo, parallelo a quello scientifico, per convalidare determinate affermazioni, né di per sé, in quanto elemento della cultura popolare antica. Tra i pochissimi studiosi che hanno considerato la figura del prestigiatore degna di una ricerca, vi fu la russa Olga Frejdenberg , prima donna divenuta Professore di filologia classica in Unione Sovietica, cugina del famoso poeta Boris Pasternak. Parlando del mimo nel suo libro Immagine e concetto, la studiosa notava:
Meraviglia ed orrore. Relazione di Letteratura Inglese, 2022
Così come la scienza ha destato, specie dal XVII secolo in poi, meraviglie ed orrori, la letteratura utopica (o distopica) induce, e utilizza per avvincere i suoi lettori, lo stesso genere di sentimenti creando mondi alternativi stupefacenti e allo stesso tempo asfissianti, come fossero paradigmi sociali, politici e culturali alternativi al paradigma del presente del lettore. In questo rovesciamento di paradigmi, si riconosce un'altra somiglianza tra letteratura utopia e scienza: quest'ultima procede per rivoluzioni, che altro non sono che rovesciamenti di paradigmi interpretativi; nelle utopie invece, il paradigma rovesciato serve quasi a sperimentare soluzioni alternative al reale, come se tutto il romanzo fosse un grande esperimento sociale. Nel paper l'analisi si sofferma brevemente su due grandi romanzi del genere di Aldous Huxley, Brave new world e Island.
Introduzione: lo spirito nelle macchine C'è sempre stato uno spirito nelle macchine. Segmenti casuali di codice che si raggruppano per poi formare protocolli imprevisti. Del tutto inattesi, questi radicali liberi generano richieste di libera scelta, creatività e persino la radice di quella che potremmo chiamare un'anima Da: I, Robot, regia di S. Proyas (2004), dall'omonimo romanzo del 1950 di Isaac Asimov. L'espressione "lo spirito nella macchina" o, meglio, il fantasma nella macchina, è del filosofo britannico Gilbert Ryle: 1. L'intelligenza emozionale 1.1 Cognizione ed emozione: l'articolo del '43 di McCulloch e Pitts e "l'impensabilità" di una teoria computazionale delle emozioni Che il pensiero potesse essere calcolabile ̶ senza tornare indietro a Platone ̶ era un'idea non nuova. Dopo i tentativi di Raimondo Lullo e i proclami di Thomas Hobbes, era stato Leibniz a lanciare il vero programma dell'intelligenza come calcolo. Grazie a questi padri nobili, le prime riflessioni sull'IA puntarono diritte all'esecuzione seriale di "calcoli", anche booleani, nella convinzione che il pensiero ̶ quello importante ̶ fosse quello logico-cognitivo. Passione ed emozioni erano inquinanti filogeneticamente antichi che non solo non era necessario prendere in considerazione, ma che era anzi necessario elidere dallo sforzo di ricostruzione di una intelligenza, appunto, artificiale. Dalla storica delle neuroscienze E.A. Wilson è stato suggerito che un tornante nella storia dell'IA, relativamente all'espunzione delle emozioni e degli affetti dal "computo", possa essere stato l'importante articolo del 1943 di Warren McCulloch e Walter Pitts A Logical Calculus of the Ideas Immanent in Nervous Activity. McCulloch (1898-1969) fu un neurofisiologo che si applicò al campo della nascente cibernetica. Partendo dal presupposto che l'attività neuronale sia digitale (potenziale d'azione on/off) gli Autori suggerivano l'analogia con il funzionamento binario dell'hardware del computer. In questo modo gli hardware (cerebrale e meccanico) si uniformavano nella sequenza digitale: calcolo -logica. Quindi, la neurofisiologia diventava matematizzabile e il funzionamento del cervello interpretabile secondo la logica proposizionale. Questa operazione concettuale finiva col respingere il mondo emozionale al di fuori del paradigma dell'IA. Infatti, le passioni sembrano rispondere più ad una costituzione analogica che digitale: si può essere spaventati o innamorati poco, molto o moltissimo e non sembrerebbe possibile articolare queste variazioni qualitative in una prospettiva di tutto o niente, di zero e di uno. In particolare, per Pitts, le emozioni e l'inconscio erano inutili, anzi dannose come l'appendice vermiforme: capaci solo di infiammarsi e fare danni. Walter Pitts , matematico, allievo di Norbert Wiener al MIT, fu uno dei pilastri delle Macy's Conferences sulla cibernetica. Secondo la Wilson la sua avversione per la conoscenza "psicologica" in senso lato, il suo ripudio per uno spazio psichico interiore che non fosse matematizzabile, era legato alla incapacità di gestire la sua omosessualità senza un carico depressivo di "bile nera" per il quale ripetutamente chiese sostegno ai suoi colleghi di lavoro. In questo contesto l'intelligenza gli parve dovesse essere delibidinizzata, sterilizzata, sorda alle richieste degli affetti (Wilson 2010:109-128). Diverso tempo dopo, un altro saggio scritto da Pitts (insieme a McCulloch, Lettvin, Maturana), un'altra pietra miliare nella storia della IA, doveva sconfessare parzialmente questa rigida concezione. Nell'articolo What the Frog's Eye Tells the Frog's Brain, infatti, il sistema visivo era descritto dagli autori con caratteristiche piuttosto analogiche che digitali. Al Darthmouth College di Hanover (NH), nell'estate del 1956, quattro matematici si davano il programma di concretizzare le riflessioni teoriche di Wiener, von Neumann e Turing. In un momento cruciale nella storia della IA, John Mc Carthy, Marvin Minsky, Herbert Simon e Allen
Recensione di “Rosalba Galvagno, La litania del potere e altre illusioni. Leggere Federico De Roberto”
2018
This essay analyzes play as a genuine expression of the spirit of childhood, characterized by curiosity and ability of thinking and creating: it links the boy to the scientist and to the artist. The thinking of Huizinga, author of Homo ludens, and of Freud, exegete of Schliemann, the playful disposition of Darwin and Fabre, the Einstein's desire to remain children all life long, are in relation with the art of Klee and Herg\ue9 and the poetry of Saba and Fellini, and finally with the philosophy of Nietzsche
Homo Cyber Ludens, a cura di M. Accordi Rickards e F. Belsanti, Idra editing, Roma, 2021
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Kwartalnik Neofilologiczny, 2023
Italies, 2020
S&F_scienzaefilosofia.it, 2018
2017
"La "Divina Commedia" nei testi scientifici", in "Dall'Inferno all'Empireo: il mondo di Dante tra scienza e poesia, a cura di Filippo Camerota, Sillabe, Città di Castello 2021, pp. 222-227., 2021
Toruńskie studia polsko-włoskie (Studi polacco-italiani di Toruń), 2020
Studi Germanici, 2021
«Narrazioni», II, 2012, pp. 97-101
Griseldaonline, XVII, 2018, pp. 1-15
Milano, Bompiani, 2015
Premessa a L.F. GIULIO, Vaghe stelle dell’Orsa, Fondazione Gilardi 2014, pp. III-X
in La letteratura della letteratura. Atti del XV Convegno Internazionale della MOD 12-15 giugno 2013, a cura di, Aldo Maria Morace e Alessio Giannanti, tomo I, Pisa, ETS, 2016, ISBN 978-884674549-1, 2016
Dungeons & Dragons: genesi e sviluppi del gioco di ruolo, 2020
In "L'attesa e l'ignoto. L'opera multiforme di Dino Buzzati", a cura di Mauro Germani , 2012
DILEF. Rivista digitale del Dipartimento di Lettere e Filosofia