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Articolo di carattere divulgativo pubblicato su Archeorivista/Antika/ArchArt. La sottoscritta è autrice dei testi.
Associazione Storica del Medio Volturno, Annuario 2021, Nuova serie n. 10, 2022
Il "Cristo della Domenica" è una particolare e singolare iconografia un tempo molto diffusa in Europa. Il Concilio di Trento ne decise la cancellazione che, per fortuna, non avvenne ovunque. A Capriati a Volturno (Caserta) se ne conserva un esempio che la religiosità popolare ha trasformato in un "Martire". Non eliminato perché forse troppo legato ai fedeli, fu però condannato alla dimenticanza fino alla sua recente riscoperta. ADDENDA Lo strumento indicato con la lettera "C" ed ipotizzato uno specchio (pp. 227, 233) è in realtà un rasoio. Il "Martire" di Capriati, un Cristo della Domenica è concessa in licenza CC BY-NC-ND 4.0 © 2022 di Ciro Viti. Per visualizzare una copia di questa licenza, visitare http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/4.0/
Eurostudium 3w 3w 3w 3w luglio-settembre 2013 25 L. Topi, Dar da mangiare a una città Dar da mangiare a una città. Alatri pontificia alla prova dell'età rivoluzionaria di Luca Topi «Uno dei grandi criteri della vita materiale è: dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei». Fernand Braudel 1
Study on an unpublished inscription from Alatri (Frosinone) area, relating to a scriba, the most important role among magistrates assistants in the Senatorial Order (apparitores). Although the text is very fragmented, it offers several interesting elements; the character, after a military assignment in a legion or in a praetorian cohort, held the role of scriba with aediles curules, a promotion attested only in another single case. Finally, just like other scribae, the character was able to join the Equestrian order (equo publico). We take this opportunity to reconsider and better our knowledge about the category of scribae and to clarify the difference between scribae and scribae libraries.
La basilica di San Gaudenzio a Novara, a cura di Raul Capra, pp. 232-241, 2010
ALATRI. Frammenti di ambone cosmatesco nella Cattedrale di San Paolo Gli studiosi sono concordi nel riconoscere una sorta di collegamento stilistico, un percorso di maturazione dell'esperienza nell'arte dell'arredo di tipo cosmatesco di cui si trova un certo riscontro nella fusione delle botteghe di marmorari romani e campani. Le esperienze di matrice campana maturate a Cassino-scrive Gianandrea nell'opera citata precedentemente-trovano nel Lazio un'immediata ricezione negli arredi di Alatri e Pontecorvo… Anche il pulpito di Alatri, sicuramente a cassa su colonne per la presenza di un archetto, di colonnine tortili mosaicate e di leoni stilofori, rimanda nelle parti scolpite ai pezzi analoghi del pulpito cassinese. La datazione dell'ambone alatrino al 1222 viene pertanto a costituire un importante ante quem per l'esecuzione del pulpito di Cassino, per la diffusione degli stilemi campani nel basso Lazio e quindi per lo sviluppo di maestranze locali. Se si osserva infatti l'ornamentazione musiva delle lastre di Alatri si noterà, a dispetto della matrice campana della tipologia e delle parti scultoree del pulpito, una riflessione sulla maniera dei marmorari romani. L'inserimento di spazi in porfido e serpentino e l'utilizzo di fasce bianche a distribuire la decorazione musiva in modo regolare e composto rimanda al gusto con cui i marmorari romani rielaborarono i motivi ornamentali di origine bizantina, diversificandosi profondamente dagli artisti campani. In un altro articolo la Gianandrea riassume il pensiero di Anna Cavallaro sul pulpito di Alatri nelle parole che seguono:: "Iconograficamente affini, ma stilisticamente lontano, ai rilievi gaetani è la "sgraziata" raffigurazione del pistrice che vomita Giona del perduto ambone di Alatri, datato al 1222, che mostra forti punti di contatto con le sculture di Gaeta soprattutto nella conformazione del volto dell'animale e nella posa del profeta emergente dalle fauci del mostro" 1. I reperti Nella mia visita alla cattedrale di San Paolo ad Alatri, nell'ottobre del 2010, ho potuto vedere i reperti cosmateschi ivi contenuti. Essi sono raggruppati in una nicchia, o piccola cappella, ricavata nella navata destra della chiesa. Si tratta di circa una ventina di reperti, di cui diversi provenienti sicuramente da un ambone smembrato, altri potrebbero aver fatto parte di una recinzione presbiteriale, come le colonnine tortili e i pilastri di altezza giusta per simili arredi. Ciò che si vede attualmente è frutto di una ricostruzione arbitraria di detti reperti che non tiene conto alcuno né dei significati dei singoli pezzi, né delle loro originarie collocazioni. I circa diciotto pezzi, possono suddividersi in due pilastrini quadrati e decorati con fasce di intarsi cosmateschi che sostengono un "tavolo" orizzontale di cui un lato adiacente al muro, costituito da una lastra cosmatesca, tagliata in due per la sua larghezza, in corrispondenza della metà di due lastre rettangolari di porfido verde antico. Su questo si appoggia uno degli archi del perduto pulpito che in origine posava sulle antiche colonne con capitelli. Segue un pilastrino disposto orizzontalmente su cui sono sistemati forse 5 pezzi diversi tra loro: una lastra con girali cosmatesche, quattro pilastrini che vanno a formare un unico pezzo sul quale è stata cementata la scultura dell'aquila e poi ancora un altro pilastro e un'altra lastra con girali cosmatesche. Questi pezzi sono simili e facevano parte di un unico arredo. Al centro della nicchia si vedono tre colonnine tortili con decorazioni ad intarsi di paste vitree. Sul muro opposto, a sinistra di chi entra nella cappella, c'è un'altra ricostruzione arbitraria di reperti, costituita da tre lastre disposte verticalmente, di cui le esterne con dischi e lastre 1 A. Cavallaro, Frammenti di ambone duecentesco nella cattedrale di Alatri, in Scritti e immagini in onore di Corrado Maltese, a cura di S. Marconi, Roma, 1997, pp. 405-4011, riportato da Manuela Gianandrea ne Il perduto arredo medievale della cattedrale di Gaeta, op. cit.) 195
Strategie della memoria. Architettura e paesaggi di guerra, 2014
2008
Il labirinto e un argomento ricorrente negli scritti di Borges, ed in particolar modo l’interesse dello scrittore argentino e rivolto al racconto del mito cretese, giunto ai nostri giorni attraverso l’elaborazione antica e medievale. Nel corso del Medioevo l’elaborazione del mito attribui grande importanza, soprattutto da un punto di vista metaforico, al fatto che la complessita del labirinto fosse solo apparente: il labirinto veniva concepito come un tracciato monoviario, ma ugualmente veniva descritto come un luogo nel quale, fino all’inevitabile momento del raggiungimento del centro, si aveva l’impressione di potersi perdere. Le situazioni labirintiche borgesiane risultano similmente impostate, dal momento che sempre si raggiunge la meta (il centro del labirinto), ma solo dopo aver superato innumerevoli difficolta, che inizialmente apparivano insormontabili.
About Art on-line (16 June 2019)
Durante la campagna di rilevamento del complesso monumentale di Castel Sant'Angelo a Roma, 2 lo studio dei pregiati pavimenti cinquecenteschi degli Appartamenti papali di Paolo III ha riportato alla attenzione il pavimento in cotto della sala del Tesoro con disegno labirintico. Parzialmente nascosto dai grandi forzieri di legno fatti costruire da Sisto V, nel tempo era stato erroneamente descritto come uno schema ad anelli concentrici o giudicato come un capriccio privo di significato e di legami col programma decorativo cinquecentesco. È nostra convinzione, invece, che questo labirinto, estremamente elaborato, sia strettamente connesso sia con la figura di Paolo III Farnese, principale artefice della trasformazione del castello in residenza principesca, sia col programma iconografico complessivo degli Appartamenti Farnesiani.
Etnografie a confronto, 2019
La "Tomba del Labirinto" è una domus de janas, grotticella funeraria artificiale del neolitico recente (circa 6.000 anni da oggi), pubblicata da Ercole Contu nel 1965 1. Fa parte della piccola necropoli di Sa Menta (di cui si conosce una seconda tomba), escavata sul pendio di una collinetta isolata di tufo trachitico, in località Luzzanas, a 50 m dal fiume Tirso e a 6 km circa da Benetutti. L'ipogeo oggi appare completamente ingombro di sedimenti. Poiché il portello d'ingresso non è individuabile, in quanto coperto da deposito, l'accesso è reso possibile dal crollo del tetto di una delle quattro/ cinque camere 2 in cui l'ipogeo si articola (fig. 1). Di queste celle tre sono disposte attorno ad un vano centrale di pianta ellittico-poligonale irregolare con un modello planimetrico definito "a sviluppo centripeto". In questo vano centrale, sulla parete sud-occidentale, sulla destra di un portello è incisa una figura "a labirinto" di tipo cretese 3. Il motivo è circolare, a sette circonvoluzioni, con ingresso in basso, a sinistra. Misura m 0,30 (fig. 2a-b). Altre incisioni, costituite da linee parallele non ancora interpretate, si osservano accanto ad esso e sul tetto piano. La tecnica d'incisione è quella "a polissoir" e si avvale di uno strumento a punta sottile, di pietra o, presumibilmente, metallo, con cui si ottengono solchi netti, sottili ma profondi, con sezione a "V", come documentato nelle figg. 3 a-c. Le incisioni sono realizzate su una parete non spianata, priva di quella rifinitura che, invece, compare ed è assai curata, in altre domus de janas con incisioni, ad esempio nella necropoli di Anela-Sos Furrighesos, Alghero-Matteatu e Sassari-Calancoi 4. La poca cura nello scavo si evidenzia, comunque, in linea generale, sulle pareti, come si è osservato poc'anzi: i solchi verticali e paralleli sono stati lasciati dai picconi di pietra utilizzati nelle operazioni di escavazione, su una superficie non ancora livellata, e sono considerati caratteristici delle tombe non rifinite, cioè non completate (fig. 4). Il labirinto e le altre incisioni, quindi, non erano previste nella realizzazione della domus de janas e sono, di conseguenza, posteriori al Neolitico
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La Cattedrale di Santa Maria del Fiore, Vol. II, ed. Cristina Acidini Luchinat, Florence, 1995, pp. 233-272., 1995
Perdersi. Note sul Labirinto, 2022
Il Tempio della Masseria del Gigante a Cuma, 2013
Consultazione Carismatica Italiana (CCI), 15 maggio 2021
Le mura poligonali. Atti del VI seminario, 2019
I Corsini tra Firenze e Roma, 2013
‘Il culto di Sant’Ambrogio e l’altare della Basilica Ambrosiana a Milano’ in: I luoghi del sacro: Il sacro e la città fra Medioevo ed Etá Moderna, Fabrizio Riccardelli ed., Firenze 2008 (Italian History & Culture 13), 43-62
La storia in pdf (Accademia di Studi Storici Brig) n. 13 , 2021
Pagani e cristiani a Sabratha e Leptis Magna tra III e VI secolo d.C. Monumenti e reperti, tradizione e immagini. Progetto PRIN 2008. Agrigento, 26-27 Gennaio 2012, 2012
L'appennino camerte, 2011
V. Nizzo a cura di, Storie di persone e di musei. Persone, storie, racconti ed esperienze dei musei civici di Lazio, Umbria e Toscana tra tutela e valorizzazione, Roma 2019. , 2019
in «Rivista di Storia della Miniatura», 14 (2010), pp. 17-31, 2010