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Per certi versi Gesù di Nazareth, un semplice "carpentiere figlio di Maria e di Giuseppe" (Mc 6, Lc 4,22), era un galileo come molti altri, praticava il suo onesto lavoro e rispettava la fede jhwhista del suo popolo. Poteva facilmente essere confuso con uno dei tanti ebrei: era circonciso (Lc 2,21), tutti gli anni si recava al tempio di Gerusalemme per celebrare la Pasqua (Lc 2,41), frequentava abitualmente la sinagoga di sabato (Lc 4,16) e talvolta addirittura in veste di "maestro" (Mc 1,21), versava la tassa per il tempio (Mt 17,(24)(25)(26)(27), pregava cantando i salmi (Mc 14,26) 1 .
Gesù, uomo libero, 2020
È l'esercizio della libertà che ci rende veramente uomini e donne, persone capaci di tendere giorno dopo giorno a incarnare nella propria esistenza il vangelo di Gesù Cristo, il vangelo che è la libertà di amare.
La libertà e la coercizione tante volte, si trovano ancora in un duello irrisolvibile, all'interno dei reparti psichiatrici.In questo lavoro, seppur modestamente, discuto i principali temi teorici e filosofici dell'anti-psichiatria che si fece fautrice in quegli anni di un tentativo di riforma dell'intero sistema psichiatrico, anche a livello internazionale. Nella seconda fase del lavoro si cercherà di approfondire la vita di Franco Basaglia e di dare una contestualizzazione sociale e storica della nascita del suo pensiero e delle sue applicazioni nel mondo psichiatrico. Basaglia e cooperatori, pongono al centro della discussione i diritti dei malati mentali, che successivamente sfocerà nell' approvazione della legge 180.
2005
Luca ha in mente di fare né più né meno di quanto segue: ai confini del periodo in cui è ancora in qualche modo fattibile, raccogliere nella maniera più completa possibile ed esporre in modo valido la paradosis apostolica normativa per ogni tempo (cfr. vv. 1 s.) su "tutto ciò che… Gesù ha fatto e insegnato, fino al giorno… in cui fu assunto" (At 1,1)» 12 E. GUERRIERO, «Editoriale», in H. Schürmann, Regno di Dio e destino di Gesù, Jaca Book, Milano 1996, 11 tratteggia molto bene questa intenzione fondante presente nel lavoro di questo esegeta: «Heinz Schürmann ha una sua specificità all'interno dei moderni interpreti dei Vangeli. Egli cerca di comprendere le parole di Gesù ricostruendo la figura stessa di Gesù, interpretando le sue parole a partire dalla visione d'insieme del Maestro di Nazaret […] Schürmann vuole condurre il lettore alla persona di Gesù, lo fa entrare, per così dire, nella sua intimità».
Nel 1969, un giovane teologo, già perito del Concilio, pubblica un libro dal titolo evocatore Il nuovo popolo di Dio 1 . Nello spiegare le conseguenze dell'approccio conciliare riguardante la relazione tra il clero e i laici, egli non affronta la questione del rapporto tra la Chiesa e Israele. Tuttavia questo titolo faceva emergere il paradosso del Concilio. Proprio mentre il Concilio incoraggiava ad adottare uno sguardo nuovo nei confronti del popolo ebraico e votava la dichiarazione Nostra Aetate, la descrizione della Chiesa come «nuovo popolo di Dio» vi era fortemente presente. Ora questa espressione rischiava di favorire la teologia detta della «sostituzione», secondo cui la Chiesa, «nuovo popolo», subentrava ormai al popolo ebraico, «antico» popolo di Dio.
In "Bollettino parrocchiale. Comunità ortodossa della Svizzera italiana", Pasqua 2021
Commento a Gv 8, 31-39 e 44 sulla base di due testi di san Massimo il Confessore
L'anarco-ecovegfemminista pattrice jones* (citata nella storia dell'ecovegfemminismo che annalisa zabonati ha splendidamente esposto durante questo evento) afferma che gli/le attivisti/e devono essere loro stessi ponti, ponti di congiunzione e attraversamento tra le varie lotte contro le oppressioni e per la liberazione. Lei stessa ci tiene a definirsi anarcovegfemminista/antispecista, per i diritti e la liberazione LGBTQI, e si fa ritrarre con in braccio una gallina che vive nel suo rifugio per polli negli Stati Uniti. Una persona quindi che vive le sue giornate accanto agli animali altri da umani, che ha contribuito a liberare, che lotta per la sua libertà di lesbica e di donna, una persona che ho sentito eccezionalmente accanto alla mia biografia. Da quando infatti ho intrapreso il mio percorso di transizione da femmina a maschio (un modo un pò medicalizzato di dire che sono un uomo transessuale), ho cominciato ad esperire sulla mia pelle cosa sia lo stigma, l'essere considerato non umano, l'avere meno importanza degli altri della mia specie, l'essere inferiore insomma, e l'avere a volte anche paura di ciò, ed essere condizionato da questa situazione nelle mie risposte e nelle mie reazioni agli abusi. Avevo qualcosa che mi accomunava a tutti gli ospiti e le ospiti del rifugio per animali da reddito che ho fondato nel 2008, dove ho lavorato per il benessere di queste creature, che per la società sono solo animali da reddito, quindi oggetti da trasformare in cibo o in abbigliamento o da sfruttare come forza lavoro e mai essere senzienti con un loro valore come individuo. Ho visto la connessione tra la mia e la loro condizione, ed ho pensato che quelle persone che sono impegnate giornalmente, che vivono quotidianamente dentro varie lotte, sono preziosissime per i movimenti, che invece tendono ad essere mono blocchi e a non vedere altro che quello che considerano la loro lotta, e quindi la lotta per eccellenza, l'unica importante, l'unica da alimentare qui ed ora. Emblema di questa mia idea è anche il titolo dell'intervista a Breeze Harper, che troverete qui:"Intersezioni". Harper è un'altra ecovegfemminista che ha creato un progetto Sistah vegan, in cui il femminismo delle donne afroamericane ed il colonialismo viene rivisto e studiato nell'ottica della scelta etica vegan antispecista. Così ci parla di come venne fatta della vivisezione sulle schiave nere dal padre della ginecologia, il dott. Sims, e come questo sia potuto accadere perchè figlio della stassa mentalità che oggi condanna alla vivisezione milioni di animali altri da umani, perchè anch'essi oggetti, esseri che possono essere sacrificati ad una causa più alta. Nel settembre del 2012, per l'ultimo incontro di "Liberazione animale" svolto in Italia, ho presentato una relazione sugli animali da reddito, ed ho parlato della legge che vige in Italia sulla detenzione (purtroppo si dice proprio così) di questi animali da parte delle persone, che devono diventare per forza allevatori, perché è una legge molto coercitiva, che intralcia il lavoro dei rifugi e di coloro che vorrebbero assicurargli una vita, invece del macello. Si cominciava a riflettere tra i rifugi antispecisti della possibilità di lavorare su questa legge, ed io, che in quel periodo mi approcciavo anche alle beghe della legge 164, che dal 1982 rende possibile il "cambio di sesso" in Italia, ho visto le incredibili similitudini tra le due, grazie anche alla lente dell'ottica antispecista. Entrambe sono leggi che catalogano dei corpi, le imbrigliano in destini ineludibili e sono molto sanguinose. Un animale da reddito non può oltrepassare quella linea che lo rende tale, pena la morte e la distruzione come scoria pericolosa, e, per le personi transessuali, dopo una durissima repressione che prevedeva anche il confino e l'essere definito "socialmente pericoloso" (e quindi ritiro della patente e del diritto al voto), una legge che permette una riassegnazione tramite un "obolo di sangue", fatto di operazioni chirurgiche, perizie mediche, TSO mascherati, soministrazione di psicofarmaci quasi di prassi, sentenze in tribunale.
Attraverso i secoli l'uomo ha ricercato qualcosa al di là di se stesso, al di là del benessere materiale qualcosa che chiamiamo verità o Dio oppure realtà, uno stato eterno qualcosa che non può essere turbato dagli avvenimenti, dal pensiero o dalla corruzione umana.
Novecento.org, 2021
Nella seconda giornata della Summer School 2020 abbiamo chiesto a Giovanni De Luna e Laura Boella di riflettere con noi sulle parole chiave Libertà e Responsabilità. Laura Boella riprende qui alcuni spunti dalla sua riflessione di quel giorno, nella quale il focus è la trasformazione del rapporto fra libertà e responsabilità che la pandemia ha provocato. Come intendere e dare senso alle limitazioni alla libertà personale che si sono rese necessarie nelle pandemia globale ancora in corso? Secondo Boella si tratta di intendere con chiarezza le fragilità di un mondo globale bisognoso di cure. E della responsabilità necessaria a farsene carico. In questo tempo di pandemia globale stiamo assistendo a una valorizzazione della libertà e insieme alla sua crisi. Si è ampliato lo spazio della libertà come autodeterminazione, capacità di scegliere, di progettare il futuro, ma, nello stesso tempo, assistiamo a una fuga dalla libertà, che spesso diventa delega ad altri delle decisioni e rifiuto di assumersene la responsabilità. Che cosa è successo?
vincolo indissolubile tra gli sposi. Il divorzio, o scioglimento del matrimonio, ammesso ormai dalla legislazione civile di tutti i paesi occidentali, non esiste in diritto canonico, che ricorre, semmai, al concetto di nullità del matrimonio, prende cioè atto che il matrimonio che viene annullato non era valido ab origine.
Questo scritto fu composto intorno al febbraio-marzo del 1970 in occasione di una conferenza che tenni in Roma presso un'associazione italo-tedesca che recava il nome di "Cuncti gens una". All'epoca, anche se era da poco trascorso il centenario busoniano, il compositore godeva (si fa per dire) della totale ignoranza presso il gran pubblico ed era ricordato soprattutto come il pianista e il trascrittore delle musiche di Bach; la questione che ancora teneva banco era se Busoni fosse da considerarsi più tedesco che italiano o viceversa. Di questo dibattito qui ne rimane gran traccia, ed occupa tanto di quello spazio che oggi non gli dedicherebbe alcuno in un serio articolo. Lo scritto è quindi, molto datato, sia sotto questo punto di vista, sia per non considerare la non indifferente quantità di materiale pubblicato su Busoni negli ultimi decenni, sia, non ultimo, per la giovanile età dell'autore che si esercitava allora nella sua prima critica musicale, puerilmente alimentato più dall'entusiasmo verso colui che divenne nella sua vita semplicemente «Il Maestro», che da una vera e propria analisi critica. Ma al di là di alcune ingenuità espressive e di pensiero, le righe conservano un certo valore, non solo affettivo ma anche di testimonianza di vita, specie per l'autore, che ora sottolinea con soddisfazione che all'epoca in cui la gioventù a lui coetanea sciupava il proprio tempo appresso a gruppetti di musica di cui, grazie a Dio, non è rimasto nulla, almeno assai poco, egli scriveva su Busoni. Per questo motivo nel pubblicare in internet questo breve saggio, di esso non ho cambiato nella sostanza quasi nulla, ad eccezione di qualche aggettivazione troppo retorica (giudicata con il senno di poi) e di qualche lieve correzione formale. d'animo, con un pathos che è anche il nostro: ci appropriamo di quel modo di pensare, proviamo le medesime emozioni del compositore. Ma se di stile si può parlare per ogni compositore, per Busoni questo vocabolo è, a seconda di come lo esaminiamo, ricco o povero di contenuto. Se parliamo infatti di espressione, di individuazione, di coerenza, da questa angolazione Busoni possiede sicuramente uno stile. Se parliamo, al contrario, di stile nel senso che tentiamo d'individuare sotto una determinata forma, un'etichetta, tutta o gran parte della sua composizione, la parola è senz'altro insufficiente: di unico stile per Busoni si può parlare soltanto ad una condizione: che si intenda per stile quello che altri chiama individualità. La differenza è fine, ma la seconda parola è di contenuto più ampio della prima, perché con essa s'intendono indistintamente tutte le pulsioni, le emozioni che spingono un individuo ad agire, tutta la sua humanitas, tutto il suo sentire, tutto il suo partecipare alla vita. Così come non si potrà dire, ad esempio, che Beethoven è tutto romantico (nel suo romanticismo ci sarà sempre un po' di retaggio di idee classiche e profezia di futuro), egualmente non potremo dire che Busoni si esaurì in un solo movimento stilistico. In vita Busoni fu attratto infatti da vari e diversi accidenti, si passi il termine altamente improprio, ma non ne ne fu mai dominato, cercò, al contrario, di dominare tutto, di far confluire ogni particolare, quasi un tassello dell'universo, in quello che divenne poi la sua Estetica, quella personale così come consegnata alle stampe. Tutto ciò che cadeva sotto la sua diretta osservazione lo studiava, lo assimilava, s'impadroniva del nuovo senza dimenticare il vecchio, e fu solo così che poté serbare completa originalità ed indipendenza di pensiero pur interessandosi al Futurismo, al Simbolismo, all'Espressionismo,.. . formulare idee, scrivere della teoria della musica, e tenere un contegno prettamente personale. Molteplice eppur unico, articolato ed unito nel segno di un possente credo personale, così si sviluppa lo stile busoniano. Esaminando una sua singola composizione non è possibile comprendere il suo essere che, tra l'altro, non discende solo dalla musica, tanta parte avendone anche il suo pensiero, la sua formaione culturale come si compose dall'educazione artistica intera; le melodie non sono mai fini a se stesse, tutto viene proiettato in una nuova dimensione, in un universo ampio ed arricchito che occorre guadagnarsi a piccoli passi. La sua musica è di fatto una civiltà della musica, un compendio di questa, ciò che con gergo teatrale potremmo chiamare, considerando l'epoca e il periodo di transizione musicale che la sua vita attraversa, la stretta finale prima della conclusione dell'ultimo atto, una civiltà riscoperta nei suoi più genuini valori, un alternarsi di luci, nient'affatto una musica contraddittoria, anzi, forse, la musica più coerente che mai ci sia stata data udire, la meno sognante, e comunque la più serena. Busoni cioè, è quello che si vuole sottolineare, non ebbe, e non poté avere, un solo stile, in quanto i diversi movimenti culturali che attraversava non potevano lasciarlo indifferente. Terrei però a precisare e distinguere fra stile, da una parte, ed unità stilistica dall'altra. E mentre intorno allo stile si può parlare di naturale processo di evoluzione, per cui lo stile del compositore dei preludi si differenzia notevolmente, tanto per far due esempi cronologicamente assai distanti, dallo stile del compositore del Faust, per quel che concerne l'unità stilistica si deve annotare che essa rimane sempre costante. Di un cambiamento in questo senso si può parlare solo a condizione che uno stile non ne rinneghi un altro, che la personalità rimanga cioè sempre invariata.
Lezione recitata, 2023
Mio fratello Carlo, il mio amico Giorgio Agosti, ed io eravamo tutti e tre giudici civili e nei mesi della Resistenza continuavamo a frequentare il nostro ufficio in Tribunale." Chi parla è Alessandro Galante Garrone. Nel 1945 ha 36 anni, ed è allo stesso tempo un uomo di legge, perché giudice, e un fuorilegge, in quanto membro attivo della Resistenza in Piemonte.
Questo scritto si colloca nell"ambito di una mia personale riflessione sul concetto di libertà già sviluppata nel corso degli anni del dottorato di ricerca in attinenza al pensiero heideggeriano. Mi si permetta dunque, brevemente, di fare il riassunto delle "puntate precedenti" per introdurre ed inquadrare al meglio quanto andrò a dire. Il confronto con un pensatore cristiano come Guardini sorge dall"esigenza di rintracciare dei fondamenti del concetto di libertà in un ambito che offra la possibilità di un superamento effettivo della dialettica heideggeriana tra libertà e destino. Nell"ambito di pensiero del filosofo di Messkirch infatti questi due termini si inseguono e si alternano in maniera spesso in decidibile ed indecifrabile in un gioco che sembra non lasciare alternative all"affermazione di una certa ambigua identificazione. La crisi della soggettività moderna e l"emergenza del nichilismo e della morte di Dio come destino dell"occidente filosofico sembra tagliare ad Heidegger la possibilità di un"effettiva acquisizione di una libertà capace di superare l"impasse di un pensare che ancora indugia nell"ambito della finitezza irredenta. A quale fondamento ancorare la libertà dell"uomo? È possibile superare questa tragica alternativa tra libertà e destino, oppure è invitabile doversi abbandonare a questa assenza di ancoramenti e di certezze? La risposta non è affatto scontata e ci interpella nella contemporaneità come non mai. L"analisi heideggeriana della crisi dell"occidente, della sua metafisica che destinalmente si tramuta in tecnica capace di sconvolgere e di soggiogare le potenze planetarie nel progetto di dominio dell"ente nella sua totalità sta diventando sempre più pressante ed evidente anche per le coscienze non aduse alla concettualità filosofica. Il fatto è che tale critica, nella sua radicalità, è stata effettivamente in grado di toccare anche quei "valori" perenni dell"umanesimo cristiano di stampo metafisico che si sono trovati inevitabilmente coinvolti nella caduta "umanistica" del pensare essenziale dentro l"ambito del "calcolo" rappresentativo dell"ente. Tra questi: Dio, la creaturalità del mondo e dell"uomo, il concetto di volontà, e con esso quello della libertà come arbitrium indifferentiae posto a fondamento della scelta tra bene e male. Si presenta così l"esigenza di un ripensamento radicale anche delle categorie del pensare cristiano, ripensamento che trova proprio in Guardini un punto di riferimento essenziale, nella sua capacità di confrontarsi apertamente con le sfide concettuali della contemporaneità e di porle in relazione con la dimensione educativa come sfera imprescindibile di un pensiero cristianamente criteriato. Il tema di libertà appartiene sicuramente a questo ambito che ci interpella radicalmente poiché è solo a partire dalla libertà che all"uomo è dato di diventare persona e di fare esperienza dell"essenza di tali "concetti" nella loro principialità, -al di là delle vuote rappresentazioni, che spesso per comodità si è soliti sostituirvi obliandone la radicalità e la difficoltà che essi comportano, in cambio di un po" di certezza in più e della possibilità di esercitare il diritto di giudicare, anche quando questo evangelicamente non sussiste.
W. A. Euler (a c. di), Der Gottes-Gedanke des Nikolaus von Kues. Mitteilungen und Forschungsbeiträge der Cusanus-Gesellschaft 33, Paulinus, Trier , 2012
Il due in questione. Prospettive interdisciplinari sul riconoscimento, 2020
The aim of this paper is to attempt to think critically and conceptually about the otherness of the other, its difference, using the hermeneutical potential offered by the concept of Hegelian recognition. The paper will highlight the priority of recognition over knowledge and the dialectic dynamics that – through the moments of autonomy, union, self-overcoming and Freigabe that characterize recognition and animate its movement of duplication – does not lead to the dissolution of the otherness of the other, but to its fullest liberation.
2017
Paolo Giacomone Piana La partecipazione genovese alla Guerra di Successione austriaca in Per Genova Liberata, Genova, Fondazione Canevari, 2017, pp. 16-35, 56-57 e 219-231. An outline of the Land Forces of the Republic of Genoa in the War of the Austrian Succession, to which the Biography of Colonel Michelangelo Gallo is added.
HAL (Le Centre pour la Communication Scientifique Directe), 2022
Analisi del testo Il concetto dell'angoscia di S. Kierkegaard, paper, Firenze 2018 di Samuele Nale 1.Libertà e angoscia nella trattazione esistenziale del peccato. Il tema del libro in oggetto è il peccato originale: questo tema apparentemente sembra aver poco o nulla a che fare con una più ampia considerazione onto-gnoseologica della libertà e dell'angoscia. Ora, nelle prime righe dell'introduzione, leggiamo: "L'oggetto del nostro studio è un problema che interessa la psicologia e […] avvia alla dogmatica" 1. Il filo conduttore dell'intero testo che abbiamo iniziato ad analizzare è infatti come possono la psicologia e la dogmatica interessarci, quando volessimo parlare della realtà esistenziale dell'angoscia. Essendo l'Uomo una creatura formata dall'infinito e dal finito, egli si costituisce come sintesi di anima e corpo. La libertà assumerebbe, qui, una connotazione negativa, poiché ogni qualvolta siamo dinanzi a una scelta, e pertanto la libertà è il momento dialettico nelle determinazioni di possibilità e necessità (di scegliere), vi è la probabilità di compiere la scelta sbagliata e ciò catapulta l'uomo nell'angoscia dell'errore. Per individuare le condizioni esistenziali di libertà e di angoscia dobbiamo rifarci allo studio teologico su Adamo e sul suo peccato originario (Kierkegaard illustra ciò nel I° e II° capitolo). Vi sono molti modi attraverso
«Rivista Biellese», 2010
Paintings and iconography of the Turin Shroud in the Biellese area.
Religiosi. Liberamente Professare apertamente la fede è uno straordinario privilegio. Per la maggioranza delle persone nate e abitanti da sempre in stati di diritto rappresenta un dato scontato, a cui non si fa nemmeno caso. Per gli studiosi e gli appassionati è un argomento insondabile, dalle ramificazioni multiple, che spaziano dalla teologia al diritto, dall'antropologia alla sociologia e così via. Nella pratica quotidiana fa parte della preziosa opportunità di manifestarsi per quello che si è, in tranquillità. Nei giorni del distanziamento sociale e del contenimento dal contagio del virus le politiche dei diversi stati sono intervenuti regolamentando questo diritto, alcuni governi lo hanno ristretto, altri lo hanno praticamente sospeso. E, a tal proposito, la ricerca di un sociologo dell'università inglese di Portsmouth, Alexis Artaud de la Ferrière, è partita constatando che le politiche europee hanno assunto posizioni differenti rispetto alla possibilità di frequentare o meno, e, eventualmente, in che in forma, i luoghi di culto. Ha individuato quattro livelli di restrizione. Successivamente ha incrociato le misure adottate con il livello di secolarizzazione, la percentuale media di praticanti settimanali e il tipo di democrazia dei rispettivi paesi e ha rilevato conclusioni diverse. I paesi, dove in epoca moderna la religiosità si è maggiormente ristretta alla sfera privata, sono quelli in cui oggi i fedeli soffrono meno ristrettezze circa la pratica ai tempi del covid. In effetti, non è poi così strana tale combinazione: nei paesi europei con il numero più alto di praticanti settimanali i governi hanno imposto restrizioni più severe. Il dubbio più inquietante, però, non riguarda tanto le misure straordinarie avocate dai governi in nome della salute pubblica in questo momento, quanto l'evoluzione della situazione. Prospettandosi tempi abbastanza lunghi, sia per l'azzeramento dei contagi, sia per la produzione di un vaccino, sia per l'applicazione di un protocollo terapeutico specifico ed efficace, che scenario si prospetta? Una revisione di fatto della libertà religiosa? Per quanto la nostra mentalità, abbastanza secolarizzata, ci impedisca di prendere sul serio una simile preoccupazione, il problema c'è. Non potendo, però, aggiungere molto in merito, in quanto viviamo effettivamente in emergenza a tanti livelli ed è difficile prevedere tempi e situazioni, conviene scegliere altri punti di osservazione. Quando si parla di questa libertà, garantita dalle costituzioni di molti stati, dalla dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e dalla convenzione europea dei diritti dell'uomo, spesso la si contrappone alla sua negazione in contesti dove non è riconosciuta. E questi casi diventano facilmente lo scenario di persecuzione e martirio. La situazione attuale sta mostrando, invece, un altro aspetto, promettente, stimolante e sorprendente. Proviamo a guardare da un altro punto di vista all'emergenza religiosa, scaturita dall'emergenza sanitaria. Quando nasce una religione Molte religioni sono nate come voce, parola viva comunicata dall'ispiratore. Se fossero rimaste tali, non sarebbero sopravvissute. Per questo occorre sempre una sistematizzazione. L'organizzazione successiva e necessaria dà forma a quel messaggio originario e lo propone come sistema che produce senso. Questa organizzazione, che caratterizza le fasi, le stratificazioni successive al periodo della parola viva comunicata dal fondatore, va incontro al processo definito dal grande sociologo Max Weber istituzionalizzazione del carisma. Il primo tempo, quello in cui è presente e opera il fondatore, raccoglie un suo primo uditorio, va formando una catena di trasmissione. In questo ambito quel messaggio originario assume particolare importanza. E i primi, che lo ricevono, inaugurano il processo di sistematizzazione,
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