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Tra marxismo e no? I lineamenti del programma di «Seminari di formazione politica» nell'ambito dei quali a Stefano Petrucciani ed a me è stato richiesto un contributo di riflessione sul «marxismo», si articolano, mi sembra, intorno al tentativo di definizione dei caratteri di una transizione. Mi rendo conto, proprio come studioso di storia, che il termine «transizione» ha capacità conoscitive molto deboli. In fondo la storia è un continuo processo di transizione. Contemporaneamente, però, un aspetto del tempo storico è leggibile solo attraverso griglie concettuali periodizzanti. Avrò modo di tornare su altri aspetti del tempo storico in relazione con la lettura marxiana dei meccanismi di trasformazione della realtà, intanto però è un fatto che nell'ambito dell'uso di concetti periodizzanti il termine transizione diventa meno evanescente. La periodizzazione, infatti, si prova ad individuare spazi temporali caratterizzati da un relativo equilibrio strutturale delle componenti. La transizione riguarda la fase di destrutturazione degli equilibri, il passaggio ad un periodo caratterizzato da diverso equilibrio strutturale. Dal punto di vista della dissoluzione di relazioni strutturali che apparivano consolidate non c'è dubbio che l'ultimo trentennio possa essere considerato un periodo di transizione. Molto più complicata, invece, una ragionata indicazione sul verso della transizione, sulla struttura dei possibili nuovi equilibri economico-sociali. «Transizione al niente», notava qualche anno fa Luigi Cortesi, lo storico direttore della rivista di «storia globale Giano», riflettendo amaramente sulle due o tre generazioni che in questo percorso stavano
CONSECUTIO TEMPORUM HEGELIANA/MARXIANA/FREUDIANA Rivista critica della postmodernità, 2013
This paper aims at showing that Gramsci's "philosophy of praxis" is the most appropriate interpretation of the peculiarity of Marxism both as a philosophical position and a political movement. It is this imbrication that Gramsci allows us to think rigorously, when he shows that truth, ideology and hegemony are nothing but different degrees of the same political praxis; that politics is, on the other hand, a process of truth-constitution; that every philosophy must be conceived of as a form of "religion" (a conception of the world with a corresponding ethics); and, lastly, that this mechanism characterizes "traditional" philosophy as well as, auto-reflexively, Marxism itself. In this way, Gramsci leads us to formulate the question 'What is Marxism?' in a more adequate manner, putting aside the traditional and dominant disputes among concurrent orthodoxies. The peculiarity of Gramsci's approach to Marx and Marxism, therefore, needs not be interpreted as an evidence of his marginality in the Marxist debates. On the contrary, it shows how much mistaken and misleading these debates have been -and still are.
Carmilla, 2017
Recensione del saggio di Domenico Losurdo "Il marxismo occidentale"
1949
Quando la cosiddetta stampa operaia sostiene oggi che ogni attentato al diritto di organizzazione sindacale e di sciopero è un attentato ai principii della democrazia e che lo si combatte difendendo la costituzionalità dei presenti regimi parlamentari, l'impostazione di questa vitale questione dell'azione di classe è semplicemente rovesciata, con la abituale conseguenza di disorientamento e disfattismo della preparazione proletaria.
1949
Adottare il metodo della lotta di classe e professare la teoria marxista significa porre tutte le tradizioni al di là della barricata, e con esse tutte le civiltà che di una tradizione dispongono. Per i marxisti se la civiltà ha un senso, essa è ancora da venire.
1952
Poiché abbiamo chiesto a Carlo Marx di dimostrare la transitorietà delle forme mercantili, e di confermarci la connessa tesi: le forme mercantili apparvero ad una certa tappa della storia, e solo quando saranno scomparse saremo nella tappa comunista; egli con un solo colpo d'ala ci conduce da Robinson Crusoè alla società di domani. È il solito e classico nostro metodo: coi dati indiscussi del passato elaborare l'analisi dello sviluppo di domani
Breve dissertazione di Massimo Morigi sul neo-marxismo, sulla teoria marxiana del plusvalore e sulla teoria della distruzione del valore
‘Teoria della Distruzione del Valore’: teoria elaborata da Massimo Morigi afferente al ‘Repubblicanesimo Geopolitico’, al ‘Repubblicanesimo’, al ‘Neo-repubblicanesimo’, al ‘Marxismo’ e al ‘Neo-marxismo’. Pur condividendo la critica di Karl Marx all’individualismo metodologico dell’economia classica (in specie la critica ad Adam Smith e David Ricardo, individualismo metodologico che poi sarà in seguito trasmesso anche all’economia neoclassica o marginalismo), la ‘Teoria della Distruzione del Valore’ rovescia la teoria del plusvalore di Karl Marx, affermando che il rapporto sociale che va sotto il nome di ‘capitalismo’ non opera una sottrazione del valore del lavoro erogato dal lavoratore a vantaggio del capitale ma, invece, una distruzione del valore di questo lavoro, distruzione del valore che si evidenzia sul “libero mercato” dove s’incontrano – entrambi formalmente liberi – gli operai (decisori omega-strategici), che apportano su questo mercato un lavoro svalutato (distrutto quindi nel suo valore) originatosi proprio dalla libertà di questo mercato (ossia dalla sua mancanza di regole) e i datori di lavoro capitalisti (decisori alfa-strategici) che così possono avvalersi di questo valore-lavoro effettivamente svalutato (o, meglio, distrutto).
Il regime borghese liberale, e anche ripeterlo le mille volte è utile, negò e superò sotto la spinta delle nuove prorompenti forze produttive e degli interessi dei capitalisti ogni divisione dell'agglomerato sociale in caste non solo ma anche in ordine a diversa disciplina giuridica. Proclamò la legge uguale per tutti, nobili o plebei, chierici o laici, costruì la figura, quanto mai fittizia, del cittadino atomo sociale con un egual legame per tutti all'impalcato statale, e mascherò sotto questa serie di poderose balle un nuovo, peggiore, più costruttore di miseria, dominio di classe. Resasi inarrestabile la organizzazione degli interessi economici dei nuovi sfruttati, gli operai salariati, la legge come altra volta rammentavamo, dovette ammettere il principio sindacale, che si estese a tutte le categorie e finalmente divenne arma degli stessi gruppi capitalistici.
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Marx nei margini. Dal marxismo nero al femminismo postcoloniale, 2020
Moderna Semestrale Di Teoria E Critica Della Letteratura, 2008
«Infiniti Mondi», n. 1 del 2017, pp. 111-116, 2017
Sociatà Italiana di Storia del Lavoro, https://www.storialavoro.it/discussioni-4/ , 2021