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2011
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8 pages
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In order to read Luchino Visconti’s artistic experience from a performative point of view, we need to consider his constant aim to shock as an essential part of his work instead of an occasional corollary of it. This is true both with his films and with his stage productions. "Adamo" (1945) and "Rocco and His Brothers" (1960) offer two examples out of many.
UTET, 2021
The essays collected in this book focus on unusual relations and marginal objects, with the purpose to draw a portrait of Luchino Visconti less fossilized than that resulting from canonical authorial perspectives, and more vividly connected to both ideological clashes and the secular interests of cultural industry. These ten essays (five of which previously unpublished) cover neglected aspects (and the reasons of their removal) surfacing in sometimes extravagant aesthetic contrasts (between Hollywood and Thomas Mann, Greek theater and avant-garde, political commitment and popular cinema); in harmonies and dissonances in the collaborations with Marcello Mastroianni, Nino Rota and Helmut Berger; in the often gross comments of the extreme right-wing press; in the hostility of the Venice Film Festival; in the distortions produced by the lens of popular culture through political or even porn parodies, post-1968 ironies, and unexpected affinities with popular genres. What come out are new readings of films such as "White Nights", "Rocco and His Brothers", “Sandra", “Ludwig" and "Conversation Piece", but also a general revision of Visconti’s career.
AUTORI E AUTORIALITÀ FRA LETTERATURA, TEATRO E CINEMA, a cura di Florinda Nardi , 2023
Luchino Visconti e Giovanni Testori sono stati due grandi lombardi delle arti le cui strade personali e creative si sono incrociate dando frutti interessanti e creando d’altra parte attriti e vivaci polemiche, note e divenute talvolta occasione anche di indiscrezione e pettegolezzo. Il contributo lavora su documenti di archivio e testi pubblicati, tra memorie, carteggi e bibliografia critica per cercare di ricostruire le ombre e le luci di una cooperazione creativa significativa per le opere che ha lasciato, ma anche per le traiettorie che sembra aver determinato nei percorsi individuali dei due artisti. Rocco e i suoi fratelli, l’Arialda e La monaca di Monza, molto diverse per mezzi, contesti, occasioni e linguaggi come pure per equilibri di cooperazione autoriale, sono opere sostanziate dall’attrito che si genera tra due universi distanti seppur in attrazione reciproca: quello di Testori -impastato e grondante di carne e sangue così nel realismo come poi sarà nella trasfigurazione della invenzione linguistica- e quello di Visconti, nitido di rarefatta calligrafia anche quando affronta le perversioni del corpo e dell’anima. Quanto di nascosto e ‘rimosso’ nell’opera viscontiana Testori riesca a far emergere anche come critico, anticipando linee di lettura del regista percorse poi solo in anni recenti, lo si vede nelle pagine del ritratto che di lui scrisse nel 1972, ultimo controverso atto di un rapporto complesso ed enigmatico finito con un irreparabile e anch’esso un poco misterioso strappo su cui il contributo prova ad avanzare qualche ipotesi
Altre modernità, 2011
In 1963, Luchino Visconti signed a contract with producer Dino De Laurentiis to direct a film inspired by the biblical story of Giuseppe and his brothers. "Giuseppe e i suoi fratelli" was meant to be a part of an Italian colossal along with several other episodes to be directed by renowned artists such as Orson Welles and Robert Bresson. Analysing letters and several versions of the screenplay never studied before, this essay trace a thorough story of this project and explains the reasons of its failure.
2018
Pubblicazione resa disponibile nei termini della licenza Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 4.0 Possono applicarsi condizioni ulteriori contattando [email protected] prima edizione maggio 2018 isbn 978-88-97523-87-1 edizione digitale www.aAccademia.it/carlotti2 http://books.openedition.org/aaccademia/179 book design boffetta.com Accademia University Press è un marchio registrato di proprietà di LEXIS Compagnia Editoriale in Torino srl V Introduzione VII La tradizione indiana sull'esperienza estetica: dal Nā t. yas 'āstra all'Abhinavabhārathī 3 La psicologia dell'arte di L.S. Vygotskij: emozione ed esperienza 55 La ricerca attuale sull'esperienza estetica tra empirismo e fenomenologia 96 Prospettive Riferimenti bibliografici Indice dei nomi Indice Esperienza e coscienza. Approcci alle arti performative Edoardo Giovanni Carlotti VII 1. La datazione è congetturale. I primi riferimenti ad esso in altri testi non sono precedenti al iv secolo. 2. Le varie recensioni divergono, alcune presentando 33 capitoli e altre 37. La tradizione indiana sull'esperienza estetica: dal Nā t. yas ' āstra all'Abhinavabhārathī Esperienza e coscienza. Approcci alle arti performative Edoardo Giovanni Carlotti 4 connesse, dalla drammaturgia alla musica, da movimenti, gestualità e vocalità del performer alla composizione della compagnia, dalle caratteristiche dello spettatore ideale alla psicologia dell'emozione estetica. Nei secoli successivi, per più di un millennio, si sono succeduti commenti autorevoli al testo-dei quali la maggioranza non si è conservata-e opere dedicate all'approfondimento di alcuni aspetti specifici o alla trasmissione dei suoi contenuti, mentre si ampliava la distanza dal periodo di massimo fulgore dell'arte rappresentativa indiana e le soluzioni performative descritte nel testo si fissavano nelle pratiche per applicazione pedissequa, ma sempre meno consapevole. L'aspetto di maggiore interesse dell'intera trattazione è, per il lettore contemporaneo, la teoria sulla quale si fonda la necessità del nāt. ya stesso, ovvero la teoria che istituisce il collegamento tra l'espressione delle emozioni nella performance e l'esperienza dello spettatore, ponendo le basi su cui si svilupperà il pensiero estetico indiano. Questo particolare approccio all'esperienza estetica, sintetizzato dal termine rasa, ha attratto l'attenzione anche degli studiosi occidentali, in particolare per le possibilità di parallelismo che può suggerire in relazione al concetto aristotelico di catarsi 3 o, comunque, alle interpretazioni dell'emozione estetica come uno stato peculiare dell'esperienza umana, ben distinto da ciò che ha luogo nella vita quotidiana. Allo stesso tempo, il Nāt. yaśāstra ci fornisce un mito di fondazione che provvede ad inserire la disciplina di cui tratta in un orizzonte più ampio, offrendo a una forma d'intrattenimento una giustificazione ben più elevata della semplice occupazione del tempo libero. Il mito di fondazione delle arti performative Nel primo capitolo (adhyāya) dell'opera, la nascita, o meglio l'invenzione, del nāt. ya viene fatta risalire alla fase di transizione tra l'età dell'oro (kr. tayuga) e l'età dell'argento (tretāyuga), allorché si presenta l'urgenza di porre un freno
2020
When considering artistic fruition as a communicative-educational performance rather than as the mere observation of an artwork, the focus shifts from the status of the artwork as such to the modalities through which it communicates, and to the definition of the relationship between the artwork and its public. In this perspective, artistic fruition can be understood no longer as a contemplative state (in the Romantic sense of the term), but as a performative act – in other words, as a dynamic and participative act which produces sense and content (H.G. Gadamer, Wahrheit und Methode, 1960). The implied notion of chronological duration (S. Bettini, Cinema e architettura, 1956) connotes this act as a process (see G. Genette, L'Œuvre de l'art, 1: Immanence et transcendance, 1994), which is relational in that it is not limited to a mere transmission of data (from artwork to public), but enhances the audience's cognitive and emotional involvement.
Lingue e culture dei media
Fin dalla sua uscita nel 1954, Senso, il film di Luchino Visconti tratto dall’eponimo racconto di Camillo Boito (1883), ha suscitato l’attenzione degli studiosi. Mancava però uno studio dedicato agli aspetti linguistici. In questo contributo si indaga la lingua del film, cercando, se possibile, di sottolineare il rapporto tra codice verbale e codice visuale. Attenzione è stata anche dedicata al rapporto tra l’italiano filmico e quello del testo boitiano. Since its realise in 1954, Senso, the film by Luchino Visconti based on the eponymous short story by Camillo Boito (1883), has attracted the attention of scholars. However, a study dedicated to linguistic aspects was missing. This contribution investigates the language of the film, tryng, if possible, to underline the relationship between verbal code and visual code. Attention was also paid to the relationship between filmic italian and that of Boito’s text. Senso, one of the most important film by Luchino Visconti, is based on th...
Libraccio, Milano, 2011; 2nd ed., revised and augmented, 2018
Since its beginnings, Luchino Visconti’s career was characterized by scandals, controversies, censures and even seizures, as a consequence of a particularly reactionary context but also of a transgressive intention which found its main expression in the representation of alternative sexualities and masculinities. Through a large amount of unpublished documents preserved in various archives and among Visconti’s papers, this book aims to study this largely overlooked aspect of Visconti’s work in relation to its cultural context, focusing on five case studies: the staging of Marcel Achard’s “Adamo” (1945) and Giovanni Testori’s “L’Arialda” (1961), and the films “Ossessione” (1943), “Senso” (1954) and “Rocco e i suoi fratelli” (1960).
Morte a Venezia. Thomas Mann / Luchino Visconti: Un confronto, 2014
2020
This paper analyzes the process, dating back to the last 50 years, which has seen the work of art approaching everyday life, with critical perspectives increasingly focused on processuality and performance. Therefore, a notion such as that of artification – "process of processes", according to Heinich and Shapiro – signals the paradox of the success of art at the time of its deconstruction. In this cultural climate, ethnographic museums reproduce, rework or draw on the languages of contemporary art, making them tools to overcome an essentialist notion of heritage but also to present multivocal interpretations and reflect on the processes that underlie "showing the difference". The "Antonio Pasqualino" International Puppet Museum has followed this path by combining a properly museographic activity with field research and the staging of shows, first essentially in continuity with tradition, then also with research and innovation. A museum of performance, ...
in "Teatro è Storia". Scritti in onore di Mara Fazio, a cura di S. Bellavia, V. De Santis, M. Marchetti, numero monografico di «Studi (e testi) italiani», 41 (2018), pp. 257-271
LED Edizioni Universitarie, Milano, 2012
MANTICHORA ANNO , 2019
Mantichora, 2019
Monza Illustrata 2014. Annuario di Arti e Culture a Monza e in Brianza, Scalpendi Editore, pp. 12-53, 2014
n. 23, "Azione", 2014
Morte e Venezia. Thomas Mann/Luchino Visconti: un confronto , 2014
esperienze di luce - il Teatro Olimpico di Vicenza , 2019
Sinetsieonline (Il parlaggio), a. XI, n. 37, 2022
UTET, Torino, 2021
Quaderni d'italianistica
Culture del testo e del documento. Le discipline del libro nelle biblioteche e negli archivi, 2018
ITALIANISTICA, XLVII, 2018
Visualità. Atti del seminario Idee per la Rappresentazione 7