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The essay presents the author's ideas, gained in long experience, about the nature and characteristics of the narrative sources and the value of their testimony and of their judgments for our understanding of history
In AA. VV., "Filologia e interpretazione. Studi di letteratura italiana in onore di Mario Scotti", a cura di Massimiliano Mancini, Roma, Bulzoni, 2006, pp. 69-79.
Reti Medievali Rivista, 2016
Le narrazioni storiografiche relative allo scontro tra guelfi bianchi e neri nella Firenze del 1300-1301 dipendendo largamente da fonti cronachistiche. Nondimeno, queste si sono fondate tradizionalmente sulle cronache maggiori (Compagni e Villani), facendo ricorso alle compilazioni minori trecentesche solo in modo cursorio. Il saggio sviluppa un'analisi sistematica delle testimonianze su questi fatti offerte dalle compilazioni minori (Pseudo Petrarca, Pseudo Brunetto, napoletano-gaddiana, Paolino Pieri, marciana-magliabechiana e " cronichetta magliabechiana "). L'esame mira a ricostruire, sulla base di questo campione specifico, il sistema di relazioni che lega tra loro le compilazioni minori e, di conseguenza, a meglio apprezzare la qualità dell'informazione di ciascuna. Dall'esame, emerge la notevole ricchezza dello Pseudo Petrarca nei manoscritti trecenteschi, nonché la qualità straordinaria dell'informazione storica della compilazione marciana-magliabechiana. I racconti offerti da Dante, Compagni e Villani, così come le interpretazioni che ne sono state date, costituiranno invece l'oggetto di un saggio di prossima pubblicazione.
Angelo Gambella
La discesa dei visigoti di Alarico (410), la caduta dell'impero e la costituzione di un regno romanogermanico (476), segnarono, con tutte le conseguenze di una presenza militare straniera, anche il florido municipium alifano. L'esistenza di due vescovi, Severus 1 , del V secolo, e Clarus «episcopus ecclesiae Allifanae» 2 intervenuto al concilio romano del 499, segnalano comunque la sopravvivenza delle istituzioni cittadine.
Antichita Altoadriatiche 92, p. 71-90, 2020
Abstract Aquileia of Late Antiquity and Its Territory in Medieval Historiography (from the 7th to the 15th Century) Historical notes or short historiographical records related to Aquileia and its administrative territory in late antiquity are featured in about 50 historiographical texts from the period around the year 600 to the mid-15th century. The bulk of these texts consists of the so-called universal chronicles that provide short entries arranged in a chronological sequence. With respect to language and time or place of origin these texts are divided into three groups: (1) about fifteen texts are part of Byzantine historiography; (2) some 30 texts are provided by medieval Latin historiography; (3) and the third group is represented by medieval texts penned in national languages that build on Latin tradition of late antiquity: The Deeds of the Saxons and The Sagas of Icelanders, with notes on Aquileia in the period of Emperor Theodosius. All entries — a total of about a hundred mentions — refer to key events in the history of Aquileia, namely the civil war in 238 (Bellum Aquileiense), the civil war of 340, the civil war of 388, and Attila’s conquest and destruction of the city in 452. Key words: Aquileia, Byzantine historiography, medieval Latin historiography, the Deeds of the Saxons, the Sagas of Icelanders, the continuity of historical memory
«Chiunque crede che Gesù è il Cristo, è stato generato da Dio» (Gv 5,1) e «chiunque confessa che Gesù è il Figlio di Dio, Dio rimane in lui ed egli in Dio» (Gv 4,15). «Credere» e «riconoscere» che Gesù di Nazaret è il Cristo, Figlio di Dio, vuol dire scorgere in quell ' uomo l'evento unico e irripetibile della presenza di Dio tra gli uomini, lutto il cristianesimo è racchiuso in quei due versetti. In Gesù di Nazaret, avvenimento appartenuto alla storia, si concentra la questione di Dio e, nello stesso tempo, la questione e il destino degli esseri umani (Nicola dola).
Sono rigorosamente vietati la riproduzione, la traduzione, l'adattamento, anche parziale o per estratti, per qualsiasi uso e con qualsiasi mezzo effettuati, compresi la copia fotostatica, il microfilm, la memorizzazione elettronica, ecc., senza la preventiva autorizzazione scritta della Fabrizio Serra editore, Pisa · Roma. Ogni abuso sarà perseguito a norma di legge.
“Chiesa e Storia”, 10 (2020), pp. 47-72., 2020
La pubblicazione di questo volume ha ricevuto nel 2019 il contributo finanziario dell'Università Cattolica del Sacro Cuore sulla base d'una valutazione dei risultati della ricerca in essa espressa e il contributo del Dottorato di Ricerca in Filologia, Letteratura e Scienze dello Spettacolo dell'Università degli Studi di Verona.
Chiesa e Storia 12 , 2022
History of the diocesan and local secular chapters in Southern Italy from their creation until to the end of the fifteenth century
Tavola rotonda sulla: "Filologia di servizio, le collane di letteratura medievale" Perché Gli Orsatti. Testi per un Altro Medioevo? Massimo Bonafin (Università degli Studi di Genova)
Italy, Calabria, Roccella Jonica (La Roccella), modern history, public notaries' history .
Picenum Seraphicum. Rivista di studi storici e francescani, vol. 33, 2019
Full open access alla rivista: https://riviste.unimc.it/index.php/pi_ser Il contributo propone i primi risultati di un’indagine a tutto campo sui volgarizzamenti e la tradizione manoscritta dell’opera maggiore di Angelo Clareno (intitolata variamente dagli editori: Historia septem tribulationum o Liber chronicarum). A partire dall’individuazione di un testimone non ancora noto conservato a Porto, gli autori hanno ripreso i problemi filologici e storico-culturali dell’intero dossier, partendo dalla constatazione che le attuali edizioni critiche risultano ancora provvisorie e meritevoli di miglioramento. Viene dunque discussa: 1. la storia redazionale del testo (con una nuova analisi dell’ipotesi di una doppia redazione); 2. Il rapporto tra i testimoni latini; 3. La tradizione manoscritta dei volgarizzamenti; 4. Una analisi del più antico testimone, Roma, BNC, Vittorio Emanuele 1167 (con alcune ipotesi sull’ambiente di produzione e sui volgarizzamenti delle fonti francescane alla fine del XIV secolo in Toscana). The contribution proposes the provisional results of an investigation about the vulgarization and the manuscript tradition of Angelo Clareno's major work (variously entitled by the publishers: Historia septem tribulationum or Liber chronicarum). Starting from the identification of an unknown witness served in Porto, the authors have taken up the philological and historical-cultural problems of the entire dossier, starting from the observation that the current critical editions are still provisional and deserving of improvement. The following issues are therefore discussed: 1. the editorial history of the text (with a new analysis of the hypothesis of a double version of the text provided by the author); 2. The stemmatical relationship among the Latin manuscripts; 3. The manuscript tradition of the volgarizzamenti; 4. An analysis of the oldest witness, Rome, BNC, Vittorio Emanuele 1167 (with some observations about the milieu of production in the context of the vernacular translation of Franciscan sources at the end of the fourteenth century in Tuscany).
in CULTURA E SOCIETA' NELL'ITALIA MEDIEVALE STUDI PER PAOLO BREZZI, Roma, Istituto Storico Italiano per il Medioevo, 1988, pp. 41- 58.
[Eng.] How does work a medieval chronicler? The Chronicon by the Bolognese Dominican friar Francesco Pipino can provide a useful example. In his work, transmitted by the sole copy Modena, Biblioteca Estense, α.X.1.5, he put together information from many sources. For the most recent events, Pipino used as primary source the compilations by Riccobaldo from Ferrara (another chronicler of that time); but he also used (just like the so-called Cronica Sicilie) some rhetorical material very similar to the collection of dictamina transmitted by the so-called Ms. Fitalia (Palermo, Biblioteca della Società siciliana per la storia patria, I.B.25). Writing of history and dictamen were part of the same rhetoric culture, in a period in which the profession of chronicler had not yet acquired fully autonomous characters. [It.] Come lavorava un cronista medievale? Un esempio può essere fornito da Francesco Pipino, un frate domenicano bolognese, che fu attivo soprattutto all’inizio del XIV secolo. Nel suo Chronicon, trasmesso da un solo codice (Modena, Biblioteca Estense, α.X.1.5), egli mise assieme informazioni tratte da fonti poco note. Per dare più delineata fisionomia a tali fonti, qui si prova a offrire un piccolo saggio basato sullo studio di alcune vicende cronologicamente più vicine all’autore, e più specificamente della storia di Federico II, dei suoi figli Corrado e Manfredi, e di Carlo I d’Angiò, fino allo scoppio dei Vespri. Ne viene fuori che come fonte primaria Pipino usò le compilazioni di Riccobaldo da Ferrara, altro cronista dell’epoca, ma si servì anche di materiale di origine retorica, come una raccolta di dictamina molto simile a quella conservata nel cosiddetto Codice Fitalia (Palermo, Biblioteca della Società siciliana per la storia patria, I.B.25), le cui epistole furono usate anche da altre cronache coeve, come la cosiddetta Cronica Sicilie. La scrittura della storia e la composizione ornata delle epistole in stilus supremus facevano parte della stessa cultura retorica, in un’epoca in cui la professione del cronista non aveva ancora acquisito caratteri pienamente autonomi.
La 'notitia iudicati' del 1049 (conservata dal XIV secolo presso l’archivio della parrocchia di Albosaggia, in provincia di Sondrio, e dunque sottratta al suo contesto archivistico originario), pur essendo edita da Manaresi e ben nota alla storiografia merita un riesame dettagliato, che comprenda l’analisi materiale (oltre che testuale) del documento: le numerose anomalie contribuiscono ancora una volta a definire la dimensione astratta dei placiti costruiti adoperando il modello della 'ostensio cartae', che ben poco lasciano intravedere della concreta realtà processuale. Il contributo mira anche a recuperare qualche dato (certo e incerto) circa il radicamento patrimoniale dell’episcopio pavese in Valtellina e le relazioni tra la permuta incastonata nella 'notitia' e l’energica attività di irrobustimento giurisdizionale e patrimoniale della Chiesa comense nella medesima area, precedentemente (per varie ragioni) preclusa.
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