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2000, Nexus Network Journal
La via, la verità e la vita: In occasione del cinquantesimo dell’Humanae vitae e del venticinquesimo della Veritatis splendor. Atti del Convegno tenutosi presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, Roma 29-30 novembre, 2018, edited by George John Woodall, Roma: APRA-IF Press, 2019
La tesi dell'articolo è che la valutazione errata di biologismo nei confronti dell'enciclica di Paolo VI "Humanae vitae" del 1968, circa la paternità responsabile, sia dovuta ad un inadeguato confronto con il concetto di natura che sta alla base della enciclica. Lo scopo di questo contributo è innanzitutto di fondare quest'ultimo concetto, per poi rafforzarlo dal punto di vista della filosofia morale.
La cultura che le ha prodotte e il senso originario delle leggi di tutela del paesaggio in Italia. Dagli inizi del '900 alla fine degli anni '30
2004
Tra le splendide pagine di due lapidari moderni, L'écriture des pierres e Trois leçons des ténèbres 1 di Roger Caillois, si trovano le descrizioni esemplari di quattro pietre-una paesina, due calcari e un'agatainteramente disegnate dalla natura e considerate "opere d'arte naturali". Caillois ha dedicato gli ultimi venti anni della propria vita alla passione per i minerali, nel tentativo di fondare una poetica generalizzata dove situare, sulla stessa linea e senza soluzione di continuità, il "mondo fisico, quello intellettuale e quello immaginario", come egli stesso ebbe a scrivere ne Le champ des signes 2. Nel progetto generale delle scienze diagonali, che attraversa la divisione dei saperi alla ricerca di analogie tra manifestazioni della natura che non trovano risposte negli ambiti tradizionali delle discipline, Caillois ipotizza addirittura un decentramento antropologico. Le corrispondenze profonde tra fenomeni sparsi nell'universo sono la prova di un'armonia ma anche di una bellezza, se non di un vero e proprio progetto estetico della natura, che l'uomo non può far altro che accettare e riconoscere come l'alveo millenario e perfetto delle forme, all'interno del quale egli si illude di manifestare in modo originale la propria arte. Nella prospettiva cailloisiana sono infatti le opere dei pittori, ad esempio, a essere «una variante umana delle ali delle farfalle» e non viceversa 3. Attraverso le sapienti descrizioni di Caillois le pietre figurate assumono lo statuto di opere d'arte e diventano dunque il luogo in cui si portano a compimento i disegni della natura. Senza la lettura dei disegnisenza cioè un riconoscimento delle strisce di colore, delle linee, dei piani e delle profondità mostrate nella loro sezione e senza la relativa composizione in immagini visive o mentali, riconoscimento che si dà solo a partire da un'interazione con il materiale sezionandolo, frantumandolo o semplicemente riportandolo alla luce-le figure sulla superficie dei minerali rimarrebbero celate per sempre nelle profondità della terra e dunque prive di ogni significazione.
Energia, Ambiente e Innovazione vol. 6, pp. 58-63 (2014), 2014
Partendo da un aneddoto giovanile del “Principe dei Matematici” Gauss, proponiamo un sorprendente viaggio nel mondo dei “numeri figurativi”, le cui insolite proprietà consentono di trovare eleganti soluzioni ad alcuni problemi di calcolo numerico e combinatorio, passando per la probabilità di vincita nei giochi d’azzardo e per i “numeri perfetti”, fino ad arrivare al controverso concetto di infinito e alla diversa cardinalità degli insiemi infiniti. La trattazione è divulgativa ma rigorosa, introduce i vari argomenti in modo elementare e non richiede al lettore conoscenze approfondite di matematica. Sullo sfondo delle applicazioni pratiche, risalta la bellezza estetica e l’eleganza delle proprietà dei numeri figurativi.
Lo Sguardo, 2020
Aim of the paper is to analyze the ecological entailments of the relationship between the Philosophy of Schelling and the Ontology of Merleau-Ponty. The paper starts from Merleau-Ponty’s lectures at the Collège de France where Merleau-Ponty points out the union of subject and the object in the Descartes’ Metaphysical Meditations: this is what Merleau-Ponty calls Chiasm. Then the paper shows the agreement of the concept of Chiasm to the Schelling’s Naturphilosophie and the concept of Absolute as Becoming Bond. In the end, the paper argues that the Schelling’s notion of Absolute and the Merleau-Ponty’s concept of Chiasm lead to the problem of Statute of Philosophy conceived as a Transcendental Art.
Il problema dell'Archè mi si è svelato in tutta la sua potenza quando, a pochi giorni di un esame di maturità di una scuola serale (tre anni in uno) una alunna mi pose la seguente questione: " perché devo sapere che per Talete l'Archè è l'acqua quando sappiamo che non è così? ". Riconosco che uno dei problemi della filosofia è forse quello di riuscire a separare il metodo dal contenuto, giacché del contenuto, per esporre il metodo, non può (per fortuna) essere eliminato. In questa lezione, da svolgere nelle prime ore del corso di Filosofia del triennio, si tenta di affrontare il problema della ricerca del Principio come un problema di metodo. Dal mito al logos Seguendo la Teogonia di Esiodo, in principio era il Caos, lo spazio aperto, l'abisso, il Tutto non definibile e di cui, di conseguenza, non si può parlare. Ma se il Caos è già il Tutto (che quindi non esclude niente), nel Caos si trova già tutta la realtà (che se ne parli o meno). Quella che manca, e di cui la Filosofia pone come suo obiettivo e oggetto di ricerca, è la Verità, cioè poter affermare qualcosa di quel Tutto per quello che è. Si rende necessario dunque un ordine, un principio che permetta del Caos di identificare qualcosa di predicabile, che il soggetto è in grado di riconoscere (perché il Caos, per definizione, è ingiudicabile). Nella cosiddetta terza generazione degli Dei, da Chronos (il Tempo), perché ci vuole il " tempo " per mettere " ordine " al Caos, nasce Zeus. Zeus a seguito della lotta con il padre (che metaforicamente potremmo leggere come " lotta contro il tempo ") diviene padre dei dèi. Gli dèi si vedono attribuiti ognuno un proprio ruolo nella legiferazione della natura. Quella natura che è per sua definizione il regno delle cose che cambiano (che nascono, da cui l'origine della stessa parola " natura " , e quindi muoiono, sempre nel " tempo "), ma di ciò che cambia, se non se ne conoscono le cause, non è possibile esprimere alcunché di vero. Da qui il bisogno di un principio (Zeus) che dia ordine tramite leggi (gli dèi) e queste non devono essere nel tempo, ma nell'eterno, perché, appunto, non siano soggette al cambiamento. Ma è possibile comprendere queste leggi? Se viviamo nel tempo come possiamo conoscere leggi che sono eterne? Seguendo un altro mito il problema si era già posto nella teogonia greca: è necessario possedere quel qualcosa del Tutto che permetta non solo di farne parte ma di comprenderlo come il tutto stesso, occorreva qualcosa di eterno anche nell'uomo che pretende di vivere sia nel tempo che nell'eterno. Il mito in questione è quello di Dioniso. Secondo una versione di questo mito, Dioniso, figlio di Zeus (uno dei tanti), fu divorato dai Titani (smembrato, bollito, arrostito e mangiato). Zeus, per punizione, folgorò e incenerì i Titani, e, dal resto delle loro ceneri, nacque il genere umano. Gli uomini sono dunque fatti di cenere (nascono e muoiono, ovvero si aggregano e decompongono nel tempo) ma hanno anche una sorta di natura divina perché i Titani, prima di essere inceneriti, hanno divorato Dioniso, e quindi qualcosa di divino si trova nei loro resti. Dal mito di Dioniso, l'orfismo (e non a caso una buona parte dei filosofi delle origini sono orfici) trae una serie di riflessioni sulla natura umana: nell'uomo, derivato dal " vapore " dei Titani, è presente una componente dionisiaca, che ne attesta l'appartenenza agli dèi. Detto in altro modo, l'orfismo presenta una visione dell'uomo caratterizzata da due componenti: il corpo titanico e corruttibile e l'anima dionisiaca immortale. Nel corpo alberga, infatti, una sorta di " scintilla divina " , un'anima immortale e destinata a tornare agli dèi, che vive la vita nel corpo in modo innaturale, doloroso, lacerante. Al di là degli scopi dei riti purificatori
Intervista a Giovanni Frangi, presente fino all'11 gennaio 2015 con la sua mostra "Lotteria Farnese" al Museo Archeologico Nazionale di Napoli
John McDowell è considerato uno degli autori meno "ortodossi" presenti nel panorama della filosofia contemporanea in lingua inglese. Vari aspetti del suo pensiero contribuiscono ad avallare il giudizio che lo dipinge come eretico rispetto al mainstream della cosiddetta filosofia analitica. Si pensi alla difesa del carattere pienamente concettuale dell'esperienza, al deciso rifiuto delle strategie di naturalizzazione dell'intenzionalità, alla sensibilità per momenti ed autori cruciali della storia della filosofia 1 . Se, infatti, la consapevolezza dell'importanza di una considerazione storica del pensiero filosofico è stata per lungo tempo merce rara nella filosofia di ispirazione anglosassone, le pagine degli scritti di McDowell sono, invece, costellate di riferimenti a giganti della storia del pensiero, quali Aristotele, Kant, Hegel (uno degli autori più "scandalosi" cui McDowell fa riferimento se si considera la sufficienza con cui la tradizione hegeliana è abitualmente guardata dai filosofi analitici 2 ) e, più sporadicamente, Marx, Heidegger e Gadamer.
Architecture and design for ethical funcionality. (italian)
2021
Michelangelo was the most innovative and modern artist in the history of art. Undisputed protagonist of the Reinassance and precursor of its overcoming, first true artist who combines genius and insanity. His approach to art associates a search for perfection and formal beauty and moral and spiritual components (matters), related to the complexity of his inner torment. His artistic production depends on his unique personality, between Neoplatonism and Christian religion, between perfect and unfinished works, between order and chaos.
altra lezione ci eravamo lasciati dicendo che per la sua peculiare natura e dimensioni, non era possibile determinare con esattezza dove si trova un elettrone. Fu formulata una famosa teoria per giustificare quanto sopra, la teoria quantistica di Plank. Questa dimostrò che l'energia di una radiazione elettromagnetica è emessa ed assorbita in modo discontinuo, secondo quantità variabili e ben definite, chiamate quanti.
CoSMo | Comparative Studies in Modernism, 2016
This article outlines three different forms of the natural sublime as presented in three converging texts of the Romantic period: Coleridge’s Hymn before Sunrise in the Vale of Chamouni , Shelley’s Mont Blanc , and Wordsworth’s lines on the Simplon Pass in Book 6 of The Prelude . The three versions stress the experience of the sublime as an encounter between nature and the subject, but whereas in Coleridge’s hymn the vision of the “great mountain” is the occasion for the poet’s voice to celebrate nature as the symbol of Divinity, in Shelley’s poem nature appears divested of all religious connotation and the stance of he poet is ambiguous because, on one hand, he presents himself as the “interpreter” of nature’s “mysterious tongue” but, on the other, it is his voice that gives nature a language making sense of her “silence”. As for Wordsworth, this article departs from received critical opinion contending that the description of the Gondo Gorges does not represent the true Wordsworth...
The relationship between man and nature has been examined under several points of view since the antiquity, as emerges from the brief reflection presented in the first paragraph of this paper, which, for the rest, focuses on one of the many visions emerged from ancient Greek and Latin literature and philosophy.
L'Ulisse, 2021
L’articolo intende verificare le modalità con cui Fortini attraversa la grande distinzione tra natura e cultura, dal confronto sulle ricerche di De Martino alla discussione in pubblico con Calvino, in cui vengono messe a tema la definizione dei confini tra umano e non umano. Se si spinge lo sguardo alla raccolta poetica maturata tra gli anni Settanta e Ottanta, Paesaggio con serpente. Versi 1973-1983 (1984), si assiste non solo alla messa al bando dell’idillio, ma anche alla denuncia del rischio della naturalizzazione della storia.
Nel §42 della Critica del Giudizio (KU), intitolato Dell’interesse intellettuale per il bello, Kant crea una connessione diretta tra l’interesse per la bellezza naturale e la moralità, negandola all’arte. In questo breve elaborato cercherò di dare una possibile risposta ad alcune problematiche poste di seguito, attraverso una panoramica sulla collocazione e sui contenuti di questo denso paragrafo, e proverò a spiegarne il ruolo rilevante nella KU. Innanzitutto, sulla base di cosa Kant introduce e motiva questo collegamento? Inoltre, perché esso non si può istituire nel campo artistico? Tale assunto sembra entrare in conflitto con quanto sostenuto al termine della sezione della Dialettica (§59), dove l’arte bella, assieme alla natura, viene indicata come simbolo del Bene morale. Infine, questa relazione così stretta tra moralità e bellezza naturale non potrebbe essere intesa come una strumentalizzazione morale dell’osservazione della natura? Si vedrà come Kant, per giustificare le pretesa di necessità del giudizio di gusto, cominci a tracciare un legame tra la sfera fenomenica (del mondo sensibile, naturale) e quella noumenica (della dimensione morale sovrasensibile), mettendo così in luce l’importanza che il bello può avere nelle nostre vite. La bellezza suscita un particolare piacere che è proprio solo dell’essere umano e così le esperienze a esso connesse, come la contemplazione della natura e la creazione dell’opera d’arte. Il bello, nella sua gratuità, vivifica l’animo umano, innalzandolo al sovrasensibile, orientandolo verso la sua effettiva destinazione (Bestimmung), che è di tipo morale: la bellezza naturale lo fa in modo diretto attraverso la finalità senza scopo con cui pare produrre le sue forme belle; mentre l’artista occasiona questo collegamento solo in virtù del talento naturale del genio, in grado di celare lo scopo, il concetto a cui l’opera d’arte, in quanto oggetto intenzionale, dà rappresentazione. Sarà poi proprio questa assoluta indipendenza da scopi esterni, caratteristica propria sia del bello che della moralità, a fugare ogni possibile dubbio circa la purezza del nostro interesse nell’ammirazione della bellezza naturale.
2013
Che la matematica sia uno strumento "tecnico" fondamentale in discipline quali l’architettura e il design e abbastanza evidente. Meno ovvio, invece, e che possa fungere da strumento "creativo", ispirando la progettazione artistica, col risultato di suggerire soluzioni originali e inattese. Nella mia esperienza didattica ho avuto modo di riscontrare come l’analisi del “contenuto matematico” nascosto negli oggetti d’arte (intesa come musica, pittura, architettura, letteratura, design,...) consenta, solleticando l’appetito esteticocreativo degli studenti, di insegnare loro quanto la matematica possa rivelarsi sorprendente e, soprattutto, sorprendentemente bella. L’elenco dei temi utili a questo scopo e potenzialmente infinito: si va dall’uso della sezione aurea in Le Corbusier alla presenza dei numeri di Fibonacci nelle installazioni di Merz, dalle animazioni dei cartoni animati alle superfici rigate negli edifici di Gaudi, dalla forma degli specchi ustori a quella ...
2023
Sin dal sorgere delle prime scuole filosofiche il problema della libertà degli esseri umani è stato affrontato indistintamente da tutte le più grandi menti. Quella che sembra essere una delle intuizioni più immediate di ogni essere pensante – ovvero il fatto che l’uomo è padrone dei propri atti – si poneva in netto contrasto sia con certi assunti teologici sia con le leggi di natura; e il compito che è stato da sempre demandato alle diverse discipline è stato quello di conciliare gli elementi di questa relazione: Dio e l’essere umano prima, la Natura e l’essere umano dopo. L’epoca moderna in particolare, grazie all’affermazione della fisica con Isaac Newton e del metodo sperimentale ad opera di Galileo Galilei, è stato il momento storico in cui, sia da parte filosofica sia da parte scientifica, sono giunti gli attacchi più serrati alla nozione di libertà. Il rigido determinismo del macrocosmo sembrava infatti incompatibile con l’intuizione della libertà (Hobbes, 1646, 1656; Laplace 1814; Mill, 1843, 1859). Più di recente, nella contemporaneità, sono state invece le neuroscienze e la neurofisiologia a suggerire che il nostro cervello si attivi ancor prima che noi ne diventiamo coscienti (Libet et al, 1983; Soon et al., 2008, 2013). Quei dati, tuttavia, sono stati smentiti dalle medesime discipline (Haggard, 2005; Maoz et al., 2019) le quali, in un altalenarsi continuo, hanno fornito prove a favore o contro la libertà. Anche l’avvento della meccanica quantistica, con la reintroduzione dell’indeterminismo a livello microscopico, sembrò portare nuove prove in difesa della libertà, se non fosse che anche l’indeterminismo non sembri affatto garantire la libertà di cui noi ci sentiamo portatori. In questo intricato contesto, un dato rimane incontrovertibile: dopo millenni di riflessioni non si è giunti a compiere passi avanti, tant’è che Max Planck poteva dire: «Dopo tutto quanto è stato pensato e scritto nei secoli sul nostro problema ci si potrebbe attendere di essere oggi più prossimi alla sua soluzione, […] ma in realtà è successo precisamente il contrario» (Planck, 1923, p. 28). Questa stasi alla quale il dibattito sembra esser giunto è stata interpretata da alcuni come una dimensione costitutiva della libertà stessa, la quale si configurerebbe come un avere propria incognita situata nell’essere umano. Il presente articolo vuole prendere le mosse proprio dalla scuola di pensiero che si esprime in termini scettici nei confronti della libertà e, in particolare, vuole delineare i due orientamenti maggioritari: gli scettici epistemici o misteriani (van Inwagen, 1998) e gli scettici ontologici, o illusionisti (Wegner, 2002; Ferber 2003). Dall’analisi critica dei due orientamenti si conseguirà quindi lo scopo ultimo del contributo: far emergere come proprio questa dimensione di enigma che si colloca non all’esterno della natura umana ma al suo interno sia uno degli elementi contraddistintivi della libertà in particolare e dell’essere umano in generale, il quale proprio nel non poter aver pieno accesso a questa dimensione cognitiva – che rimane sempre a lui in parte ignota – si costituisce quale soggetto agente e responsabile.
I 'momentI traentI' della Storia dell'arte. Studi in memoria di Ferdinando Bologna, a cura di R. Cioffi e G. Brevetti, Quaderni di Polygraphia, 7, 2023
L’impulso dato da Ferdinando Bologna alla riscoperta della scultura di Cosimo Fanzago negli anni Cinquanta del Novecento è stato determinante per gli studi successivi. In particolare Antonia Nava Cellini, un’allieva di Roberto Longhi – il cui sotterraneo interesse per lo scultore certo stimolò il dibattito critico – a più riprese ha contribuito a «configurare il ‘vero’ Fanzago» seguendo queste fondamentali chiavi di lettura – la matrice lombarda, l’«assillo manieristico», il rapporto con l’arte di Bernini e Finelli e con la pittura coeva (da Battistello a Francesco Fracanzano) – sulle quali Bologna è tornato a interrogarsi, in anni più recenti, nel film-documentario su Giovan Battista Spinelli (2014). The impulse given by Ferdinando Bologna to the rediscovery of Cosimo Fanzago’s sculpture in the 1950s was decisive for subsequent studies. In particular Antonia Nava Cellini, a pupil of Roberto Longhi – whose underground interest in the sculptor certainly stimulated the development of the critical debate – has contributed on several occasions to «configuring the ‘real’ Fanzago» following these keys to interpretation – the Lombard matrix, the «manneristic obsession», the relationship with the art of Bernini and Finelli and with contemporary painting (from Battistello to Francesco Fracanzano), on which Bologna has once again questioned itself, in more recent years, in the documentary film about Giovan Battista Spinelli (2014).
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