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Il testo affronta la questione del rapporto tra scienza e senso comune nei suoi termini epistemologici generali. Dopo una breve presentazione storico-concettuale della questione, si individua nel saggio di Wilfrid Sellars "La Filosofia e l'immagine scientifica dell'uomo" (1962) un testo utile a far emergere il modo in cui essa si declina oggi (bene o male) in filosofia. A partire da un'analisi critica di questo testo, si cerca di far emergere i caratteri distintivi che Sellars assegna rispettivamente all'immagine manifesta e all'immagine scientifica, dando conto del dibattito che ne è derivato negli ultimi 50 anni e soprattutto di come le diverse opzioni circa la maniera di intenderle incidano sul modo di formulare e aggiudicare la disputa tra scienza e senso comune. In conclusione, dopo aver analizzato la trattazione che Sellars offre della normatività e la sua valutazione complessiva sulla necessità di 'fondere' le due immagini, si richiamano le principali questioni aperte, o obiezioni e opzioni teoriche alternative alla visione di Sellars (sia nel senso di un minor naturalismo, sia nel senso di un naturalismo più radicale). Indice: 1 Scienza e senso comune: genesi e forme di una tensione 2 La concezione di senso comune dell'uomo e del mondo 3 La concezione scientifica dell'uomo e del mondo 4 Clash of images o visione stereoscopica: l'avvenire di una tensione
This PhD thesis aims at defining the “common good” concept, joining scientific meanings of different disciplines (Law, Economics, Social and Political Science) with social actors’ ideas (common sense conceptions) matured on the occasion of the Italian referendum in favor of the "Water Common Good” (June 2011). Full text available from http://padis.uniroma1.it/handle/10805/2475
A. Lavazza, M. Marraffa,in (a cura di) La guerra dei mondi? Scienze e senso comune, , 2016
In questo lavoro tratterò quasi del tutto separatamente la causazione generica (type) e quella singolare (token), dato che i due tipi di causazione possono (anche se non necessariamente devono) essere indagati indipendentemente. Nella prima parte presenterò soprattutto le teorie della causazione generica, cercando di evidenziare somiglianze e differenze tra queste teorie e discuterò se il fatto che queste teorie vengono applicate alle scienze speciali comporta o meno l'assenza di ogni riferimento alla causalità in fisica. Nella seconda parte mi concentrerò sulla causazione singolare e sul metodo degli esperimenti mentali, che è uno dei tratti principali della discussione in questo campo. Anche in questo contesto discuterò se vi è una differenza radicale tra ragionamenti di senso comune e argomentazione scientifica. Le considerazioni che svolgerò mirano a rendere plausibile la tesi che relativamente all'uso di asserzioni e ragionamenti causali non sussistono drammatiche discontinuità tra la scienza e il ragionamento di senso comune. Iniziamo con la causazione generica, che lega tipi generali di eventi (ipernutrizione e sedentarietà favoriscono il diabete) o proprietà generali (l'obesità addominale promuove l'ipertensione). La causazione generica è predominante in ambito scientifico, proprio per l'ovvio carattere di generalità che è proprio della scienza. In ambito scientifico, tuttavia, nonostante gli enormi sforzi recentemente realizzati dai filosofi e da una parte degli scienziati per liberare la nozione di causa da fumosità metafisiche, le nozioni causali hanno apparentemente vita grama. Anche se gli ultimi decenni hanno visto la formulazione di teorie della causazione e del ragionamento causale improntate a un grande rigore matematicoformale, il dibattito corrente ha fatto riemergere con nuove argomentazioni la "vecchia" tesi che afferma che, sebbene parlare di cause sia più che legittimo nel discorso ordinario, in fondo non vi è veramente posto per la causazione nella scienza; oppure, secondo una formulazione più debole, è ammissibile parlare di cause nelle scienze speciali, ma la causazione non è comunque compatibile con quanto ci dicono del mondo le teorie fisiche fondamentali. Ripercorreremo nei due paragrafi seguenti sia queste posizioni sia quelle di chi attacca lo scetticismo causale cercando di mostrare come anche le teorie fondamentali della fisica lascino spazio alla causazione. Per introdurre la discussione ricorreremo a due citazioni, che ne delimitano, per così dire, il campo. La prima citazione è quella, ben nota, di Bertrand Russell, e segna il punto di partenza della nostra discussione: «La legge di causalità, come molto di ciò che viene raccolto dai filosofi,
"Non è mai accaduto di dover subire tante idee lontane dal senso comune, e d'altra parte sostenute meglio, più controllate, e più instabili, più rapidamente fuori moda, detronizzate, rimpiazzate […]". Così faceva dire, nei primi anni Trenta del secolo scorso, Paul Valéry [28, pp. 103-104] a una delle voci del dialogo L'Idée fixe, nel contesto di una singolare riflessione sul rapporto tra scienza, universo del senso comune e immaginazione. In quegli stessi anni si potrebbero trovare considerazioni forse non dissimili (anche se diversamente motivate o espresse) da parte di alcuni degli scienziati che concorrevano al sorgere di quelle stesse idee.
The article concerns the connection between our search for the meaning of life and the common good.
Temistio, Orationes, XIII, 177d Avvertiva Kierkegaard, proprio a proposito di prefazioni, che quando un libro comincia con la cosa stessa non rimane molto da dire in un prologo. In questo senso, il libro di Nick Zangwill è chiarissimo, fin dal titolo. Sennonché, sulle prime, la cosa di cui si annuncia la trattazione potrà forse sorprenderesoprattutto il lettore non avvezzo a quel genere di letteratura di stampo analitico di cui il lavoro di Zangwill è pienamente tributario. Si potrebbe pensare, infatti, almeno in forza di una corrente che dalle nostre parti riscuote ancora qualche credito, che i concetti di "metafisica" e di "bellezza" siano non solo male assortiti, ma anche in se stessi sospetti.
S&F_scienzaefilosofia.it, 2016
Science, Philosophy, Common Sense: how the extraordinary could turn into the Obvious The paper is devoted to an examination of some aspects of the relation between science, philosophy and common sense. By referring to crucial episodes of the history of astronomy and physics such as the Copernican Revolution and the birth of Relativity Theory, attention is paid to the process by which new scientific ideas contrasting with deeply entrenched intuitions and socially shared beliefs are gradually absorbed into the conceptual schema underlying common sense. Some light is thrown on the role that philosophy can play in that process.
Quaderni della Ginestra, 2017
Uniti da un senso comune? Il sensus communis e la collettività ABSTACT Se il senso comune lega tra loro una comunità di persone, il problema che sorge spontaneo è capire la dimensione di questa comunità. Il rischio, infatti, è che il senso comune diventi un principio di esclusione più che di inclusione. Gadamer, da parte sua, sostiene che il senso comune è il senso per il giusto e per il bene comune che vive in tutti gli uomini e che si acquista nel vivere comune. Tuttavia, seguendo la prospettiva di Gadamer, un processo di graduale ampliamente a tutto il genere umano è messo in crisi dalla peculiare legame tra senso comune e linguaggio. Un “linguaggio comune” a tutta l’umanità problematica e da discutere alla luce del concetto gadameriano di gioco. Tuttavia, secondo Hannah Arendt una teoria politica democratica deve fondarsi sul senso comune, che si esprime nella facoltà di giudizio. Il giudizio presuppone il confronto con gli altri, non può prescindere da un accordo potenziale con gli altri e questa sua caratteristica lega l’uomo agli altri e al mondo. La categoria del giudizio è strettamente connessa alla vita politica che costituisce l’unica via di realizzare un autentico consenso nell’ambito politico, radicato in quel senso comune che «ci svela la natura del mondo in quanto patrimonio comune a tutti noi» attraverso il pensiero rappresentativo. E proprio quest'ultimo, attivato tramite il giudizio, consente agli uomini di superare la loro distanza individuale. Pertanto, solo l’uomo, in quanto essere politico in senso aristotelico, può con-dividere il mondo, abbracciando non solo il punto di vista degli altri ma anche dirigendolo verso gli altri. In questo senso, il giudizio ha bisogno della presenza degli altri e radica l’uomo in quella pluralità che lo qualifica ontologicamente.
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Firenze University Press, 2005
Humanities research, 2017
Territorio Della Ricerca Su Insediamenti E Ambiente Rivista Internazionale Di Cultura Urbanistica, 2010
Rivista di Estetica, 2015
GIURISPRUDENZA E SCIENZA. ATTI DEI CONVEGNI LINCEI . 310, 2017
MeTis. Mondi educativi. Temim, indagini, suggestioni, 2018
Relazione e bene comune, a cura di M. Casucci, 2022