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Dal welfare collettivo alle case di quartiere

L’aporia dei tradizionali dispositivi di welfare, congiuntamente con la decrescente capacità individuale di appagare le proprie necessità ha aperto a forme di messa in comune come strategia alternativa per soddisfare esigenze condivise. Stanno infatti prendendo piede diverse pratiche urbane basate su istanze locali e sulla disponibilità dei cittadini a prendersene carico. Esperienze in continua evoluzione difficilmente inscrivibili entro le tradizionali dicotomie polarizzanti con le quali siamo abituati a descrivere e pensare la città. Una contrattazione collettiva di regole, modalità d’uso, cura e gestione del territorio che identifica nuovi beni comuni. Osservare questi luoghi ritengo aiuti ad identificare una categoria di pratiche che si stanno diffondendo nelle città contemporanee e che riscoprono il valore della prossimità e della cooperazione come risposta alla situazione socio economica contemporanea. Iniziative che non solo promuovono empowerment sociale ma favoriscono il riappropriarsi di porzioni di città, stimolano fenomeni di governance e cura del territorio indipendenti dalle iniziative pubbliche. Pratiche che fanno della loro intermittenza e autonomia il proprio carattere innovativo ed evolutivo e della loro pluralità la capacità di perpetuarsi nel tempo.