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2024, Quaestio
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The Heideggerian radicalization of the question of the world in the 1930s seems to us to be driven by the need for a double detrascendentalisation. It is not only a matter of freeing the thought of the world from modern subjectivism but also of overcoming the conceptual pairs a priori/a posteriori, condition/conditioned, transcendental/empirical. Hence the proliferation, in the Heideggerian texts of the 1930s, of a lexicon of the establishment, of the institution, of the foundation (Einrichtung, Stiftung, Gründung): it is necessary to think of the evenemential institution of the world from a singular thing, according to the exemplary model of the work of art. However, what we would like to show is that this detrascendentalisation can only be fully understood within the framework of the thought of the Ereignis and, in particular, within the framework of one of the «junctures» of the Beiträge (and therefore of the Ereignis itself), the Bergung, which more generally indicates a sheltering and preservation of the truth of Being in the beings, more precisely in the different types of beings and in the different correlative types of the Dasein’s action. It is in this institution of the world, in all acting and in all things, in the multiplicity of our practices and of the things to which we relate, an institution that is made with us and beyond us, that one can see the theoretical perspective opened up by these reflections of Heidegger.
2024
This text analyses some stages in the genesis and development of the problem of chance (Zufall) in Heidegger's thought, showing how it runs through the philosopher's entire work. After tracing the theoretical formation of the concept in the author's youthful philosophy (whose main sources are the Neo-Kantianism of the Southwest School and the hermeneutic-phenomenological interpretation of Aristotle), I come to examine some passages taken from the works devoted to the problem of the event (Ereignis), in which Heidegger reconfirms the speculative centrality of the Zufall and its importance for the Ereignis-Denken.
The aim of this paper is to analyze the relationship between the technological animal, as explication of the metaphysical humanity, and the future ones [Zukünftigen] in Heidegger’s thought of Event. Through the exploration of some pages of Contribution on Philosophy (On the Event) I will show how this relation, in Heidegger’s considerations of this period, has not a dialectic form. Technological animal and Zukünftigen indicate two different way to name the same belonginess of human being to the Being. Through the figure of the Zukünftigen Heidegger tries to propose a ‘new form’ of humanity beyond the characterization of the metaphysics.
1. Antonio Cimino, Il problema del contesto e le vie dell’interpretazione. Nota sul contestualismo in Heidegger; 2. Claudio Paravati, Le radici storiche della Kehre heideggeriana; 3. Mathias Warnes, The Chiasmus of the Holiday: Heidegger on Work, Fest, Leisure, and Unrest ; 4. Christian Belli, Leitfrage eGrundfrage. Una lettura della Gründung nei Beiträge zur Philosophie ; 5. Simona Bertolini,Qunado l’ontologia non è più fenomenologia. Alcune riflessioni sul passaggio da Sein und Zeit alla Kehre; 6. Matteo Segatto, Heidegger. Ancora una volta sulla Kehre: evento e abbandono; 7. Reviews.
La questione del mondo è stata una delle poste in gioco fondamentali della fenomenologia e del suo tentativo di ripensare l’esperienza. Che cosa implica il progetto di quella che si può chiamare una «cosmologia fenomenologica»? Quali sono le sue condizioni e le sue conseguenze? Se Heidegger ha dato un contribuito decisivo allo sviluppo di questo filone «cosmologico» che percorre la corrente fenomenologica, in che misura i suoi testi permettono di realizzare un simile progetto? Sono queste le domande che si trovano al centro del presente saggio: anche attraverso un costante dialogo con altri autori, vengono analizzate le possibilità e i limiti di una cosmologia fenomenologica nei testi del primo Heidegger. Questi appariranno allora percorsi da una tensione fondamentale. Se da un lato essi permettono di pensare un primato del mondo sull’io come vero “luogo” del trascendentale e della manifestatività, dall’altro lato l’impostazione heideggeriana incontra dei limiti essenziali, che si rivelano essere due veri e propri “punti ciechi” del suo pensiero: il primato assoluto della questione dell’essere e l’omissione della questione della genesi.
L'essere abbandonato. La fenomenologia di Marion come debito e compimento della fenomenologia di Heidegger, 2021
La tesi ripercorre l'itinerario filosofico e fenomenologico di Jean-Luc Marion evidenziandone il debito ermeneutico proveniente tanto dal giovane quanto dal già esperto Martin Heidegger. L'analisi si concentra essenzialmente sulla nozione di "es gibt", che Heidegger studia fin dal principio del proprio cammino di pensiero - accentuandone alcuni aspetti nella conferenza "Zeit und Sein" del 1962. Forse tra lo "es gibt" heideggeriano e la "donation" marioniana non si dà né continuità né rottura, ma - grazie ad un'analisi approfondita della differenza ontologica e della donazione dell'essere in Heidegger (fino all'Ereignis) - ben più radicalmente si darebbe un compimento. La fenomenologia, con Marion, arriva a concentrarsi esclusivamente sulla donazione. Ma come, e quando, essa (già) si dà nella storia dell'occidente? Il seme lo butta Husserl, Heidegger ne cura il frutto. Marion ne vede le conseguenze.
PENSIERO DELLA TRASCENDENZA E PENSIERO DELLA TEMPORALITÀ Luigi Pareyson e Gianni Vattimo interpreti di Heidegger Prefazione di Gianni Vattimo Postfazione di Philippe Nouzille ROMA 2017, 2017
Dalla PREFAZIONE di Gianni Vattimo La tesi di Salvatore Rindone, che vede la sua pubblicazione integrale in questo volume edito per Studia Anselmiana, mi appare come un lavoro a cui non aggiungerei né toglierei alcunché. Soprattutto, mi pare molto felice l’idea di improntare il tutto sulla coppia di concetti trascendenza-temporalità. È ovvio che io continuo a stare dalla parte della temporalità perché mi sembra la sola forma di trascendenza possibile la quale, in quanto orizzontale, ci salva dalle ricadute della metafisica come «oggettivismo» o dalla visione dell’essere come «semplice-presenza». Neanche Pareyson, ovviamente, può essere accusato di questo tipo di ricaduta, anche se la sua volontà di salvare a tutti i costi la trascendenza, lo mette nel continuo rischio di ricadere in questo errore. È probabilmente tutta una questione di come si intende la stessa kenosis cristiana, questione messa in evidenza e ampiamente analizzata in questo volume. Per me la trascendenza si manifesta, si attua, come consumazione della datità oggettiva attraverso la temporalità, termine caro alla filosofia di Heidegger e di cui viene proposta qui una giusta interpretazione. È ben vero che anch’io, se penso alla trascendenza in termini kenotici, devo pensarla come un processo indefinito di consumazione, dunque con una sorta di «nocciolo» che è in fondo ciò che Pareyson chiama l’Inesauribile. Questo è forse ciò che mi mette maggiormente in continuità e in accordo con la filosofia del mio maestro. Tuttavia, rimane per me ermeneuticamente utile, se non addirittura necessario, mantenere aperto il«conflitto delle interpretazioni». Questo saggio permette di comprendere la complessità di tale conflitto e qual è il senso di ogni interpretare.
2009
Editore 88049 Soveria Mannelli Viale Rosario Rubbettino, 10 tel (0968) 6664201 www.rubbettino.it Progetto Grafico: Ettore Festa, HaunagDesign
2009
(pubblicato in: R. Ronchi, a cura di, Filosofia teoretica. Un'introduzione, UTET, Torino 2009, pp. 21-45) Ermeneutica Sin dalle sue origini la filosofia si è contrapposta alla doxa, alle mere opinioni, sollevando il dubbio sulle più comuni credenze e mettendo in questione gli antichi miti. Perseguendo l'ideale di un'indagine razionale scevra da dogmatismi e superstizioni, il pensiero filosofico ha ingaggiato una battaglia secolare, politica e culturale, per affrancare il sapere dai vincoli dell'autorità e della tradizione, in favore di una conoscenza che non si basasse su presunte certezze stabilite altrove, ma che fosse in grado di rendere ragione dei propri contenuti, ossia di esibire da sé il proprio fondamento. Questo grande progetto, che ha attraversato la storia della cultura occidentale dalla filosofia alla scienza, è entrato in una crisi irreversibile alle soglie dell'epoca contemporanea. L'attività chiarificatrice della ragione, che, mirando a una verità libera da condizionamenti e presupposti inindagati, pensava di poter tutto illuminare, si è rivelata un abbaglio. Non aveva fatto i conti con l'ombra che sempre accompagna la luce. Da Nietzsche a Heidegger, il pensiero contemporaneo ha portato l'attenzione su quella problematica zona d'ombra che permea e insidia ogni conoscenza razionale, avviando una critica radicale al sistema di saperi così come si è edificato all'interno della tradizione occidentale. Raccogliendo queste istanze, la filosofia ermeneutica ha messo fortemente in questione l'attività chiarificatrice della ragione filosofica e scientifica. Che cos'è, infatti, la conoscenza filosofico-scientifica, ciò che chiamiamo «sapere»? Per l'ermeneutica contemporanea, sapere è porre in luce significati a partire da presupposti che restano in ombra. Vale a dire, ogni «significato» (da intendersi in un senso molto ampio: concetto, definizione, interpretazione, rappresentazione, visione del mondo, teoria) si ritaglia su uno sfondo, ciò che l'ermeneutica chiama «precomprensione»: pregiudizi impliciti, tacite assunzioni, sensi inavvertiti, condizionamenti grammaticali, sociali e culturali che orientano e pre-determinano ogni nostra percezione e conoscenza del mondo. Gli oggetti e i contenuti del sapere sono dunque sempre storicamente determinati, relativi a categorie e paradigmi che ne forniscono la cornice invisibile e il contesto di senso implicito. Questa rete di rimandi e sottintesi, che costituisce la «precomprensione», non solo è ineliminabile ma è la condizione di possibilità del sapere in quanto tale: come non vi è figura senza sfondo, così non vi è significato, o contenuto di conoscenza, che si stagli in piena luce se non a partire da un insieme di premesse sulle quali il nascente bagliore proietta la propria ombra. Con l'ermeneutica, il sogno di una conoscenza priva di presupposti, in grado di esibire il fondamento, il proprio terreno di validità, si è dunque definitivamente infranto, portando a ridiscutere la natura e il senso del sapere stesso. L'esercizio del sapere viene delineandosi -heideggerianamente parlando -come uno svelare velando: la luce della ragione che, illuminando, svela è la stessa che getta l'oscurità dietro di sé, velando la propria origine e condizione di possibilità. Questo gioco di luce e ombra è, per l'ermeneutica, il modo in cui il sapere accade, è cioè il movimento, la dinamica stessa del conoscere. Anche l'esercizio del sapere scientifico è iscritto nella stessa dinamica: è un porre «significati» (le teorie e le oggettivazioni scientifiche, ossia i risultati conoscitivi cui l'operare della scienza mette capo) a partire da presupposti che, restando celati allo sguardo scientifico, lo orientano e lo rendono possibile (ciò che Husserl chiamava «precategoriale»). Ma se così sempre accade, allora anche l'esercizio della filosofia, come quello di ogni sapere, è soggetto allo stesso movimento. Perciò le conclusioni cui giunge la filosofia ermeneutica, che cioè il sapere è un porre in luce significati a partire da presupposti che restano in ombra, le conclusioni che essa mette in luce, proprio in quanto messe in luce, sono evidentemente un significato, il cui fondamento, retrocedendo sullo sfondo, non può essere esibito. Anche l'attività ermeneutica accade, cioè, a partire dall'ombra e anche laddove essa volesse far luce dietro di sé, sulla propria zona in ombra, di nuovo, illuminando, proietterebbe l'ombra dietro di sé. Le conclusioni dell'ermeneutica si trovano dunque catturate entro la stessa dinamica che vorrebbero indicare e chiarire. Questo paradosso è la sfida che si pone al pensiero contemporaneo e con cui si trova a doversi confrontare la riflessione teoretica successiva a Heidegger. In tale paradosso ne va del senso della filosofia stessa: se anche la ragione filosofica procede per luci e ombre, essa non si distingue più dal mito e dalla doxa, sicché la sua battaglia contro l'oscurità sembra franare sotto i suoi stessi colpi. Ma allora dove si viene a collocare la parola del filosofo, che statuto può ancora rivendicare, che senso può ancora avere la sua prassi?
2014
Il titolo della tesi, "Metafisica del cyberspace", intende la metafisica in una duplice accezione: la tesi, infatti, mira ad una comprensione dell’essenza metafisica di quel fenomeno che è indicato come cyberspace, provando, contemporaneamente, a decostruire l’impianto metafisico, tecnico, che finora ha condotto, generalmente, la trattazione del sistema info-mediatico della rete. Il lavoro si sviluppa in due ampie sezioni. La prima si concentra sul Denkweg heideggeriano, con il duplice scopo di ripercorrerlo facendo emergere la centralità del confronto con la cibernetica, e guadagnare, così, contemporaneamente, una solida base ermeneutica per un più diretto confronto con la metafisica del cyberspace, sviluppato poi nella seconda sezione. Qui, il lavoro si confronta con la letteratura di William Gibson, l’autore che ha coniato il termine cyberspace, sottolineandone il carattere speculativo, nel senso di un “pensiero poetante” che tenta di comprendere il fenomeno complessivamente riassunto in tale espressione e mirando all’essenza della tecnologia, intesa come l’evento del fenomenizzarsi stesso della temporalità. Attraverso queste coordinate, pertanto, è possibile articolare un’analisi della tecnologia informatica che miri alla sua essenza, delineando, dapprima, il senso metafisico della cibernetica e della teoria dell’informazione (e del loro incontro con la genetica e la biologia), per sviluppare poi un’analisi delle interpretazioni del fenomeno cyberspace, in chiave ontologica, fornite, in primo luogo, da pensatori come Gottard Günther, Michael Heim, Richard Coyne, Ernesto Mayz Vallenilla, che per primi hanno affrontato la cibernetica, le tecnologie informatiche e il cyberspace in una prospettiva squisitamente filosofica e che, non a caso, si sono direttamente confrontati con il pensiero di Heidegger. Il tentativo della tesi è, quindi, di far emergere un quadro complessivo della metafisica che sottende al cyberspace, onde coglierne l’essenza (evidentemente non tecnica) e fornire, così, le coordinate per un interrogativo sulla “destinazione” dell’esserci che si annuncia in quel compimento della tecnica moderna che è, per l’appunto, il cyberspace come luogo della calcolabilità assoluta, cioè lo spazio cibernetico, inteso come quella dimensione tecnologica e virtuale che, attraverso l’informazione, allarga, letteralmente, lo spazio dell’essere-nel-mondo.
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La rivoluzione ontologica di Martin Heidegger: l'identità parmenidea di essere e pensare come Zusammengehörigkeit, 2023
Emil L. Fackenheim: un filosofo tra Auschwitz e la nuova Gerusalemme, Università degli Studi di Trento, 2018
Teoria e critica della regolazione sociale/Theory and criticism of social regulation, 2025
«Nóema », n. 4-1, 2013
«Aquinas»: Martin Heidegger. Cammini e Opera, 2017
Paper, Studium Ricerca, 2023
L’esito politico del pensiero debole: l’esempio di un’ermeneutica rovesciata, 2016
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