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2025, DEVENEZ QUI VOUS ÊTES : Une odyssée vers l'accomplissement personnel
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Nel 2024, il filosofo francese Phillipe Crevoisier invitò Emanuel Dimas de Melo Pimenta a scrivere un'introduzione per il suo nuovo libro DEVENEZ QUI VOUS ÊTES : Une odyssée vers l'accomplissement personnel (Diventa ciò che sei: un'odissea verso la realizzazione personale). La parola “realizzazione” nel titolo è un riferimento al processo ontologico. Il libro è un viaggio attraverso la filosofia e la conoscenza che parte da Pindaro e si tuffa nella storia dell'Occidente attraverso Aristotele, Platone, Pascal, Montaigne, Nietzsche, Jung, Freud e molti altri, comprese le scoperte scientifiche e tecnologiche nel corso dei secoli. Tutta questa gigantesca quantità di informazioni è assemblata in modo tale da servire al lettore come un vero e proprio panorama di se stesso e rappresenta quindi uno strumento di comprensione ontologica ed epistemologica. Il filosofo scrive intenzionalmente in modo diretto e chiaro. Distribuito in tutto il mondo, il libro di Crevoisier, DEVENEZ QUI VOUS ÊTES, è uscito all'inizio del 2025 in francese. Nel suo testo introduttivo, Philippe Crevoisier: Il Cavaliere Errante, Emanuel Pimenta traccia un profilo intellettuale dell'autore, illuminando la natura del libro.
41 v o Danaus (1) enim et Egiptus fratres fuerunt, Beli regis filii./ Danao autem nati sunt quinquaginta filii et Egypto totidem filie. Voluit ergo Danaus/ fratris filias {et} filiis suis matrimonio sociare, at Egyptus qui oraculo 5 cognove/ rat se generi sui manibus moriturum renuit. Sed post coactus iussit filiabus, vt/ sponsos prima nocte occiderent quamvis patrueles, id est patrui fili essent. Pa/ ruerunt autem omnes preter Hypermestram natu minimam que Liuio (2) siue potius Liuo pe/ percit. Vnde Ouidius: 10 Queque parare suis letum patruellibus ause Bellides assi/ dua colla premuntur aqua1. Finxerunt enim poete apud inferos esse damnatas/ tali supplicio, vt haurientes aquas vrnas absque fundis conentur implere. Vnde/ Seneca: Vrnasque frustra Danaides plenas ferunt2. 15 Dicuntur ergo Danaides a pa/ tre et Belides ab auo paterno. Belides Hypermestra./ Simphorianus Champerius Jacobum Robertum (3) et protho/ notarium iuris virum vtriusque et pontificii et cesarii peritissimum saluere iubet./ 42r o Non te preterit, vir sacre Minerue dotibus insignite, ma/ trimonium ore 20 diuino et inuentum esse et imperatum in orto illo deliciarum, vbi/ primis parentibus precepit deus, vt crescerent ac multiplicarentur terramque/ replerent, in cuius felicitate omnia sunt secura, omnia fructifera, omnia iocun/ ditatis plena (4). Qui amor vel diuturnior vel dulcior quam qui v[ir]um vxoremque con/ iunxerit? Que amicitia verior esse queat quamque mutua et corporum et animorum beniuolen/ tia coniuges deiunxerit (5) facile videre est in Porcia Marci Cathonis vticensis filia (6), que/ vbi primum accepit Marcum Brutum virum suum apud Philippos victum atque interemptum,/ ardentis carbones hauriens qui<a> ferri potestas omnis subrepta esset e medio sese vl/ tro sustulit. 30 Artemisia (7) regina Mausoli viri obitum tanta tulit acerbitate, vt non/ con-tenta illud edificasse monumentum Alicarnassi in perpetuam illius memoriam, quod/ inter septem orbis miracula nobilissimum numeratur, verum etiam ex eius cal/ uaria facto poculo se viri sepulcrum et haberi et esse voluit, utpote que illius corpus in/ puluerem versum paulatim totum ebiberit et assiduis fletibus doloresque confecta/ per tabem e vita dicesserit, vt autem nobilissimas feminas missas faciam. Summis/ laudibus afficiendae sunt Lacedemonie (8) que exorato a custodibus in carcerem auditu ad vi/ ros alloquendos quos Lace-demonii noctu morti destinarant, commutatis cum illis ve/ stibus 40 velatisque capitibus per doloris simulationem eos abire passe sunt sese morti/ exponentes. Verum quia huiscemodi rare admodum esse comperiuntur cor[r]ruptique presentium/ mores (9) priscarum nomen denigrarunt, fuit in animo de ipsis quippiam in lucem emittere. quo/ Linceis (10) prius oculis illarum mores intueantur qui con-45 iugalem vitam inire volunt.
My first article written on Italo Calvino (while Lecturer in Italian Studies @ the University of Oslo, 1998/2001)
Vittorio Alfieri e il teatro tragico francese Oggetto del presente studio sarà il poeta italiano Vittorio Alfieri e il suo rapporto con il teatro tragico francese secentesco. In particolare, è mia intenzione mettere a confronto la produzione tragica alfieriana, della quale prenderò in esame, come esempio di massima espressione drammatica, la Mirra, con l’esperienza drammaturgica di uno dei più importanti esponenti del classicismo francese, Jean Racine, con la tragedia Fedra, ritenuta la sua opera più alta. In particolare esaminerò, attraverso un confronto critico-testuale delle due opere, il mondo delle passioni vissuto e analizzato da questi due grandi artisti, che hanno così profondamente segnato e formato il panorama teatrale della letteratura occidentale. Il lavoro si articola in quattro capitoli. Il I capitolo si propone di indagare la complessa personalità di Vittorio Alfieri. Tale indagine è condotta sul piano esistenziale, grazie a cenni biografici che permettono di comprendere il suo individualismo eroico e la sua religione della libertà, ispirata al rifiuto del mecenatismo e dell’ossequio servile all’autorità; sul piano politico, attraverso l’analisi della realtà storica, politica e sociale del Settecento, dei suoi rapporti con l’Illuminismo e del suo caratterizzarsi come poeta preromantico; sul piano artistico, tramite la sua ideologia di “letterato-eroe”, che rivendica la propria indipendenza etica e creativa nei confronti di qualunque forma di tirannide, e la sua poetica tragica, espressione del tragico conflitto tra volontà del singolo e il potere inesorabile del Fato. Il II capitolo guarda al Grand Siècle, il Seicento. Attraverso un breve excursus sull’evoluzione del teatro tragico francese, si sviluppa un viaggio all’interno del secolo d’oro che contempla le forme e i generi teatrali dal principio del Grand Siècle, la formazione e la crescita delle compagnie teatrali, dei teatri, con uno sguardo alla maturazione del gusto estetico del pubblico parigino, fino ad arrivare ai grandi autori, come Pierre Corneille, poeta della volontà, e Jean Racine, poeta della passione. Nel III capitolo viene proposta un’analisi critico-testuale delle tragedie Mirra di Vittorio Alfieri e Fedra di Jean Racine, che consentirà, nel IV capitolo, attraverso il confronto sistematico tra le due opere, condotto per analogie e differenze, di fornire una ricognizione ragionata e il più possibile aggiornata delle posizioni critiche sullo stretto rapporto esistente tra due dei massimi rappresentati del genere tragico tra Seicento e Settecento. Nel corso della storia letteraria il tema dell’incesto è stato trattato in diverse forme che sempre ne hanno evidenziato l’intima natura violenta. Negli schemi classici l’irrazionalità delle passioni, e tanto più una passione ritenuta contro natura come quella dell’incesto, era attribuita al volere di forze soprannaturali, contro le quali poco o nulla poteva l’uomo. L’individuo diventava un soggetto eminentemente passivo e poteva combattere una sola battaglia, cioè quella di salvaguardare il proprio equilibrio, non aggiungendo colpa a colpa. Nel 1677, nella Fedra, Racine rappresenta l’incesto come l’insano frutto di un volere fatale. Alfieri, invece, poco più di un secolo dopo, non esita a riconoscere la radice delle passioni, anche quelle più sconvolgenti e inesprimibili come le pulsioni incestuose, nel lato buio dell’animo umano. Infatti, Alfieri compone Mirra intorno alla fine del Settecento, quando ha ormai fatto proprie esperienze, quali quelle del sensismo e dell’empirismo. Tutto ciò determina un approccio diverso al tema dell’incesto, che indubbiamente l’autore giudica negativamente, come motivo di turbamento dell’equilibrio sociale. Ma ritiene che la passione sia tutta nell’uomo, perché non esistono forze esterne all’individuo capaci di provocare le passioni. Mirra e Fedra sono due tragedie del silenzio. La drammaticità della tragedia è incentrata sull’ostinato silenzio di Mirra. Mirra è un dramma interiore che nella mente di Mirra produce una insostenibile vergogna, e la progressiva caduta nella follia. Mirra, a differenza di Fedra, non romperà mai il suo silenzio, dal momento che non c’è mai una vera confessione, ma solo il grido di un nome che sostituisce quello di padre, un gesto di avvicinamento e una spada, che in Racine diviene elemento di successive mistificazioni mentre in Alfieri sarà strumento immediato di morte. A differenza di Fedra, Mirra non perde mai la consapevolezza delle leggi che regolano il bene e il male e racchiude questa lotta nell'intimo del suo cuore subendone le terribili conseguenze. Certo la sua colpa è diversa e ben più grave di quella di Fedra poiché è contro natura, mentre quella di Fedra va solo contro le leggi sociali del matrimonio e della famiglia: Ippolito non è suo figlio e per giunta è un suo coetaneo. Mentre Fedra muore travolta dalla passione, Mirra muore di consunzione, muore d'amore colpevole e nascosto. La differenza sostanziale tra la Fedra e la Mirra consiste nella cancellazione in Alfieri della dimensione mitologica della tragedia e dunque della complessità che il mostruoso assume in Racine. È possibile individuare una sorta di parallelismo tra la passione secondo Racine e la passione secondo Alfieri: anche per il drammaturgo italiano la passione non è frutto di un lucido raziocinio come in Cartesio, ma espressione di un’anima lacerata, che lotta per riuscire a dominare le proprie illecite pulsioni. Con finezza introspettiva Racine e Alfieri analizzano le complesse e insondabili pieghe dell’animo umano, interrogando le lacerazioni di un’anima sospesa tra acuta percezione del peccato e angoscia di espiazione. Mirra e Fedra sono due eroine tragiche. Entrambe sono in balia di un sentimento del quale non hanno alcuna colpa e che non possono non provare pur avendone orrore, pur tentando di reprimerlo.
La storia della Chiesa è piena della presenza di uomini ispirati, scelti dal potere dello Spirito divino per portare avanti la missione di Gesù. Per le occasioni e le sfide specifiche, uomini di qualità e capacità incommensurabili emersero nella storia della Chiesa e non solo resero la Chiesa e la sua missione rilevante di fronte a tali sfide, ma anche attraverso le loro attività avendo consegnato alle successive generazioni gli insegnamenti di valore inestimabile, buoni per l'istruzione della fede, e per il nutrimento spirituale della Chiesa.
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Dario Scaricamazza, 2022
Frammenti inediti di un carteggio fra Ennio Flaiano e Federico Fellini (1955-1972), 1991
Esperide 9/10, 2012
Paceco 24, 2020
Julien Blaine. Le Grand Dépotoir , 2020
Studi Francesi, 2010