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2025, DinamoPress
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Nell’intervista Giuseppe Campesi esamina comparativamente le forme di controllo giudiziario e disciplinare sulla polizia e denuncia l’incostituzionalità e pericolosità del c.d. “scudo penale” che il Governo vorrebbe aggiungere al già deprecabile decreto Sicurezza
Filosofare Politica E Societa, 2008
Pubblicato in Volpone A., a cura di, FilosoFare, Filosofia, politica e società, Liguori, Napoli 2008] Indubbiamente il nesso con la politica è connaturato alla filosofia a partire dai Sofisti. Socrate e Platone, in modi diversi, testimoniano come l'una non può prescindere dall'altra. Sappiamo anche che complessivamente, lungo il corso della tradizione, la mediazione privilegiata nel rapporto tra filosofia e politica è sempre stata l'etica. Quello che qui si vuole evidenziare, invece, è che, a ben guardare, c'è un legame non meno forte tra politica e teoria della conoscenza. Un legame, questo, che si mostra in tutta la sua influenza proprio in Platone, secondo il quale il filosofo -colui che conosce pienamente la verità -è il solo ad avere i titoli per governare lo stato. Gnoseologia e politica si intrecciano intimamente, tanto più se ripensiamo alle dichiarazioni espresse dall'autore nell'esordio della Lettera VII. Qui Platone riferisce della propria inclinazione ad occuparsi di politica ed esprime l'amarezza di non poterlo fare, se vuole restare onesto, date le condizioni in cui versava la politica del suo tempo. Sulla base di queste dichiarazioni, la filosofia è, per Platone, soltanto un altro modo di affrontare i problemi della politica, un impegno di rifondazione radicale della politica assolto interamente tramite la riflessione filosofica sulla questione della conoscenza e dei suoi fondamenti. 1 Se l'interpretazione platonica del nesso filosofia-politica va in direzione anti-democratica, la ragione è propriamente perché la sua teoria della conoscenza è basata su una prospettiva metafisica e sulla trascendenza del mondo delle idee. Conoscere la verità equivale alla capacità di ricevere la luce dell'Iperuranio e, in particolare, dell'idea di Bene. L'attività del soggetto, qui, è ridotta all'atto quasi eroico di sganciarsi dall'esperienza comune e sottoporsi alla catarsi dell'illuminazione. A questo schema epistemologico di tipo oggettivistico-metafisico corrisponde simmetricamente la concezione di uno stato predefinito nella sua struttura alla luce di un paradigma ideale, un'organizzazione la cui vita non dipende dalla dinamica delle relazioni e delle decisioni dei cittadini, ma è preesistente rispetto ad essi. Per quanto riguarda la posizione di Socrate nei confronti della democrazia ateniese il quadro delle considerazioni è più complesso ed anche più controverso. 2 Dal punto di vista della sua biografia, Socrate non sembra aver avuto buoni rapporti con i democratici del suo tempo. Basti pensare che il suo principale accusatore, Anito, era un democratico. Quel che sembra certo è il rifiuto socratico di farsi coinvolgere attivamente negli affari della politica. In questo senso l'agire socratico prefigura la scelta platonica di trasferire e riproporre l'impegno politico sul piano della filosofia, sebbene siano nettamente diversi i piani di riferimento. 3 In realtà la missione che Socrate assegna a se stesso nei confronti
Sini, L., Andretta, M., 'Populismi, nuove destre e nuovi partiti: quali discorsi politici in Europa?', Pisa University Press, p. 19-34, 2018
Parole chiave Democrazia, populismo, sovranità
Anche le democrazie desiderano vincere in guerra. Tuttavia, sono soggette a vincoli specificidiversi da quelli propri di autocrazie e non-stati -che ne limitano la libertà di azione. Nello scegliere quali conflitti combattere, come combatterli, e a fianco di chi, le democrazie non possono permettersi di tenere conto, coeteris paribus, soltanto di quale sia la strada migliore per ottenere la vittoria. Il loro calcolo deve anche subordinarsi […] a criteri di democraticità, in particolare il coinvolgimento dei cittadini nelle scelte politiche, incluse quelle di stampo militare, e il rispetto della pubblica opinione. La pena per la violazione sistematica di questi principi è la perdita dell'anima: infatti, come potrebbe dirsi democratico un regime che non li rispetti? 1 La democrazia nel corso della sua storia ha concepito e praticato una forma attiva di partecipazione dei cittadini alla difesa della nazione: il servizio militare obbligatorio. La progressiva rinuncia a questo strumento e la conseguente professionalizzazione delle forze militari può portare gli stati a fare affidamento sulle compagnie private di sicurezza (private security firms), con possibili risvolti di destabilizzazione nell'equilibrio dei poteri democratici. Gli effetti variano a seconda che si tratti di uno stato forte o debole. Mentre in uno stato forte il potere, sottratto massicciamente al parlamento e all'opinione pubblica, resta prevalentemente concentrato nelle mani dell'esecutivo, in uno stato debole sono le compagnie stesse ad assumere il maggior potere 2 . I casi che analizzerò riguardano essenzialmente gli stati democratici forti che da una parte hanno abolito rapidamente la coscrizione (che prima era adottata a intermittenza), come USA e UK, dall'altra hanno abrogato il servizio militare obbligatorio solo dopo il 1989, come la maggior parte degli stati europei, e l'Italia in particolar modo. Dal punto di vista sociologico, Paolo Ceola, in suo saggio 3 , sostiene quanto, nelle democrazie rappresentative, i concetti di cittadinanza e rappresentanza si siano affermati storicamente "grazie alla partecipazione attiva delle masse alle guerre, sia nel senso riguardante il singolo cittadino-soldato sia in quello che a decidere se entrare o meno in guerra sono stati i rappresentanti eletti di fasce sempre più ampie di popolazione" 4 . Egli addita alla rivoluzione tecnologica e alla professionalizzazione degli eserciti contemporanei le ragioni della presa di distanza dell'opinione pubblica nei confronti degli affari militari. Aggiunge che la fine della leva militare obbligatoria ha sancito "la definitiva alienazione dell'opinione pubblica nei riguardi delle decisioni e dei processi che comportano sacrifici e lutti collettivi, portando a compimento la parabola del cittadino-soldato affermatosi stabilmente con la Rivoluzione Francese e il cui apogeo fu la partecipazione collettiva alla guerra antifascista del 1939-45" 5 .
Lo spazio pubblico è essenziale per la democrazia? Questa è la domanda che ha mosso il lavoro della tesi, che è avvenuto partendo dalla letteratura di Arendt sull'attività di dibattito tra gli esseri umani che può avvenire mediante lo spazio di relazione ed azione tra loro. Ci si è soffermati a descrivere gli spazi pubblici collettivi per poi cercare di chiarire perché lo spazio e la politica siano legati tra loro, anzi reciproci, grazie allo studio di Henri Lefebvre. Nel secondo capitolo si passa all’uso dei dati di UN-Habitat e le statistiche di UNSD sulle proporzioni pericolosamente basse di spazio pubblico nelle città. Alla radice di tutto questo, secondo Lussault, sta il ruolo chiave della deresponsabilizzazione dello Stato e nel conferimento di potere agli operatori del “geopotere”. Nell’era della mondializzazione si assiste ad un paradosso: nonostante la tecnologia finora sviluppata lo spazio ed il tempo del cittadino appaiono compressi e ciò ha contribuito a far diventare lo spazio pubblico un luogo di veloce passaggio. Nel terzo capitolo si passa a parlare dell’efficienza economica che prevale su quella sociale e politica dove il centro commerciale e lo spazio virtuale prendono il posto della strada e la piazza, le quali subiscono, inoltre, diverse trasformazioni realizzate mediante l’architettura ostile che limita la libertà di sedersi e sostare. Ne consegue che i dehors diventano anche loro dei surrogati degli spazi pubblici. Nel quarto capitolo si cerca di capire come si potrebbe difendere lo spazio pubblico: a livello giuridico è stata annoverata la teoria di Rodotà sulla natura del bene dello spazio collettivo ed il pensiero di Choamsky sulla legittimità degli organi di potere; a livello politico ci si è serviti del lavoro di Deleuze e Guattari sulla democrazia rizomatica dei luoghi; a livello di cognizione spaziale ci si è basati sul lavoro di Lynch sul necessario sviluppo di una mappa mentale del cittadino della propria città ed avvalendosi della street art; a livello di partecipazione politica del cittadino, la “democrazia spessa” di Barber e la partecipazione politica “non convenzionale” di Barnes e Kaase sono state necessarie per sottolineare che una partecipazione politica circoscritta all’esercizio di voto non sia sufficiente; a livello urbanistico, a mio vedere, la richiesta di spazio pubblico potrebbe essere soddisfatta attraverso la progettazione di agorà urbane, in luoghi in cui un dialogo inaspettato tra le persone sia già avvenuto spontaneamente. Infine, il caso studio Ostiense è stato realizzato mediante un’indagine sul campo: una mappatura del contesto spaziale; l’osservazione partecipante; interviste strutturate. Il risultato dell’indagine è stato che la richiesta di spazio pubblico, generata dall’incontro di due poli, mondano e culturale, sia stata soddisfatta solo parzialmente dai nuovi spazi polivalenti e locali che cambiano attività a secondo del giorno e della notte, forniti ancora una volta dal soggetto privato anziché pubblico, dove vi si possa accedere solo se ci si effettui almeno una consumazione. Un limite dello studio è stato quindi proprio non aver preso atto delle recenti considerazioni in tema di “Night Studies” per non aver approfondito temi sulle dinamiche dello spazio notturno, soprattutto a livello di potere. A conclusione del lavoro si potrebbe quindi confermare che lo spazio pubblico è necessario per essere presenti, attivi e cooperativi al fine di preservare la democrazia.
2019
Bolzaneto, Abu Grahib, Guantanamo: luoghi in cui la tortura è riemersa nel "civile"occidente contemporaneo. A perpetrarla sono i rappresentanti di uno Stato che si definisce "di diritto": uno Stato la cui giustificazione ultima è la difesa e la protezione dei diritti inviolabili degli individui. La tortura, lungi dall'essere scomparsa, dunque permane come tecnica di potere nei moderni stati democratici. Essa non solo persiste come dato di fatto. Al contrario, negli ultimi decenni sono riemerse giustificazioni della tortura come pratica legale e legittima per garantire la sicurezza dello Stato. Di fronte a queste nuove giustificazioni della tortura è oggi più che mai importante lasciarsi guidare dall'esperienza storica piuttosto che da ipotetici scenari futuri e, seguendo l'amonimento della studiosa statunitense Judith Shklar, fondare la difesa dei diritti sull'assunto, "ampiamente giustificato da ogni pagina di storia politica, che alcuni rap...
Il passaggio dal 'governo alla governance' implica sia la ridefizione delle concezioni democratiche sulle quali si basava il primo, sia la revisione dei criteri di legittimità delle istituzioni a questo associate. Ma su quali concezioni democratiche alternative deve poggiare la governance? Ed in che modo possiamo sostenere la legittimità delle istituzioni che questa promuove? La letteratura sul tema sembra essere ancora incerta. Per un verso ritroviamo infatti appelli a concezioni della democrazia che si oppongono a visioni proceduraliste e regole maggioritarie ed auspicano l'adozione di criteri di legittimità consensuali e sostanziali. Per altro verso abbiamo invece la richiesta di superare le ristrettezze imposte dai sistemi rappresentativi ed aprire i processi politici alla partecipazione diretta dei cittadini e delle associazioni della società civile. Il volume affronta queste problematiche e cerca di mettere in luce le novità e i limiti delle proposte al centro dei dibattiti correnti su governance e democrazia. Nel procedere in questa chiarificazione concettuale, il volume cerca inoltre di andare oltre la riflessione politologica ed adotta prospettive critiche e filosofiche che mettono in evidenza le tensioni esistenti tra diritti umani e principi di cittadinanza, globalizzazione e giustizia sociale, technologie del potere e pratiche consensuali, come anche le aporie tra criteri legittimità e processi di legittimazione.
2012
This work asks questions on the relationship between innovative collective actors, such as the 'new social movements' and the political institutions of representative democracy starting from an underlying hypothesis: the idea that civil society is the main source of political legitimation of liberal democracy. More precisely, what this monograph reflects on is the capacity of the social movements to concretely test alternative forms of democracy. The aim of the contemporary movements is to augment the fundamental values of the "democratic revolution", namely the principles of freedom and equality. They constantly lead to conflict and social antagonism: indeed new conflicts and new antagonisms arise every time that the movements implement radical experiences of democracy in the multiple and different spheres of social life. Only by accepting and setting value by these alternative democratic practices and experiences - and this is the author of this work's thesis - may democratic ideals be revived in contemporary society.
Autorità ed eguaglianza nella democrazia deliberativa DRAFT 1. Pluralismo, costituzionalismo e democrazia deliberativa Che la democrazia tenda ad evolversi verso forme segnate da un carattere deliberativo, non è cosa difficile da mostrare 1. Basta
Eunomia. Rivista semestrale di Storia e Politica Internazionali, 2014
prefazione a A. Pigliaru, Struttura soprastruttura e lotta per il diritto, Nuoro, Il Maestrale, 2012, p. I- LXI. - (Quaderni di Antonio Pigliaru)
Metabasis. Filosofia e Comunicazione, 2017
A. Zanotti (ed.), Quale futuro dopo la democrazia, Bononia University Press, Bologna, 2017
SocietàMutamentoPolitica: Rivista Italiana di Sociologia, 2020